La politica professionale
di Claudia Fabris
Il nostro Ordine professionale, in occasione del rinnovo del Consiglio, chiede ad ognuno di noi di esprimere un parere. È l’occasione per fare emergere idee e progettualità. Possiamo decidere di candidarci personalmente e sostenere i progetti che ci stanno a cuore.. Se non abbiamo interesse a dedicare energie e tempo per la collettività, possiamo ascoltare cosa ci viene proposto e decidere di aderire, dando la nostra preferenza ai candidati che sostengono le nostre idee ed i nostri propositi. Comunque sia, il risultato al quale perveniamo, è quello di delegare ad un Consiglio il compito di rappresentarci: votiamo chi riteniamo in grado di sostenere quelle battaglie professionali presso la Regione, i Comuni, gli Enti, al fine di promuovere la nostra immagine professionale e sensibilizzare i cittadini alle molteplici aree di intervento della nostra professione. Chi ci rappresenterà si impegnerà a sostenere e valorizzare gli ambiti professionali dello psicologo, agevolerà la creazione di una rete professionale predisponendo le basi per la nascita di opportunità di lavoro sempre crescenti.
I candidati che partecipano alle elezioni rappresentano differenti opinioni ed idee di realizzazione professionale.
Se scegli di votare le persone nelle quali ti riconosci maggiormente, contribuisci al compimento delle tue aspettative. Se scegli una precisa squadra di persone, voti coloro che tu pensi siano maggiormente rappresentativi dell’immagine di una categoria solida, più adeguati a negoziare, a rapportarsi con il territorio ed alle altre categorie professionali.
Molti di noi preferiscono astenersi, non votare. A volte l’astensione trae origine dall’idea che tutti coloro che voteremmo siano uguali e quindi nulla cambierebbe. In realtà tendenze ed ideazioni sono diverse tra i gruppi. Se, ad esempio, mi sta a cuore la tutela professionale, cercherò di informarmi e di votare coloro che tendono a valorizzare gli strumenti della professione tutelandoci dall’utilizzo abusivo da parte di altri soggetti. Da tale concetto, da tale voto deriveranno strategie ed approcci, applicati da chi ci governerà nei prossimi anni.
Dobbiamo chiederci se crediamo sia opportuno mettere in atto azioni che comportino maggiori possibilità di lavoro per lo psicologo, disincentivando così coloro che si illudono di essere una sorta di psicologi mancati, solo per aver partecipato ad alcuni programmi o percorsi proposti, a volte, dai nostri stessi colleghi. Dobbiamo chiederci se la figura dello psicologo sul territorio nazionale sia così consolidata e riconosciuta nell’immaginario collettivo da godere di reputazione e prestigio tali da non temere concorrenza da parte di chi psicologo non è. Dobbiamo chiederci se i tempi siano maturi per non temere la concorrenza sleale da parte di altri soggetti che operano nello stesso nostro mercato. In ultima analisi: è importante chiederci se sia meglio votare chi si oppone o chi approvi il proliferare di pseudo-psicologi che avranno sempre più l’opportunità di attrarre persone in disagio, anche pubblicizzando interventi miracolosi, senza rispondere, a differenza nostra, ad alcuna deontologia che sancisca regolamentazioni a tutela del cliente e della professione.
Qualche volta si decide di non esprimere preferenze perché non ci si sente rappresentati da nessuno: questo atteggiamento deriva dal desiderio che ogni aspetto del programma coincida con i nostri desiderata. Se prestiamo attenzione solo a ciò che non ci interessa, a ciò che divide, e non agli aspetti che ci appassionano, che ci accomunano, non potremmo mai sposare nessun programma. Una perfetta coincidenza tra i nostri desideri e ciò che ci viene proposto, è difficile da realizzare. Possiamo, però, trovare una giusta misura tra ciò che vorremmo, la situazione idealizzata, e la strada percorribile, ciò che possiamo ottenere. Può essere utile informarsi sui candidati: andiamo a vedere cosa hanno fatto, come si sono formati, cosa hanno detto, cosa è successo in questi anni.
Qualche volta si decide di non votare perché si ha l’impressione che il proprio voto non sia poi così importante; per questo non ci si ritaglia del tempo per andare alle urne, tanto altre persone lo faranno. In realtà questa percezione è fuorviante: il meccanismo democratico, insito nel diritto di voto, implica la valorizzazione di una responsabilità individuale. Non è possibile che le schede degli altri siano più importanti della nostra, è la somma dei singoli che fa il risultato, per questo ognuno è importante. Se il voto non contasse nulla, per esempio, saremmo ancora in uno stato monarchico, o nel quale non è consentito divorziare, o la cui maggior fonte d’energia sia quella nucleare.
Alcuni si astengono dal voto per lanciare un messaggio. Ma non esprimere un voto non lascia alcun messaggio! Al raggiungimento del numero necessario dei votanti aventi diritto, coloro che si sono espressi decidono anche per gli altri. Per citare un esempio, il presidente Obama è stato eletto democraticamente nel 2012 a fronte di un’affluenza alle urne solo del 60 % di cittadini, eppure da 5 anni è il Presidente di tutti i cittadini statunitensi.
Prendere una decisione è importante!
Se, però, non ci sentiamo di accordare la nostra preferenza a nessuno, rechiamoci almeno alle urne: così facendo abbiamo la possibilità di conoscere qualche candidato presso il seggio – potendo eventualmente ricrederci sul nostro disinteresse -, e permettiamo a coloro che si sono fatti un’opinione di poterla vedere realizzata, evitando ulteriori rinvii e periodi di assenza di erogazione di servizi a fronte, comunque, del pagamento di una tassa dovuta per legge.
Il voto è un atto democratico e la democrazia, che piaccia o no, si basa sul compromesso fra le parti, tra ideali e realtà.