Cari colleghi,
Si sa che le questioni di tipo economico e finanziario sono ostiche per la maggior parte degli Psicologi e, di fronte alla tempesta di “notizie di parte” che stanno per piovere addosso agli iscritti all’ENPAP per accaparrasi il loro voto, AltraPsicologia intende agire nel modo che conosce: informare per aiutare a costituire consapevolezza critica.
È per questo che abbiamo pensato di avviare due azioni:
- costituire un gruppo di studio on line di libero accesso per tutti i colleghi che vogliono approfondire la conoscenza dell’ente di previdenza degli psicologi e confrontare le loro idee in questo ambito; e
- proporre una sorta di manuale a puntate su come funziona l’ENPAP: un prontuario di base per capire quali regole ne dirigono l’organizzazione e, in seconda battuta, quali di queste regole possono essere cambiate dagli organi dell’ENPAP e quali, invece, dipendono da leggi dello Stato (molto più difficili da cambiare).
Questo, a nostro avviso, è il modo migliore per mettere gli Psicologi in grado di giudicare i prossimi candidati alle cariche dell’ENPAP e i loro programmi.
Nel frattempo rumori di guerra crescenti segnalano che è già cominciata la campagna elettorale. Le elezioni per il rinnovo degli Organi Statutari dell’Ente di Previdenza si terranno solo a febbraio 2009 ma la mobilitazione di truppe più o meno cammellate è già cosa fatta.
Magicamente rianimate, nell’imminenza della lotta per i posti a sedere, hanno fatto la loro comparsa tutta una serie di “bollettini informativi” prodotti da colleghi che si davano per dispersi fin dai tempi dell’Anabasi: è apparsa, nelle caselle di posta elettronica di tanti Psicologi iscritti all’ENPAP, la sedicente “LISTA PER L’ENPAP” della cui esistenza non avevamo testimonianza dopo averne letto nel Canto Settimo del Purgatorio dantesco (Ma, come avranno fatto i colleghi ad acquisire così rapidamente un vastissimo elenco di indirizzi e-mail?); la SIPAP si è scossa ed ha manifestato pubblicamente la sua vibrante indignazione per certi recenti eventi (gli stessi da noi segnalati qui); L’AUPI, poi, che da sempre è nel governo dell’ENPAP, ha addirittura cominciato ad inviare un bollettino cartaceo di grazioso formato con cui lamenta la gestione orrifica dei nostri soldi… Insomma, sembrano suonate le trombe dell’Apocalisse e vanno come rimpinguandosi di sembianze i lemuri, in attesa del Giudizio.
Noi, invece, continuiamo ad informare e a ragionare, come abbiamo sempre fatto.
Cominciamo, quindi, con questo articolo, il percorso che vi proponiamo per poter valutare le condizioni operative dell’ENPAP e i principali limiti al suo funzionamento.
Semplificheremo per quanto possibile i ragionamenti, riservando al lavoro del gruppo di studio – sempre aperto per tutti i colleghi interessati – gli approfondimenti e le puntualizzazioni su un sistema comunque complesso, molto articolato ed ostico a molti colleghi anche per la sua natura enormemente diversa dal nostro oggetto di interesse professionale.
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SINTESI SUL FUNZIONAMENTO DELL’ENPAP
Prima parte
La Legge 103/96 o “dell’origine della previdenza”
a) La legge istitutiva della previdenza per tutti i professionisti
L’ENPAP nasce a seguito della legge 103 del 1996 che [art.1] stabilisce l’obbligo dei versamenti previdenziali anche per i liberi professionisti che a quell’epoca erano ancora sprovvisti di previdenza di categoria.
Di fronte alle opzioni possibili [art. 3] (associarsi ad altre casse già esistenti, associarsi alla gestione separata per le libere professioni dell’INPS, contribuire alla costituzione di un Ente di previdenza pluri-categorie o creare una cassa di previdenza autonoma) il Consiglio Nazionale degli Ordini degli Psicologi preferì l’opzione di avviare un Ente gestore di categoria [art. 5] e venne creata la Cassa di Previdenza degli Psicologi con il nome di “Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per gli Psicologi” (in sigla ENPAP).
