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Di cose singolari nei procedimenti deontologici ne abbiamo viste, in questi anni. Ma questa che arriva dalla Puglia va raccontata a futura memoria.

LA NOSTRA COLLEGA LORITA TINELLI E LE SETTE. Lorita è notissima per la sua attività contro le sette (religiose e non) e contro l’esercizio abusivo della nostra professione che spesso viene messo in atto in questi ambienti.

Non è un mondo simpatico e cordiale: è un mondo pericoloso e Lorita riceve costantemente minacce, intimidazioni e ovviamente insulti.

I BLOG DIFFAMATORI. Uno degli sport preferiti dagli esponenti delle sette è diffamare chi cerca di contrastarli, generalmente con blog anonimi. Lorita mi ha spiegato che alcuni blog sono stati aperti appositamente contro di lei da esponenti del mondo delle sette. Sono collocati su server di paesi remoti, e nonostante lei sia in contatto costante con magistratura e forze dell’ordine è comunque difficile oscurarli.

Io li visitati: sono offensivi e volgari oltre ogni misura. Roba che se l’avessi scritta io, mia nonna mi avrebbe lavato la bocca con sapone e spugna di crine da qui all’eternità.

 

IL FATTO. Ora, succede questo: un collega psicologo condivide pubblicamente uno di questi blog diffamatori. Lo fa intenzionalmente, nel contesto di un confronto dialettico con Lorita. Lo fa su Facebook, in un gruppo di migliaia di colleghi che si trovano a leggere cose irripetibili, e false, sul conto di Lorita.

LE SCUSE MANCATE. Potrebbe essere un peccato veniale, frutto di un impulso disgraziato. Il raptus di un dito che clicca. Ma allora subito dopo cancelli.

Potrebbe essere il sacro fuoco della discussione. Che finisce sul personale. Squalificare l’interlocutore con cui si sta discutendo non è un comportamento intelligente. Ma te ne accorgi, e ti scusi.

Invece niente. Nessuno si scusa e nessuno cancella.
Si dovette aspettare qualche giorno per veder sparire il post dal gruppo.

NON UNO PSICOLOGO QUALUNQUE. Il problema si complica perché il collega non è uno psicologo qualunque: è un consigliere dell’Ordine Psicologi Puglia.

Che si è sentito chiamato in causa perché Lorita aveva scritto QUESTO articolo sulla (mancata) trasparenza dell’Ordine Psicologi Puglia.

Un articolo limpido: (1) non ha affermato il falso, (2) non ha esagerato con i toni, e (3) ha parlato di qualcosa di interesse pubblico. Ma al collega consigliere è bastato comunque per aggredirla pubblicamente condividendo – ‘per reazione’ – il blog diffamatorio. Come se la trasparenza di un ente pubblico fosse un fatto personale, una roba da risolvere alla spada, tipo Cavalleria Rusticana.

NON POTEVA NON SAPERE. Non si può nemmeno pensare che il collega non sapesse cosa stava condividendo. Lo sapeva benissimo: intanto perché sa leggere, e poi perché l’attività di Lorita è ben nota all’Ordine.

L’Ordine si è addirittura costituito come parte civile in alcuni processi contro le sette in cui lei era coinvolta. Il più noto di questi processi ha dato origine alla recente ‘sentenza Moccia’, una pietra miliare contro l’abusivismo professionale psicologico.

Insomma, Lorita andrebbe ringraziata. E invece un consigliere dell’Ordine arriva a condividere i blog delinquenziali che cercano di intimidirla.

LA SEGNALAZIONE DEONTOLOGICA. E così Lorita ha deciso di presentare una segnalazione deontologica.

Si badi bene: c’erano anche tutte le condizioni per una querela. Ma lei non ne ha voluto farne una questione di controversia personale: ha voluto invece attivare la giustizia di categoria, per ripristinare il valore collettivo della colleganza, ferito dall’azione del collega.

L’ORDINE PUGLIA. Come ci si aspetterebbe che agisse l’Ordine regionale in un caso come questo?

Beh, per prima cosa i consiglieri che conoscono il segnalato forse dovrebbero astenersi. Se non partecipo al giudizio deontologico di un collega di studio, perché dovrei giudicare un mio collega di consiglio?

Ma così non è stato: in Puglia il caso è stato giudicato.

C’era già stato un precedente molto simile, in questo Consiglio dell’Ordine Puglia: sempre un consigliere, sempre giudicato dai suoi stessi colleghi consiglieri. In quel caso venne pure sanzionato. Stava in un gruppo politico di minoranza, il che rese tutto ancora più singolare.

Nulla di tutto questo è illegittimo, intendiamoci: per come è oggi la deontologia degli psicologi, vale anche il poker a briscola. Sarebbe da fare ricorso al TAR. Insomma, una tarantella infinita.

Però ci pare davvero inopportuno. Ma non tutti abbiamo lo stesso concetto di eleganza.

L’INNOCENZA DEL PAPPAGALLO. Ma è sul risultato della segnalazione di Lorita, che mi sono fatto davvero due risate. A lei è stato inviato dall’Ordine, con le motivazioni, e si può leggere questo:

“L’esposto appare infondato perché XXXX si è limitat* a richiamare un qualcosa detto da terzi”.

Lo chiameremo ‘la scriminante del pappagallo‘, questo nuovo istituto giuridico inventato dall’Ordine Psicologi Puglia. Funziona così: se vedo per strada una scritta come questa, la posso tranquillamente diffondere su Facebook. Tanto sto solo richiamando un qualcosa detto da terzi.

DEONTOLOGIA: UN PROBLEMA GENERALE. A parte il gossip pugliese – i colleghi consiglieri avranno avuto le loro buone ragioni per decidere quel che han deciso, bontà loro – qui c’è un problema che tiriamo avanti dal 1989: i ventuno Ordini regionali funzionano come altrettante contee di Nottingham, ciascuna con i suoi sceriffi e un proprio modo di esercitare la funzione deontologica. In genere le cose vanno lisce. Ma quando gli ingranaggi incappano nel classico granello di sabbia, e s’inceppano, si va un po’ sentimento.

E IL CNOP C’ENTRA SEMPRE. Fra le varie cose che il CNOP non ha saputo fare, c’è questa: non ha mai preso in carico seriamente la questione deontologica, radunando indicazioni sulle questioni più controverse. Con il fondato pericolo che la deontologia diventi anche strumento di offesa politica.