Proroga ECM: è ora di rivedere il sistema

Il 29 Dicembre viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Milleproroghe e nelle pieghe del testo salta fuori questo:

All’articolo 5-bis del decreto-legge 29 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, le parole: «triennio 2020-2022» sono sostituite dalle seguenti: « *quadriennio* 2020-2023».” Art4, comma 5, DL 198/22

Tradotto dal linguaggio da azzeccagarbugli: il triennio per ottemperare all’obbligo ECM diventa quadriennio.
Tutto rinviato al 31 Dicembre 2023, per vedere chi sarà in regola e chi no con l’obbligo formativo delle professioni sanitarie.

Nonostante i vari proclami che si erano seguiti in questi mesi dai rappresentanti dei vari Ordini sanitari che tuonavano che finalmente questa volta si sarebbe fatto sul serio, che non ci sarebbero state proroghe ma punizioni severissime, i segnali di come sarebbe andata a finire c’erano tutti.
Solo che nessuno ha avuto il coraggio di affrontare la questione in modo diretto e il rischio è che altrettanto si farà fra 12 mesi.

Che il sistema di aggiornamento tramite ECM sia pieno di criticità, è argomento abbondantemente dibattuto all’interno delle professioni sanitarie già da prima che pure noi psicologi decidessimo di andarci a stringere in questa morsa.

Basta vedere le percentuali di inadempienza dei professionisti sanitari nei trienni precedenti, dove ci sono praticamente sempre stati necessari espedienti per consentire di rimettersi in regola (https://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato1022178.pdf qui un indagine del 2016, a titolo di esempio).

Nel 2020, nonostante sembri evidentemente un sistema che neppure i medici – sul cui profilo è prevalentemente disegnato – apprezzano, anche gli psicologi hanno abbracciato il sistema ECM.
Un traguardo cui siamo approdati per inerzia delle nostre istituzioni, che non hanno mai insistito fino in fondo su un regolamento per la formazione continua disegnato sulle nostre peculiarità, traccheggiando per anni col Ministero della Salute, nonostante una serie di criticità già note e altre prevedibili senza particolari poteri di chiaroveggenza.

Tra le più evidenti segnalo:

A) Medici, infermieri e altre professioni sanitarie trovano il loro spazio prevalentemente all’interno del Sistema Sanitario, che paga e talvolta organizza pure la formazione. Di fatto i giorni di formazione sono giorni lavorati (e quindi stipendiati).
La nostra categoria è invece a larghissima parte composta da liberi professionisti che devono costantemente scegliere tra il lavoro e la formazione, tra guadagnare o spendere.

B) Il lavoro degli psicologi non è fatto solo di prestazioni sanitarie. Ci sono i colleghi che lavorano nelle aziende, nel sociale, nel marketing e in altri settori dove non si svolgono prestazioni sanitarie e per i quali l’offerta di ECM è assolutamente residuale per cui devono formarsi due volte. Una per le cose che gli sono davvero utili e un’altra per stare a posto con gli ECM.

C) L’accreditamento dei corsi è costoso. Molto costoso.
E’ costoso anche per gli Ordini che erogano corsi gratuiti per gli iscritti. Se non si fa economia di scala, come hanno fatto gli Ordini di AltraPsicologia, si può arrivare a dover spendere 1,90€ a credito, che moltiplicati per il fabbisogno di un triennio può significare una spesa di 50-60mila euro che un Ordine potrebbe usare per altro.
E’ costoso poi per il professionista che voglia acquistare un corso privatamente, perché i costi di gestione dei provider sono elevati e per avere un margine – pure minimo – di guadagno, è difficile mantenere i costi bassi.
La maggior parte dei corsi con ECM gratuiti lo sono perché sono sponsorizzati dalle case farmaceutiche, e cioè: sono pensati prevalentemente per i medici.

DAI PROCLAMI ALLA PROROGA: ERA COSI’ IMPREVEDIBILE?
Fino all’estate si sono letti proclami roboanti: sono circolati articoli e dichiarazioni dei presidenti dei vari Ordini sanitari che suonavano come “questa volta si fa sul serio!”, “sanzioni severissime in arrivo” e simili.

