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C'era_una_voltaC’erano una volta, in un Regno lontano lontano, due figure mitologiche, attorno alle quali aleggiava un alone di mistero: Esistono? Sono frutto di fantasia? Qualcuno le ha mai viste? Erano le cosiddette “PSICOLOGHE SCOLASTICHE”
Nate nel Regno di Palermus, furono colpite da una maledizione: dovevano viaggiare nel grande Regno di Sicilia e bussare alle porte di 100, anzi no, 1000 Re (DirigentisScholae) prima di trovare pace e poter esercitare la propria arte. Arte riconosciuta in tutto il Regno grazie all’iscrizione dei nomi delle Psicologhe Scolastiche nel magico “AlbusRegionaeSiciliae” e all’osservanza di antichi precetti scritti nel rinomato “CodexDeontologibus”. Le due Psicologhe Scolastiche vagarono per anni nel Regno di Sicilia finchè, bussando alla millesima porta, la maledizione ebbe fine e un Re (DirigentisIlluminatusScholae) aprì le porte del proprio castello e permise loro di portare avanti la missione per cui erano nate e di trovare finalmente pace. Ma quel Regno era pieno di Fattucchiere e Saltimbanchi che volevano approfittarsi della bontà del Re e offrire i propri falsi servigi, senza essere iscritti al magico libro “AlbusRegionaeSiciliae” e senza rispettare le leggi dell’antico “CodexDeontologibus”. Le Psicologhe Scolastiche decisero di difendere il Castello e tutto il Regno dalla falsità e dalla malvagità di siffatte creature ed impugnarono le loro bacchette magiche recitando la formula prodigiosa:

“Art. 8: Lo psicologo contrasta l’esercizio abusivo della professione come definita dagli articoli 1 e 3 della Legge 18 febbraio 1989 n°56, e segnala al Consiglio dell’Ordine i casi di Abusivismo o di usurpazione di titolo di cui viene a conoscenza. Parimenti, utilizza il proprio titolo professionale esclusivamente per attività ad esso pertinenti e non avalla con esso attività ingannevoli o abusive”.

Così, all’improvviso, le Fattucchiere e i Saltimbanchi scomparvero e le due Psicologhe Scolastiche poterono finalmente vivere felici e contente nel castello del Re, pronte sempre ad impugnare le bacchette magiche per difendere Re, Castello e Regno!

Agcm-e-internet-sì-libertà-di-informazione-ma-a-tutela-dei-grandi-editori-482x270La storia si riferisce ad una situazione reale che ha visto due psicologhe (le sottoscritte), titolari di un progetto di Psicologia Scolastica, impegnate a chiarire ai non addetti ai lavori -in questo caso, la scuola- chi siano i counselor-non-psicologi e a sottolineare che il concetto di counseling psicologico è esclusivo appannaggio degli Psicologi/Psicoterapeuti. È stato, inoltre, sottolineato agli interlocutori quali fossero i rischi in cui sarebbe incorsa l’istituzione scolastica nel dare mandato ad una figura non professionale.
nrd: Il counseling nella professione d’aiuto è counseling psicologico e rientra a tutti gli effetti negli atti tipici della professione di Psicologo.
Esistono delle differenze reali e notevoli tra la nostra professione e tutte le nuove nate figure “parapsicologiche” (counselor, personal life coach, psicopedagogisti, reflector, ecc) che smaniano per fare quello che facciamo noi, che si affannano nel tenerci testa, che operano sull’orlo dell’abusivismo e che – diciamocela tutta – esercitano una NON professione. 
Nella fattispecie, il counselor non è laureato in psicologia, non ha svolto un tirocinio formativo post-lauream, non è in possesso dell’Abilitazione, non è iscritto all’Ordine. Inoltre, la figura del counselor non è regolamentata dalla Normativa Italiana, né per quanto riguarda il percorso formativo necessario per conseguire il titolo né per quanto riguarda la natura e l’oggetto della prestazione professionale.
Avanzare la pretesa o arrogarsi il diritto di utilizzare metodi e strumenti di esclusiva competenza della professione di Psicologo/Psicoterapeuta è reato.
È UNA CONCORRENZA SLEALE. Perché se si trattrasse“Psicologi et Counselor” si tratterebbe di libera concorrenza e ci sarebbe un confronto alla pari.
INVECE, È COME PRENDERE UNA SCORCIATOIA!
Di fronte a questo “pandemonio organizzato” -i nostri stessi colleghi formano i counselor-, ci troviamo a dover reclamare l’unico nostro diritto che è quello di esercitare secondo l’articolo 1 della L. 56/89. 
Potrebbe capitare a tutti di doversi confrontare/scontrare con un “counselor e basta” (passateci il termine).
Ci chiediamo allora: Siamo diventati paranoici? Stiamo facendo la caccia alle streghe? Perdiamo tempo in discorsi inutili? Facciamo sterili polemiche? Ci facciamo la guerra tra poveri?
Vogliamo stare a guardare e farne un discorso di professionalità che ripaga?

Ci siamo mosse esclusivamente per preservare la professione e per tutelare l’utenza dai danni che questi abusi possono recare.

Morale della favola:
La realtà è così com’è, non è come dovrebbe essere, né come vorremmo che fosse né come ci hanno detto che sia. E noi siamo chi siamo.

Eleonora Mangano & Carla Francesca Carcione