Commissione Tutela ed Abuso Professione. La proposta di AltraPsicologia

L’assenza di iniziative concrete e strutturate messe in atto dalle precedenti consiliature dell’Ordine Psicologi del Lazio nel campo della tutela legale della professione ci costringe purtroppo ad operare in un contesto di “prima assoluta”.

Unitamente a questo, dopo l’entrata in vigore della legge 4/2013 osserviamo l’avanzare di una politica sempre più aggressiva da parte di professionisti “pseudo-psi” e alla corrispondente invasione di competenze riservate per legge allo psicologo soprattutto nell’area della promozione del benessere/salute e in quella del sostegno psicologico.

Le criticità che la Commissione Tutela sarà chiamata ad affrontare sono riconducibili ad alcuni aspetti squisitamente giuridico-legali e ad altri più genericamente culturali.

Da una parte, esiste infatti una difficoltà oggettiva a far emergere i casi di abuso professionale ad un livello giuridicamente significativo a causa della natura prettamente relazionale e poco strumentale delle interazioni professionali psicologiche. La necessità di dimostrare mediante prove fattuali l’eventuale comportamento di abuso fa il paio alla scarsa rilevanza sociale riservata al reato di “esercizio abusivo di professione” all’interno del nostro ordinamento giuridico.

Sul piano etico-culturale, le difficoltà sono invece riconducibili a due aspetti. Da un lato, la nostra categoria subisce ancora un forte livello di disinformazione culturale sui precisi confini professionali e normativi della Psicologia, sui campi di intervento dello psicologo e sui relativi profili di competenza. La scarsa consapevolezza è osservabile purtroppo ai diversi livelli, non solo nell’utenza e nelle istituzioni, ma spesso anche tra i colleghi alimentando il clima di confusione tra la professione di psicologo e le cosiddette “professioni emergenti”. Infine, anche a seguito della modifica dell’Art. 21 del codice deontologico, i principali stakeholder nel campo della formazione-psi non hanno ancora del tutto modificato la loro politica formativa volta ad avallare la nascita di figure di abusivismo psicologico.

La commissione Tutela si propone di lavorare su entrambi i fronti, nella consapevolezza che un vero cambiamento nella capacità di arginare l’abusivismo e tutelare la professione passi attraverso una diversa e più moderna percezione culturale della professione di psicologo nell’opinione pubblica, nell’utenza e tra i colleghi.

Riteniamo la commissione Tutela uno strumento strategico non solo per favorire lo sviluppo della professione ma soprattutto per garantire alla cittadinanza il diritto alla salute.

 

Obiettivi

La commissione Tutela articolerà la sua azione sul piano concreto perseguendo le seguenti direttive:

Istituzione di un Ufficio Legale con alto profilo di competenza sulle tematiche dell’abuso professionale.
La “task force” legale si occuperà di gestire tutte le segnalazioni dei colleghi psicologi e dei cittadini e, laddove possibile, di finalizzare le necessarie azioni legali di lotta all’abusivismo. L’ufficio legale avrà altresì lo scopo di ridurre i tempi e massimizzare l’efficacia dell’azione dell’Ordine. Sarà inoltre il referente per tutte le azioni di tutela in relazione a bandi e concorsi pubblici che prevedano la presenza di figure professionali che si sovrappongono alle competenze riservate per legge alla professione di psicologo. Infine, sarà fornita assistenza legale gratuita alle vittime di abuso professionale da parte di persone non qualificate.

Creazione di uno Spazio Segnalazioni e FAQ sull’Abuso Professionale.
Rivolto sia all’utenza che ai colleghi, avrà l’obiettivo di favorire la partecipazione della base dei colleghi nei processi di segnalazione/monitoraggio e la consapevolezza informata da parte dei cittadini. Verranno diffuse le linee guida sulla segnalazione e sulla denuncia dei casi di abusivismo professionale. L’implementazione di tale strumento avverrà su spazi istituzionali e non (ad es., social network) e mediante la realizzazione e diffusione capillare di info-materiali agili e moderni su aspetti etico-legali della professione (in sinergia con Commissione Etica).

Istituzione di un Osservatorio permanente sui bandi e concorsi.
L’osservatorio vigilerà sulla possibilità che bandi e concorsi pubblici prevedano ruoli con profili di competenza riservati per legge a psicologi ma aperti a categorie senza requisiti o preclusi agli psicologi. Vigilerà inoltre su tutti i concorsi pubblici che non rispettano la legge 56/89 provvedendo ad attivare l’ufficio legale per tutte le azioni necessarie a ristabilire principi di legalità. Provvederà a realizzare e diffondere linee guida rivolte a tutte le istituzioni – scuole, Comuni, Enti pubblici, associazioni di categoria – su ruolo e competenze dello psicologo e su rischio abusivismo per rafforzare l’identità dello psicologo presso gli interlocutori istituzionali. Si procederà a segnalazioni presso il garante Antitrust laddove non sia possibile perseguire altre vie legali.

