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Negli anni ’80 Margharet Thatcher e Ronald Reagan inziarono a  diffondere in Europa e nel mondo la visione neo-liberista dell’economia e dello stato, i cui effetti devastanti oggi in Italia sono davanti agli occhi di tutti. Secondo questo modello il  bilancio di uno stato è equiparato a quello di un’azienda e in quanto tale non è previsto disavanzo.

Da circa un anno, il  vincolo di bilancio è stato persino inserito nella nostra Costituzione, laddove crea una contraddizione insanabile con la filosofia che l’ha ispirata, volta a garantire a tutti i cittadini diritti, doveri, tutele e pari opportunità per la crescita personale e il progresso della nazione.

Mentre un’azienda persegue il profitto, lo Stato dovrebbe perseguire il benessere dei cittadini, garantendo i servizi fondamentali per l’esistenza individuale e collettiva attraverso il corretto utilizzo del denaro pubblico derivante dalla fiscalità. Per questi motivi puntare al pareggio di bilancio si traduce nel taglio di servizi fondamentali per la comunità: l’istruzione, la sanità, la gestione dell’acqua, i servizi sociali, la manutenzione del territorio…

Inoltre il taglio della spesa pubblica si traduce in una spirale che innesca l’indebitamento da parte dello stato e degli enti pubblici, i quali in continua carenza di denaro finiscono per diventare facile preda dei mercati finanziari speculativi. A questo punto il debito aumenta diventando una vera e propria spirale di indebitamento di  interessi su interessi, creando le condizioni per una situazione oggettiva di fallimento che si traduce nella svendita dei beni pubblici e conseguente impoverimento delle pubbliche amministrazioni per non parlare delle aziende fornitrici di beni o prestazioni, i cui pagamenti insoluti creano fallimenti a catena.

L’indebitamento è diventato la cifra del nostro vivere e si ripercuote nella vita di noi tutti. L’aumento del costo della vita, la rincorsa ad un modo di vivere che ci sembra l’unico possibile, improntato sul consumismo, la mancanza di mutuo aiuto, di solidarietà e di condivisione, rende tutti noi atomi devastati e isolati, ognuno alle prese con problemi economici e indebitamento che intaccano la nostra autostima. Ci sentiamo incapaci, falliti, mentre assistiamo all’arricchimento di ceti ristretti di scaltri lestofanti che ci guardano dagli schermi televisivi, prendendosi burla di noi, poveri onesti, stupidamente votati alla miseria.

Gli effetti di questa spirale del debito in cui siamo immersi sia come cittadini che come individui, è devastante ed è ora di reagire e contrastarla. E’ ora di riprenderci in mano la nostra vita, di ricostruire la comunità, la condivisione, la solidarietà: un altro mondo è  possibile ma dobbiamo attivarci in prima persona attraverso dei cambiamenti sostanziali nel nostro modo di vivere e di spendere il  denaro, nei nostri consumi, nelle nostre relazioni sociali. Dobbiamo ripartire dall’economia locale : costituire gruppi di acquisto solidali (GAS) per i prodotti alimentari, acquistandoli a km 0 dalle aziende agricole locali, con le quali stipulare degli accordi di fornitura diretta. Gruppi di acquisto di servizi di telecomunicazioni, di forniture di carburante, di opere di mantenzione per le nostre case, di acquisto e installazioni di  impianti di produzione di energie rinnovabili, etc.  Dobbiamo costituire piccole comunità su base territoriale che agiscono collettivamente auto-organizzandosi per ottenere beni e servizi con prezzi ragionevoli e da parte di fornitori locali, aziende, artigiani e cooperative votate alla produzione di beni e servizi con cui interagire direttamente, evitando le mega-aziende quotate in borsa che non hanno a cuore la produzione e la vendita ma il risultato finanziario trimestrale.  Si tratta quindi di iniziare a realizzare un modello economico diverso coinvolgendoci in prima persona. Solo diventando cittadini attivi e consapevoli potremo agire e pretendere dalle istituzioni una maggiore trasparenza e più ampie possibilità di gestione partecipativa delle scellte politiche e amministrative.

Qui ed ora, cercando di disinnescare il meccanismo di chiusura solipsistica che ci porta alla chiusura e alla sofferenza, alla perdita del senso della vita unicamente volta alla mera sopravvivenza.