Poi quando a Giugno gli Ordini delle varie professioni sanitarie hanno ricevuto i dati sugli inadempienti, nonostante il bonus covid e altri sconti che hanno praticamente dimezzato il fabbisogno formativo da raggiungere, ci si è scontrati con la prevedibilissima realtà: c’erano percentuali di iscritti non in regola in doppia cifra. In alcuni casi si parlava addirittura del 70% di professionisti non in regola.

A fronte di ciò e nonostante l’avvicinarsi della fine del triennio, nessuno ha mai iniziato a discutere di quali sanzioni disciplinari erogare e con che modalità.
Perché è evidente che è insensato sanzionare allo stesso modo un professionista non in regola per 3 crediti e uno non in regola per 70.
Per non parlare della mancata copertura assicurativa se non si è in regola almeno col 70% del fabbisogno del triennio precedente, senza nemmeno la possibilità di recuperare, per cui si resta scoperti per 3 anni.

Messi tutti questi fatti in fila, è evidente che l’unico modo per uscirne era una classica soluzione all’italiana: la trasformazione da triennio a quadriennio, nel tentativo di salvarsi la faccia dopo tutti i proclami di quest’ultimo anno.

D’altra parte, arrivati a questo punto, l’alternativa qual era? Far saltare il sistema sanitario mettendo la metà del personale sotto procedimento disciplinare?

TUTTE LE CRITICITA’ DI UNA SOLUZIONE DELL’ULTIMO SECONDO
Ma come tutte le soluzioni dell’ultimo minuto e come tutte le sanatorie, sono scelte che salvano la zattera dall’affondamento, ma generano effetti sul medio-lungo termine:

A) Innanzitutto l’effetto di sfiducia che genera qualsiasi sanatoria, proroga, condono e simili: invita le persone a non essere regolari, perché tanto prima o poi arriva la via d’uscita. E se finisci a premiare sempre chi non rispetta le regole, ci sta che poi si inizi a sentirsi più fessi che a posto con la coscienza.

B) Che ne sarà ora, di tutti quelli che, in regola al 31/12 hanno già speso mille/2mila euro per comprare un master da fare nel 2023 per fare i crediti del nuovo triennio che doveva iniziare e invece non inizia più? Questi crediti in più – che ora non gli servono – che fine faranno, visto che questi colleghi sono già in regola? Dopo il danno si rischia la beffa: bisogna sperare nei decreti attuativi della proroga, altrimenti è veramente grottesco.

C) Anche i provider hanno da rivedere l’organizzazione della loro offerta formativa, in funzione di un triennio che non inizia più, così come gli Ordini che presumibilmente dovranno rivedere quanto preventivato nel bilancio previsionale.

Ma soprattutto, e questo per me rende davvero incomprensibile la “soddisfazione” con cui è stata data la notizia, quello su cui dovremmo interrogarci è: se per l’ennesima volta si è dovuto correre ai ripari perché il personale sanitario in Italia “sembra” non aggiornarsi, dobbiamo forse cercare di capire cosa c’è che non funziona?

E’ davvero tutta colpa solo dell’incoscienza dei professionisti che non si aggiornano? Se fosse così, avremmo davvero un mastodontico problema che impatterebbe direttamente sulla salute dei cittadini, che è quello di cui davvero lo Stato, i Ministeri, gli Ordini si devono preoccupare.
Oppure questi professionisti si aggiornano ma il sistema è fatto così male che non riconosce la realtà e restituisce un dato alterato? Se fosse così, due domande sul sistema allora occorre che ce le iniziamo a fare, perché significherebbe dare un’incombenza ulteriore a personale e professionisti che sono già oberati oltre ogni misura ragionevole.

Quale che sia la verità, una riflessione e una susseguente revisione del sistema di formazione continua delle professioni sanitarie sembra indispensabile. L’obiettivo di un sistema di formazione continua è dare al cittadino l’accesso a professionisti aggiornati e competenti.

Se il sistema non è in grado di intercettare l’aggiornamento dei professionisti e finisce per caricarli ulteriormente di incombenze poco utili, non va bene.
Se il sistema non riesce a far aggiornare i professionisti in modo utile, allora non va bene lo stesso.

Fatto questo, poi, sarà inevitabile che ciascuno dovrà prendersi la sua responsabilità e mettere fine all’epoca delle proroghe e della dilatazione del tempo: chi non si aggiorna, non dovrà poter lavorare.