Realizzazione di campagne d’informazione sulle prerogative della professione di psicologo e sui rischi dell’abusivismo professionale.
La commissione avvierà iniziative per promuovere attivamente la consapevolezza critica e informata da parte dell’utenza ed eliminare confusione di ruoli tra psicologo e figure pseudo-psi. Realizzerà documenti ufficiali di informazione su tematiche di competenza dello psicologo sulle quali esiste ancora molta confusione come ad esempio quella relativa al “counseling psicologico”.

 

In collaborazione con la Commissione Etica, sarà attuata una rigorosa sorveglianza del nostro codice deontologico, in particolare del nostro nuovo art. 21 che vieta l’insegnamento finalizzato all’uso professionale di strumenti e tecniche conoscitive e di intervento riservati alla professione di psicologo a persone estranee alla professione stessa (in altre parole: si può insegnare tecniche di counseling ad un assistente sociale che continuerà poi a fare il suo mestiere con uno strumento in più, NON si può insegnare tecniche di counseling con l’obiettivi didattico e formativo di dar modo all’assistente sociale di mettersi sul mercato come counselor… ovvero non si può creare condizioni per trasformare una tecnica psicologica in una professione che stacca fattura in abuso della professione di psicologo!)

Verrà proposta l’adesione alla Carta Etica e istituito un coordinamento con le scuole di psicoterapia volto a dissuadere comportamenti che avallino attività ingannevoli o abusive della professione di psicologo, ad esempio mediante l’attribuzione di qualifiche o attestati che inducano a ritenersi autorizzati all’esercizio di attività caratteristiche dello psicologo. Obiettivo sarà quello di sensibilizzare i colleghi a scelte critiche di acquisto formativo, premiando quelle realtà che offrono formazione in rispetto della legge 56/89.




Counsellor, scuole di psicoterapia, nuovo articolo 21: cosa succederà in Piemonte?

punto-di-domanda-2 Una linea che impone agli Ordini, specie a quelli che fin qui hanno latitato o, per dirla in altro modo, chiuso uno o entrambi gli occhi, di attivarsi a questo punto per la sua applicazione.

Un fenomeno che certamente non riguarda tutte le scuole di psicoterapia e che, crediamo, vada inserito in quadro più amplio di rapporti fra Università, Ordine Psicologi, Scuole di psicoterapia, studenti specializzandi. Non diciamo nulla di nuovo quando diciamo che l’anello debole di questa catena, di fatto, è lo studente di specialità. Ritorneremo presto a parlare di questo tema.

Ritorniamo al referendum. I risultati sull’articolo 21 parlano chiaro:

 Gli psicologi sono stanchi di chiudere un occhio, stanchi di studiare per anni e poi di vedersi “soffiare” il lavoro dall’abusivo formatosi in un week end, e alla lunga si stancheranno anche di chi gli occhi li vuole chiudere entrambi.

In questi anni, sono molte le segnalazioni che ci sono arrivate in questo senso. Ovviamente, oltre a raccogliere il malcontento generale dei colleghi, ci siamo sempre premurati di invitare i colleghi che ci segnalavano queste, chiamiamole “stranezze”, di girare tali segnalazioni anche al nostro Ordine che è, fino a prova contraria, l’istituzione deputata per legge a tutelare anche la professione. Non sappiamo, e non potrebbe essere altrimenti, che fine abbiano fatto queste segnalazioni.

Si sa, è tema delicato. Anzi, delicatissimo. E’ lo è nella misura in cui la maggior parte degli Ordini, per dolo o per colpa, incluso l’Ordine Psicologi Piemonte, hanno finto fin qui di non vedere il problema.

La domanda potrebbe quindi essere questa:

 cosa ha fatto l’Ordine Psicologi Piemonte rispetto al tema delle scuole di psicoterapia che formano counsellor?

Si, potrebbe. Ma preferiamo porla in questi termini:

Cosa farà, da oggi in poi il nostro Ordine regionale rispetto alle scuole di psicoterapia che formano cousellor?

 

ORDINE, UNIVERSITA’, SCUOLE DI PSICOTERAPIA, E IL TAVOLO REGIONALE SULLA PSICOLOGIA

Vi segnaliamo che nel corso del Consiglio dell’Ordine del 25 giugno, è stata comunicata la definizione del Protocollo d’intesa tra Università, Ordine Psicologi, Scuole di specializzazione, Commissione tecnica regionale Psicologi, costruito dall’Assessorato Sanità della regione Piemonte.

