image_pdfimage_print

Da sempre diverse iniziative, alcune anche promosse dagli Ordini, prevedono la promozione di colloqui psicologici gratuiti.

Ma quali sono i costi per il professionista nel fare una visita gratuita? Quali le implicazioni nella relazione con il cliente?
Sull’opportunità di queste iniziative si sono ascoltate le più svariate motivazioni: promozione della psicologia, della categoria, fine umanitario/filantropico, obbligo morale/etico, strategia di marketing.

Innanzitutto è necessario tenere in considerazione che la valutazione dell’utilità di questo tipo di iniziative non può prescindere dagli attori coinvolti: il singolo professionista e il cliente che lui si rivolge, ma anche la comunità professionale e la società in generale.

IL CLIENTE.

Il primo contatto è spesso una sorta di big bang della relazione terapeutica, con un carico emotivo, di aspettative, di richiesta di aiuto anche notevole, che non può essere certamente preso alla leggera.

A meno di trovarsi in un contesto di volontariato istituzionalizzato (una onlus, un’associazione, ad esempio) l’idea che un professionista privato – una piccola azienda in pratica – nella mente del cliente la spiegazione dell’offerta gratuita del colloquio stratifica diversi possibili significati, alcuni dai risvolti francamente disfunzionali.
Cialdini, ad esempio, parla di euristica della reciprocità, per riferirsi al fatto che “un dono” di cui non si riesce a spiegare la cornice, genera nell’altro un sentimento di debito non richiesto, qualcosa che può disallineare la relazione, portando la persona su un livello down.
Su un piano squisitamente clinico, Lingiardi, Ellis, Bordin ed altri parlano dello sforzo reciproco necessario alla costruzione di un accordo sulle aspettative e gli obiettivi del percorso.

A maggior ragione in un contesto sociale di emergenza, poi, anche l’aspetto motivazionale gioca un ruolo ancor più fondamentale: quanto l’offerta generalizzata e massiccia di colloqui gratuiti, alimenta la fantasia di uno psicologo come gocce di xanax?

IL PROFESSIONISTA

Quanto “costano” quei 45-60 minuti che il professionista dedica gratuitamente a una persona?

Ci sono i costi materiali, in euro: affitto, elettricità, benzina.
Costi “legali”: che sia gratuita o meno, quella che stiamo svolgendo è a tutti gli effetti una prestazione professionale e in quanto tale, ci assumiamo anche responsabilità legali, deontologiche ed etiche.
Costi “mentali”: motivazione, stress, energie mentali investite in quella prestazione.
Costi “temporali”: come avrei potuto spendere quei 45-60 minuti? Formarmi, fare un altro lavoro ma pagato, scrivere un articolo, mettere su il sito personale, preparato o svolto una conferenza intercettando anche 10-20 persone insieme, passato quel tempo per svagarsi o ricaricarmi ecc.

A tutti questi costi, occorre ovviamente aggiungere il mancato guadagno per la prestazione non pagata.

LA SOCIETA’.
Kahneman e Tversky, psicologi premio nobel per l’economia, hanno spiegato che quando le persone raccolgono delle informazioni per compiere delle scelte, tendono a dare “più peso” a quelle più facilmente disponibili alla mente, che arrivano per prime e non secondo dati o statistiche ufficiali o calcoli razionali.
Che succede nella mente di una persona e della società poi, se insistentemente associo la parola gratuito alla prestazione psicologica? Possiamo presumere che l’associazione prestazione psicologica gratuita sia probabilmente fra le più disponibili nella mente delle persone, con il rischio di creare aspettative non veritiere.
L’effetto ancoraggio, poi, può arrivare a determinare se non l’aspettativa che il colloquio sia sempre gratuito, comunque aspettative erronee circa i prezzi. L’effetto ancoraggio spiega che quando dobbiamo assegnare un valore a una quantità ignota, partiamo dal primo valore disponibile. In pratica se alimentiamo nella collettività l’idea del gratuito, sarà ancora più difficile convincere una persona a rivedere le sue stime verso l’alto.

LA CATEGORIA.
La nostra platea professionale è rappresentata in grandissima parte da liberi professionisti: ossia da individui che autonomamente si muovono all’interno del mercato del lavoro, a tutti gli effetti come una piccola impresa.
Non una onlus, ma un’azienda.
La continua promozione di prestazioni gratuite non rischia di alimentare anche nelle istituzioni, che sono fatte da persone, l’aspettativa di poter avere servizi gratuiti?
Banalmente: perché pagare qualcosa, se ho già potuto averlo gratuitamente?

Il dibattito finisce sempre per polarizzarsi su due posizioni.
La prima è che i colloqui gratuiti sono una strategia di marketing per portare le persone a intraprendere un percorso più lungo. Per quel che ne sappiamo, nessuno ha mai realisticamente misurato l’efficacia di questa strategia,

La seconda si rifà ad un atteggiamento “umanitario/filantropico”, una posizione riassumibile in: siamo una categoria che dovrebbe aiutare gli altri per motivi etici. In questo caso però, sarebbe più opportuno muoversi all’interno di contesti i cui scopi sono filantropici (come la protezione civile, la croce rossa, onlus e associazioni), non in regime di singolo professionista.

IL CASO DEI DENTISTI.
Le riflessioni fin qui esposte trovano conferma nell’esperienza, ormai storica, dei dentisti. A partire dagli anni ‘80, attraverso una campagna nazionale promossa da Mentadent, i dentisti offrono visite gratuite. Ogni professionista che si rende volontario (circa 10.000), riceve un Kit e la campagna ha ricevuto nel tempo un riconoscimento sociale notevole.
A dire degli stessi dentisti però, questo non ha portato alcun risvolto concreto, anzi ha reso ancora più complicato giustificare al cliente le spese che generalmente si devono sostenere per le operazioni dentarie.
Infine, molto spesso una prima visita di controllo dal dentista non è per il dentista il “guadagno” maggiore ma soprattutto è qualcosa di tecnicamente separabile dall’intervento.
(https://www.dentistamanager.it/visita-gratuita-le-mille-ragioni-del-no/)

L’ASSENZA DI STRATEGIA.
Nessuna azione è di per sé vincente o perdente. Necessita sempre di una progettazione complessiva intorno, di una cornice che chiarisca obiettivi generali, sotto-obiettivi, indicatori, tempi, impatti, costi. E sopratutto: METODO.
La scelta di promuovere un’iniziativa di lavoro gratuito non può essere avulsa da un ragionamento basato su criteri scientifici.

Sponsorizzare in maniera generalizzata decine, centinaia di colloqui gratuiti (colloqui di che natura poi? Di consulenza? Conoscitivi? Di terapia?) non porta da nessuna parte, anzi, rischia di creare bias nella popolazione che impattano sul valore del lavoro di tutti.