Un anno fa la Mediazione Civile sembrava una grande occasione per gli psicologi e i professionisti. Ne avevamo parlato in QUESTO ARTICOLO, portando riflessioni e qualche dubbio.
Nel frattempo, la mediazione è stata osannata a destra e a manca come una nuova area di intervento che avrebbe sostituito e alleggerito i Tribunali per la maggior parte dei procedimenti, albergava in molti professionisti la speranza che questo sarebbe divenuto un innovativo ambito di crescita per propria attività professionale.
In buona sostanza, i Decreti Ministeriali n. 28 del 4/3/2010 e 180 del 18/10/2010 sentenziavano che in molti casi di controversie non sarebbe stato più necessario passare dal Giudice, ma che sarebbe diventato sufficiente accettare una mediazione tra le parti e giungere ad una soluzione grazie all’intervento di un mediatore civile consulente di un Organismo di Mediazione, ente preposto all’erogazione della mediazione stessa.
Questo iter avrebbe garantito un’abbreviazione dei tempi per le parti coinvolte, un risparmio economico e soprattutto un alleggerimento per la Giustizia, favorendo tempi più sostenibili per i procedimenti presso i Tribunali civili.
Per alcuni ambiti è stata posta l’obbligatorietà di passare attraverso la mediazione civile, prima di giungere eventualmente dal Giudice. Non viene quindi considerata come una soluzione definitiva, bensì come tentativo di mediazione.
Le materie interessate da quest’obbligo sono: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.
Il nuovo protagonista di tutto ciò è il Mediatore Civile e Commerciale.
Il ruolo di mediatore civile è formalmente aperto a chiunque abbia un diploma universitario triennale o un’iscrizione ad albo o collegio professionale. La laurea richiesta non è solo quella in materie giuridico/economiche, bensì viene accettato qualsiasi ambito di disciplina.
E’ evidente quindi la quantità degli italiani in cerca di lavoro, interessati a questo nuovo ruolo professionale.
Quali i requisiti e gli step per diventare mediatore?
1) acquisire il titolo di “Mediatore Civile” presso un ente di formazione riconosciuto dal Ministero della Giustizia che fornisca il corso di formazione e il titolo finale
2) iscriversi ad un Organismo di Mediazione/Conciliazione, ente presso il quale vengono depositate le richieste di Mediazione e che effettivamente fornisce lavoro ai mediatori affidando loro le mediazioni da gestire. Senza l’iscrizione ad un organismo il titolo di “mediatore civile” non può essere speso in alcun modo. Ogni mediatore può essere inserito nell’elenco di max 5 Organismi.
Per essere riconosciuti è quindi sufficiente frequentare (a pagamento, con prezzi che variano dai 600,00 ai 1.500,00 euro in media) un corso di minimo 50 ore comprensive di teoria e pratica e superare il test finale.
Davvero solo 50 ore??
Così, ecco che come funghi sono spuntati improvvisamente corsi grandi e piccoli, più o meno rinomati, che hanno proposto la formazione aprendo in molti la speranza di vedersi spalancate le porte per un nuovo avvenire professionale.
Che dire poi degli psicologi?
Storicamente i più riconosciuti nella gestione del conflitto e della comunicazione, sembravano (e sarebbero assolutamente) nella migliore posizione per rappresentare questa nuova categoria professionale del mediatore/conciliatore.
Volendo potremmo anche aggiungere che, anche come docenti in questi corsi, non avremmo di certo sfigurato.
L’esperienza lombarda
Sull’onda di tale e tanto entusiasmo l’Ordine degli Psicologi della Lombardia, nel quale AltraPsicologia è stata eletta in maggioranza nel gennaio 2010, ha pensato – nell’autunno 2011 – di fornire ai propri iscritti questa nuova possibilità.
E’ stata così realizzata un’ importante sinergia con l’Ordine degli Avvocati di Milano (OAM) che rappresenta l’organo più all’avanguardia in tema di Mediazione Civile (possiede un suo Organismo di Conciliazione), sicuramente il più riconosciuto agli occhi della popolazione che associa direttamente gli avvocati alle controversie.
Tra OPL e OAM è stato stipulato quindi un accordo per cui gli psicologi iscritti al corso di OAM avrebbero avuto (una volta superato il test finale di valutazione) sicura iscrizione presso il loro Organismo di Conciliazione con la possibilità di essere chiamati in casi di mediazioni dove la figura dello psicologo avesse una certa rilevanza.