Questo nuovo tavolo di lavoro avrà l’obiettivo di stimolare e favorire la collaborazione degli psicologi che operano in istituzioni diverse: formative, di applicazione della psicologia, di specializzazione, ordinistiche, rendendo sempre più attuale la formazione e sempre più aggiornati gli approcci della psicologia e della psicoterapia ai vari campi di applicazione.

Per inciso, e a titolo informativo, appena ricevuta la notizia del protocollo di intesa, ci siamo attivati, con la Commissione Sanità, per poter partecipare anche noi, come AltraPsicologia, a questo tavolo (QUI la lettera inviata al nostro Ordine regionale). E siamo certi che il nostro Ordine vorrà, nell’ottica di una sempre maggiore rappresentanza, favorire  la nostra partecipazione al tavolo in questione.

 

UNA RICERCA SULLE SCUOLE DI PSICOTERAPIA CHE FORMANO COUNSELLOR

abbiamo prodotto una ricerca, con le semplici informazioni rintracciabili on line, che è partita da una semplice domanda:

Quali tra le scuole di psicoterapia presenti sul territorio piemontese si occupano anche di formazione di counsellor?

è stata inviata al nostro presidente e a tutti i consiglieri dell’Ordine Psicologi Piemonte.

 

Cosa se ne faranno? Non possiamo saperlo. Il nostro lavoro lo abbiamo fatto ora, in teoria, tocca al nostro Ordine. Attendiamo fiduciosi.




La Carta Etica stracciata in Veneto

La carta Etica per le scuole di psicoterapia non passa il vaglio del consiglio dell’Ordine Psicologi Veneto. Un esito inaspettato, per un documento che era già stato votato positivamente in Dicembre 2010, e si trattava soltanto di confermare e adottare ufficialmente.

Un esito a sospresa: la Carta votata nel Dicembre 2010, nella formulazione che trovate a fondo articolo, era a disposizione di tutti i consiglieri da quattro mesi ma nessuno ha mai accennato ai dubbi che sono stati posti in consiglio.

Il problema delle scuole: non tutte, ma molte.

Il problema delle Scuole di Psicoterapia è centrale per noi psicologi: sappiamo bene quanto costa la nostra formazione, e quali sacrifici affrontiamo per conseguire l’abilitazione in psicoterapia.

Sappiamo anche che la nostra situazione è molto particolare: un titolo di valore pubblico che abilita ad una professione delicata come lo psicoterapeuta è affidato ad istituti privati. Questi istituti vengono autorizzati ad esercitare da una commissione apposita del Ministero per l’Università (MURST). I criteri di autorizzazione all’esercizio, come è consuetudine nel nostro paese, verificano il possesso di alcuni requisiti di base, lasciando al mercato la selezione delle eccellenze qualitative.

Requisiti di base a parte, attualmente nessun sistema di certificazione permette di distinguere qualitativamente una scuola dall’altra, e la scelta fra i centinaia di Istituti dipende spesso dall’approccio teorico, dai consigli dei colleghi, dal costo, dalla presenza di docenti di particolare credito.

Sappiamo che non tutte le scuole autorizzate funzionano bene: AltraPsicologia ha raccolto negli anni un vasto campionario di segnalazioni.

I malfunzionamenti più spesso segnalati riguardano scuole che non curano il tirocinio clinico, lasciato all’iniziativa personale degli allievi e senza un reale controllo. Sul tirocinio ne sentiamo di tutti i colori: dall’allievo disperato perché da due anni non trova una struttura per fare pratica, fino ai peccati veniali e forse inevitabili, come le sovrapposizioni fra attività professionale e tirocinio, o le ore dichiarate ma non svolte interamente in attività psicoterapica.

Ma anche i costi sono spesso un punto dolente: da alcune scuole sono indicati in modo approssimativo, incompleto, e lievitano durante l’anno per l’aggiunta di seminari obbligatori, convegni, materiali. Perfino esami: alcuni colleghi ci hanno segnalato che la loro scuola aveva chiesto una quota aggiuntiva per sostenere i colloqui di verifica necessari per accedere all’anno successivo.

E poi, la questione della psicoterapia individuale degli allievi. Per alcune scuole è assolutamente un optional. Per altre, un obbligo che si spinge al punto di imporre il nome del terapeuta.

