L’occasione perduta dalla Psicologia italiana…

Tratto dal blog di Nicola Piccinini

La psicologia, nella sua vocazione individualistica e nella sua dedizione alla psicoterapia era troppo appiattita sugli psichiatri e sulla loro trasformazione psicoterapeutica per poter sviluppare un pensiero critico e una funzione di analisi delle trasformazioni organizzative. È questa l’occasione perduta della psicologia italiana in questi anni

L’affermazione è del Prof. Renzo Carli al Convegno “Psicologia: la domanda della committenza e le esigenze formative” [scarica gli atti in pdf] organizzato nel Febbraio 2009 dall’Ordine Psicologi Toscana. Il Convegno è stato di fatto il continuum di una precedente ricerca di Carli, sempre commissionata dall’Ordine Psicologi Toscana nel 2002, dal titolo “L’immagine dello psicologo in Toscana” [scarica la ricerca in pdf].

I dati non sono quindi “freschissimi”, ma di fatto molto attuali rispetto al qui ed ora della Psicologia italiana. Sostanzialmente Carli rileva e denuncia che la psicoterapia e la psicologia clinica in Italia prevalgono sulle altre aree professionali: dall’offerta formativa universitaria, a quella specialistica post-lauream, financo alla tipologia di servizi poi offerti dai colleghi alla società tutta. In particolare, poi, sottolinea la tendenza degli psicologi-psicoterapeuti a definire l’oggetto della funzione psicologica su problematiche ben definite ed inquadrabili (da DSM, cercando l’eccesso…) arrivando ad autolimitare il proprio intervento professionale, la propria idea di possibile e potenziale intervento, entro aree del comportamento che siano facilmente individuabili e comprensibili.

Ovviamente non si intende qui affermare che ciò è la regola, ma penso di poter affermare che in buona percentuale questo è l’approccio ed il modello di orientamento al cliente proprio di molti colleghi. Modello che denota a chiare lettere una significativa lacuna in termini di marketing e di posizionamento della professione. In soccorso di questa tesi, vi restituisco alcuni dati.

La ricerca effettuata da Carli nel 2002 mostra che la domanda di Psicologia è potenzialmente molto forte ed avanzata. Una domanda che vorrebbe lo psicologo quale agente per lo sviluppo dei sistemi di convivenza. La Psicologia e lo psicologo come scienza di relazioni… e non di individui! A fronte di tale evidente opportunità, si rileva una categoria professionale autoriferita, arroccata sulla propria immagine e pratica clinica e terapeutica, scarsamente attenta ai segnali che arrivano dal contesto e dalla società. In altre parole, incapace di individuare, ascoltare e servire le nuove e mutevoli domande di servizio!

In Toscana, pensate, la psicoterapia è considerata quale sbocco ottimale dalla gran parte degli psicologi, ed al contempo è poco presente nelle attese attuali (10% circa)”. In altre parole, solo il 10% dei toscani vedeva lo psicologo come psicoterapeuta che si occupa di cura e patologia, mentre oltre la metà dei colleghi continuava ad investire in formazione specialistica psicoterapeutica.

L’autoreferenzialità non ha prospettiva, né sviluppo. In una società liquida baumaniana il mutamento è all’ordine del giorno, l’attesa di servizio è elevata, le opzioni di scelta infinite. Una professione autoreferenziale ed arroccata, rischia di alienarsi dai bisogni della società reale. Nel convegno del 2009, di Febbraio, Carli riporta in follow up da brivido!

Nel 2002 il 71% della popolazione interpellata pensava allo psicologo come al professionista che potesse promuovere e sviluppare la funzione integrativa tra parti sociali: componenti problematiche del sistema sociale o culture distanti nella loro concezione della convivenza. Il 14% vedeva lo psicologo operare entro la famiglia e per la protezione dei suoi membri più deboli, i minori in particolare. Il 10% circa voleva uno psicologo dedito alla psicoterapia. Solo il 5,20% svalorizzava senza appello la funzione psicologica.

Nel 2008 la funzione integrativa si riduce al 48,1%, con una diminuzione del 23%. Quest’ultima quota della popolazione interpellata, pensa adesso ad una funzione dello psicologo di aiuto nel superare gli ostacoli personali. Ancora nell’ambito di un intervento individualista, ma dedicato alla malattia mentale, viene visto lo psicologo dal 22,7% della popolazione. Il 13% (più del doppio) considera inutile la professione psicologica.

Da questo confronto appare chiaro il deterioramento dell’immagine della psicologia entro la popolazione toscana!
Verrebbe da chiedersi cosa i nostri Ordini professionali stiano facendo in tal senso. Alla Toscana il merito indubbio di aver effettuato tali preziose ricerche, ma i dati di follow up sono impietosi.
E noi colleghi, invece, quali responsabilità in questo continuo deterioramento dell’immagine dello Psicologo e della Psicologia?
Fino a quando potremo continuare a non ascoltare le nuove domande di servizio provenienti dalla società? A quale grado di cecità dovremo giungere prima di cominciare a riconoscere ed analizzare i rapidi e profondi mutamenti sociali?
C’è una società allo sbando, continuano a nascere “planner“… divorce planner, wedding planner, travel planner, ecc… figure in grado di fornire una bussola, una struttura, in un mondo in burrasca… qui non ci sono malattie, né disturbi, ma semplicemente una società civile disorientata e disposta a rvolgersi a professionisti per decriptare la vita quotidiana e rientrare in contatto con i propri affetti, sogni e speranze.

Non stiamo parlando di reinventarsi una professione, quanto più di ri-sintonizzare nostre competenze e capacità… stiamo parlando di personal marketing!

Tratto dal blog di Nicola Piccinini