Com’è organizzata la formazione degli psicologi oltralpe? Una descrizione del suo funzionamento, dagli esami fino all’abilitazione.
In Francia, la formazione in psicologia si articola su 5 anni, e può essere paragonata al sistema italiano di laurea breve e laurea specialistica. Nei primi tre anni si ottiene la licence di psicologia, e la formazione è generalista : si studiano materie come la psicologia sociale, sperimentale, clinica ma anche la linguistica o la sociologia. A differenza dell’Italia, se non si sono completati tutti gli esami previsti nel primo anno di corso, non si può passare al secondo, e non si può studiare un esame previsto per il sesto semestre di corso, prima di esserci effettivamente arrivati.
I tirocini : i tirocini si svolgono in parallelo alla formazione in aula.
Nel terzo anno si inizia a svolgere il primo dei tre tirocini previsti nel corso della formazione in psicologia, il primo è un tirocinio di osservazione. Il tirocinio si svolge in parallelo delle lezioni : si ha per esempio 20 ore di lezioni settimanale e un tirocinio di otto, dodici o sedici ore a secondo dell’anno di corso.
La specialistica e l’abilitazione
L’equivalente della specialistica italiana in Francia è il master 1 e 2 :in cui si scegli anche un orientamento: sociale, lavoro, clinica, età evolutiva. Il primo anno di master è aperto a tutti quelli che hanno convalidato la licence, il secondo a numero chiuso. L’ingresso al Master 2 corrisponde un pò all’esame di stato italiano : è solo dopo il conseguimento del master 2 che si è abilitati all’esercizio della professione.
Un numero chiuso alla fine degli studi
La facoltà di psicologia in Francia ha una selezione ad imbuto : molti candidati pochi eletti. E succede che dopo quattro anni di studio, uno può trovarsi nella condizione di essersi laureato in psicologia (grazie al master 1) ma non è psicologo e quindi dalle ridottissime opportunità lavorative. La selezione è molto alta : in genere ci sono pochi posti , per intendersi eravamo 1000 iscritti al primo anno di Licence e c’erano solo 50 posti al master di clinica , possiamo calcolare che solo il 15 % degli iscritti al quarto anno di psicologia entrerà al quinto. Non si tratta di un esame, ma di un concorso per titoli ed esami, in cui vengono valutati voti della tesi, voti complessivi e tirocini, se per quell’anno la giuria non accetta la propria candidatura, difficilmente l’ accoglierà l’anno successivo.
L’accento è posto sulla psicodiagnosi
I docenti insistono molto sulla trasmissione della capacità di fare diagnosi, attraverso il colloquio o utilizzando i test , è questa la competenza che contraddistingue lo psicologo e gli consente di differenziarsi dalle altre professioni (in particolare dallo psichiatra). Infatti in Francia solo gli psicologi sono autorizzati a somministrare test psicodiagnostici (dal MMPI ai proiettivi, passando per i test di intelligenza). Questo obbliga le istituzioni a fare riferimento ad uno psicologo anche quando per risparmiare vorrebbero farne a meno e tenere soltanto uno psichiatra. Forse in questo periodo di lotta contro abusivismo e figure dubbie quali i counsellor, ribadire che solo gli psicologi fanno psicodiagnosi potrebbe essere un modello da copiare.
Vi è dunque una parte consistente della formazione dedicata all’uso dei test : MMPI, TAT ; Rorschach, WAIS ecc.
Casi clinici dal vivo
Molto spazio viene anche dedicato allo studio di casi clinici di adulti, bambini e adolescenti, e in alcuni casi è prevista la presentazione di casi clinici dal vivo : un aula di studenti del quinto anno osserva un « primo » colloquio tra un paziente (volontario) e un docente psicologo. Alla fine del colloquio, c’è una discussione del caso e viene emessa una diagnosi. Anche l’esame si svolge in questo modo. Ovviamente per i casi di bambini, si fa in video. Penso che sia stata la cosa più utile della mia formazione e quello che più ho rimpianto in Italia, nella formazione che poi ho fatto in psicoterapia è stata la mancanza di concretezza degli studi e di occasione per capire quello che costituisce poi la realtà lavorativa successiva.
La formazione prevede anche lezione di psicofarmacologia, neuroanatomia, statistica e inglese. Va elaborata anche una tesi : la tesi di laurea, che si svolge al primo anno di master e una tesina più professionalizzante al master 2. Una volta conseguito il master 2, si è a tutti gli effetti psicologi e si va a raggiungere i 40000 psicologi francesi.