Un tema che si presta ad ogni sorta di invenzioni: dall’obbligo di scegliere il terapeuta fra i docenti della scuola, all’imposizione di cambiare almeno due terapeuti nel corso dei quattro anni, fino alla psicoterapia come parte delle ore di pratica clinica. Il tutto con la frequente incertezza sul peso economico di questa parte della formazione, che arriva ad incrementare del 20-30% il costo iniziale previsto.

Esistono poi molte scuole assolutamente virtuose che spendono tempo e risorse per creare e mantenere una rete di strutture per i tirocini, che pubblicizzano il costo della formazione fino all’ultimo centesimo, a costo di perdere allievi allettati dalle offerte low-cost che poi lievitano strada facendo.

Scuole che propongono i propri terapeuti, ma non obbligano gli allievi a sceglierli.

Che dividono correttamente le ore formative da quelle di tirocinio da quelle di terapia.

Scuole che conoscono bene le cattive abitudini della concorrenza, ma evitano di contestarle pubblicamente per non essere accusate di pubblicità negativa verso colleghi e concorrenti.

La funzione della Carta Etica

La Carta Etica nasce dopo aver ascoltato il meglio e il peggio di quel che avviene nelle scuole di psicoterapia; seleziona alcune questioni nodali, e su di esse esprime un’opinione. Già, un’opinione: quella merce ormai rara e inflazionata che molti imitano raccattando pezzi di informazione in ogni dove, pensando di far bella figura un po’ con tutti.

Se la Carta Etica viene adottata da un Ordine Regionale, significa che quell’Ordine è d’accordo con i principi che essa esprime. Le scuole che si sentono in linea con le indicazioni della Carta Etica autocertificano di rispettarle, e l’Ordine ne darà notizia ai propri iscritti, dando comunque pari risalto alle scuole che non aderiscono alla Carta Etica.

Le scuole che non intendono aderire, semplicemente non saranno segnalate come aderenti alla Carta Etica. Nessuna condanna, nessun biasimo: ognuno è padrone del proprio destino e dei propri affari.

Naturalmente, uno stesso Ordine può adottare più disciplinari, e una stessa scuola può aderire a disciplinari diversi se ne condivide e rispetta i criteri: la Carta Etica non vuole di certo l’esclusiva. Quindi, una stessa scuola potrebbe trovarsi due o più bollini di qualità: la Carta Etica, i parametri di eccellenza del CNSP, la certificazione di qualità CSQ, oppure una qualsiasi delle altre decine e decine di certificazioni rilasciate dai vari istituti.

La Carta Etica nasce in modo esplicito come iniziativa terza rispetto alle scuole. Altri disciplinari nascono come iniziativa delle scuole, o con la partecipazione delle stesse. Lo spirito che anima queste iniziative è diverso, ed è improprio ritenere che una sia meglio dell’altra.

Nulla vieta che si possano adottare o costruire disciplinari condivisi, e che un giorno ci sarà un’unica grande carta dei principi, onnicomprensiva. Ma dato che siamo solo all’inizio di un processo di certificazione qualitativa forse è meglio lasciare che tutti i filoni si sviluppino, sia quelli che partono dalle scuole che quelli che partono da enti terzi come gli Ordini o le associazioni di categoria. Altri sono meno possibilisti su questo punto, ma noi riteniamo che il pluralismo sia una risorsa e aiuti i colleghi a farsi un’idea più completa.

Se un collega ritiene che la Carta Etica contenga i criteri a lui più affini, sceglierà scuole che ne hanno adottato i principi. Se ritiene che discriminanti siano i criteri ICQ, si orienterà a quelli. Se preferisce l’ecologia, sceglierà una scuola con locali con certificazione energetica in classe A… insomma, a ciascun consumatore la libertà di scegliere.

Le [solite] obiezioni:

la Carta Etica sotto la lente del consiglio dell’Ordine Veneto.

L’Ordine del Veneto, che ha fama di essere così progressista e vicino agli iscritti, così giovane, dinamico e moderno, con la Carta Etica si è infilato il parruccone. Quasi tutti hanno storto il naso, e chi non l’ha fatto di certo non ha voluto sudare molto per sostenere l’iniziativa. Ecco le obiezioni emerse.

Al primo posto, la classica obiezione che la Carta Etica suona come un’imposizione alle Scuole. Come dire che la certificazione DOC per i vini o la ICQ sono delle imposizioni. Nella realtà la Carta Etica funziona come una certificazione ad adesione volontaria: se una scuola ne condivide i principi aderisce, come un’azienda vinicola aderisce al disciplinare DOC. Se non intende aderire, è liberissima di non farlo. Non ci sono particolari conseguenze negative.

Ma come per la certificazione DOC, una scuola che aderisce alla Carta Etica ha uno strumento di promozione aggiuntivo: comunica ai potenziali allievi che segue alcuni principi, che ha alcune caratteristiche e si impegna pubblicamente a rispettarle.

