UN EVENTO STORICO: IL MINISTERO CHIUDE AI COUNSELOR. Con una lettera, il Ministero della Salute, su impulso dell’Ordine del Lazio a guida AP, ha chiesto di chiudere il contestato percorso per riconoscere la figura del Counselor, che si stava svolgendo presso UNI con un processo di normazione.
Questo passaggio è un punto di non ritorno. Una pietra tombale sul counseling svolto da non psicologi.
Perché è la seconda volta che il Ministero della Salute chiude un tavolo dei Counselor. Ci pare difficile che le associazioni di Counselor e UNI agiscano un nuovo e imprudente tentativo.
Lo dice il Ministero stesso, avvertendo che già una volta intervenne contro il ‘Counselor Relazionale’, di contenuto analogo.
LA LETTERA DEL MINISTERO. La lettera inviata dal Ministero all’UNI chiarisce che:
“il progetto di norma UNI n.1605227 pone la figura del Conselor non psicologo in palese sovrapposizione con quelle dello psicologo, dello psicologo psicoterapeuta, del dottore in tecniche psicologiche, del medico, del medico psichiatra, del medico psicoterapeuta, in analogia con il precedente progetto UNI 08000070 sul “Counselig relazionale”, la cui adozione venne già sospesa da codesto Ufficio”.
Della serie: ora basta!
UN PRINCIPIO GENERALE: NO AI COUNSELOR. Ma l’aspetto significativo è che il Ministero della Salute afferma un principio generale: scrive che “il counseling è (…) tra le attività che non possono essere riconosciute ad una professione non regolamentata” ai sensi della Legge 4/2013, perché rientra nelle casistiche di sovrapposizione con professioni sanitarie.
Si tratta di una vittoria importante, a tutela della chiarezza verso i cittadini, della salute pubblica e degli Psicologi che finalmente vedono affermata con chiarezza la loro professionalità.
IL RUOLO DELL’ORDINE LAZIO A GUIDA AP. È merito dell’Ordine Psicologi Lazio se la situazione si è sbloccata, se il Ministero ha preso posizione. Attraverso una serrata azione di stimolo prima verso il CNOP e poi – non ottenendo risposta – direttamente presso il Ministero, l’Ordine Lazio ha promosso questo colpo di grazia ad una delle principali pseudoprofessioni psicologiche.
L’Ordine Lazio non ha messo in atto complicate e occulte trattative. Ha agito alla luce del sole, con scambi scritti formali, in modo trasparente e pubblico. E ha ottenuto ascolto dal Ministero con la forza dei fatti.
Ovviamente non lo diciamo noi, ma lo stesso Ministero nella sua nota:
COLLABORAZIONE CON IL CNOP? NON PERVENUTA. Questo risultato si sarebbe potuto ottenere molto prima, se ci fosse stata la collaborazione del Consiglio Nazionale e degli altri Ordini regionali. Ci dispiace che invece siano rimasti passivi – quando non oppositivi – nonostante i numerosi stimoli ricevuti dai tre Ordini a guida AltraPsicologia e dall’Associazione stessa. E probabilmente questa divisione ha rappresentato un punto fragile per la credibilità della categoria di fronte al Ministero della Salute.
UNA NUOVA FASE PER GLI ORDINI: STOP AI FORMATORI DI COUNSELOR. Gli Ordini regionali non potranno più tentennare: dovranno applicare l’articolo 21 del codice deontologico nei confronti degli Psicologi formatori di Counselor. E perseguire chi esercita la professione di Counselor senza essere Psicologo, compiendo di fatto un abuso di professione sanitaria.
LE ELEZIONI 2019: UN’OCCASIONE PER GLI PSICOLOGI. Fortunatamente nel dicembre 2019 ci saranno le elezioni per il rinnovo degli Ordini regionali. Fatti come questi convinceranno gli psicologi a non sostenere più progetti politici inconsistenti. Fatti come questi testimoniano – concretamente e oltre ogni dubbio – che con idee chiare, impegno e azioni trasparenti si ottengono risultati reali.
