Dopo aver chiesto il suo permesso ed averla resa anonima abbiamo deciso di pubblicare la lettera di una collega che, come tanti di noi, fatica a trovare lavoro nonostante le numerose competenze professionalizzanti acquisite nel tempo. C. mi ha scritto nel tentativo di andare oltre la situazione difficile che sta/stiamo vivendo, nel tentativo di fare qualcosa, cercare una possibile soluzione: la collaborazione e la comunicazione tra colleghi.
E tu cosa ne pensi ? Ti ci ritrovi ?
Cara Dott.ssa Cristina,
più volte mi sono ritrovata a voler condividere con voi colleghi la mia situazione professionale, più volte ho aperto la posta elettronica e piu volte mi sono interrotta. Forse sarà stata la sensazione di fare un altro buco nell’acqua, o forse una mancata stima in quella professione per la quale abbiamo fatti molti sacrifici e nella quale abbiamo investito tutto il nostro impegno e dedicato tutta la nostra passione.
Mi presento. Sono C. , psicologa, ho 33 anni e da gennaio… sono costretta a lavorare in un negozio per mantenermi e, cosi, coltivare un progetto di vita personale, che da tempo aspetta che la mia situazione lavorativa, diciamo, si “stabilizzi”.
Laureata con lode mi sono buttata nel tirocinio professionalizzante con tutto l’entusiasmo del mondo, poi mi si presenta davanti una prospettiva di lavoro in uno studio associato. Ero inesperta e tanto volenterosa e accetto. Investo soldi, tutti quelli che avevo, ne rientrano molti di meno e il rapporto di colleganza finisce con un assistenza legale. Mi dico: Ok, ci può stare, si ricomincia. Mi sono data da fare, ho fatto concorsi, libera professione con la quale non coprivo le spese, collaborazioni con cooperative che mi pagavano 7,50 euro all’ora (le donne delle pulizie prendevano più di me) finché stanca della costante ed estenuante PRECARIETA’ ho accettato un altro tipo di lavoro, nel quale il mio titolo di studio non serve a nulla ma che mi permette di vivere e magari, anche sposarmi e comprare casa.
Sono sicura di raccogliere il pensiero di altre mie giovani colleghe, che spesso mi confidano questo disagio costante del non sapere cosa farne della tanto amata laurea in psicologia. Ed ecco che alcune fanno le impiegate ed altre le commesse, ma con il costante rammarico e la costante frustrazione di aver ricevuto un ingiustizia dalla vita. Il coraggio di scriverti è nato dall’assiduo impegno da parte dell’ordine e di colleghi in merito alle elezioni e alle candidature. Le più banali: Perché non muoversi cosi tanto anche per la tutela della nostra professione?
Tutelarci non significa abolire la figura del counselor, ma anche permetterci di lavorare. Perché richiedere sempre la specializzazione in psicoterapia? Come farla se non si lavora? Perché ad ogni concorso giravano nell’aria ancor prima i nomi dei vincitori?
Tante domande, molte domande..forse troppe domande che non hanno mai ricevuto risposta.
Questa lettera nasce da un bisogno di condivisione, non ti (mi permetto di darti del tu) si chiede di salvarci e di porre rimedio ad ogni problema. Il mio contatto nei tuoi confronti esula completamente dalle varie campagne elettorali alle quali ho assistito, e per le quali ho deciso volutamente di non andare a votare. Ti ho scritto dopo aver ricevuto la tua ultima mail, nella quale ho voluto percepire, tra le righe, la necessità di andare oltre al non raggiungimento del quorum, di fare qualcosa per noi psicologi. E, nel mio piccolo, credo di averlo fatto. Raccolgo quella fetta (grande) di giovani colleghi disoccupati , e vorrei davvero riaccendere una piccola speranza.
Mi fermo. Quanto ho scritto? Molto. E ne avrei ancora altrettanto.
Grazie della lettura
Buona Vita
C.
Come ti capisco! Racconto un aneddoto che, seppur vissuto con profonda amarezza, appare esilerante.
Ero a Torino il venerdì in cui nevicava e stavo spalando la neve per il Comune, sudato fradicio e con la schiena a pezzi. Premetto che sono psicologo con tirocini, corsi e specializzazioni varie, fin noioso elencarle tutte.