L’imposizione è semmai quella di chi non vuole la Carta Etica, obbligando tutti gli altri a rinunciarvi.

Un’altra obiezione molto gettonata è stata che la Carta Etica dovrebbe essere costruita insieme alle scuole. Dimenticando che i disciplinari di solito li fanno degli enti terzi, per evidenti motivi di neutralità. Nel marketing più recente, sono i consumatori a fare la differenza con le loro opinioni anonime e pubbliche, e le aziende si adeguano… ma forse nel ricco Veneto, appena uscito dall’era agricola, si è ancora convinti che sia il padrone a decidere prodotto, qualità e prezzo. Beh… finché si può illudersi, ci si illuda.

In ogni caso, per soddisfare anche i palati più tradizionali, giova ricordare che alcune scuole riunite in coordinamento hanno già deciso di autocertificarsi con un proprio disciplinare (i parametri d’eccellenza del CNSP). Iniziativa che non troviamo assolutamente incompatibile con la Carta Etica; anzi, ci pare ne possa costituire un parallelo ed efficace complemento.

Che poi chi ha redatto i parametri di eccellenza (il CNSP) non ricambi questa visione plurale e abbia ufficialmente invitato al boicottaggio della Carta Etica, è questione che attiene alla libertà di pensiero che fortunatamente esiste ancora nel nostro Paese.

Ma la libertà di pensiero è un diritto che uno sceglie o meno di usare, e i consiglieri degli ordini non fanno eccezione. E alcuni dell’ordine veneto non hanno voluto adottare un sistema che valorizza davvero le eccellenze formative, offrendo un servizio nato dalle opinioni dei colleghi.

Altre eccezioni… il punto sul costo dei colloqui di ammissione del candidato, che alcune scuole addebitano al potenziale allievo. La Carta Etica dice che sarebbe meglio che fossero gratuiti. Alcune scuole li fanno pagare. Questione di opinioni… chi ha redatto la Carta Etica è partito dal presupposto che se una scuola vuole selezionare gli allievi deve assumersene il costo.

In consiglio è stata citata la SPI, che per principio farebbe pagare i colloqui di ammissione ai propri allievi; non abbiamo contatti ufficiali con questa prestigiosa società, ma crediamo che possa tranquillamente sopravvivere nonostante la Carta Etica dica che è meglio non far pagare i colloqui di ammissione. Se poi rivendica ancora il principio fondativo di una psicanalisi libera e laica, non dovrebbe curarsi troppo di quel che avviene negli Ordini.

Ancora: la Carta Etica scenderebbe troppo nel dettaglio, mentre l’Ordine dovrebbe restare su criteri generali. Ma a che servirebbe un disciplinare che raccomanda in generale di adottare una condotta etica, senza dir nulla sui problemi più concreti e frequenti che i colleghi e le stesse scuole segnalano? Torna in mente quella vecchissima barzelletta del prete che, con invidiabile equilibrismo dialettico disse ai parrocchiani: “non vi dico chi votare, ma vi raccomando di scegliere un partito veramente democratico e veramente cristiano!”.

L’era delle convergenze parallele è passata da trent’anni. Nel frattempo sono nati disciplinari in ogni settore di offerta di beni e servizi che si rispetti, dalle auto alle case agli alimentari alle università. Per ottenere la certificazione energetica in Classe A per le case il disciplinare di costruzione arriva a definire persino la larghezza dei davanzali delle finestre. Invece noi restiamo sul generale…

Ormai, tutti riconoscono l’importanza di definire criteri di qualità. All’appello mancano solo le grandi religioni monoteiste e gli psicologi.

E poi, la presunta sovrapposizione della Carta Etica con le funzioni della commissione autorizzativa del MURST. In realtà la commissione del MURST svolge onorevolmente il proprio mestiere, che è quello di autorizzare o meno le scuole a svolgere corsi abilitanti alla psicoterapia. Nulla a che vedere con un disciplinare qualitativo, che ha lo stesso valore della DOC per i vini: molte aziende sono autorizzate dallo Stato a produrre vino, solo alcune scelgono di aderire ai criteri per fregiarsi della certificazione DOC adeguando il processo produttivo.

La parte più simpatica della riunione del Consiglio del Veneto è stata quella dei giochi enigmistici: per non entrare nel merito dei contenuti, alcuni consiglieri hanno segnalato presunti errori di ortografia (o sintassi, o battitura) nella Carta Etica. Salvo poi non indicarli con precisione.