B) Sistema contributivo ed età di pensionamento
La legge 103 è fondamentale sia perché ha dato origine alla nostra Cassa sia perché stabilisce il criterio di calcolo delle pensioni che gli Enti di previdenza erogheranno [art. 2]. Si tratta del cosiddetto “sistema contributivo” in base al quale la pensione erogata sarà totalmente proporzionale dall’entità dei versamenti effettuati dall’iscritto nel corso di tutta la sua carriera lavorativa. A maggiori contributi versati corrisponderà maggiore pensione e se i contributi versati (e quindi le pensioni corrispondenti) sono bassi “pazienza”: la Cassa di Previdenza non può chiedere a nessuno di aggiungere denari per aumentare, anche di poco, le cifre che eroga ai suoi pensionati.
Il sistema “contributivo” (“ognuno si costruisce con i suoi soli soldi la pensione che riceverà”), imposto dalle leggi del 1995-96, si regge su un caposaldo, ad esso collegato: le cosiddette Tabelle di Conversione (previste dalla legge 335/1995).
Sono le tabelle da cui, nel nostro caso, si ricava quale sarà la percentuale, dell’intero ammontare dei denari accumulati a suo nome presso l’ENPAP, che annualmente verrà corrisposta al collega che va in pensione.
Questa percentuale cambia a seconda dell’età del pensionamento: più tardi si va in pensione più alta sarà la percentuale. A 57 anni (età minima di riferimento) la percentuale dell’ammontare sarà del 4,72%, a 65 anni del 6,136%, a 70 anni il 7,563%, a 75 anni il 9,751%. Insomma, non solo “più a lungo si lavorerà maggiore sarà la pensione” ma anche “più vecchi saremo al momento della pensione più alta sarà questa”.
Questi calcoli hanno ragion d’essere per un “cinico” calcolo statistico basato sulla regola aurea del sistema contributivo: i soldi versati dall’iscritto alla cassa devono bastare per pagargli la pensione per tutta la sua vita e niente deve essere chiesto ad altri.
Nel formulare le tabelle di conversione lo Stato ha quindi utilizzato i dati sulla speranza di vita degli italiani: poiché al momento della scrittura della legge si moriva – mediamente – a 80 anni i maschi e ad 82 le femmine (arrotondo) il legislatore ha calcolato che con le percentuali previste dalle tabelle i denari depositati potessero bastare a pagare la pensione per tutti gli anni, dal momento del pensionamento fino alla morte, senza che dovesse essere chiesto un soldo di più ad altri.
La legge prevedeva anche un meccanismo di aggiornamento: ogni 10 anni dovrebbero essere rivisti i coefficienti delle tabelle alla luce della modificata speranza di vita di quella categoria. Si sarebbe quindi dovuto procedere all’aggiornamento già nel 2006 ma il governo non se l’è sentita di aggiornare alcunché perché le percentuali avrebbero dovuto essere ulteriormente abbassate, visto che la durata media della vita per gli Italiani è aumentata negli ultimi dieci anni! Inoltre le statistiche dicono che noi “liberi-professionisti” campiamo un po’ più a lungo degli altri e che le donne campano un po’ più a lungo degli uomini. Avendo la nostra professione una componente femminile preponderante ci sarebbe toccato un drastico taglio dei coefficienti.
c) Contributi e pensione
Sappiamo, quindi, che la nostra pensione dipenderà:
1- da quanto abbiamo accumulato, nel corso degli anni, sul nostro conto previdenziale (montante previdenziale);
2- dall’età a cui andremo in pensione.
L’entità del montante è definita da tutto quanto è stato versato negli anni di lavoro più gli incrementi che le somme versate anno per anno subiscono (assimilabili, per semplificare, agli interessi sui soldi depositati in banca) per compensare l’inflazione e remunerare il capitale. Proveremo a capire meglio questo meccanismo di rivalutazione in seguito. Per ora vorrei provare a ragionare sull’ entità dei contributi annualmente versati dagli Psicologi.