The Game is over!
normare una professione che ha per ambito il benessere e non la salute é sacrosanto, sono del parere che andrebbero certificate tutte le scuole di counseling (anche un amico impreparato può fare danni ben più seri di uno psicologo di bassa lega, mi sia concesso, e di contro ho conosciuto ottimi counselor non psicologi)…
perdonate se bevo fuori dal coro ma leggendo mi sembra di cogliere una sterile acredine: nessuno vuole portarci via nulla. Il counseling é una professione della sfera del benessere, non della salute.
Non é – mi chiedo – che temiamo l’avvento della novità per partito preso, o forse perché ben sappiamo che anche tra di noi ci sono eccellenze e mediocrità?
Sono uno psicologo della provincia di Arezzo e non ho mai fatto un corso di counseling in vita mia ma maleducazione di alcuni e politica a parte, fuori di polemica, la vera disonestà é quella intellettuale
Basta non normare figure che poi, all’atto pratico (ma anche teorico in questo caso), pretendono di svolgere funzioni tipiche di una professione sanitaria.
Dante, mi perdoni, perché separa “salute” e ” “benessere”? È chiara la definizione di salute dell’ OMS mi pare, no? La ricordo qui di seguito: la salute, è definita dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) nel 1946 “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”!
Sono d’accordo con Dante e molto perplesso sulla semplicità del pensiero di Smath.
Il termine “salute”, secondo il mio Zingarelli 2017, che, anche se non approvato da ordini e associazioni di psicologi, di sicuro sbaglia di poco, è attestato dal 1261, mentre “benessere” risulta dal 1309.
Siccome i due termini sono nati separati, è un po’ difficile pensare che non siano separabili, no?
Ma non è tutto qui: il simpatico (o la simpatica?) Smath sembra pensare che l’Oms, nel 1946, ritenesse che il “completo benessere fisico, psichico e sociale” delle persone di tutto il mondo fosse da affidare agli psicologi italiani iscritti al relativo ordine. Per tutto il mondo, tra l’altro, il che sembra piuttosto complicato, anche considerando le differenze tra le varie legislazioni. Ma non si può mai dire…
Però c’è anche un altro problema: nel 1946 gli psicologi italiani non esistevano proprio, se non sbaglio. A proposito: nel 1261, ma anche, credetemi, nel 1309, non esistevano psicologi, e non solo in Italia ma nel mondo intero.
Eppure gli italici, ma certamente anche gli altri nel mondo, non erano così sprovveduti, dal medioevo in poi, sapete?
Pensate che la parola “sofferenza” è attestata dal XII secolo, “mente” dal 1213, “disagio” è precedente al 1250 come “follia”, “pazzo” è del 1268, mentre “pazzia” è di prima del 1306, “malessere” è del 1320, “inconscio” del 1353, “nevrosi” del 1788, “psiche” del 1829, “psicosi” del 1858. Parole, queste e altre, che dovrebbero essere, secondo il pensiero corrente, di esclusiva competenza di medici e psicologi. Sembra che gli psicologi (solo dal 1818, ma allora non avevano ordini) assurdamente pensino che tutte queste parole debbano essere usate solo da loro e non da altri professionisti.
Se per esempio i “preti” (secolo XII) sostenessero che tutte queste parole, o buona parte di esse, rientrino nel più ampio concetto di “anima” e che perciò solo loro possano occuparsene, avrebbero qualche ragione in più degli psicologi, almeno dal punto di vista cronologico, ma sono certo che psicologi e psicoterapeuti insorgerebbero. Eppure i preti l’Ordine ce l’hanno, ed è perfino un Sacramento.
Ma c’è un’obiezione ancora più importante e di carattere più generale. Prendiamo come esempio Cristoforo Colombo. Ha avuto grandi meriti e grande coraggio, senza dubbio, e, in un certo senso, ha “scoperto l’America”, anche se quel continente esisteva già ed era già abitato da gente che non aveva alcun bisogno di scoprirlo e anche se, maledetta cronologia, si è chiamato America solo una cinquantina d’anni dopo.
Va bene, diciamo che a modo suo ha scoperto l’America, Ma aveva diritto di dichiarare che quella terra fosse di proprietà della monarchia spagnola? L’America, anche se non si chiamava così, esisteva già e aveva i suoi abitanti, da chissà quanto tempo, e i suoi abitanti non erano, né volevano essere, sudditi del regno di Castiglia. Secondo il pensiero degli europei dell’epoca aveva diritto. ma qualcuno si sentirebbe, al giorno d’oggi e in un importante Paese dell’Occidente democratico, alla luce della cultura del XXI secolo, di dire che la procedura di Colombo sarebbe corretta anche oggi? Di certo no, sarebbe un anacronismo, maledetta cronologia.