Confessiamo che il dubbio ci è venuto. Beh, vi sfidiamo a trovare errori nel documento, allegato per intero fui in fondo, come in certi giochi sulla Settimana Enigmistica. Almeno in tutto questo ci divertiamo un po’.

Cuor di Leone

Quella fatidica sera, è sembrata emergere la tendenza a preoccuparsi di quel che le Scuole potrebbero dire, in una specie di accomodamento preventivo. Nessuno si è preoccupato troppo dei molti giovani colleghi stritolati dalle distorsioni del sistema formativo, stretti fra la necessità di non buttare al vento denaro già speso e il diritto a condizioni certe ed una formazione di qualità.

Un’attenzione che peraltro le Scuole non hanno chiesto, visto che in molte hanno aderito alla Carta Etica in Lombardia. Altre hanno espresso con pacatezza il loro dissenso e non hanno aderito alla Carta Etica, ma hanno comunque rispettato l’iniziativa. Altre ancora hanno reagito con teatrale indignazione, gridando allo scandalo perché un ente pubblico come l’Ordine si occupa degli affari privati di chi rilascia un’abilitazione all’esercizio della psicoterapia. Come è facile dimenticarsi della principale funzione dell’Ordine, che è proprio quella di occuparsi di chi esercita il mestiere di psicologo e psicoterapeuta.

Crediamo che questo esprima il clima presente in alcuni Consigli Regionali, in cui si evita di prendere posizione per motivi legati al consenso e agli interessi personali dei consiglieri. Un clima di connivenza che è un’abitudine dell’intero sistema italiano, e che gli impedisce di crescere.

E pensare che la Carta Etica è assolutamente a costo zero… ci piacerebbe che analoga cautela fosse applicata anche per le iniziative a pagamento, o per quelle che arrivano in consiglio solo per ratifica, e sono ben più improprie e sgrammaticate.

Chi merita la Carta Etica?

Le scuole virtuose, certamente. Queste scuole meritano l’esistenza di disciplinari qualitativi. Meritano di poter aderire a criteri di distinzione che provengano da enti terzi. Meritano di veder riconosciuti pubblicamente i propri pregi.

Ma soprattutto gli psicologi. Noi tutti meritiamo di darci dei criteri per scegliere fra l’offerta formativa presente liberamente sul mercato. Meritiamo criteri imparziali, trasparenti, plurali. Lo meritiamo dai coordinamenti delle scuole, ma anche dagli Ordini.

Meritiamo che le istituzioni di tutela della nostra categoria imparino a prendere posizione per tendere al miglioramento. L’alternativa è questo presente opaco, indistinto, in cui tutti si lamentano ma nessuno vuole fare per primo un passo avanti.

Mentre noi ci accontentiamo di una mera autorizzazione di base, e stiamo fin troppo attenti a non pestarci i piedi, intorno a noi il mondo procede per accreditamento.




Il Re delle Scuole

C’è chi ha ogni convenienza a dire che un Ordine ha due doveri, la tenuta dell’Albo e l’amministrazione delle pratiche deontologiche. Non è falso, su un piano tecnico, e fino a qualche anno fa era normale: così andavano le cose.

Ora che, come AP, un Ordine (quello della Lombardia) lo vediamo da vicino, siamo in grado di dare un consiglio in più ai colleghi: se qualcuno di potere dovesse affermare che l’Ordine deve limitarsi a queste due funzioni il consiglio è “Protestare”. Via mail, via posta, via telefono. Chiedete appuntamenti, raccogliete firme. Perché, davvero, non c’è giustificazione.

Un Ordine, considerate, ha una meravigliosa posizione. Un’entrata garantita dalle quote di iscrizione e nessun budget da raggiungere, nessun obiettivo di performance da conseguire. Per questo è importante avere dei progetti. Fare cose. Cercando di rendere queste cose utili per una comunità.

Questa è la storia di una di queste iniziative, coltivata ed elaborata da AltraPsicologia prima e proposta come iniziativa istituzionale dell’Ordine Lombardia oggi.

L’iniziativa riguarda un territorio difficile in cui incontrano realtà diversissime; è il territorio della formazione post lauream, dominato da un elevatissimo numero di Scuole di Psicoterapia, più di trecento enti privati che in Italia sono soggetti solo al libero mercato e in cui straordinarie eccellenze culturali si affiancano a veri cercatori di profitto.

Sulla scorta di moltissime segnalazioni ricevute, AltraPsicologia ha deciso di partire “dal basso”, dalle segnalazioni ricevute, per creare qualcosa. Quello che ne è venuto fuori, e che ha distillato un lavoro che per AP è durato anni, è stato riassunto in un foglio di carta in formato A3, niente di più.

