Qui si piange la democrazia

Nella seduta di consiglio del 20 luglio 2015 sono definitivamente venuti a mancare i principi fondamentali della democrazia e della libertà di espressione.

La maggioranza del Consiglio dell’Ordine degli Psicologi della Regione Abruzzo ha approvato un Regolamento interno che, nell’articolo 13, afferma:

Nell’esercizio della propria attività professionale e nelle circostanze in cui rappresenta pubblicamente la professione a qualsiasi titolo, il Consigliere è tenuto ad uniformare la propria condotta ai principi del decoro e della dignità professionale. 

Il Consigliere in carica, cui venga richiesto e che voglia svolgere attività ordinistica in qualità di membro del Consiglio in luoghi/sedi extraistituzionali, è tenuto a chiedere preventivamente autorizzazione al Consiglio dell’Ordine e/o al Presidente del Consiglio dell’Ordine, che ha la facoltà istituzionale di valutare/verificare se la richiesta sia consona, dal punto di vista deontologico e/o operativo, alle prerogative e finalità politico-istituzionali dell’Ordine stesso. In assenza dell’autorizzazione suddetta, l’attività extraistituzionale del Consigliere si intende svolta a titolo esclusivamente personale e professionale. Tale limitazione è estesa anche all’utilizzo della carica di Consigliere come semplice menzione formale di presenza e rappresentanza in luoghi/sedi extraistituzionali.

Il mandato istituzionale di Consigliere è tale in quanto persegue l’interesse dell’intera categoria degli Psicologi, pertanto è escluso qualsiasi atto in violazione del principio di lealtà e colleganza all’Ordine per l’intera durata del mandato.

In ogni caso l’uso del titolo di Consigliere nelle manifestazioni pubbliche e private e la partecipazione in organizzazioni va preventivamente comunicata al Consiglio e autorizzata dal Presidente anche ai fini del successivo art.15 del presente Regolamento.  

La rappresentanza organica e funzionale ad organizzazioni di psicologi, società o associazioni, non deve comportare conflitti di interesse o concorrenza  con l’Ordine e l’operato del Consigliere deve essere coerente con il mandato ordinistico come interesse superiore del Consigliere a favore della Comunità degli Iscritti. 

Il Consigliere in conflitto di interessi è tenuto a congelare le posizioni in contrasto con il mandato ordinistico. Ogni qualvolta che a fronte della responsabilità di Consigliere si interpongano interessi personali o professionali in conflitto o di pregiudizio con l’imparzialità richiesta dal ruolo rivestito, il Consigliere si astiene da compiere atti e sottopone il caso alla valutazione del Consiglio e del Presidente; perché sussista la condizione di conflitto non è necessario che la possibilità dia effettivamente luogo all’interferenza tra i ruoli.

Il Consigliere è tenuto a fornire informazioni corrette su temi professionali, là dove ne viene investito in qualsiasi contesto e con qualsiasi mezzo, nel merito si astiene e interpella il Presidente ovvero lo investe della problematica per rappresentarla al primo Consiglio utile.  Il Consigliere si astiene da atti, comunicazioni o comportamenti lesivi nei confronti dell’immagine del Consiglio e degli altri Consiglieri.

L’inosservanza di tale condotta e la violazione dei principi sopra richiamati durante il mandato di Consigliere costituiscono illecito deontologico.

La violazione in generale del Codice Deontologico da parte del Consigliere dell’Ordine costituisce aggravante nel giudizio disciplinare.

 

A nostro avviso, tale articolo presenta importanti e gravi criticità per quanto riguarda la tutela del principio democratico e per questo abbiamo espresso voto contrario. Vi riportiamo la nostra dichiarazione di voto con le nostre motivazioni.

 

Premettendo che:

-il Regolamento serve a disciplinare il funzionamento interno ovvero l’organizzazione del Consiglio, allo scopo di consentire ai Consiglieri di svolgere la loro funzione politico- amministrativa in maniera efficiente, democratica e chiara, e deve essere ispirato alla logica civilistica ed alle norme amministrativistiche di rango superiore;

-per comminare              sanzioni              occorrono           Leggi,   che         sono      norme  di            rango   primario, gerarchicamente sovraordinate rispetto ad un regolamento interno;

-il Codice Deontologico disciplina le norme etiche relative all’esercizio della professione, non di una funzione politico-amministrativa degli esercenti tale professione;

 

Riteniamo che:

 

la proposta regolamentatoria in discussione presenti importanti e gravi criticità sotto il profilo di legittimità, coerenza normativa, tutela del principio democratico e funzionalità operativa.

In modo particolare l’art.13 è funzionalmente grottesco, e presenta palesi profili di anticostituzionalità.

a) Il consigliere è una carica elettiva, cioè politica. L’eletto nell’esercizio del suo mandato deve essere fedele al proprio elettorato (ovvero la comunità dei colleghi), e non al presidente dell’Ordine. Non è dovuta alcuna “leale colleganza” politica agli altri consiglieri dell’Ordine, perché non si è “colleghi” nell’esercizio del mandato elettivo istituzionale, ma rappresentanti coeletti dalla comunità professionale. Tantomeno, non può a priori esserci una “concorrenza” con l’Ordine ad parte di associazioni politico-professionali, perché l’Ordine non è un’azienda (e il principio di concorrenza è civilisticamente connotato e inquadrato nell’ambito del Diritto Commerciale e Societario, non certo in relazione all’azione istituzionale di ordini professionali).