Curiosamente Altrapsicologia sostiene, nel XXI secolo, di potersi appropriare di un pensiero molto antico e perfino delle parole che lo caratterizzano, proprio come Cristoforo Colombo, rispettabilissimo esploratore cattolico del XV secolo. Anacronistico, no? Anche perché quando sono nati, in Italia, i corsi di laurea in Psicologia, nessuno più nel mondo si sentiva di dichiarare ambizioni coloniali.
Per altri versi gli Altripsicologi mi ricordano certi teppisti che danneggiano le auto posteggiate vicino a casa loro, perché confondono le vicinanze della loro casa con la loro casa. Pensano di avere diritti sui posteggi vicini nella pubblica via. Eppure un altro grande Genovese, Gilberto Govi, aveva chiarito definitivamente alcuni decenni fa la questione: abitare a Marassi vicino al carcere e abitare a Marassi nel carcere sono cose ben diverse.
Capirei, pur non approvando, se i teppisti fossero i proprietari dei posteggi, ma non lo sono e perciò sono solo teppisti. E gli psicologi non possono negare il diritto di chi, sul piano educativo e sociale, si occupa, anche per professione, di benessere eccetera, questioni che per fortuna riguardano l’umanità intera. Se lo fanno, come li chiamiamo? Non rigatemi la macchina, per favore.
Capirei se gli Altripsicologi temessero che qualcuno si qualificasse abusivamente come loro, cosa che potrebbe capitare e certamente dovrebbe essere perseguita, Mi pare però che per loro il suo problema sia un altro. Infatti conosco molti counselor non psicologi, ma nessuno di loro sostiene di essere psicologo o psicoterapeuta o di praticare la psicoterapia. Qual è il problema, allora?
Per concludere, e chiedo scusa se sono stato prolisso: se un domani deciderò di rivolgermi a uno psicologo, gli chiederò prima quale sia la sua posizione rispetto ad Altrapsicologia. Non avrei fiducia in un professionista che, per quanto certificato, sostenesse tesi così stravaganti.
Il problema è che in Italia c’è una norma che spiega che per fare lo psicologo c’è un percorso preciso.
Tutto il resto è fuffa.
NB: dimenticavo che “anima” è del 1180.
Scusate l’imprecisione
Quali sono le fonti di questo articolo?
La lettera del Ministero della Salute inviata a UNI e per conoscenza a Ordine Lazio e CNOP.
Grazie della notizia precisa e documentata, come sempre. L’esito conseguito, almeno così come presentato, pare davvero essere il risultato di un’azione condotta a difesa e a promozione della Professione di Psicologo, a vantaggio di tutti gli iscritti agli Ordini Regionali. Questa azione in particolare e altre simili contribuiscono a farmi sentire rappresentato e sostenuto nella mia professione di psicologo. Grazie!
Personalmente la penso come Dante. Mi sembra ipocrita e senza coraggio non riconoscere il counselling. Se sono uno psicologo etico cisa temo? Quanti psicologi fanno danni? Interroghiamoci di cosa abbuamo paura…
Io ho paura di chi viola la legge facendo prestazioni sanitarie a persone in situazione di fragilità.
Grazie Dante sono entrata per lasciare un commento e avrei detto esattamente le stesse cose dalla mia posizione di councelor in formazione. Questo articolo lascia trasparire una certa acredine con sfumature quasi aggressive. Il councelor si muove su piani diversi e certo ci insegnano anche ad individuare determinate patologie ma solo ed esclusivamente nell ottica di riconoscerle ed inviare il cliente a colleghi specializzati. Nel resto d europa ed ancora di più negli stati uniti la figura del councelor lavora in collaborazione con psicologi e psichiatri con grande rispetto per il ruolo di ognuno. Purtroppo in Italia siamo così sempre con la paura che qualcuno ci possa portare via qualcosa. Un po’ più di umiltà e apertura mentale aiuterebbe sicuramente.