E’ un elenco di buone prassi riguardanti la formazione in psicoterapia, cui ha dato subito, appena nato, un nome: “Carta Etica”. Per l’Ordine della Lombardia, una novità assoluta.

Nulla di vincolante per nessuno, intendiamoci. Un parere, delle linee guida, un elenco di cose che sarebbe meglio fare. L’importante è l’origine autorevole di quel documento: un ente “super partes” che rappresenta tanto gli studenti quanto i formatori.

Proprio il fatto di venire “dal basso e da tutti” dà un’autorevolezza speciale alla “Carta Etica” e fa legittimamente sperare che questa diventi un faro, un riferimento, e spinga le Scuole a discutere, e magari, se è il caso, a modificare le proprie regole. Niente a che vedere con il “controllo e la vigilanza”, che spettano al Ministero dell’Università (MIUR).

Controlleranno, al limite, gli studenti stessi delle Scuole che potranno scrivere all’Ordine raccontando, semmai, di scuole in cui nessuno si diploma mai (si, c’è anche questo!); di altre in cui i colloqui di selezione a pagamento arrivano a 500 euro; di altre ancora che formano counselor in pochi mesi consentendo a semplici diplomati una facile via di accesso ad una professione abusiva ,frequentando le stesse lezioni frequentate a caro prezzo dagli aspiranti Psicoterapeuti… Tanto per fare degli esempi: tutte cose possibili, tutte cose che succedono davvero. Ogni giorno o quasi.

Tra breve, grazie alla Carta Etica, si avrà a disposizione l’elenco di coloro che dicono di si, di chi ammette che avere linee guida condivise è un valore e porta valore, in tutti i sensi, all’intera nostra comunità. Almeno in Lombardia.

Una simile iniziativa in altri tempi forse non avrebbe ottenuto il successo che sta avendo. Invece – sorpresa – i primi a manifestare soddisfazione sono state proprio alcune Scuole, i Big Ones, gente ben nota che forse della Carta Etica non aveva nemmeno bisogno.

E poi sono venuti i colleghi. Il MIUR. Il Consiglio Nazionale. Alcuni altri Ordini Regionali che stanno approntando strumenti simili.

E c’è anche chi si oppone. Nello specifico un’associazione con un nome altisonante: “Coordinamento Nazionale delle Scuole di Psicoterapia”, in sigla CNSP, un’associazione cui iscriversi è molto facile e poco costoso ma che rimane un’Associazione privata, che si apre con pochi euro e uno statuto depositato all’Agenzia delle Entrate.

Il fondatore e da sempre segretario del CNSP, all’anagrafe Dottore Alberto Zucconi su questa faccenda ha scritto decine di mail, ha firmato una lettera che ha mandato a tutti quelli che gli sono venuti in mente, ha telefonato a destra e a mancina… forse ha fatto tutto questo solo perché preferiva l’Ordine di prima: inerte, pacifico.

Eppure fa uno scivolone, quando fa notare che il CNSP ha “già realizzato” un codice dei diritti degli studenti in psicoterapia e quindi… nessuno deve più neppure provare a pensarci?

Eppure il documento in oggetto è presente sul sito http://www.cnsp-scuolepsicoterapia.it/?q=taxonomy/term/6 e non solo è straordinariamente sintetico, ma, possiede il discutibile merito di non avere modificato di una sola virgola lo status quo, nonostante sia stato approvato più di dieci anni fa. I problemi degli studenti di ieri sono i problemi di oggi.

In effetti forse non è un caso. Già, perché proprio Zucconi non scrive tutte quelle lettere solo perché preferisce un Ordine “moscio”. CNSP difende uno specifico interesse e… lo fa a modo suo.

Sta di fatto che si trova nel pieno di un conflitto di interessi tutto italico quando produce un documento che difende i diritti degli studenti … dal punto di vista delle Scuole, che sono ampiamente parte in causa.

Secondo scivolone: la sua lettera, Zucconi, l’ha mandata davvero a tutti tranne che allo stesso Ordine della Lombardia. Si è “dimenticato” o avrà fatto apposta? E, se l’ha fatto apposta, cosa voleva essere? Uno spregio? Era forse arrabbiato, era piccato, voleva dire “io con voi non ci parlo”? O ancora di più, una dichiarazione di guerra ad una comunità che è però la stessa comunità degli Psicologi che si iscrivono alle Scuole che pretende di rappresentare? Possibile che un uomo dichiari guerra ai suoi stessi clienti?

Spero al meglio. Spero in un’omissione per impulsività, in una dimenticanza, forse in quelle negazioni irrazionali che capitano quando ci si sente offesi.