Quindi questa era la cornice: io che, come la maggior parte dei miei amici psicologi, ho un livello di formazione alto spalo neve; con me il geometra del Comune che controlla che il lavoro venga eseguito con criterio esclama sconsolato “eh! avremmo dovuto studiare quando era ora!”; io che penso tra me “non posso neanche dire questo” e continuo a spalare riflettendo che, tutto sommato poteva anche andarmi peggio, in fondo era ancora della candida neve…
Mi ritrovo pienamente nella descrizione della collega: avrei potuto scrivere io la maggior parte delle sue parole: laurea con lode, master in psicodiagnostica, attualmente iscritta alla scuola di specializzazione, lavoro per la maggior parte del tempo gratuitamente, contando sulla passione infinita per questa professione. L’unica differenza è che ho qualche anno meno (27 anni), ma le speranze vacillano comunque ogni giorno di più. Mi sono buttata nel tirocinio professionalizzante e lì sono rimasta, perché le possibilità lavorative sono scarsissime (in ambito pubblico pressoché nulle), sebbene abbia investito in uno studio e cerchi di farmi pubblicità (sempre per quanto riguarda l’ambito privato, nel pubblico lavoro gratuitamente). La mia Tutor in ospedale sta cercando di fare il possibile per aiutarmi, ma è davvero dura e, per sopravvivere, sono anche io sulla via del cercare un altro tipo di lavoro, perchè con questo, purtroppo, riesco giusto giusto a ripagare qualche spesa, ma non a vivere (durante gli anni di studio, di tirocinio e di attesa di iscrizione all’Albo, ho fatto svariati lavori per mantenermi, che al momento ho abbandonato per dedicarmi interamente al lavoro da psicologa o, quantomeno, per cercare di costruire una “carriera”). Piange il cuore (oltre al portafogli!).
perchè lavori gratis perchèèèèèèèèèèèèèè!! finchè ci saranno colleghi che lavoreranno gratis non si porrà mai e dico mai il problema dell’assumerci!!! E’ ovvio!!!!!!
E non ditemi “per esperienza o per formazione” i tirocini sono più che sufficienti, uniti ad un corretto aggiornamento.
Basta gratuità!
Marcella quanto hai ragione… mi dispiace, ma lo sbaglio è di chi, dopo anni di duro studio e lavoro, si piega a fornire le sue competenze in modo gratuito, svalorizzando anche tutti gli altri colleghi, alla quale viene risposto: “Perché dovrei pagare te, quando c’è qualcun altro che questo lo fa gratuitamente”. Allora io credo che quando ci siamo iscritti a psicologia sapevamo a cosa andavamo incontro… LAVORO NON CE N’E’! perché allo stato, soprattutto, di valorizzare la nostra professione non gliene frega nulla, e gli ultimi fatti lo hanno ampiamente dimostrato… ci siamo iscritti a questa facoltà anche accettando il rischio di rimanere disoccupati, e quello che penso è, meglio andare a fare i commessi, ma onestamente, che lavorare come psicologo A GRATIS. E con questo vi saluto.
Condivido tutta la delusione per questa professione, x il tempo e il denaro impiegati negli anni di studio, per l’entusiasmo oggi completamente dissolto, dopo tanti anni dalla laurea ed altri titoli vari, purtroppo a 40 anni e senza prospettive di miglioramento, ma sempre con un tirare a campare. Ho fatto di tutto, proposte su proposte, idee nuove e interessanti ma quando NON C’È CULTURA PSICOLOGICA, NON CI SONO POSSIBILITÀ DI CRESCITA.
Ma almeno lei ha trovato lavoro in un negozio! Che fortuna! Di solito non si trova nulla, specie se si ha l’handicap di avere una laurea ed essere arrivate a 33 anni (a causa degli studi e di tutta la gavetta da psicologa…), età in cui si viene considerate “troppo vecchie” per fare le cassiere, le commesse o le impiegate…
Ti capisco, mi è successa la stessa cosa..Ribattere che comunque non li dimostravo non è servito :-/
L’apertura di numerose (troppe )facoltà di Psicologia oltre ad abbassare il livello dei corsi di laurea (non c’erano abbastanza insegnanti di livello per sostenere dei corsi di laurea) ha fatto “scivolare” la laurea in psicologia, dalla laurea in medicina a quella in giurisprudenza, dove nessuno si aspetta ,realisticamente ,dopo la laurea ,di diventare un ben pagato avvocato o un funzionario di rango di qualche istituzione ; magari è buona per un impiego alle poste (ne conosco alcuni ) oppure ,se va bene ,insegnante di scuola (precario) .
