Stai facendo una lunga gita in moto e ad un certo punto inizia uscire fumo nero dalla marmitta. Il motore ha grippato, non puoi proseguire. Una parte della tua vita si interrompe, subisce una svolta e di tutto questo può essere responsabile una sola piccola vite che è stata filettata male. E’ un ricordo di uno dei più bei romanzi sulla Qualità, “Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta” di Robert Pirsig. C’entra molto con noi.
E’ infatti il cuore di una differenza radicale nel concepire la psicologia e le istituzioni che la governano. Ormai, diciamoci la verità, gli Ordini forniscono una rete di servizi piuttosto completi. Convegni, incontri, pubblicazioni, in quasi tutte le regioni alla commissione etica si è affiancata la commissione tutela, eccetera. Ciò che si deve fare si fa e alla quantità si aggiunge altra quantità.
Eppure manca qualcosa. La qualità. Eppure esiste ancora una differenza radicale, che i colleghi più attenti hanno notato.
I tempi sono cambiati, ma si può tuttora percepire una differenza tra modernità e modernismo come ricerca forzata di essere sempre più accessibili senza sforzo, sempre comprensibili per tutti, anche i più distratti. Anche affrontando il rischio di apparire bidimensionali, così semplificati da sfiorare pericolosamente la banalità, psicologi pret a porter con la loro psiche fast, sempre comunicabile in tre minuti di video su you-tube.
Ma è possibile?
E poi. Questo modernismo fatto di consigli della massaia e di selfie può essere applicato a un’istituzione, senza danno alcuno? Temo ormai che qualcuno tra i giovani colleghi mi potrebbe apostrofare, semplicemente con uno: “zio, sei vecchio”.
Lorenzo Marini, però mi salva. Lui, geniale pubblicitario, vincitore del premio per la migliore pubblicità sociale realizzata per il CNOP nel 2013, mi spiegò un giorno la differenza tra brand value e brand awareness facendomi l’esempio di Silvio Berlusconi: riguardo alla brand awareness Berlusconi è il numero uno, essendo forse tuttora la persona più conosciuta nel nostro Paese. Tuttavia dal punto di vista della percezione del “value”, della qualità associata al suo nome, in questo momento i sondaggi mostrano un risultato ben più ambiguo e incerto.
Così è per i nostri Ordini, in fondo divenuti, da istituzioni quali sono, così simili ai video in cui in “tre minuti” si spiega a una coppia come salvare la propria relazione dal conflitto. Ci sta, in una certa concezione della professione. Eppure tant’è, personalmente, come Zio Vecchio, sono pure scettico di fronte ai manuali di auto-aiuto e a certe terapie brevi.
Figuriamoci quando questo meccanismo diventa il pensiero di un’istituzione.
Così avviene che la diffusione della psicologia sul territorio passi da uno psicologo assoldato dall’Ordine apposta per fermarti per strada per fare un selfie insieme a lui, o dire cose (che probabilmente non pensi) in un video improvvisato, così i giudizi deontologici diventano sempre più genericamente buonisti, si possono sentire frasi come l’’ipnosi si può insegnare a tutti!”, come ci dicono i componenti dell’attuale maggioranza in Lombardia.
C’è di più in questo Ordine in cui tutte le vacche sono nere, ed è importante solo la presentazione colorata e suadente… si sono spesi 20.000 euro extra solo in gadget nel 2016. E’ diventato l’Ordine dei gadget. Intanto i master sul sito OPL metteranno sullo stesso piano università e formatori di counselor, le scuole di psicoterapia non hanno più una carta etica che fornisca loro delle linee di indirizzo che permettano un costante miglioramento qualitativo della nostra professione… si ha la sensazione di precipitare. Ci si è persi per strada il ruolo dell’istituzione come soggetto di una valorizzazione anzitutto qualitativa della professione. Non si tratta solo di permettere alle persone di vedere una psicologia diffusa sul territorio ma che abbia anche una credibilità che oggi non è certo più vicina da conquistare di ieri.
Dallo stereotipo dello psicanalista, stregone silenzioso e irraggiungibile ci stiamo trasformando in qualcosa d’altro, nella professione giovanilista e cialtrona dei selfie, dell’auto aiuto condito dal buon senso che non fa però difetto nemmeno a ingegneri o parrucchiere. Con tutto il rispetto.
Ben felice (in senso lato) di leggere ciò che penso anche io da almeno un paio di anni. Credo sia di fondamentale importanza, visti i tempi che corrono, salvare la psicologia da un lato dal senso comune, per il quale è oggettivo che di fronte a certi “consigli utili” (ma per chi poi?) degli psicologi “di youtube”, chiunque potrebbe dire “beh, ci sarebbe arrivata anche nonna papera”; dall’altro lato, strettamente collegato al primo, dalla “monetizzazione” di una professione già di per sè piuttosto fragile nel nostro paese. Siamo davvero interessati a salvaguardare la nostra professione? Allora muoviamoci per darle la dignità che merita. Si possono scrivere bei libri e begli articoli con linguaggi divulgativi e semplici senza essere banali. Ma per farlo bisogna volerlo. Se invece siamo più interessati a fare marketing, beh… discorso finito, professione finita.