In Italia la legge dice che per fare gli psicologi c’è un percorso universitario e un esame di stato. Io non ho paura di questo, non so se i counCelor ce l’hanno….
Questo è un pregiudizio. Sono state fatte indagini su questa possibilità (a parte i servizietti televisivi costruiti ad arte)? Sono state fatte indagini sugli psicologi per valutare il rispetto della deontologia e dimostrarne la superiorità? Se fosse solo questo il (presunto) problema dei counselor perché non intervenire nella strutturazione di un chiaro, definito ambito di azione e di parametri etico-deontologici? Sono psicologo e counselor, e conosco entrambi i mondi
E’ un po’ come dire che siccome c’è gente con la patente che guida male, allora tanto vale guidare senza patente.
Che si può pure fare, ma prima allora decidiamo, attraverso tutti i percorsi legislativi necessari, che possiamo guidare tutti senza patente.
E comunque io a mettere la gente in strada senza patente, senza un percorso uniformato, di cui uno Stato si prende responsabilità, perché di impatto sulla comunità, non sono d’accordo.
Questo è un pregiudizio. E se fosse questo il problema perché non indagare in modo serio e scientifico e intervenire sulla normativa e i confini deontologici ed etici che questo mondo ha o dovrebbe avere? Sarebbe sensato, anziché fare solo campagne di fango con servizietti televisivi costruiti ad arte. Per non parlare della nostra categoria e del nostro monitoraggio interno, pessimo. E andiamo a fare le morali agli altri.
Paura di cosa? Di confronto con se stessi. Ma non siamo psicologi?
CI SONO GLI PSICOLOGI ESULTANO PER AVER FERMATO I COUNSELOR AL MINISTERO DELLA SALUTE!
CI SONO PSICOLOGI CHE PIANGONO PERCHE’ DOVRANNO CHIUDERE LE LORO SCUOLE DI COUNSELLING ??? 🙂 🙂 🙂
ALESSANDRO PRIOSCIANDARO
Ottima cosa! A quando anche una seria riflessione sull’analogo e ben piú esteso fenomeno dei coach non psicologi in tutte le varianti tipo (life)coach, (mind)coach, ecc ecc? Occhio perché molti Counselor e relative scuole diventeranno Coaching qualche cosa, cosa glielo impedisce?
Ma quale vittoria? È un’altro passo indietro dell’Italia. In America il counselor è una figura presente nelle scuole persino. Il counselor non si sovrappone allo psicologo, ha degli ambiti e dei limiti ben definiti e delineati entro i quali agire, molto diversi da quelli degli psicoterapeuti senza parlare degli psichiatri. E questo si poteva definire a livello legale se il ministero non avesse chiuso. Quindi non è una vittoria ma una disfatta perché una professione non regolamentata non può essere controllata
Un altro articolo procaccia voti. Sempre sul pezzo. Siete in campagna elettorale da tanto ormai, e fortunatamente siete anche competenti, meno male. Ma l’aggressività e la modalità “contro” con la quale avete condotto questa e tante altre battaglie purtroppo non sono nello stile mio come di tanti altri colleghi, come anche, a mio parere, poco consono al nostro ruolo ma molto in linea con lo stile aggressivo che va di moda oggi. Spero che possiate accorgervi di questa energia e possiate usarla in modi più collaborativi e meno divisivi. Stiamo lavorando per la NOSTRA professione, non facciamo a gara a chi ce l’ha più lungo.
Esatto quanto dice Edo. Resta da capire se hanno bloccato tutte le professioni non regolamentate come coach filosofi e simili oppure se questo riguarda solo i counselor .Se riguarda solo questi ultimi non possiamo cantar vittoria ancora….
Scusate la domanda ma sono curiosa. Cosa succederà ora a tutti gli studenti che stanno frequentando le scuole di counseling e a tutti i soggetti già impegnati lavorativamente?
Vorrei rispondere a Fuffa.
Bene: in Italia c’è una legge che si occupa degli psicologi, ma non degli ingegneri, degli idraulici, dei papponi e dei ventriloqui.
Hanno diritto questi professionisti di vivere, lavorare e prosperare? Forse i papponi no, ma per il resto…
Ada Moscarella però ci spiega che “tutto il resto” (ingegneri, idraulici, papponi e ventriloqui, ma anche certamente tante onorevoli professioni, nonché mestieri, impieghi, identità, scusate se uso questo termine, ma è del 1385) “è fuffa”.