E’ stato organizzato un corso per 30 futuri psicologi-mediatori a costi calmierati, la cui la formazione è stata gestita da OAM. Il corso di 52 ore si è rivelato di elevata qualità e di estremo interesse, con docenti eccellenti e argomenti interessanti.
Dopo l’accordo però, col nuovo decreto del 6/07/2011 n.145, le norme relative alla Mediazione Civile hanno subito un cambiamento significativo: è stato cioè introdotto per il mediatore l’obbligo di un periodo di tirocinio che gli permetta di partecipare ad almeno 20 casi di mediazioni e inoltre l’obbligo di formazione continua per la quale ogni due anni il mediatore (principiante o esperto che sia) deve dimostrare di aver seguito 18 ore di formazione nel campo.
Si è aggiunto quindi un terzo step ai due precedenti:
3) il tirocinio deve svolgersi rigorosamente all’interno di un Organismo riconosciuto dal Ministero.
Questa novità ha creato nel mondo della conciliazione un certo sconquasso e una grande confusione, dal momento che:
– per gli Organismi ha significato poter accettare iscrizioni di mediatori solo nel momento in cui poteva offrire loro questo intenso tirocinio di 20 mediazioni
– per il mediatore civile una aumentata difficoltà nel trovare un Organismo che lo accettasse per i suddetti motivi.
Risultato?
Attualmente i colleghi che hanno deciso di investire in questo nuovo ambito partecipando ad un corso di formazione si trovano in una situazione difficile nonché paradossale.
Nel frattempo la promozione commerciale dei corsi continua.
Anche tra i partecipanti al corso OPL pare che nessun collega si sia inserito ad oggi effettivamente nel mondo della Mediazione Civile (il corso si è concluso a novembre 2011).
I colleghi testimoniano un’enorme difficoltà nell’inserirsi in generale anche in altri Organismi di Conciliazione e nel trovare una possibilità di tirocinio che apra loro le porte al ruolo di Mediatore Civile.
A questo bisogna aggiungere un altro importantissimo elemento: la decisione della Corte Costituzionale sulla legittimità del tentativo di conciliazione come condizione di procedibilità.
L’oggetto del contendere sul quale la Corte costituzionale è chiamata ad esprimersi è l’obbligatorietà del procedimento di mediazione civile e commerciale.
Ciò significa che se la mediazione civile venisse riconosciuta come incostituzionale e non più obbligatoria, tutto il nuovo sistema della mediazione civile così com’è pensato perderebbe di senso, e il titolo di mediatore civile perderebbe anche quel valore teorico che attualmente ancora ha.
Alla luce di tutto questo diventa quindi particolarmente importante valutare attentamente l’opportunità di formarsi in tale ambito e – una volta deciso di farlo – analizzare con cura le offerte presenti sul mercato scegliendo gli enti di formazione più preparati evitando le realtà che hanno visto nella mediazione civile solamente un nuovo business e non una reale soluzione ad annosi problemi e nuovi sbocchi professionali.
Considerata la continua evoluzione della situazione su questo tema, invitiamo i colleghi che avessero avuto esperienze dirette o indirette a condividere con noi le loro storie per circoscrivere ancor di più il presente e il futuro della mediazione civile e commerciale in Italia.
C’è nuovamente confusione di termini, per cui la mediazione civile e Commerciale diventa sinonimo di mediazione psicologica. Il fatto è che la relazione tra le parti in lite non è solo umanaemotiva, ma normativa.
Non basta essere diplomatici per far giungere ad un accordo due che litigano, ma bisogna essere prima di tutto esperti nella nomativa oggetto del contendere.
Che la mediazione sarà sempre più importante, lo dimostra anche il fatto dei tagli alle sedi giudiziarie, per cui si cerca di ridurre il contezioso, che nasce, dalle norme, dalle leggi, non dalle emozioni.
Sono pochi gli ambiti giuridici dove la competenza psicologica è sufficiente: è complementare, ma daltronde la psicologia studia il comportamento e tutti, bene o male, si comportano.
I nuovi meccanismi della mediazione tendono a privilegiare il mediatore esperto, per cui più mediazioni fai, più è probabile che tu venga chiamato.
Il problema è che fino ad oggi, mediatori esperti che abbiano coperto i costi della formazione, se ce ne sono, sono veramente pochi!
Il compenso del mediatore è in base al valore del contendere, salvo aggiunte o diminuzioni, quindi attenzione, *non in base al numero di udienzeincontri*, ma se si presentano la parti (se no, diminuisce il compenso), se le parti raggiungono un accordo (compenso di legge) o se le parti raggiungono un accordo con proposta del mediatore (maggiorazione).