Buongiorno a tutti, è la primo volta che leggo questi articoli e devo dire che tutta questa insoddisfazione mi ha molto demoralizzato. Io forse sono una delle poche psicologhe psicoterapeute che non si senta frustrata dal proprio lavoro, anzi sono sempre riuscita a trovare dei giusti compromessi fra un part time da educatore (che trovo un lavoro stimolante e dignitoso, affine alla materia, seppur non molto pagato) e il lavoro da psicologa e psicoterapeuta. Mi occupo di orientamento scolastico e universitario, progetti sul metodo di studio e ansia scolastica, DSA e pratica clinica con alcuni pazienti. Per cui nonostante non ci siano concorsi non sono mai stata nemmeno un minuto a piangere sulla mia laurea in psicologia e mi sono rimboccata le maniche per cercare il mio spazietto … mediando, faticando, accontentandosi a volte … ma ho la fortuna di potermi esprimere nella professione che ritengo più utile al mondo, e soprattutto l’unica adatta a me 🙂
Anche io ho un’esperienza simile alla tua. Part-time da educatore, professione che comunque mi piace e che mi ha dato molte soddisfazioni (ho avuto anche la fortuna di essere assunta da una cooperativa molto trasparente e corretta per quanto riguarda CCNL) e part-time privato come psicologa. E’ stata dura all’inizio ma ora ho un buon giro di utenti. Naturalmente è stato necessario creare rete il più possibile con le realtà del territorio (colleghi, scuole, associazioni) e certamente non si smette mai di sentire, contattare, mandare progetti e CV. Purtroppo il periodo non è buono per nessuno: a causa di un trasloco ho dovuto portare alcune cose in discarica. Ad accogliermi…un laureato in filosofia.
….si, è dura e la tentazione di mollare molto forte…ma permettetemi di urlare una cosa: basta lavorare gratis! basta! basta! basta!
Leggo esperienze spaccaschena di colleghi, so le mie, ma finchè lavorerete gratis (io non lo faccio! piuttosto arrotondo con lavori che non hanno a che fare con la psicologia, ma con altra mia formazione sportiva) non cambierà nulla perchè sarà come dare il messaggio “la mia professione di psicologo non vale pii tanto, te la regalo gratuitamente…”.
Ma basta! Serviamo, siamo talvolta addiritura indispensabili, ma finchè ci sarà il fesso tra noi che penserà “faccio gratis così poi mi tengono” (e non succede mai) non cambierà mai nulla. Perciò, questo il mio pensiero: facciamo mille lavori, mille cose, ma mai gratis.
E sottolineo che il vonontariato in ambito sociale è un altra cosa!!!!!!!!!!!!!!!! Fare lo psicologo, svolgere la professione gratis invece è un suicidio!
Sono d’accordo pienamente. La nostra professione non è riconosciuta dalle persone, che sempre più credono di poter avere consulenze gratuite o sottopagate. C’è forse qualche medico professionista o architetto o ingegnere che elargisce competenza gratis? NON SI È MAI VISTO. E NESSUNO SI AZZARDA A CHIEDERLA UNA CONSULENZA GRATUITA. E xè mai allo psicologo si? DOBBIAMO SEMPRE PRETENDERE UN COMPENSO CONGRUO PER LA NOSTRA PROFESSIONALITÀ, CHE HA VALORE TANTO SE NON PIÙ DI QUELLA DI ALTRE PROFESSIONI, VISTO CHE CI OCCUPIAMO DI BENESSERE E SALUTE PSICOFISICA. ultimamente ho detto NO ad un lavoro come docente a 13 euro/h! Cosa mi resta dopo contributi, tasse, spese di viaggio, ecc? È UNA VERGOGNA CHI LE PROPONE. LA COMPETENZA E IL LAVORO SI PAGA, altrimenti esistono tante altre attività in ambiti diversi dal nostro, dove si possono accettare tariffe diverse. Vorrei poi ricordare che LO PSICOLOGO NON È L’EDUCATORE..sono professioni diverse e quindi competenze e compensi diversi.
come hai ragione!
