All’ennesima volta che ho letto questa frase, non ce l’ho più fatta. Ecco l’elenco ufficiale dei paesi che regolamentano le professioni.
LA FONTE, PRIMA DI TUTTO. La Commissione Europea elabora da tempo un database dinamico con la situazione di tutti i paesi europei dal punti di vista della regolamentazione delle professioni. Contiene una mole di dati, e si può consultarlo a partire da QUESTO LINK.
NUMERO DI PROFESSIONI REGOLAMENTATE IN EUROPA. Esplorando la mappa interattiva (QUESTA) scopriamo che il liberalissimo UK, sempre preso ad esempio delle magnifiche sorti e progressive dell’esercizio libero delle professioni, ha 216 professioni regolamentate, di cui il 37% nel settore della salute e dei servizi sociali.
Con 178 professioni regolamentate (il 44% nel settore della salute e sociale) in Italia sembriamo quasi degli anarchici.
Norvegia (184), Finlandia (137) e Svezia (88) non se la cavano meglio di noi. E’ da osservare che laddove si riduce il numero assoluto di professioni regolamentate, aumenta percentualmente la rappresentanza di quelle sanitarie e sociali: Svezia al 69%, Finlandia al 64%. Fra i paesi dell’area mediterranea, la Spagna ha in totale 188 professioni regolamentate, la Francia 260, la Grecia 153.
IL TIPO DI REGOLAMENTAZIONE. La mappa interattiva (QUESTA) descrive ogni paese in base alla tipologia di regolamentazione. Ne abbiamo 4: (1) riserva sulle attività (2) riserva sull’uso del titolo professionale (3) riserva sia sul titolo che sulle attività (4) altre forme di riserva.
I paesi europei variano moltissimo per tipologia di riserva, e quindi troviamo in UK 98 professioni con riserva delle attività, 97 con riserva del titolo e 5 con riserva di entrambi, in Francia 156 professioni con riserva dell’attività e 81 con riserva sia del titolo che dell’attività. In Italia abbiamo 166 professioni con riserva di attività (non tutte hanno un Ordine, chiaramente: c’è pure il conduttore di caldaie, che è attività riservata).
Questo, a dimostrazione che non c’è alcuna correlazione fra il sistema degli Ordini e Collegi – che in Italia sono una trentina e non 178 – e la regolamentazione delle professioni. Quest’ultima rientra semplicemente in un’esigenza ampia e diffusa di regolazione delle attività più complesse e delicate, per evitare che sia solo il mercato a decidere. Perché il mercato, comunque la si giri, non sempre obbedisce a logiche di qualità o di tutela dei cittadini.
LO PSICOLOGO E LO PSICOTERAPEUTA. Intanto occorre premettere che la parola ‘psicologo’ non qualifica necessariamente la stessa professione in diversi contesti. In ogni caso, la ricerca sulla mappa interattiva (QUESTA) ci restituisce un quadro variegato, ma comunque regolamentato in qualche misura in quasi tutti i paesi europei. Selezionando ‘psicoterapeuta’ (QUESTO) troviamo una mappa di regolamentazioni ancora diversa. Quindi è falso affermare che solo in Italia esiste la regolamentazione dell’attività dello psicologo e dello psicoterapeuta.
COUNSELOR. Infine, sarà un mio limite, ma non sono riuscito a trovare la professione di Counselor (con una o due ‘elle’ che sia). Occorrerà reclamare presso la Commissione Europea.
ORDINI: COSA CE NE FACCIAMO? Perché alla fine, al di là del mero dato quantitativo, questa è la vera questione: in Italia abbiamo gli Ordini. La professione di psicologo ha gli Ordini. Le varie proposte di abolizione che si sono succedute – nel 2011 scrivevo ‘Abolizione degli Ordini: di nuovo?‘ e già se ne parlava da anni – alla fine sono rimaste lettera morta, per varie ragioni.
