Nel calcare della Majella
A volte chi svolge un’attività istituzionale, in maniera più che lungimirante e quasi visionaria, va ben oltre il suo mandato. Talora è un bene, talatra, mah, forse è anche un esperimento sociale.
Nel dubbio sulla circostanza in cui si trovi, uno dei documenti più affetti da una straordinaria, irreparabile grandezza è questa volta una proposta targata dalla maggioranza dell’Ordine Psicologi dell’Abruzzo, che, incurante dei limiti del proprio mandato amministrativo forgia nel calcare della Maiella un regolamento interno che, lo assicuro, merita qualche minuto anche per chi vive lontano dall’Abruzzo e magari si disinteressa di queste cose. Lo assicuro. Fossi consigliere laggiù a me verrebbe voglia, per fare uno scherzo, di trasgredire sistematicamente, come novelli Pierino, ogni norma in esso contenuta per verificarne una ad una l’illegittimità e quindi inapplicabilità.
Tanto ha fatto che mi possiede la brama di sapere come si chiama cotanto presidente, tale Di Iullio, certo che con un simile precedente sia un nome da ricordare. Lo aspetta un futuro politico di ben altro respiro, avendo egli modificato almeno tre corpi normativi sovraordinati. Ha infatti, con un sol colpo recato colpi mortali non solo al nostro Codice Deontologico, ma anche al Codice Civile e perfino a un paio di norme della nostra carta fondamentale, il che gli regala il piglio addirittura di un Costituente.
Non era facile avendo a disposizione solo un regolamento interno di funzionamento di un Ordine neppure tra i più grandi.
La legge 56? Un ricordo antico, tanto che il Presidente, giustamente, riunirebbe il Consiglio una volta ogni sei mesi. Ma come fa, visto che chi chiede l’iscrizione ha diritto all’approvazione del Consiglio entro sessanta giorni?
Ma se ancora non vi entusiasmate, sappiatelo, c’è di molto di più. Per esempio tutti sanno che il Consigliere di un ente pubblico svolge un compito elettivo, senza vincoli di subordinazione, un compito di rappresentanza attribuito dalla comunità dei colleghi sulla base di una legge dello Stato. Ebbene, pare che al Di Iullio sarebbe gradito che il Consigliere tenesse segreto il suo ruolo di rappresentante istituzionale a meno di (sua) autorizzazione:
“In ogni caso l’uso del titolo di Consigliere nelle manifestazioni pubbliche e private e la partecipazione in organizzazioni va preventivamente comunicata al Consiglio e autorizzata dal Presidente”.
Come dire, se vado ad una manifestazione “pubblica o privata”, un congresso quindi, ma anche una festa o una pizzata, tipiche “manifestazioni private” non posso mica dirlo di essere Consigliere, neppure per fare il piacione…
Sarebbe interessante esaminare il da farsi in caso di domanda diretta. Ma come sono andate poi le elezioni, sei diventato consigliere? Ahia. Schernirsi? Mentire? Chiamare il Di Iullio in urgenza con il rischio che la quattro stagioni si freddi…? Mah.
Spogliato il Consigliere della propria identità pubblica non siamo però paghi. Ed ecco quindi il colpo gobbo che viene quando con l’articolo 13 il Presidente infilza in un sol colpo di penna il Codice Deontologico e la Costituzione:
“Il Consigliere si astiene da atti, comunicazioni o comportamenti lesivi nei confronti dell’immagine del Consiglio e degli altri Consiglieri”.
Ora, potrebbe sembrare un pezzo pleonastico, poiché “parlare male” di qualcuno è un tema da Codice Deontologico ma anche da Codice Penale, che prevede i reati di opinione (calunnia, diffamazione, ingiuria).
Parlare male di qualcuno, ovvero diffamarlo tuttavia va prontamente e urgentemente distinto dalla critica politica, funzione propria e specifica di ciascuna minoranza, talora infatti chiamata “opposizione”, e non per antipatia. La minoranza esercita una funzione sacrosanta in democrazia, tanto che l’istituto dell’immunità, ce lo conferma Wikipedia se servisse, per chi svolge un incarico politico, è riferito proprio e anzitutto ai reati di opinione.
Come dire, perché ci sia democrazia ci deve essere minoranza, ci deve essere opposizione e libertà di parola. La diffamazione è pessima, la critica politica deve invece essere tutelata. Tanto che ai politici si garantisce un “quid pluris” di libertà espressiva in quanto rappresentano una comunità proprio perchè deve potersi permettere di alzare una voce anche forte, anche critica. Non vogliamo pensare che il Dott. Di Iullo abbia voluto, al contrario, semplificarsi la vita, mettendo un bavaglio alle voci discordanti, alle critiche e con esse al dibattito democratico; non lo crediamo.
Forse piuttosto si è trovato vittima di una non comune vision e forse anche di sapere immaginare delle modifiche alle norme che recano noia o disturbo alle attività della maggioranza del suo Consiglio. Incluso incidentalmente il fatto che “ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo” che è però l’articolo 19 della Costituzione.
Nel dubbio poi sulla sanzione da applicarsi all’eventuale consigliere che esprimesse la propria libera, critica e magari incidentalmente fastidiosa opinione, ecco la soluzione proposta dall’Ordine dell’Abruzzo:
“L’inosservanza di tale condotta e la violazione dei principi sopra richiamati durante il mandato di Consigliere costituiscono illecito deontologico. La violazione in generale del Codice Deontologico da parte del Consigliere dell’Ordine costituisce aggravante nel giudizio disciplinare”.
Ora, “forse non tutti sanno che” era il titolo di una rubrica della Settimana Enigmistica. Mi domando se chi ha scritto la bozza di regolamento sappia che la legge 56 all’articolo 28 prevede che il Consiglio Nazionale sia l’unico ente che “predispone ed aggiorna il codice deontologico (…) e lo sottopone all’approvazione per referendum agli stessi”. Significa che solo il Consiglio Nazionale può proporre di aggiungere o modificare norme al Codice Deontologico ma che è talmente “pesante” inserire una regola che diventa vincolante per un’intera comunità professionale che occorre in ogni caso passare da un referendum. Tra parentesi pensare che una qualunque azione sia giudicata più grave se commessa da un Consigliere rispetto a qualunque altro collega costituirebbe una discriminazione, altra violazione della Costituzione… modificare tutto questo, per ora e forse per fortuna non può essere fatto da una persona sola e neppure dalla maggioranza di Consiglio dell’Ordine dell’Abruzzo. Prima o poi lo conosceremo, il Dottore Di Iullio, io ne son certo.