Sarebbe come dire che un partito politico con la sua libera e democratica attività politica fa concorrenza al Comune in cui siedono suoi consiglieri di minoranza: un

costrutto giuridico e politologico surreale.

L’eletto deve essere fedele alla comunità professionale tutta, non certo al presidente del consiglio dell’Ordine o alla posizione politica dei consiglieri di maggioranza.

b) Il titolo di Consigliere in quanto tale è un titolo formale, che afferisce al soggetto che la riveste in qualità del mandato ricevuto secondo le previsioni di una Legge dello Stato, con il mandato del Ministero vigilante e secondo procedura elettiva; la sua qualifica non è certo nella disponibilità autorizzatoria e discrezionale dell’organo rappresentativo di cui si fa parte, che ha competenza di delega solo in relazione al parlare “in nome e per conto” del Consiglio, ma non certo in relazione alla mera ostensione pubblica del titolo.

La discrezionalità assoluta che viene fatta assumere al Presidente ed alla maggioranza politica del Consiglio in ordine al valutare soggettivamente “la coerenza” delle attività/opinioni politiche espresse dalla minoranza, è chiaramente tesa a impedire la libera espressione del mandato politico ricevuto dai colleghi ed è contraria a principi della Costituzione della Repubblica quali il diritto

all’espressione libera del proprio pensiero, alla cronaca, alla critica politica, alla libertà di informazione e di associazione;

c) a definizione di eventuali incompatibilità con cariche politiche – anch’essa prevista dalla Costituzione – spetta a una Legge dello Stato , né rientra nelle competenze di un Ordine Professionale come definite dalla L.56/89. Pertanto, il fatto che il Consigliere venga de facto vincolato dal Presidente/maggioranza ad astenersi da sue proprie personali afferenze associative extraconsigliari è gravemente limitativo e potenzialmente coercitivo della libertà personale dei Consiglieri.

La pretesa di normare l’utilizzo di un titolo elettivo è risibile: sarebbe come se un senatore dovesse tutte le volte chiedere autorizzazione al presidente del Senato per inserirlo nella propria carta intestata o per associarlo al partito politico che rappresenta. La disciplina delle incompatibilità riguarda solo la funzione disciplinare del consigliere, che in ogni altro ambito non è neutra per definizione, essendo una funzione di controllo.

d) L’estensione meccanica del Codice Deontologico a una carica amministrativa è frutto di una grave distorsione del significato del Codice Deontologico, della sua funzione, della fonte da cui esso trae la propria legittimità e delle sue condizioni di validità. Secondo la Legge, il Codice Deontologico viene approvato con referendum da tutta la comunità professionale; e la sua modifica o integrazione è compito del CNOP, Non possono certo pochi consiglieri di un Ordine Regionale estenderne l’ambito di competenza e riformarlo, addirittura con la pretesa di graduarne le sanzioni. Peraltro con grave incomprensione della norma, come si evidenzia dalla pretesa di applicare il principio di lealtà e colleganza a un Ordine: non si è colleghi di un Ordine. Semmai, ai colleghi che vorrebbero approvare questo Regolamento richiamiamo il dettato dell’art.3 CD, che impone allo psicologo di prestare “particolare attenzione ai fattori politici”.

e) Sotto il profilo giuridico, richiamiamo che un Regolamento è norma di rango secondario rispetto alle Leggi dello Stato, approvate dal Parlamento e non certo da un esiguo manipolo di amministratori di un Ordine professionale; ricordiamo inoltre che le caratteristiche della coattività sono proprie della norma giuridica, che una norma regolamentare non può certo prevaricare. 

La pretesa di attribuire al Consiglio una concentrazione dei poteri legislativo, giudiziario ed esecutivo denota un preoccupante disconoscimento dei principi su cui si regge la nostra Costituzione. Come Consiglieri, doverosamente tenuti a verificare la legalità delle azioni del Consiglio, ma anche e innanzitutto come cittadini e psicologi che riconoscono il valore delle Leggi di uno Stato che ha scelto a suffragio universale di dotarsi di un regime democratico, esprimiamo fermo e formale dissenso da un’impostazione a tutt’altro ordinamento improntata.

Pertanto, i Consiglieri:

Marida D’Angelo

Lisa Bellaspiga

Luigi Zoppo

Angelo Collevecchio

Cinzia D’Amico

Stefania Marinelli

si dichiarano nettamente contrari al voto del regolamento così come proposto.

 

 

Pertanto i consiglieri Bellaspiga Lisa, Collevecchio Angelo, D’Amico Cinzia, D’angelo Marida, Marinelli Stefania e Zoppo Luigi si dichiarano in lutto per la perdita di valori costituzionalmente garantiti e sono quindi costretti momentaneamente al silenzio stampa a causa di tale regolamento.