Forse in tutto ciò, l’unico guadagno certo lo ha l’organismo di mediazione, o se riesco a farmi assegnare più mediazioni contemporaneamente, altrimenti rischio di perdere un paio d’ore per guadagnare 30 euro…
Esperienza personale? No, della moglie avvocato, che finora non ha recuperato i costi di formazione ed è diventata formatore dall’inizio! 😉
Quindi, *mediazione civile e commerciale* non è sinonimo di *mediazione psicologica*, e se fai tutto in una sessione guadagni qualcosina (o meglio, ti pagano), altrimenti impieghi solo più tempo per guadagnare X, ed a meno che uno non sia “The Mentalist”, rischia di fare la fine di “dementalist”, che suonano uguale, ma non sono la stessa cosa!
D’accordissimo, ma allora, visto che la competenza clou è quella normativa, perché aprire indiscriminatamente a tutte le lauree? Non sarebbe stato meglio circoscrivere a quelle giuridiche?
Grazie, saluti
Per lo stesso discorso per cui un giudice si avvale di consulenze professionali quando il tecnicismo è tale che è necessario integrare all’aspetto normativo, quello tecnico.
Comunque la maggior parte dei mediatori sono avvocati.
In una causa per responsabilità medica, il problema può essere di tipo risarcitorio, cioè quanto risarcire, magari essendo pacifica la responsabilità e la normativa.
Sinceramente a me non viene in mente molto che possa avere come oggetto aspetti prettamente psicologici, se non forse situazioni di affido, ove anche queste possano rientrare nella mediazione, o situazioni di cause contro psicologi, ma sinceramente considerando l’irrisoria cifra che si paga per la RC professionale, dubito che le cause contro psicologi siano così tante!
Quanti sono i consulenti d’ufficio psicologi ed in quali cause vengono chieste perizie psicologiche? Rispondendo a questo probabilmente si ha la risposta al tuo quesito di quale tipo di cause saranno affidate ad un laureato in psicologia.
Poi, il fatto che *i formatori* si siano buttati a capofitto nel business non vuol dire che la professionalità acquisita sia spendibile!
Come al solito mi sembra che si faccia finta di non capire.
Non vedete mai i legal drama americani? Bisogna saperne e bene di legge, e saper far di conto, non “far fare la pace” tra mamma e papà.
E’ evidente che la “mediazione civile e commerciale” non riguarda la gestione dei conflitti psicologici, ma trovare una soluzione tecnica che risponda al meglio alle istanze di ambo i contendenti.
Detto questo, la domanda vera è: queste “cause” ci sono oppure no? Chi le gestisce? Sempre i soliti (ig)noti? Ho l’impressione che “fatta la legge trovato l’inganno”: cioè che alla fine i mediatori siano e saranno sempre gli stessi tre-quattro di prima che si arraffano tutto il mercato e quei tapini che hanno fatto i corsi di formazione si trovano a spasso. Sbaglio? E intanto fioccano corsi (e marketing di corsi) a cui i poveri psicologi abboccano. A quando una class action degli psicologi contro questi istituti di formazione? Così magari il giudice impone la mediazione e vediamo finalmente come si fa nella realtà.
con la chiusura di molti tribunali la mediazione e i suoi Organismi privati saranno necessari. la perplessità resta sempre nel fatto che – a detta di avvocati che la praticano- la procedura di richiesta degli accordi (si parla di raggiungere accordi, non di danno,in cui entrambe le parti devono avere un vantaggio e non un vincitore: ecco perchè non servirebbe avere competenze di legge in senso stretto, ma semmai di comunicazione) deve essre fatta negli stessi termini in cui verrà usata in caso di mancato accordo. questo comporta la preventiva consulenza di un legale, per forza, dalle parti. al cliente non conviene più, se non per piccole dipute. il compenso del mediatore, però è proporzionale alla richiesta economica delle parti e dipende dalla riuscita. ecco perchè agli psicologi non conviene troppo. tra l’altro l’iscrizione agli Organismi è scesa a 3 e qualche Organismo osteggia a seconda dell’Ente formatore, costringendo a ripetere il corso con Enti diversi. conviene solo ad avvocati e consulenti commerciali per arrotondare e agli enti di formazione che si assicurano le quote dei partecipanti. che dire poi dell’ennesima Tassa solo per restare iscritti e della formazione continua richiesta? perciò non credo alla buona fede della mediazione. se fosse una cosa democratica, sarebbe gestita dai patronati. o sbaglio?
per inciso: ho chiesto a un’amica che fa la stagione fiscale quante mediazioni ha scaricato dai modelli dei clienti: zero.