Voce dialettale settentrionale (1992) è per i milanesi “merce scadente, ciarpame” e, per i soli italiani settentrionali, “inganno, imbroglio”; mi preoccupo perciò di tradurre il termine per i centro-meridionali, essendo io un convinto sostenitore dell’unità d’Italia. Lasciamo perdere il milanese, perché non è bello sentirsi dare della merce scadente e del ciarpame, con in sovrappiù una cosificazione (visto? non ho usato “reificazione”: altripsicologi, state tranquilli) che aumenta l’offesa; “Inganno, imbroglio” è offensivo per qualunque ventriloquo. Non parliamo poi di chi esercita professioni, mestieri, impieghi o disoccupazione, o professa religioni, o ritiene comunque di avere una certa identità (1385, posso usarla).
Non vale, del resto, rifarsi all’accezione milanese figurata di “discorso vuoto, inutile”, un po’ meno offensiva. Non sono milanese, né psicologo, né Altropsicologo Altromilanese. Fuffa, per me che sono semplicemente settentrionale (1282; un’identità, sia pure geografica) e faccio perciò parte dell’Altro mondo, rispetto a Milano e agli Altripsicologi, pur senza essere uno spirito (non mi risulta che questo sia un termine psicologico); fuffa, dicevo, è comunque “inganno, imbroglio”.
Dott. Altraps. Moscarella, voleva offendere?
Se voleva offendere, pensi alla salute, intesa in senso Oms; se non ha capito che stava offendendo, pensi alla sua professione; se ha sbagliato a esprimersi, idem, perché uno Psicologo, ma credo anche un Altropsicologo, lavora in gran parte con le parole. Se non le sa usare, è uno Psicologo o Altropsicologo incompetente (non più tardi del 1535). Veda lei…
Personalmente ho paura degli incompetenti, anche perché l’autovalutazione è fondamentale per “fare” una prestazione sanitaria a “persone in situazione di fragilità”. Chi non sa valutare la propria competenza rischia di fare disastri…
A proposito: molti counCelor non hanno la laurea, ma i puntini di sospensione, per la grammatica, l’ortografia e le consuetudini tipografiche, non sono 4, ma 3 (tre) (…) (.1.2.3) (1.2.3.).
A quanto pare la laurea non garantisce neanche l’ortografia, che è materia di scuola primaria.
Beninteso: non sono contro la laurea. Tra i laureati ci sono anche quelli istruiti, colti, competenti, perfino intelligenti o addirittura geniali. Molti di loro infatti fuggono da questo Paese e dai suoi troppo rigorosamente delimitati orticelli.
A proposito: quelli che difendono accanitamente l’orto, o perfino il muro dell’orto, sono tipicamente i “villani” (sec. XII).
Ma questo ha a che fare con l’educazione… (3) (tre).
Ps: è vero, Edo. Ci sono molti coach non psicologi, come tanti insegnanti e bidelli che hanno la laurea sbagliata o addirittura non l’hanno. Ma sono troppi, dobbiamo rassegnarci… (3)
Veramente ho solo detto che in Italia per fare lo psicologo c’è un percorso riconosciuto.
E che finché i counselor non trovano una loro definizione che non invade il campo di competenze degli psicologi, c’è poco da fare, non possono fare quello che fanno.
Trovassero una definizione che spiega come non fanno gli psicologi e saremo tutti felici, me per prima.
Ma fino ad allora, c’è poco da fare.
A tutto il resto evito di rispondere.
Saluti.
Sapessi quanti psicologi conosco che non fanno gli psicologi. Per non parlare del fatto che in molti non hanno nemmeno mai fatto un’ora di psicoterapia su loro stessi, nemmeno alla specializzazione! Fatevene una ragione, lavoreranno sempre e comunque quelli bravi, gli altri faranno la polvere anche eliminata la potenziale concorrenza dei counselor!!
The game is over (alla faccia della spocchia)
Aver fatto saltare un tavolo di confronto utile come la Consensus Conference, e aver scelto che l’unica modalità possibile è lo scontro porta inevitabilmente a ragionare in termini quasi calcistici – ed è un peccato. Ma tant’è: non sono stati i counselor a far saltare il tavolo e chhiudere le porte.