Aggiungo il mio nome al lungo elenco, con “l’aggravante” che ho terminato la specializzazione e continuo a sentir dire che non c’è lavoro a sufficienza perché gli psico sono troppi, ma mi domando come mai lavoro all’interno di un progetto gratuito e come me ci sono decine di colleghi…
Non c’è lavoro o manca la volontà di pagarci?
Se tu e tutti i colleghi smetteste di lavorare gratis……che succederebbe? naturalmente mi riferisco a tutti tutti i colleghi……….!!!
Perdonami, ma chi lavora gratis mi sta davvero irritando……………………………………finchè ci sarete voi, e altri colleghi disposti a fare gratis non cambierà mai mai mai nulla.
concordo: la cattiva professionalità consiste anche nel lavorare gratis, nell’accettare di fare “altro” dalla professione con la scusa che “tanto tutto è psicologico”, nell’accondiscendere a richieste di committenti e clienti pur di “lavorare” ecc. finché la cultura psicologica sarà in conflitto con la pratica della professione non se ne verrà a capo: gli ordini dovrebbero ammonire e dissuadere da simili comportamenti
Carissima C. psicologa di 33 anni, io a differenza di te sono molto + in là con l’età e quello che tu stai vivendo l’ho vissuto un po’ prima di verso 26-30anni, dopo il tirocino che ai tempi non era obbligatorio ma che x etica e buon senso ognuno di noi svolgeva. Purtroppo è fisiologico che fino ad una certa età sia difficile, direi quasi impossibile svolgere attività psicoterapeutica,ancor + in ambito privato(sia ieri che oggi)x svariati motivi(non ultimo la credibilità e la scarsa esperienza che nella professione è molto). Ciò non toglie la possibilità di fare esperienza in altri campi della psicologia e prima ancora in altri che all’èapparenza nulla hanno a che vedere. Ai miei tempi la situazione non era così diversa e gli psicologi erano mal considerati, se considerati. Dopo quasi un anno e mezzo di tirocinio in psichiatria iniziai a lavorare come venditore xchè non c’era lavoro. Continuai con altri lavoretti x campare e dopo un anno mi inventai corsi di formazione x venditori e mi introdussi dopo altri anni anni nel mondo del marketing,della scuola e della selezione del personale, senza contratti ma a cotimo! Oggi e ormai da parecchi anni vivo di psicoterapia. Tutto ciò x dirti che “l’é dura” ma se la passione c’è e ti sostiene prima o poi “cavi il ragno dal buco” e che le esperienze che fai prima di professare servono tutte. Auguri e in bocca al lupo. Un “vecchio” collega.
Un articolo de “L’Espresso” del lontano 1976 titolava così: “Gli psicologi in Italia sono ormai un esercito”; nel 1986, per un concorso ASL Ciampino eravamo più di mille! CONCLUSIONE: quando si è troppo giovani si sceglie ciò che piace anziché ciò che serve!
Quello descritto nella lettera è un dato di fatto. La psicologia così come è intesa oggi non è un lavoro, ma è una nevrosi: infatti come lavoro esiste praticamente solo per chi svolge attività di formazione agli psicologi (chi campa con la psicologia lo fa perché tiene corsi universitari, master e scuole di formazione rivolte a psicologi, o fa psicoterapia agli psicologi). Per il resto: in ospedali, aziende e scuole, la psicologia è pressoché fatta su base volontaria (conviene appunto andare a fare le pulizie), cioè non è un lavoro, ma opera di bene che si può fare appunto se si ha tempo libero e non si deve guadagnare per vivere. Le cause sono note: innanzitutto la psicologia in Italia è stata creata come sanatoria per la psicoterapia selvaggia (legge Ossicini), e infatti è diventata una forma vaga di cura basata su una “cultura psicologica” scarsamente significativa e lontana dalla realtà. Difatti ancora oggi gli psicologi esistono solo in virtù di una legge, per il resto non hanno alcuna identità.
