La bimba che aveva due mamme
Per le persone omosessuali essere rispettate non è scontato. Non lo è mai.
Come non lo è avere lo stesso trattamento, la stessa considerazione, lo stesso sguardo, o – ancora meglio – la stessa indifferenza.
Sono sicura che Maria, una tra le tante colleghe psicoterapeute, donna riservata e poco affine al clamore e alle riviste patinate, apprezzerebbe molto “la stessa indifferenza”. Ma non può. O forse dovrei dire non poteva.
Maria sarà la mamma adottiva di una bambina di 7 anni che ha messo al mondo sua moglie Ornella. Maria, infatti, è lesbica e vive questa relazione da diversi anni e all’interno di questa relazione, già convivendo da tempo, è maturata la decisione di diventare genitrici.
Finalmente, dopo un lungo iter giuridico (o giurisprudenziale?) difficile e doloroso (per i commenti e discorsi penosi che le hanno rivolto gli avvocati della controparte), dopo ben tre gradi di giudizio, Maria oggi può festeggiare perché è (quasi) ufficialmente mamma della sua bambina. Oggi può – unico e primo caso in Italia al momento – adottarla. E’ il primo caso italiano di reale step-child adoption.
Maria è una cara amica, ci conosciamo da quasi 18 anni.
Prima della bimba, prima di Ornella, prima di tutta questa sofferenza e fatica nel credere fermamente che era giusto per la bambina – in primis – che lei potesse prendersene cura anche per la legge.
Maria è una professionista affermata, è una psicologa e psicoterapeuta ed è un’iscritta Enpap. Ed è calabrese come me: “capatosta”.
Sono stata io – subito dopo aver brindato alla splendida notizia della sentenza della Cassazione – ad informarla della opportunità del contributo alla genitorialità che come AltraPsicologia abbiamo promosso e realizzato in ENPAP e a suggerirle di fare domanda in qualità di psicologa iscritta alla nostra cassa previdenziale.
Con delibera n. 10/14 del 31/05/2014 il Consiglio di Indirizzo Enpap ha chiesto al CDA di integrare le forme di assistenza inserendo un contributo alla genitorialità, indipendentemente dal genere del/la partner.
E’ una proposta – una piccola postilla – che io stessa ho voluto fosse inserita nella richiesta più ampia relativa alla genitorialità di cui si stava discutendo.
Il CDA, dopo adeguata istruttoria per verificare che non ci fossero vincoli normativi ostativi a questa estensione ha deliberato (n. 41/14 del 18 luglio 2014) una proposta, poi approvata dal CIG a settembre – rendendo operativo e finalmente realizzabile – il contributo di genitorialità anche per le donne lesbiche la cui compagna ha partorito/adottato e per i papà (prima esclusi dal contributo alla genitorialità che copriva solo la maternità delle iscritte gestanti).
Il contributo economico non cambia la vita, ma qualche soldo in più fa comodo sempre. E’ il significato – al di là del denaro – che ancora di più rende speciale questa possibilità.
La possibilità, prima ancora che per la legge italiana (il decreto Cirinnà è stato approvato definitivamente solo l’11 maggio 2016; il CDA Enpap ha deliberato il contributo di genitorialità due anni prima) di essere considerata uguale alle altre colleghe eterosessuali, di essere vista, di essere riconosciuta al pari delle altre, di essere considerata madre/genitrice al pari di chi questa bimba l’ha portata in grembo e in questo mondo.
La possibilità – per una volta – che la sua richiesta di un servizio, che la maggior parte delle donne che fanno il suo stesso lavoro ha, sia considerata identica (a pari condizioni) alle altre e trattata con la stessa “indifferenza”.
Ps. So bene che chi lavora negli uffici Enpap non tratta le persone con indifferenza, anzi l’esatto contrario. Il riferimento – sottile e non chiaro ai più – è ad un video bellissimo di Ilga Europe per “Il diritto all’indifferenza” delle persone omosessuali.