E quindi calcisticamente, se ieri qui c’era chi ha gridato che la partita era finita (game over), oggi c’è un giudice (anzi un collegio di 5) che ci dice che non è proprio così…
https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=EPBM7PNANHU7SOCNESC65FE36Y&q=assocounseling
“… finché i counselor non trovano una loro definizione che non invade il campo di competenze degli psicologi, c’è poco da fare, non possono fare quello che fanno”.
Questa, ovviamente, è un’opinione. Ma, essendo un’opinione, sarebbe esposta più urbanamente dicendo “non potrebbero fare”, o “sarebbe bene, sarebbe meglio se…”
E poi magari: “a mio parere, secondo me, scusate…”
Perché “C’è poco da fare, non possono”, non sembra un’opinione, ma piuttosto l’affermazione violenta di un potere che a mio parere è inesistente. Del resto l’ossimoro che l’autrice ha scelto per esprimere il pensiero rivela l’inconsistenza del pensiero stesso: “non possono fare quello che fanno”. Appunto. Se lo fanno, in che senso non possono? I condizionali e i congiuntivi non servono solo all’educazione, ma anche all’espressione di un pensiero meno grezzo. Sul piano estetico però quel far…far…far… è molto carino: ricorda tanto il balbettio onomatopeico dei barbari.
“Trovassero una definizione che spiega come non fanno gli psicologi e saremo tutti felici, me per prima”.
Questa, a parte la grammatica (università, dove sei finita?), è un’osservazione interessante da un punto di vista scientifico.
Lasciando da parte il Montale di “Non chiederci la parola che squadri da ogni lato”, da “Ossi di Seppia”, è veramente arduo definire in modo coerente, logico e scientifico “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. Bisognerebbe almeno che gli Psicologi, o gli AltriPsicologi, ci aiutassero con una definizione che spiegasse (e scusate i congiuntivi):
– in che modo loro facciano gli Psicologi o gli AltriPsicologi;
– su quali loro pratiche ritengano, in quanto Psicologi o AltriPsicologi, di avere in qualche modo e per qualche motivo l’esclusiva rispetto al resto dell’umanità;
– per quale motivo ritengano di aver diritto all’esclusiva (a parte “noi siamo gli psicologi”, “perché sì” e “chi lo dice lo è”, che non valgono);
– quali modalità operative, applicate da loro per una sapienza non condivisibile con i comuni mortali, contraddistinguano le materie di competenza esclusiva.
Perché, sapete? Io non le so, queste cose.
Immaginiamo, Leopardi mi perdoni, un “dialogo di un venditore di terapie e di un passeggere”, in cui il passeggere illustrerebbe il mio pensiero, mentre il venditore sarebbe uno psicoterapeuta.
Mi piace prenderla sul ridere, è chiaro, ma tengo a precisare che “venditore di terapie” è detto solo per assomigliare al famoso “venditore di almanacchi” dell’operetta morale. Non penso assolutamente che gli psicologi o psicoterapeuti in generale siano venditori di alcunché, ci mancherebbe. Leggete pure “psicoterapeuta”, se la cosa vi disturba. Anzi, nel dialogo la parola “venditore” sparirà, in modo che si capisca la mia vera intenzione.
Non mi piacerebbe, infatti, scrivere una “operetta immorale”.
PSIC – «Lei, signor Passeggere, per caso esercita una qualche terapia?»
PASS – «No certamente, signore. In verità non ne conosco alcuna»
PSIC – «Ne è proprio certo? Non sarà che la pratica senza saperlo?»
PASS – «Ma come potrei, signore mio, porre in atto una pratica che non ho appreso? Ciò potrebbe invero accadere solo se tale pratica l’avessi sviluppata naturalmente, come il respiro o la deambulazione, che certo fanno bene alla salute… ma sono, queste pratiche, terapia?»
PSIC – «Ma lei è certo, assolutamente certo, di non usare giammai, per alcun motivo e in alcuna occasione, della parola e di altre sue facoltà per fini terapeutici?»