Pensa che c’è anche chi come me ha lavorato per circa 7 anni in una struttura pubblica, ha fatto esperienza e poi si è ritrovata a 37 anni senza lavoro. Ora sto provando da qualche anno a risprendere con la libera professione ma i guadagni sono veramente scarsi anche se mi sono pubblicizzata in tutti i modi ..altrochè capacità di autopromozione ..
Anche io ho pensato tante volte di cambiare lavoro, ma neanche più quello è possibile con tutte le commesse con esperienza che ci sono disoccupate. Andrò avanti per questa strada per ora ..ma con sempre meno speranze.
Come scritto da altri colleghi, i settori dove gli psicologi potrebbero svolgere il loro intervento, necessario e utile per tutti i cittadini sono diversi. Ne cito due: psicologia viaria e scuola. Tutela e Prevenzione. Nella prima, anche se una legge dello Stato impone che per poter guidare un’auto è obbligatorio una valutazione psicofisica da parte uno specialista, è il medico di base che firma l’autocertificazione!!!
Nella seconda, le mancanze istituzionali sono così enormi, che di fatto vanificano gli sforzi dei pochi colleghi che operano in tale settore.
A cosa e a chi serve il ns. Ordine? Non riusciamo nemmeno a “imporre” che le leggi dello Stato siano applicate!
Sembra che sia molto più semplice utilizzare le poche risorse e energie per dare lavoro a chi già lo possiede (Università, Scuole di Specializzazione, Immobiliari,ect.) e non a chi realmente ha bisogno del ns. intervento.
Non è un caso che non si è raggiunto il quorum durante la scorsa votazione. Purtroppo, non siamo abituati a lavorare in gruppo con scopi e obiettivi comuni e questo è un grande problema per la ns. categoria!
Concordo, e fin quando gli Ordini non si imporranno come si deve non ci sarà nulla da fare.
Capisco perfettamente la situazione in cui si trova la persona della lettera.
Si fa veramente una fatica immane ad andare avanti!
Le variabili della svalutazione della nostra professione sono a decine di migliaia: dalla società a noi stessi
La mia esperienza è che cerco di non mollare, nonostante incontri gente che si spaccia per psicologo e non lo è, nonostante i continui tirocini o “volontariato completamente gratuito” ( e per chi dice che dovremmo smetterla di non farci pagare allora mi dica pure come fare a entrare nel circolo del lavoro privato o pubblico perché di alternative non ne trovo, nel senso che io prendo il volontariato come possibilità per farmi conoscere).
Se solo il nostro titolo fosse equiparato a quello dei medici, magari avremmo le loro stesse facilitazioni (specializzazione pagata, psicologo della mutua, riconoscimento e stima pubblica, tutela legale= Se uno si finge medico rischia guai grossi)
Sinceramente ora come ora a me sembra che chi può esercitare e può al contempo mantenersi ha due profili: o ha una buona base economica familiare o fa altri lavori che non c’entrano niente o quasi niente con la psicologia e la psicologia e lasciata sullo sfondo con un buono pasto su cui c’è scritto “prima o poi c’è la farai… Chissà quando”
Basta svalutare e svalutarci!!
Tuteliamoci e facciamoci tutelare anche da chi dovrebbe farlo
Purtroppo mi ci ritrovo.
Ho 29 anni e mi impegno in una cooperativa dove prendo 7,50€ l’ora per fare un lavoro che viene definito ‘clinico’.
La cooperativa opera prevalentemente nel settore pubblico, quello che abbraccia la maggior parte dell’utenza che per diverse ragioni non arriva a rivolgersi a studi privati. Quindi 7 euro e 50 per un lavoro qualificato, clinico, ecc. che serve come il pane.
