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L’importanza del tema ‘counseling’ per AltraPsicologia e per la professione è evidente, per le implicazioni legate all’esercizio abusivo della professione e a tutte le situazioni di ambiguità che ne sono spesso derivate.
Rappresentiamo ad oggi la posizione ufficiale di AltraPsicologia su questo tema.​

Premesso che:

  1. sul piano scientifico, il counseling ha i propri principali fondamenti epistemologici in teorie e tecniche di riferimento riconducibili alla Psicologia e alla Psicoterapia. Di fatto il counseling è psicologico;
  2. sul piano professionale, lo psicologo si occupa ad ampio spettro di tutto ciò che riguarda il funzionamento mentale e il comportamento, primariamente facilita processi di adattamento e cambiamento evolutivo, e quindi promuove salute e qualità di vita/lavoro;
  3. sul piano sociale, non esiste esigenza di introdurre ulteriori figure “psicologiche”, per altro dequalificate rispetto allo psicologo, a disposizione dei cittadini, in un Paese ​(l’Italia) ​che già conta oltre 100.000 psicologi iscritti all’Albo;
  4. sul piano normativo, la normazione italiana e la giurisprudenza in divenire prevedono e riconoscono l’esistenza del counseling come atto e prerogativa della professione di psicologo.

 

AltraPsicologia ritiene che:

  1. non ha motivo – né normativo, né scientifico, né professionale, né sociale – di sussistere in Italia la figura del counselor come professione autonoma;
  2. elementi e competenze di counseling ​e di Psicologia​ possono essere legittimamente apprese da professionisti non psicologi (avvocato, insegnante, infermiere, prete, manager, ecc…) nella misura in cui contribuiscono a migliorare la loro attività primaria. Ad esempio, l’infermiere continuerà a svolgere la sua attività infermieristica, ciò non di meno potrà dotarsi di elementi e competenze di counseling e di psicologia per migliorare la sua professione di infermiere;
  3. quando l’attività di counseling è finalizzata ad intervenire su processi psichici, emotivi e/o comportamentali del cliente, il professionista abilitato è esclusivamente lo psicologo e l’attività si considera pacificamente atto tipico dello psicologo in quanto ricompresa nella definizione di sostegno psicologico. I professionisti non psicologi incorrono in abuso della professione di psicologo;
  4. lo psicologo docente o l’Ente di formazione possono effettuare attività di formazione su elementi di counseling a professionisti non psicologi nella misura in cui gli obiettivi didattici e gli esiti professionalizzanti dichiarati chiariscano, senza ombra di dubbio, che il percorso formativo non genera nessuna nuova figura professionale in grado di intervenire su dimensioni psichiche, emotive e/o comportamentali, ed unitamente dichiarino invece che tali apprendimenti “semplicemente” andranno a migliorare e performare la professione, l’attività primaria, che ciascun partecipante porta con se all’inizio del corso e continuerà a portare con sé dopo la fine del corso.

 

Un’ultima postilla è diretta a quei soggetti che cercano di arrampicarsi sugli specchi mediante l’utilizzo di terminologie non direttamente esplicitate nell’Art.1 della 56/89, ma comunque ad esso chiaramente riconducibili.

Anche laddove la domanda esplicita non venga rappresentata come disagio psicologico, né tanto meno come disturbo psichico, ma si chieda di generare benessereconsapevolezzapotenziamento di risorse, ecc. mediante l’uso di empatiaascolto attivosostegno, ecc. tale attività rimane tipica dello psicologo. Sia perché è scritto chiaramente nella legge istitutiva (laddove attribuisce a noi le attività di prevenzione, abilitazione-riabilitazione e sostegno in campo psicologico) sia perché tale lavoro implica delle competenze di base specificamente psicologiche.

Infatti, per generare benessereconsapevolezzapotenziamento di risorse, ecc. mediante l’uso di empatiaascolto attivosostegno, ecc. sono necessarie:

  1. la capacità di fare una analisi della domanda (indipendentemente da ciò che ci chiede la persona: valutare quale siano esattamente i suoi bisogni, quali siano coerenti con l’obiettivo condiviso, se esistono e quali sono le necessità non funzionali con le quali non dobbiamo colludere, quali gli aspetti da focalizzare e definire meglio in quanto non ben chiari alla persona, ecc.);
  2. la capacità di tenere conto dell’intera struttura di personalità della persona, così come del contesto nel quale si muove; in modo da selezionare al meglio, con cognizione di causa, gli strumenti, le indicazioni e le azioni da consigliare – e quelle da evitare – al fine di migliorare la risposta, la compliance, l’empowerment.

Tutte queste valutazioni sono inscindibili da una valutazione complessa della persona che tenga conto degli aspetti emotivi, psichici, di personalità e di relazione che sono possibili solo con un’indagine psicologica e in base ad una competenza specifica che comporta l’abilitazione alla professione di psicologo.

 

Firmatari

Dott. Federico Zanon, Presidente Associazione AltraPsicologia

Dott. Mauro Grimoldi, Referente Tutela Associazione AltraPsicologia

Dott. Felice Damiano Torricelli, Presidente ENPAP

Dott. Alessandro Lombardo, Presidente Ordine Psicologi Piemonte

Dott. Luca Pierucci, Presidente Ordine Psicologi Marche

Dott. Nicola Piccinini, Presidente Ordine Psicologi Lazio