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Mentre l’ONU (ripeto l’ONU, non pizza e fichi) richiede lo stop globale delle terapie riparative, sia nei casi di omosessualità che di disforia di genere, i vescovi della chiesa cattolico-romana giocano a dadi sulla pelle delle persone LGBT+.

In queste settimane intervengono nel dibattito politico ponendo un veto all’approvazione alla Camera della proposta di legge contro l’omobilesbotransfobia che porta il nome del deputato Zan.

La proposta racchiude le altre 4 (Boldrini, Scalfarotto, Perantoni e Bartolozzi) e prevede la possibilità di estendere i privilegi che hanno già persone credenti e vescovi nel caso di discriminazione per religione.

Mi spiego meglio. Già oggi, a seguito della modifica degli articoli 604-bis e 604-ter del Codice penale (modifica dovuta al decreto legislativo 21/2018) questi sono rubricati come “Delitti contro l’uguaglianza”.

Cosa dicono questi articoli?

Art. 604 bis Codice Penale – Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa

Senza citare l’intero capo, in soldoni, chi propaganda idee fondate sulla superiorità o commette atti di discriminazione o istiga a compierli, per motivi religiosi, è punito con la reclusione fino ad un anno e sei mesi (o 6000 euro di multa).

Cioè se una persona qualunque, anche lgbt+, incita alla discriminazione di persone appartenenti a credo religiosi (ancora di più se “gestori” di culto) magari affermando che la natura dell’umanità è l’ateismo ed essere credente è un abominio o che i pastafariani non possono essere assunti come insegnanti nelle scuole, può rischiare la galera.

Se una persona religiosa (quindi anche i vescovi di cui sopra) afferma che la natura dell’umanità è l’eterosessualità o l’essere cisgender e che – al contrario – essere gay/lesbica/trans è abominio, non solo non compie reato, ma se per caso parte un pugno mica è omotransfobia, è solo che mi stava antipatico.

E’ un po’ come dire che uccidere una donna in quanto donna non è femminicidio, ma omicidio come qualunque altro, a caso.

L’articolo 604 bis vieta anche “ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attivita’, e’ punito, per il solo fatto della partecipazione o dell’assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni.”

Te capì?

L’art. 604-ter del Codice penale parla invece di aggravante generica nei casi di reati punibili con pena diversa da quella dell’ergastolo commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso. E le attenuanti non possono essere considerate equivalenti o superiori.

La soluzione in parole

Basterebbe solo aggiungere in questi due articoli la specifica relativa a motivi di orientamento sessuale e identità di genere. Quante parole sono? Compresa la particella “di” e la congiunzione in totale 7.

7 parole in più per tutelare le persone LGBT+ allo stesso modo di come la modifica di cui ho parlato sopra tutela le vittime di discriminazione razziale, etnica, nazionale o religiosa.

 Basterebbe quindi solo questo per migliorare la condizione e la salute psicologica delle persone LGBT+?
Forse no, ma di sicuro – e in questo la letteratura scientifica ci fornisce ampi spazi di approfondimento – la possibilità di estendere diritti di poche persone a tutte le persone, riduce drasticamente problematiche psicologiche quali ansia, depressione, attacchi di panico, abuso di sostanze, condotte suicidarie.

Infatti, generalmente maggiore è la percezione del rifiuto sociale, maggiori saranno le sensibilità all’ambiente, il livello di vigilanza per la paura di essere identificato come gay o lesbica, il ricorso a strategie difensive inadeguate.

Sui fattori protettivi nel caso di discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere, sappiamo già che un contesto accogliente e tutelante, la percezione di essere considerati al pari della maggioranza, la possibilità di fare coming out senza ritorsioni o violenze, riduce i livelli di minority stress e di omofobia interiorizzata. La legge sui matrimoni omosessuali nel 2003 in Massachusettes è un esempio classico di come la sola estensione di un diritto prima riservato alle persone eterosessuali, non necessariamente utilizzato, ha fatto rilevare una riduzione notevole di accessi al pronto soccorso per gli effetti dello stigma sessuale [(v. King M. e Bartlett A. (2005)]

Convertire (è proprio il caso di dirlo!) un privilegio in diritto, con sole 7 parole, è veramente un’opportunità unica che darebbe respiro e serenità a migliaia di persone oggi considerate – senza alcun reale e valido motivo – di serie B. A pensarci bene forse di serie Promozione.