In conclusione, la formazione francese è pragmatica, si è molto seguiti, perché il sistema universitario è piu vicino a quello scolastico : si alternano lezione in aula a laboratori in piccoli gruppi. In compenso, non si è molto incoraggiati all’autonomia, o alle letture : per superare gli esami basta seguire le lezioni anche senza aprire un libro di testo :solo arrivati alla tesi diventano fondamentali le ricerche personali. Ritengo che però integrare la formazione alla psicodiagnosi all’interno dell’iter formativo dello psicologo italiano renderebbe la figura dello psicologo più specifica e lo proteggerebbe dagli sconfinamenti continui a cui siamo esposti.
Molto bene. Quando qualcuno mi dice che non si deve vietare per leggere a nessuno di potersi laureare concordo. ma in Italia pensiamo ancora con la vecchia mentalità quinquennale. Oggi la laurea che non si nega a nessuno è quella triennale. Quella specialistica deve essere a numero chiuso. Siamo in circa 90.000 psicologi. Quanti ancora si pensa di volerne fare entrare prima di feramrsi? Diciamo che arriviamo fino a 200.000 e poi ne riparliamo? Suvvia. Anche in UK il sistema prevede, più o meno come in Francia, un modello 3 + 2 + 2. I primi 3 aperti a tutti (laurea triennale). Gli altri 2 (master’s degree) + 2 (professionalizzanti) sono solo pochi posti per chi supera l’ammissione. Anche lì vi sono circa 5-6 specilizzazioni che si iniziano dopo la triennale e se si è ammessi: se ci si ferma dopo 2 anni si ha il Master’s degree (che però non serve per accedere all’iscrizione all’HCPC, l’ente cui il Governo ha demandato la prootezione dei titoli sanitari); se invece si prosegue la specializzazione si ottiene un titolo “protetto”. Non tutti i corsi universitari sono accreditati dall’HCPC. Se si fa un corso universitario in Psicologia Clinica che non è accreditato, nell’HCPC non si entra (e quindi il proprio titolo non è “protetto” e non ci si può fregiare del titolo di Psicologo Clinico; ergo, i corsi non accreditati tendono a….sparire dal mercato). Alcune università o enti privati prima accreditati hanno anche perso l’accreditamento a causa del non rispetto di alcuni standard formativi. Con ovvi danni per loro e per i loro studenti. Altra cosa: la psicoterapia NON è una specilizzazione della psicologia, ma una professione a parte con suoi corsi di studio diversi e non è inserita come specializzazione nell’HCPC. End of the story. E gli psicologi inglesi non si lamentano certo di questo. Ma voi lo sapete che per statuto gli Ordini regionali dovrebbero dire al MIUR di quali specializzazioni ha bisogno il territorio per gli psicologi, e in tanti anni l’Ordine questo non lo ha mai fatto, perché pende dalle labbra dei professorini accademici che dettano legge o dei medici, categoria che vuole emulare? Facile prendersela coi counsellor e invece piegarsi facilmente con le università o la sanità pubblica.
Io non guarderei alla Francia come ad un modello: tanto per cominciare non c’è un ordine degli psicologi con tutti i problemi che ne possono conseguire tra cui il fatto che fino a poco tempo fa (ma forse anche ora) chiunque avesse intrapreso un percorso personale di psicoterapia poteva fregiarsi del titolo di psicoterapeuta e fare psicoterapia a sua volta indipendentemente dalla formazione. Un’altra cosa dubbia del sistema francese è che sta prendendo piede la moda della sofrologia e spesso anche nel pubblico i medici spingono i pazienti ad affidarsi a tale pratica. La formazione di sofrologo non è regolamentata se non molto vagamente e consiste in scuole più o meno simili a quelle di psicoterapia e di counseling (secondo la formula paga un sacco di quattrini e ti dò un pezzo di carta dopo 2-3 o 4 anni). La sofrologia consiste in pratica nell’utilizzo di tecniche di rilassamento anche valide ma solitamente appannaggio di psicologi che si occupano di terapia cognitivo comportamentale mischiate ad un substrato di pseudo-scienza e new age (e se posso essere d’accordo sulle tecniche di rilassamento, tutta la parte mistica mi lascia perplesso così come mi lascia perplesso il medico francese che, se per esempio hai problemi di insonnia, ti incoraggia ad andare dal sofrologo piuttosto che dallo psicologo che può fare le stesse cose ma è ovviamente più d’aiuto su quello che può essere il resto).
La cosa buona del sistema francese, o forse cattiva, dipende dai punti di vista, è che SI PUO’ LAVORARE NEL PUBBLICO SENZA AVER FATTO LA SCUOLA DI PSICOTERAPIA. Per cui se è vero che indubbiamente nei nostri ospedali e nelle nostre ASL gli psicologi sono almeno in teoria più preparati è anche vero che, alleluia, si lavora senza doversi smazzarsi 4 anni di lacrime e sangue e cifre intorno ai 20000 euro. Intendiamoci: io sono a favore delle scuole di specialità, ma la cosa intelligente sarebbe fare come medicina in cui la specialità E’ RETRIBUITA e caratterizzata da un lavoro sul campo notevole (non sempre il caso allo stato attuale delle cose nelle scuole di psicoterapia). Perchè costringere una generazione, in tempo di crisi, ad arrabattarsi fino a 30 anni per terminare gli studi col rischio pure di non trovare lavoro e non essere neanche sufficientemente formati è CRIMINALE.