L’ennesima beffa italiana! Così come concepita dal d.lgs. 69/2013 del governo Letta, la nuova mediazione è frutto di un accordo tra la casta degli avvocati e la casta dei politici, un accordo che dequalifica quel poco di valore che vi era rimasto nell’istituto giuridico; regalando agli avvocati la qualifica di mediatori, a scapito di chi come i procuratori e laureati hanno dovuto sborsare ingenti somme di denaro per acquisire il titolo, nonché per il tirocinio e la formazione biennale.Altra pecca, riguarda l’assistenza obbligatoria dei legali in mediazione, i quali da esperienze personali, hanno sempre deriso l’istituto giuridico e contrastato l’accordo pacifico. Pertanto non resta altro che a noi mediatori, considerare il neo istituto come anticostituzionale e illeggittimo, percorrendo l’unica strada quello della consulta.
Mediatori uniamoci contro le caste!
Ho letto tutte le considerazioni, effettivamente c’è un po troppa confusione, o meglio quest’ultima la hanno coloro che non fanno parte della casta… ci mancava pure il tirocinio.. sarebbe stato normale se la mediazione doveva essere una nuova possibilità lavorativa farla fare gratuitamente dal governo attraverso convenzioni e limitarla alle lauree giuridiche , cosi è solo una confusione continua, con enti che pensano solo al guadagno.. sto considerando la possibilità di fare il corso anche se alla luce delle vostre considerazioni non so fino a che punto convenga farlo..
Sono d’accordo con tutte le considerazioni inerenti al business sulla mediazione civile e commerciale. Bisogna anche dire però che se davvero ci tieni a fare il mediatore, se hai la mentalità adatta a svolgere questo tipo di professione, con tutte le difficoltà che si possono presentare ti cerchi i clienti come fanno gli altri professionisti, fai propaganda all’attività, alla fine qualche cosa riesci a guadagnare magari a qualcuno non potrà bastare per campare ma sono sempre entrate da sommare ad altre.
Sono reduce dal corso di aggiornamento obbligatorio ed ho una formazione specifica sul tema della mediazione, formazione intrapresa ben prima dell’intervento normativo. Chiedo scusa ma sarò molto diretta: la mediazione così come è congegnata dalla legge italiana richiede al mediatore approfondite competenze giuridiche ma la distinzione mediazione psicologica – mediazione giuridica non esiste. Certo che se dò alla mediazione una connotazione così fortemente ‘processuale’, con quel contesto devo poi fare i conti: ma questa è una scelta legislativa. La mediazione, di per sè, è altro. E chi dice che si fa confusione e si rifiuta di vedere come la normativa italiana sia il risultato di un vergognoso compromesso in sede parlamentare, dovrebbe documentarsi sull’esperienza di molti altri Paesi europei in cui la mediazione esiste da decenni. La nostra non è una legge per la mediazione, è una legge che ha in sè la speranza che la mediazione si riveli un fallimento e così come il legislatore l’ha congegnata, è molto probabile che sia un fallimento, almeno dal punto di vista statistico.
L’Italia è arrivata ad introdurre una normativa sulla mediazione con il solito ritardo: avrebbe dovuto e potuto redigere una legge esemplare, forte dell’esperienza di altri Paesi. Penso, invece, che ci sia voluto un certo impegno per arrivare ad una legge così brutta e così anti-mediazione. Ma questa è l’Italia…..
a ben guardarsi in giro, il grande bluff è ormai il Paese Italia tutto, non solo questa o quella legge…non c’è una cosa che funzioni, e ve lo dice uno che, per eventi della vita, ha zampino in molti ambienti. Ce ne fosse uno che poggia su fondamenta non dico serie, ma almeno non idiote!
E’ una vera palude, e non è pessimismo, è la realtà provata, basta osservare con attenzione la nostro quotidianità di italioti. Emigriamo. Non so dove, ma emigriamo, qua non cambia.
Buongiorno , gli ultimi commenti risalgono al 2014 ma cosa è cambiato oggi che l’obbligatorietà del ricorso al mediatore è stata ratificata ? Ve lo chiedo visto che vorrei intraprendere un corso di mediatore , sono avvocato ma non iscritto all’albo . Mi domando sopratutto se ad oggi è una professione in ascesa o meno
Ciao Nicoletta, stavo considerando anche io di fare il corso per mediatore. E anche io ho le tue stesse domande. Sei riuscita ad avere qualche informazione in piú nell’arco di questo anno?