In questi mesi la nostra professione si è mostrata sorprendentemente compatta nella tutela dei suoi confini.
Occasione è stata la revisione della norma tecnica (non una legge) sul servizio di coaching da parte di UNI, l’organismo nazionale di normazione.
Perché i rappresentanti degli Ordini professionali, le cui attività sono riservate dallo Stato con una propria legge istitutiva, sono impegnati intorno ad un tavolo per la stesura di una sorta di “linea guida” sul servizio di coaching?
Perché siamo stati fin troppo distratti negli anni passati e oggi non possiamo più permettercelo.
Le nostre Commissioni Tutela ricevono quasi quotidianamente segnalazioni che riguardano scenari di totale sovrapposizione con la professione di psicologo, in primis mental e life coach oltre ai counselor: proposte dirette di interventi di consulenza e sostegno psicologico o che promettono il miglioramento di condizioni di vita, comprensivi di traumi o dipendenze, di persone adulte e adolescenti, famiglie e sistemi, dentro e fuori la scuola, la palestra o lo studio clinico.
Il bisogno emergente di aiuto, l’offerta online veicolata da messaggi suggestivi di percorsi agili ed efficaci, la generale non conoscenza della professione psicologica e un insieme indefinito di pregiudizi che la caratterizzano possono indurre persone in difficoltà a chiedere aiuto a professionisti non abilitati.
E una vecchia norma (tecnica) sul coaching ha aperto ulteriormente il campo a questi scenari di rischio.
Siamo nel 2015 quando l’UNI licenzia la norma n. 11601 “Coaching Definizione, classificazione, caratteristiche e requisiti del servizio”.
Nessun rappresentante istituzionale della categoria professionale era presente al tavolo, nessuno di noi era a conoscenza del procedimento di normazione. Passano completamente inosservati contesti e tipologie di coaching completamente sovrapponibili all’intervento psicologico: dal parent coaching (volto a “riconoscere e sviluppare le competenze familiari”) al teen coaching (per “supportare gli adolescenti nella conoscenza di sé, delle proprie potenzialità, delle proprie capacità e della propria vocazione al futuro, sia in ambito privato che scolastico”). E ancora: business-career-corporate-sport-performance-life coaching.
Oggi sul tavolo di UNI c’è una versione del progetto di norma recentemente aggiornata, in attesa di approvazione finale. Circa una trentina di rappresentanti di Ordini degli psicologi e associazioni di coaching si sono confrontati (e talvolta scontrati) per la stesura di una norma che non presenti più gli scenari di rischio della norma precedente. Chiaro che a remare contro siano i coach non psicologi che avrebbero tutti gli interessi nel mantenere viva la norma esistente.
Il rischio di sovrapposizione con gli atti tipici che attengono alla professione psicologica è alto, in particolar modo, in quegli ambiti destrutturati o non formali che potrebbero più facilmente prevedere l’incontro con aspetti e vissuti personali degli utenti/clienti (Mental), come ad esempio quelli legati a fasi particolari della vita, che peraltro possono riguardare persone minorenni (Teen), aspetti, competenze e responsabilità della relazione genitoriale (Parent) o bisogni psicologici di supporto legati a degli aspetti della propria vita che si intende migliorare (Life).
Oggi ci siamo e come AltraPsicologia abbiamo fatto di tutto per fare rete al fine di far capire ai rappresentanti di associazioni (private) di coaching che la salute delle persone va protetta e al di là del singolo caso – che certamente continueremo a portare nelle aule giudiziarie – la stessa linea di orientamento di questa attività non regolamentata andava ripulita di contesti applicativi che rappresentano un rischio.
Ecco perché devono essere riservati a psicologi, ex art. 1 della legge 56/1989 interventi in questi contesti e su problematiche di disagio anche lieve da parte di coach non psicologi.
Questa la linea portata avanti con forza a partire da novembre 2017 quando in primis l’Ordine del Lazio viene a conoscenza di un nuovo Tavolo di normazione UNI sul Coaching “attività professionali non regolamentate – coach – requisiti di conoscenza, abilità e competenza”, procedendo quindi all’iscrizione all’apposito tavolo tecnico.
A seguire gli altri Ordini e il CNOP.
Nel momento in cui scriviamo questo articolo si è appena conclusa la fase di voto della bozza di norma, sicuramente migliorativa rispetto alla norma licenziata nel 2015.
Ci risulta che sia stata approvata dal tavolo nella formulazione rivista e ripulita cosi come da noi richiesto.
La fase successiva del processo di normazione prevede che il testo sia reso pubblico e “dato in pasto” a soggetti interessati che possono approvare o meno il testo e inviare commenti a favore o contro. Il risultato di questa fase, che durerà alcuni mesi, permetterà – se raccoglierà la maggior parte di pareri favorevoli, di concludere questo travagliato percorso e ottenere una norma più vicina alle richieste degli Ordini degli psicologi e meno aperta ad aree scivolose e potenzialmente sovrapponibili.
Tuttavia, questo non impedirà a coach non psicologi di effettuare interventi discutibili, ma di sicuro AltraPsicologia non solo non li avallerà ma continuerà a contrastarli in ogni modo!
Gruppo AP Tutela