Mark, tu mischi psicologo e psicoterapeuta. In tutto il resto d’Europa la psicoterapia è una professione a sè, non riservata agli psicologi. Non è obbligatorio quindi essere psicologi per diventare psicoterapeuti. Così anche begli USA, in Australia, in Canada, ecc.. Il fatto poi che quello francese non sia un modello da seguire solo perché non c’è l’Ordine…..bè, allora non c’è da seguire nessun modello al mondo, visto che quasi tutti sono sistemi accreditatori (statali o privati) e non autorizzatori. Quello italiano si porrebbe presuntutosamente come il migliore al mondo? L’Ordine garantirebbe della qualità della formazione degli psicologi? Ma se non è neanche capace di fare la voce grossa con le Università per dire loro di quanti e quali psicologi, e con quale preparazione, ha bisogno il territorio! Suvvia, non scherziamo. Ci son problemi ovunque, anche negli altri paesi, immagino, ma dire che il nostro modello, che produce 90.000 psicologi e non pare mettere limiti agli ingressi, sia quello che gli altri dovrebbero imitare…..mi pare grossa. Sai che gli psicologi in Inghilterra sono 36.000 su 70 milioni di abitanti, e il tasso di occupazione à molto alto, e la laurea specialistica dura 4 anni e non solo 2 come qui? Ma non imitiamo il loro modello, per carità. Non hanno l’Ordine, non hanno l’esame di Stato, ma hanno solo l’HCPC che fissa standard formativi, accredita i corsi e i professionisti e protegge il solo titolo. Che barbari.
Ciao Gianni, volevo solo fare un appunto e cioè farti presente che nel mondo tedesco (Germania, Svizzera, Austria) lo psicoterapeuta È anche psicologo. Sto parlando della parte d’Europa che conta davvero non quella che veleggia verso il terzo mondo. Che io sappia questo vale anche per molti altri stati europei es. Belgio, Francia, etc. Cosa interessante è che si va verso una sempre maggiore regolamentazione, ad es. l’anno scorso in Svizzera il titolo di psicoterapeuta non era neanche riconosciuto; ora invece sì e possono fregiarsi del titolo solo gli psicologi. Cordiali saluti.
Gianni, innanzitutto non ho detto che il sistema italiano funziona bene, ho solo detto che il modello francese non é un fulgido esempio. Seconda cosa: io non mischio nulla, ma dò per scontato che uno psicoterapeuta debba per forza avere una formazione come psicologo. Non so come funziona negli altri paesi al di fuori della Francia ma, se uno può avere il titolo di psicoterapeuta e prendere in carico dei pazienti senza aver studiato psicologia beh, forse é meglio il sistema nostro. Terzo punto: che l’ordine in Italia funzioni male é palese, ma teoricamente gli ordini professionali, quando non fanno corporativismo becero e quando tutelano effettivamente la professione sono garanti dell’esistenza di un albo professionale. Senza il quale chiunque può sfrivere sulla sua porta psicologo e trattare dei pazienti: anche il fruttivendolo. Quindi per favore smettiamola di dire che l’ordine non serve, diciamo piuttosto che l’ordine servirebbe se facesse il suo dovere. Il sistema accreditato re che dici tu funziona di fatto come un ordine che regolamenta la professione. Ne più ne meno. Ed é così che deve essere.
Per quel che riguarda il limitare gli ingressi esiste il numero chiuso nelle facoltà di psicologia. Forse non é abbastanza chiuso. Ma questo é un altro discorso.
