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Il video del giornalista Luca Bertazzoni, che documenta tre ‘counsellor’ all’opera nei loro studi privati, toglie il velo a qualcosa che si immaginava da sempre: molti personaggi che si autodefiniscono ‘COUNSELOR’ trattano aspetti della vita psichica che non dovrebbero trattare.

Segni di disturbi alimentari, abuso di alcool, suicidi in famiglia. C’è di tutto, in questi tre casi. E si tratta di temi di competenza psicologica o medica, perché rischiosi per la salute e per la vita stessa.

Ma i tre counselor ritratti nel video non si fanno alcun problema ad occuparsene.

Basta vedere il secondo caso: viene riferito dalla cliente un abuso d’alcool e un recente suicidio del fratello. Segnali che devono far scattare l’allarme sulla valutazione del rischio di vita.

Chiunque, pure mia zia di professione sarta, di fronte ad un racconto del genere consiglierebbe di rivolgersi a un dottore. Un dottore vero. Perfino un infermiere o un assistente sociale all’interno di strutture pubbliche per la salute mentale, di fronte a contenuti del genere sarebbero tenuti a interpellare il medico o lo psicologo.

I nostri eroi no: fanno qualche domanda che non c’entra nulla, danno qualche insegnamento da maestri di vita, e poi rifilano tutti e tre la proposta di ‘fare un percorso insieme’. Di che, non si capisce.

Ora, non è un caso che serva l’abilitazione dello Stato per trattare professionalmente questo tipo di situazioni. Per mille motivi: perché c’è un rischio di vita per la persona, perché c’è un rischio di aggravamento, perché c’è un rischio concreto di danni anche agli altri.

La reazione di queste ore del mondo dei counselor è curiosa.
Nell’ordine: (1) Il video è tutta una montatura di Altrapsicologia (2) è falso (3) quei tre sono dei farabutti, i ‘veri’ counselor fanno altro.

E allora andiamo con ordine:

(1) Altrapsicologia non ha commissionato questo video, né vi ha partecipato direttamente. Certo, ormai ogni colpo di tosse è parte del solito complotto elettorale di AP per governare il mondo. Pazienza.

(2) Il video sarà pure falso, però mi pare che i tre personaggi recitino piuttosto bene. In ogni caso immagino che il giornalista Luca Bertazzoni sarà tranquillamente in grado di dimostrare che sono reperti autentici di vita vissuta.

(3) Se i counselor non fanno questa roba, che fanno? Perché ogni volta che si cerca di capire cosa fanno questi counselor, salta fuori che fanno sempre altro. Io ancora non ho capito cosa fanno.

Oggi vedendo questo video ho capito un po’ di più cosa fanno alcuni: prendono in carico situazioni ad alto rischio clinico, con la correttezza metodologica di una ciabatta e un livello etico da codice penale.

Non sono tutti così? bene, attendiamo di capire cosa fanno quegli altri.

Ma quello che osserviamo oggi in questo video, è solo una conseguenza di un contesto culturale lassista, in cui va bene tutto.

E la responsabilità di questo contesto culturale sta in capo anche agli psicologi che formano counselor, illudendoli con malafede di potersi occupare di salute psicologica.

Infine, responsabilità morale è anche di iniziative, come la Consensus Conference sostenuta anche dal CNOP, che con troppa leggerezza trattano la questione della salute pubblica come se fosse un affare di piazza su cui basta mettersi d’accordo.

Qui non c’è nulla su cui accordarsi: c’è da tutelare con chiarezza la salute pubblica.

Ora non basta più nemmeno chiudere la Consensus Conference, cosa che dovrebbe essere scontata.

Occorre che ogni ordine regionale degli psicologi, ogni presidente ogni singolo consigliere assumano la responsabilità sociale che si sono presi venendo eletti: quella di tutelare i cittadini e la loro salute da ogni forma di abusivismo.