Cara collega e cari tutti. Ho 33 anni e sono pienamente soddisfatta del mio lavoro. Sono psicologa e psicoterapeuta..lavoro nel privato con buoni risultati e in un’associazione di volontariato e sono retribuita più che bene! Sono felice, ho creduto nel mio sogno e lo sto realizzando. Fortuna? Certo, in parte.. Determinazione? Sì, tanta. Non mi sono piegata al lavoro “aggratis” post tirocinio in ospedale. Ho rinunciato ad un mese di maternità per accettare un lavoro, ho studiato con due bimbi piccoli in braccio…ed ora mi godo il mio raccolto e sono certa che andrà sempre meglio. Avevo 11 anni quando ho letto Freud la prima volta…da grande farò la psicologa…ed eccomi qua. Sono innamorata del mio lavoro, lo faccio con passione e amore. Sono autonoma da quando avevo 20 anni e ho fatto qualsiasi tipo di lavoro a nero e sottopagato e ci sono riuscita grazie alla convinzione che quanto prendevo allora per un’intera giornata di lavoro l ‘ avrei un giorno guadagnato in 45 minuti. Non mollare, lavora in qualsiasi ambito che ti permetta di continuare a formarti e non smettere di guardarti intorno, di creare la tua rete, di credere nel tuo sogno.
In bocca al lupo, con affetto.
Giuliana
Cara C. anonima, le parole che leggo nella tua lettera posso dire che siano le stesse che, all’inizio della carriera di psicologo, mi tormentavano nella mente. Ero laureato con lode e avevo superato l’esame di stato con i massimi dei voti. Poi qualche concorso in cui sfioravo l’assunzione per un posto o due. Poi l’esperienza mi ha fatto capire che in italia non si accede ad un posto pubblico con i meriti e allora ho deciso di specializzarmi in psicoterapia perchè sentivo che le competenze che l’università mi aveva rilasciato e che avevo appreso, non erano sufficienti neanche ad immaginare il mondo interno di chi soffre di un disturbo psicologico. Così mi sono specializzato e nel frattempo servivo birre e caffè ai tavoli di un bar di Roma. Da anni mi sono specializzato e ora lavoro nel privato. Le porte non te le apre nessuno ma tu puoi aprirle se ci credi.
Ps: durante il mio periodo di specializzazione in psicoterapia entrai in terapia personale e questo mi aiutò a far fronte alle mie preoccupazioni esistenziali e ad andare avanti. Ancora oggi ringrazio quel terapeuta senza scarpe.
Ciao Francesco.
MI SCUSI MA MI PIACEREBBE SAPERE LA SUA ETà E CAPIRE COSì SE I TEMPI SUOI IN CUI SI è INSERITO NEL LAVORO SONO GLI STESSI DI OGGI E PER OGGI INTENDO DAL 2005 AD OGGI!!
condivido con te il fatto di lavorare prima su di noi per lavorare poi con gli altri..ogni lavoro è un’esperienza che ci insegna qualcosa…a volte potrebbe esser una tappa per arrivare dove vogliamo …l’unica cosa è di non scoraggiarsi mai ma prendere ogni occasione come occasione di crescita…e se lo scopo dello psicologo e quello del benessere delle altre persone applichiamo le nostre competenze e conoscenze nella vita di tutti i giorni…non smettiamo di credere nei nostri sogni…MAI !!!
Io non sono laureato ho 31 anni mi sento giovane e amo la psicologia e quello che è questo “strano animale”l’uomo! 🙂
Mi riferisco a Francesco…:-)
siamo davvero in tanti, in troppi in questa situazione svalutante e disumana! proprio l’altra sera pensavo a quanto la richiesta più o meno tacita che giunge dall’Organizzazione del lavoro in Italia di esser iperspecializzati, ultraformati, ed eterni tirocinanti.. in fondo invece di rafforzarci come professionisti, “paradossalmente” (sognerei di dire) non fa che renderci sempre più insicuri, perché si innesca una sorta di circolo vizioso mentale e comportamentale per il quale alla fine “abbiamo sempre bisogno” di quello o di quell’altro “tutor”, “supervisore” ecc.. ecc…quando invece, ad un certo punto del percorso professionalizzante, non ci rendiamo conto che il vero supervisore sta nella nostra capacità di analisi ed autocritica, quando riusciamo a crearci l’opportunità che ci permetta di avere questo spazio di riflessione mentre rincorriamo affannosamente chissà che cosa…sentendo la necessità di buttarci chissà in quali “braccia superiori”. E anche per questo, a mio avviso, accettiamo di lavorare gratis, per sentirci “illuminati” da chi ha più esperienza, per l’ossessivo-compulsivo bisogno di continuare ad imparare perché non è mai abbastanza.. e nel frattempo avanza l’età e non saremo mai davvero abbastanza…esperti, conosciuti, entro una rete di contatti e scambi all’insegna di una multidisciplinarietà ormai indispensabile a mio parere per il bene comune… L’Ordine nazionale della professione prima di tutto a mio avviso dovrebbe lottare affinché i tirocini professionalizzanti siano, non solo di durata maggiore, ma anche un minimo retribuiti!perché anche così si inizierebbe a riconoscere un valore reale e simbolico alla professione e si incentiva il neo psicologo a fare di tutto per non svalutare se stesso e la professione di cui dovrebbe tenere alta la bandiera e per la quale non ha fatto altro che investire energie preziose, tempo, denaro,ecc.ecc. ecc…….! già questo potrebbe essere un piccolo passo in avanti!!