Il punto resta quello di applicare una vision di ampio respiro, che sappia valorizzare gli Ordini. Ha fatto il suo tempo il dibattito su posizioni segregate, ma in fondo similmente impegnate a trasformare gli Ordini in simulacri totemici da abbattere o difendere ad oltranza.
La posizione di AltraPsicologia resta chiaramente quella di un virtuoso sviluppo degli Ordini, verso un ruolo sempre più ampio di interfaccia fra professioni e società e di sostegno del lavoro professionale.
Nessuno ha mai parlato di deregulation. In UK sono protetti 7-8 titoli di psicologo. Interessa quel campo a noi, non le altre professioni. E comunque dello psicologo non sono protette le attivitá. Potresti spiegare cosa significa protezione del titolo e non delle attivitá, per esempio, per vedere la differenza con l’ITALIA. Inoltre, NON è obbligatorio iscriversi all’HCPC se non si desidera avere un titolo protetto. Lo psicoterapeuta non è un titolo protetto e nemmeno le attivitá. Infatti gli psicoterapeuti si riuniscono e associano in associazioni professionali come la British Association for Counselling and Psychotherapy e la UKCP che sono libere associazioni accreditanti.
Per una visione ulteriore sulla questione date un occhio alla voce wikipedia “Sistema dualistico” (professioni)… tranquilli nonostante sia wikipedia il tutto è stato tratto da un manuale di diritto del lavoro… vi riporto qui solo una parte:
“Questa suddivisione, diffusa in Europa e nel mondo, si basa sulla distinzione tra il sistema ordinistico (cioè quello basato sugli ordini professionali) e quello associativo.
Laddove il sistema associativo è diffuso da tempo, esso si basa sull’attestazione di competenza (rilasciata dalle associazioni professionali stesse ma in ottemperenza alle prescrizioni internazionali di accreditamento) o sulla certificazione di conformità alle norme tecniche ISO (rilasciata dagli organismi accreditati). Questa tipologia di qualifica è, attualmente, essenzialmente volontaria oppure sostanzialmente imposta dal mercato per prassi.
Pertanto, sono due le direttrici di qualifica nel mondo delle libere professioni:
quello ordinistico, basato sull’esame di stato e obbligatorio (per legge e questa è un’evidente limitazione) iscrizione all’albo corrispondente; il punto debole di questa direttrice è la storica “autoreferenzialità” in quanto il tutto si svolge all’interno dell’ordine o collegio e la valutazione non è ripetuta nel tempo;
quello associativo, basato sulla certificazione del personale da parte di un organismo accreditato; il punto di forza è che la valutazione della competenza è eseguita e ripetuta nel tempo, attraverso norme e procedure internazionali, da un ente terzo indipendente; lo svantaggio è che il mercato delle professioni di alcune nazioni non dà il medesimo valore della certificazione del personale di quello dell’iscrizione ad un ordine”…
Guarda caso giusto quello che serve adesso in italia e europa… standard di formazione continua chiari e valutazione esterna… (cosa che gli ordini non hanno!)… ecco perché sono da abolire. Altro infatti è il discorso sulle professioni regolamentate, altro è “come sono regolamentate in Italia” (cioè gli Ordini autoreferenziali). E se qualcuno obiettasse che “nelle professioni di tipo associativo” (come i counselor) non è obbligatoria la formazione, sappia che di fatto questa dicitura non è intesa come assenza di formazione, anzi sono richiesti sempre più standard internazionali verificabili e certificabili. Invece vuol dire che nelle professioni associative possono rientrare anche quelle professioni più pratiche in cui basta la competenza pratica e in cui lo stesso mercato seleziona (per esempio per fare il wedding planner, magari non c’è bisogno per forza di sapere la storia dei ricevimenti in Inghilterra, ma basta aver acquisito una competenza pratica). Non così le professioni associative di carattere intellettuale.