Infine, terzo scivolone. La lettera si conclude con un ordine perentorio: non collaborate con l’Ordine Psicologi della Lombardia. Dimenticando che le Scuole hanno, invece, ciascuna una propria autonomia decisionale; ma anche che hanno un naturale, legittimo interesse a mantenere un rapporto fertile con l’ente che le rappresenta. Infatti, le scuole che avevano dei dubbi hanno chiamato l’Ordine e, sempre, hanno ricevuto una risposta pronta in forma di incontri diretti, invariabilmente finiti con una stretta di mano non sono solo formale.

Ciò che mi è venuto spontaneamente da chiedermi è se il CNSP, così facendo, ritiene davvero di fare l’interesse delle scuole che sono sue socie.

Mi sono anche domandato, a dire il vero, se l’Associazione indica regolarmente le elezioni del segretario o se la carica passi di generazione in generazione, come per i regnanti di altri tempi.




L’autoreferenzialità del CNSP

Siamo in Italia e qui, sappiamo, il rispetto delle regole e delle procedure, specie nella patria interpretazione del neoliberismo spregiudicato e anarchico degli ultimi tempi, è un terreno particolarmente aleatorio. Accade perciò che l’assoluta anomalia per la quale i controllori coincidano con i controllati diventi regola. Purtroppo però la ripetizione ossessiva di una consuetudine non è scritto da nessuna parte che debba diventare necessariamente legge, soprattutto dove tale consuetudine sia pessima come, appunto, la ridicola abitudine di far coincidere l’erogatore di un servizio con il suo valutatore. A Roma esiste un antico adagio che dice a questo proposito: “te la canti e te la soni”, cioè a dire che nel valutare una mia prestazione, ecolalicamente ripeto a me stesso compiacendomi: “quanto sono bello, quanto sono bravo”.

Meglio di così non riusciamo a rendere il senso del concetto di autoreferenzialità, quello per intenderci nel quale incappano da sempre i nostri amici e colleghi del CNSP, ai quali fin dalla nostra nascita, oramai 6 anni fa, proviamo senza successo a chiedere sia una “terzietà”, sia una maggiore partecipazione dei “clienti” intermedi e finali nella definizione dei criteri di qualità e dei codici di autoregolamentazione nella formazione erogata dalle scuole di specializzazione private in psicoterapia.

Infatti, appena partorita da AP (2005) la prima versione della Carta Etica che, come ricordiamo, è stata attivamente partecipata da allievi ed ex allievi di scuole di specializzazione, giunse ben presto dal Dr. Zucconi una email interlocutoria che ci apparve un po’ “preoccupata” alla quale rispondemmo (con l’ingenuità di quei tempi) con entusiasmo manifestando le nostre intenzioni di aumentare attraverso questo progetto ambizioso il livello della qualità delle scuole italiane di formazione in psicoterapia. Purtroppo però per motivi a noi sconosciuti quel dialogo s’interruppe ben presto. Alla luce dell’ultima comunicazione del Dr. Zucconi di aperta aggressione verso l’Ordine Lombardia che sta proponendo l’ultima versione della Carta Etica nella sua regione, temiamo di aver finalmente compreso i motivi di quella unilaterale interruzione. Forse, ci domandiamo, al CNSP non interessa autenticamente dell’etica e della qualità della formazione?

Dobbiamo innanzitutto ricordare al Dr. Zucconi che l’Ordine è esattamente quella istituzione che occupa elettivamente la posizione della “terzietà” in quanto deve garantire presso la società civile, quindi verso i nostri utenti, la qualità dei servizi dei propri iscritti. Nessuna istituzione più dell’Ordine professionale ha il dovere di promuovere qualità ed etica dei servizi dei suoi professionisti presso la popolazione, anzi oseremmo dire che sia proprio questa la sua principale mission.

Ricordiamo pure che nella prassi scientifica (parliamo di una seria cultura scientifica) non dovrebbero essere le logiche del mercato ad accreditare qualitativamente ed eticamente l’autorevolezza di operatori, ricercatori e formatori di un settore secondo un “volemose bene” vischioso e opportunista, bensì i collaudati e talora complessi sistemi di controllo incrociato tra associazioni scientifiche e istituzioni pubbliche che nelle diverse declinazioni possibili esistenti difendono come valore assoluto proprio il principio di “terzietà” che nel nostro caso è invece il primo che cade sotto i colpi degli interessi lobbistici.

AP è contraria a questo lobbismo ispirato dal commercio e mirato unicamente all’interno della categoria, ed è invece favorevole ad un lobbismo puntato verso l’esterno nell’esaltazione dell’eccellenza e della rilevanza sociale della professione.
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