L’entità del versamento è stabilita in termini percentuali rispetto al reddito netto. Ad oggi gli Psicologi iscritti all’ENPAP versano il 10% del loro reddito netto per costituire il loro capitale previdenziale. È da qualche anno prevista la possibilità di una contribuzione volontaria incrementata al 14% ma risulta poco usata: solo il 4% circa dei colleghi iscritti ricorre a questa opportunità.
Per confrontare questa situazione con quello che accade in altri contesti previdenziali si può considerare che gli iscritti alla gestione separata INPS per i professionisti privi di altra copertura previdenziale verseranno, per il 2008, il 24% del loro reddito netto.
È quindi netta la differenza di importi versati e, conseguentemente, di pensione percepita al momento della messa a riposo, tra gli Psicologi e gli altri professionisti.
Continua ….
Felice D. Torricelli
Ho un dubbio atroce che pensavo di aver sciolto lo scorso anno e invece mi si ripropone.
Faccio la dichiarazione dei redditi (730) tramite un CAF per il mio lavoro di educatrice a progetto; ho dichiarato anche il mio reddito come libera professionista (ricevute di prestazioni occasionali).
Al momento di dichiarare i redditi di libera professione all’Enpap mi sono resa conto che forse non avrei dovuto dichiararli all’Inps.
In realtà al CAF me li hanno richiesti ugualmente, sostenendo che il 730 è la mia unica dichiarazione dei redditi e che l’Enpap riguarda solo i contributi.
Sono confusa!!!!
Gentile,
la dichiarazione dei redditi deve contenere tutti i redditi percepiti. La dichiarazione all’ENPAP deve contenere SOLO i redditi relativi alla libera professione di PSICOLOGO. All’INPS vanno versati i contributi relativi ad attività non riconducibili a professioni con iscrizione all’albo (ad esempio, psicologo).
Se ha dichiarato all’INPS redditi per l’attività di psicologo, ha sbagliato.
Credo che una situazione così complessa potrebbe essere meglio seguita da un commercialista, che da un CAAF.
Grazie per la risposta, ero pronta ad andare all’Inps nella speranza di recuperare quanto versato impropriamente ma poi è arrivata anche una risposta dell’Enpap:
“l’operatore del Caf ti ha informato correttamente in quanto devi distunguere le due cose e i due momenti:
1) “la dichiarazione dei redditi” che hai fatto al Caf va all’Ufficio delle Entrate ed è il documento dove vanno dichiarati tutti i redditi da te conseguiti nell’arco dell’anno.
2) “la comunicazione dei redditi” che va effettuata all’Enpap si basa sui dati della “dichiarazione dei redditi” da te effettuata al Caf e serve per calcolare l’importo dei contributi che vanno versati all’Enpap e che andranno a formare il tuo montante contributivo sul quale verrà calcolata la tua pensione.”
Quindi sostanzialmente vanno ‘dichiarati’ due volte, nel 730 e all’Enpap.
Sarà, ma a me sembrano logiche contorte…
Uno psicologo NON può fare prestazioni occasionali. Fin dalla prima prestazione retribuita occorre fare fattura e iscriversi all’ENPAP. Se sei psicologo e fai prestazioni occasionali perchè sono proprio occasionali (max 30 all’anno per committente, max 5000 € anno incassi) falle come counseling e non dichiarare niente perchè sono esentasse.
Se vuoi operare come psicologo iscriviti all’ENPAP, apri partita iva e cominicia a pagare tutto quanto…. 🙂
sono già iscritta all’enpap pur non raggiungendo neanche lontanamente i 5000 euro, però non vedo perchè aggiungere adesso altri costi aprendo la partita iva; con questa crisi che gira di pazienti se ne vedono proprio pochi…
Ersilia non puoi legalmente essere psicologo libero prof senza partita iva. So bene i costi, ma non si può. Fai prestazioni occasionali di counseling, è uguale.