Sono incappato in questo post e, anche se è passato del tempo dalla pubblicazione mi permetto di rispondere.
Sono M. ho 26 anni e mi sento una voce fuori dal coro. Fin da quando mi sono iscritto all’università sapevo che la strada non sarebbe stata né semplice né, soprattutto, breve. sapevo benissimo che le speranze di trovare lavoro come psicologo sarebbero state pressoché inesistenti e che come me, tutti i miei compagni di scuola e colleghi universitari avrebbero faticato nel trovare un lavoro attinente al loro ambito di studi. Della lode che ho preso, sinceramente, ne faccio più che altro una soddisfazione personale e sicuramente non la porto avanti quando si tratta di trovare lavoro, non dice assolutamente nulla di me, non rappresenta le mie abilità, dice solamente che sono stato diligente e studioso, nient’altro. Credo anche che prima di definirmi “psicologo” ne deve passare di acqua sotto i ponti e non sarà certo l’esame di stato a definirmi tale. Credo che uno psicologo per essere definito tale abbia bisogno di esperienza, esperienza di vita che va oltre quella professionale, che un anno di pratica è pressoché inutile, non ci permette di vedere quasi nulla e soprattutto non ci rende affatto psicologi. Non trovo avvilente fare un’altro lavoro per mantenersi e non trovo assolutamente sbagliato il “lavoro gratis” soprattutto nei primi anni e soprattutto se questi sacrifici sono destinati a qualcosa, che tutta questa esperienza possa servire a qualcosa. Trovo completamente inutile (permettetemi di dirlo) il concetto di scuola di psicoterapia così com’è, lo trovo stupido dal momento che, se dobbiamo essere oggettivi, alcuni approcci funzionano meglio di altri in alcuni disturbi mentre altri sono più appropriati per altre situazioni e trovo egoista e a tratti dannoso per la persona indossare un paraocchi che non ci permette di avere diverse abilità e diversi punti di vista. detto questo sono rimasto deluso dalla visione della psicologia così come oggi in Italia, trovo che ci siano delle incoerenze di base e che i primi a sbagliare siamo noi, non voglio fare di tutta l’erba un fascio ma sempre più frequentemente mi trovo di fronte a professionisti troppo radicati e aspiranti poco flessibili, troppo rigidi nella loro idea ideale. Non vedo, a parte raramente, la dinamicità, la voglia di mettersi in gioco, il rischio e soprattutto l’umiltà negli sguardi dei laureati.
Detto questo, io sto cercando di accumulare esperienza, sto cercando di farmi strada, siamo molti, troppi (e anche sulla selezione alla base ce ne sarebbe da dire), ma non saremmo qui se non avessimo già vinto una volta, quindi, se posso dare un consiglio a chi ancora non è del tutto avvilito, ci sono 10000 modi per arrivare ad uno stesso obiettivo e non sempre la strada più corta è la più veloce…
auguro a tutti voi di riuscire in quello che sognate e congratulazioni a chi c’è già riuscito.