PASS – «Ricordo una divertente scena di un giovane attore, giunto alla celebrità ma purtroppo non alla vecchiezza, se lo ricorda? Massimo Troisi…»
PSIC – «Ne ho memoria. Ebbene?»
PASS – «Parlava con un oggetto e lo esortava, con parole e con gesti e con ammiccamenti, perché mutasse luogo, si spostasse insomma, ma senza essere in alcun modo toccato».
PSIC – «Ebbene? Orsù signor viaggiatore, non mi tenga così sui carboni, ché io ho da occuparmi delle mie terapie come lei del suo viaggio»
PASS – «Ebbene: l’oggetto, mi pare che fosse un vaso, non si spostava. Lei sa perché?»
PSIC – «Forse che non volesse? Orsù, basta di celiare. Non così si potrà movere un oggetto.»
PASS – «Le chiedo venia, ma la sua risposta non dice abbastanza: gli è che il giovane non conosceva l’arte della telecinesi, giammai avendogliela alcuno insegnata, e poco importa se la detta arte esista davvero o sia mera fantasticheria. Non sapendolo fare, non potrebbe farlo.»
PSIC – «Dunque? La invito a concludere…»
PASS – «Crede lei, signore, che io, ignaro non diversamente da quel giovane di terapie come di telecinesi, possa muovere un qualche oggetto nella psiche di un paziente?»
PSIC – «Dove vorrebbe arrivare, signor passeggere?»
PASS – «E mi sovvien l’eterno, e la vispa Teresa, e Carneade? Ohibò (fischietta)…»
Chiedo venia, a mia volta, per il patetico tentativo di invecchiare il mio linguaggio. In fondo stiamo scherzando, no?
Per concludere, vorrei fare un altro esempio. Poniamo che io, che appartengo alla vastissima comunità dei non medici e soprattutto non chirurghi, dichiarassi che mai e poi mai eseguirei un’operazione alla cistifellea, di cui so che esiste ma non di preciso dove si trovi e come funzioni.
Un chirurgo potrebbe dirmi: guarda che se hai un bisturi in mano e stai tagliando in quel preciso punto stai facendo un’operazione alla cistifellea! In quel caso il medico avrebbe ragione.
Grazie per aver evitato di rispondere a tutto il resto.
Cordialità
Una argomentazione fortissima e incontestabile la tua, caro Alighiero. Mi azzittisco, accolgo il tuo punto e anzi rilancio: lasciamo che tutti facciano il mestiere che preferiscono, seguendo le esperienze e gli studi che ritengono più opportuni per operare con coscienza sulla pelle degli altri. D’altro canto, se una laurea in Psicologia e un tirocinio non assicurano la qualità dell intervento psicologico…cavolo! Sicuramente la laurea in qualsiasi cosa o un corsetto di Coaching o Counseling garantiranno ancora di più il cliente/paziente/coachee (come li chiami li chiami tanto é lo stesso no?!). Perché no?! Psicologi, bidelli o insegnanti perché non potrebbero fare i medici?!…Divento Chirurgo dai! Adesso mi piazzo su Google, prima divento Medico googlando un po’, poi mi specializzo presso l’Università della Strada in Neurochirurgia. Grazie Alighié! Con sto Career Counseling mi hai svoltato l’esistenza! Quanto ti devo?
Credo che l’ottimo Alighiero abbia fornito un argomento piuttosto forte, soprattutto sul piano epistemologico. Visto che non è di facile lettura, semplificherò con una riflessione: perché il problema dell’abusivismo riguarda solo l’albo degli psicologi e non, che so, quello degli ingegneri edili? La risposta è semplice: perché se domani metto la firma su un progetto di un ponte e il ponte crolla, rischierei una catastrofe economica e giuridica; se domani tratto una persona che fatica a dormire perché è preoccupata per la sua condizione lavorativa, al massimo rischio che quella persona non venga più da me. Alla fine, gli psicologi che vogliono l’ordine, sono gli incapaci che temono la concorrenza in mercato già saturo. Io faccio la cosiddetta “counsellor” e ho sempre lo studio pieno. Sarò così diabolica da plagiare tutta la mia clientela? Addirittura vengo coinvolta per consulenze e supervisioni in interventi gestiti da psicologi e psicoterapeuti. Saranno tutte pecore nere dell’albo?