E ancora sempre alla stessa voce wikipedia:
“Si pensi, a titolo di esempi, che i più grandi paesi con le più importanti economie del mondo e la più alta competenza scientifica come USA, Cina, India e Gran Bretagna conoscono solo gli albi professionali degli avvocati e dei medici (rispetto ai 29 albi “protetti” italiani), mentre anche negli altri stati della stessa Unione europea il numero degli albi professionali è compreso tra tre ed undici. Ciò comporta anche serie difficoltà ed una contravvenzione evidente alla normativa UE sul diritto di stabilimento, cioè sul diritto di ogni professionista di stati appartenenti all’UE di esercitare la propria professione in tutta la Unione europea, venendo di fatto assoggettato, se vuole esercitare la propria professione in Italia, ad obblighi di esami, praticantati ed iscrizioni ad albi che non esistono nel proprio paese di origine”.
Per finire… e parlando fuori dai denti: la professione di counselor rientra tra quelle non regolamentate, ma che stanno essendo regolamentate (vedi disegno di legge della camera n. 3270 del 19 dicembre 2012 “Disposizioni in materia di professioni non organizzate in ordini o collegi”, di ventata legge14 gennaio 2013 n. 4 “Disposizioni in materia di professioni non organizzate”).
Questo che piaccia o no dà spazio alle professioni intellettuali di natura non ordinistica (in Italia!). E per di più col titolo di counselor professionista si può accedere nel mondo anglosassone all’esame per la professione medesima. Non il contrario ci sarà un motivo o noi Italiani siamo i detentori della scienza assoluta?! I soliti megalomani!
E ricordiamoci sempre che i “corsi e ricorsi storici” di Vichiana memoria, sono validi anche per questa bagattella degli ordini. Volete sapere come va a finire? O che aboliscono tutti gli ordini o che anche i counselor avranno col tempo il loro albo (così come fu per la questione psichiatri/psicologi), tenendo presente che tanti ottimi attuali psicoterapeuti, a cavallo della riforma della categoria degli anni ’80, non hanno visto la facoltà di psicologia, ma magari lingue o lettere o filosofia… eppure ottengono certificazioni di competenze da enti internazionali come ottimi psicoterapeuti. Vorrà dire qualcosa?! O facciamo finta di nulla come gli struzzi con la testa sotto terra?!
Usciamo dalla nostra limitata visione delle cose se non vogliamo rimanerne schiacciati… e delusi… e frustrati.
Fate voi e buona vita a tutti!!!
A proposito sono un counselor professionista… se non si era ancora capito!
Si sì bel discorso, peccato che nella realtà dei fatti l’unica certificazione che hanno i counselor in Italia (o almeno quella più nota) é quella di assocounseling (o almeno la più nota), certificazione che non é certificata da nessun altro se non da loro stessi.
Il punto é che nella pratica serve un sistema di accreditamento, un ordine, un organismo chiamalo come vuoi, che possa certificare che tu possa svolgere una certa professione se no di fatto chiunque può scrivere sulla porta di essere medico, psicologo, counselor ecc. Per gli psicologi esiste questo organo, concordo che potrebbe essere perfezionabile ma intanto é riconosciuto dallo stato. Voi cosa avete? Avete un associazione autoreferenziale che lucra sulla vostra pelle vendendovi un titolo (quello di counselor) che in Italia non esiste (ed é tutto da vedersi se all’estero basta un corso privato di tre anni all’acqua di rose e nemmeno una laurea), ergo se io voglio domani fondo la Markcounseling e mi metto a certificare counselor con una formazione di 6 mesi a 3000€ (concorrenziale rispetto al vostro modello di business vero?). Chi sono i veri nemici? Gli ordini, gli psicologi o certe associazioni private furbette che pensano solo a riempirsi le tasche (le proprie)?
Hai dimenticato di dire che negli altri paesi l’iscrizione è facoltativa e non è un obbligo !!