Siamo un plotone, già Scanagatta mi disse quarant’anni fa che sarebbe stato assurdo pretendere di lavorare… L’ho fatta aiutata dai miei in un paese alle porte di Padova, ora il plotone è cresciuto e sto per chiiudere. Il mondo è completamente cambiato nell’era digitale, non ve ne siete accorti che si risolvono palliativamente i bisogni ed è una dittatura? Mi sembrate poco realisti e ingenui.
Sono ormai arrivata ai 40 e ho deciso di smettere. Sto facendo tutt’altro (informatica) per mantenermi, è una decisione che ho preso da poco e mi ha colpito legegre questo post. Non sto a ripetere le cose che avete detto voi su qualifiche e esperienze fatte, dico soltanto che la professione in sè è molto squalificata e anch’io all’inizio ho lavorato gratis per associazioni di volontariato. Senza alcun riconoscimento, non dai pazienti ma dalle istituzioni, specialmente nel momento in cui si sono avviati dei piccoli progetti nel settore in cui ho accumulato esperienza. Sicuramente ci sono diverse realtà e non è la stessa cosa lavorare in una grande città o in un paesotto, come me, però la professione è ufficialmente svalutata ed è per questo che si cade nel lavoro gratis perchè tanto ti fanno sentire come se il tuo lavoro non valesse niente. Lavorare gratis non è un’astuzia ma una trappola di cui siamo vittime e capisco chi lo fa anche se prima o poi si arriva tutti alla conclusione che è sbagliato e che diventa autoterapia anzichè psicoterapia. Ma non è certo solo quello il problema anche perchè uno psicologo può lavorare gratis solo per un periodo altrimenti non sopravvive. Il lavoro gratis mi è servito per l’esperienza, perchè comunque ho passato i primi 6 mesi di tirocinio a non fare nulla, e non perchè lo volessi io. Ci sono però tanti problemi, oggi. La psicoterapia è costosa per un paziente non abbiente e non ci sono spazi nel settore pubblico per raggiungere tutte le fasce di popolazione. Abbiamo un codice etico molto importante che non si riscontra in altre “figure” che operano nel campo del benessere, soprattutto se pensiamo ai mezzi pubblicitari o ai bisogni attuali della popolazione e dei suoi limiti. Perchè se sto male e mi assento dal lavoro non posso aspettare magari 1 anno di psicoterapia per rimettermi a posto, devo sopravvivere ed essere efficiente subito. O prendo qualche pastiglietta dal medico di base o, peggio, mi metto nelle mani di chi mi promette di stare bene in 10 giorni e magari pure di dimagrire e trovare un fidanzato. I tempi sono notevolmente cambiati , non c’è spazio per la riflessione ed il pensiero. Mi sembra di vedere sempre più figure alla Wanna Marchi nel nostro settore e ciò non è soltanto non etico ma anche antiterapeutico, chiaramente. Con la formazione ho smesso anche. Dopo che spendi fucilate e spesso i corsi non sono nemmeno all’altezza (molto spesso ho resistito fino all’ultimo solo per il “pezzo di carta”, ma non c’era davvero nulla da imparare), vedi che ci sono persone che fanno il “tuo stesso lavoro” senza alcuna qualifica e va bene così. Negli ultimi anni posso solo dire che ormai questa crisi sociale non tocca solo gli psicologi ma si è estesa a tutti i laureati. Si salvano ancora i medici e qualche ingegnere. Purtroppo il mio contributo non porta ottimismo ma volevo portare un contributo, soprattutto per i giovani, di non aspettare di terminare una gavetta eterna con lavori gratis, mal pagati, squalificanti e debiti per fare corsi di ogni tipo, ma di porsi un limite e prendere decisioni in tempo utile. Smettere, trasferirsi, andare all’estero, trasformarsi perchè tutti i sacrifici che si fanno non portano spesso a nulla, non sarete mai perfettamente preparati, non sarete mai perfettamente formati in tutto, ed essere giovani non significa non saper lavorare (e quindi accettare tutto) per poi , passati gli anni, essere magari considerati troppo vecchi! queste sono tutte cose che arriviamo a pensare nella nostra società e forse per come è fatta la nostra stessa professione. Credo sia giusto mantenere un equilibrio tra come la società squalifica pensiero e professionalità e come è strutturata la stessa della professione e di cosa possiamo fare noi attivamente senza farci prendere da una deriva masochistica.