Un suggerimento: liberatevi dell’albo. Così sopravvivranno solo i più capaci. L’utenza non è fatta di stupidi e i più bravi si riconoscono. Gli altri, si troveranno un altro lavoro (come meritano).
Una considerazione: secondo voi in che modo professioni riconosciute in altre parti del mondo e svincolate dalle funzioni dello psicologo possono essere considerate illegali in Italia?
Nella vicina Svizzera, le professioni del Counselor e del Coach sono persino protette da un diploma di Stato e non è necessario essere psicologi per esercitarle.
Ciò che serve non è una caccia alle streghe, ma una regolamentazione seria, evidentemente non ancora presente in Italia.
È piuttosto evidente che qualsiasi sia la situazione attuale, la cosa non finisce qui.
Perché non c’è la possibilità di rispondere ad Alighiero?
Volevo dirgli questo 👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏
Che tristezza! ..e lo hanno fatto gli psicologi, coloro che dovrebbero tutelare le conoscenza sulla psiche, quindi della rabbia, della paura, della gestione delle emozioni. Hanno perso gli psicologi e ha perso la societa’ che sempre piu’veloce corre verso un declino ormai inarrestabile in igni ambito.
Quello che ho letto sopra a cura di altrapsicologia in merito alla figura del counselor professionista (che opera in ambiti assolutamente fuori da quelli specifici per la capacità degli psicologi, a meno che essi non abbiano seguito un percorso pluriennale di counseling) mi lascia molto amareggiato. Ignoranza e mancanza di cultura sono dilaganti in questi tempi e questa ne è una dimostrazione.
Gianalberto Righetti
Counselor professionista gestaltico specializzato in attività espressive per integrazione sociale.
Tralasciando il fatto che la professione del counselor è, ad oggi, una professione riconosciuta in buona parte dei paesi esteri che ci circondano e che questo, per l’ennesima volta, dimostra quanto l’Italia si distingua per chiusure piuttosto che aperture e disponibilità al cambiamento; a nessuno è venuto in mente che forse la strada per evitare le ambiguità e gli abusi di cui parlate è proprio il riconoscimento e la normazione della professione?
Leggo questo post e capisco che il merito è dell’Ordine del Lazio, leggo il post dell’Ordine della Campania e capisco che il merito è del Cnop .Ambedue pubblicano la risposta del Ministero. L’ordine della Campania pubblica uno stralcio in cui il Ministero si è attivato a seguito di delibera del Cnop. Altrapsicologia (alla quale sono iscritto) pubblica uno stralcio in cui si è attivato l’Ordine del Lazio.Il merito è di entrambi, ma ognuno vuole farlo apparire unico, o le cose stanno diversamente?
15. – In considerazione delle suesposte osservazioni, ritenute infondate le eccezioni preliminari, l’appello va, dunque, accolto con conseguente riforma della sentenza impugnata e reiezione del ricorso di primo grado.
Sussistono, nondimeno, giusti motivi legati alla peculiarità della vicenda sottesa al presente contenzioso per disporre, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., per come espressamente richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a, l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello (n. R.g. 1273/2016), come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la impugnata sentenza di primo grado (del Tribunale amministrativo per il Lazio, Sez. III-ter, 17 novembre 2015 n. 13020) e respinge il ricorso (R.g. n. 14877/2014) in quella sede proposto.
CARA REDAZIONE DI ALTRAPSICOLOGIA, VI BASTA QUESTO (sentenza positiva per Assocounseling contro ass Psicologi del Lazio, datata oggi 22/01/2019) PER PLACARE IL VOSTRO INOPPORTUNO E OFFENSIVO ENTUSIASMO (“game over???”) CHE HA ESPRESSO SOLO IGNORANZA DI QUELLO CHE REALMENTE E’ ?
Meno male che esistono tantissimi psicologi preparati, con cui collaboro, che utilizzano largamente tecniche di counseling e di relazione d’aiuto per il benessere della persona, e ringraziano per primi l’esistenza e la collaborazione con noi counselor professionisti.
Buon lavoro, voi da psicologi. Noi da counselor.
Gianalberto Righetti
Buona guida senza patente.
Leggo alcuni commenti ricchi di pregiudizi e di paure. Immagino siano psicologi… bene, ma non benissimo-
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