Totalmente d’accordo con te!!! Mi trovo ora a dover scegliere per la laurea specialistica biennale in clinica, e sono terrorizzata per cosa possa aspettarmi. Ho sostenuto una trentina di esami al triennio e con un enorme dispendio di tempo, di soldi e di sforzi ( perche’ lavoravo nel frattempo), ma nessuno si e’ mai preso la briga di fare osservare agli studenti come si svolge un colloquio clinico: la cosiddetta supervisione dei casi e’ relegata esclusivamente a quelli che decideranno di fare una scuola quadriennale in psicoterapia, dopo i fantastici 3+2. Quindi sto riflettendo se non sia il caso di ripiegare altrove, in un altro paese europeo per il biennio, ma ovviamente il problema della lingua non e’ da sottovalutare…
Il mio intento non era di mitizzare la Francia ma di offrire un confronto. Sulla sofrologia condivido e anche sulla figura di psicoterapeuta che fino a pochi anni fa non era regolamentata. Ma siccome la psicoanalisi è ancora molto presente in Francia, molti entravano nelle scuole di psicoanalisi dove la formazione supera i 4 anni, assomiglia alla formazione Spi. Comunque oggi è regolamentata. Non c’è un ordine, è vero ma come dice Gianni almeno il numero chiuso è stato imposto, cosa che il Cnop non è ancora riuscito a fare. E ribadisco una cosa, ho fatto più clinica e psicopatologia nei due anni di specialistica francese che in 4 anni di scuole di specializzazione italiana. Colpa della profusione di scuola? Non posso neanche dire che la mia scuola non fosse valida, solo che fosse meno esigente dell’università, ma come potrebbe esserlo se sopravvive grazie ai miei 4000 € annui. Se bocciasse, si verrebbe a sapere e ci sarebbe un fuggi fuggi. Forse in Italia servirebbe più scuole di specializzazione statali o una riforma della formazione dello psicologo.
Probabilmente dipende dal tipo di scuola che hai fatto. Il grosso difetto della formazione italiana, a partire da quella universitaria, è che è troppo teorica e manca di applicazione pratica. E’ impensabile che uno psicologo con i “soli” 5 anni di università non sappia da che parte prendere un paziente. Le stesse scuole di psicoterapia, specie quando non sono anche dei centri clinici non offrono grandi possibilità di lavoro sul paziente. Il tirocinio dovrebbe servire a fare pratica, ma tutti sappiamo che in realtà spesso e volentieri durante i tirocini si fa tutto tranne che vedere i pazienti, o se capita di vederne qualcuno si è lasciati allo sbaraglio o in balia di qualche tutor con una formazione spesso opposta alla nostra. Di contro la formazione italiana rispetto a quella francese fornisce un retroterra culturale molto più ampio. Però non basta, ci vorrebbe una mediazione tra le due cose.
Per quel che riguarda la scuola di psicoterapia ribadisco che l’unico modo sensato sarebbe di fare come medicina: specialità negli ospedali e nelle asl RETRIBUITE. Li si che ci sarebbe da imparare (oltre al fatto di non lasciare a spasso la gente fino a 30 anni). E se ci sono troppi psicologi in giro basta fare più selezione all’università (non dopo che non ha senso), guarda caso di medici invece c’è penuria…
Conivido molte delle cose che dice Mark. La selezione va fatta all’ingresso della laurea magistrale. La Laurea “per tutti” è quella triennale. Quella specialistica deve essere più ampia, professionalizzante e selettiva. Non si possono avere classi da 300 studenti e pensare di fare una formazione professionale dove si seguono individualmente gli allievi nel loro percorso. L’ingresso alla specialistica deve essere a numero chiuso e selettiva, come in Inghilterra e Irlanda. Le Università poi non sono attrezzate a fare formazione professionalizzante. O lo sono poco. Troppi “accademici” tra i docenti. La questione poi, sulla psicoterapia, è se sia scientifico (da definire di quale scienza parliamo)-diagnostico-procedurale o di tipo umanistico. Le terapia umanistiche sono meno valide perché non seguono protocolli come la TCC? Bè, a questo punto sarebbe valida solo la terapia cognitivo-comportamentale e tutte le altre sarebbero cavolate. Ma mi pare che sopravvivano e si espandano bene, e che anche la gente le richieda. Comunque io penso che gli psicologi dovrebbero abbandonare la psicoterapia come unica specializzazione e sviluppare di più altre specializzazioni.
Ho letto l’articolo con attenzione e sarei interessata a sapere cosa dovrebbe fare uno psicologo italiano per esercitare in Francia. Chiaramente la lingua è indispensabile ma il riconoscimento dei titoli è difficoltoso? Le possibilità più varie rispetto il contesto italiano?
Buongiorno,
La laurea in psicologia conseguita in Italia, come tutte le altre lauree d’altra parte, é riconosciuta in Francia é in qualsiasi altro paese europeo. Bisogna solo fare un iter burocratico piuttosto noioso (in Francia la burocrazia é, se possibile, quasi peggiore di quella italiana). Per quel che riguarda le possibilità lavorative mi sembra che ce ne siano un po’ di più sebbene la crisi si senta anche li. Il vantaggio é che in Francia é possible lavorare in strutture pubbliche senza aver conseguito il titolo di psicoterapeuta, cioè solo con i 5 anni, anche se ovviamente non é semplice e gli psicologi sono piuttosto mal pagati. É possible inoltre se si é in possessondi laurea spécialistica accédere a posti con il titolo di technicien o Ingénieur ma il lavoro che poi si andrà a fare sarà presumibilmente un po’ diverso da quello dello psicologo clinico (ma nel caso dell’ingenieur meglio retribuito)