Non vedo, non sento, non parlo…

non vedoTutelare la professione psicologica, è uno degli obiettivi di AltraPsicologia, che da sempre si è battuta affinchè altre pseudo-professioni non invadano il campo specifico dello psicologo.

Subito dopo l’insediamento del nuovo consiglio, i consiglieri di AP hanno chiesto di affrontare il delicato argomento dell’art. 21 del codice deontologico, anche a seguito di numerose segnalazioni dei colleghi. Nella seduta del 27 Marzo 2014, abbiamo depositato al protocollo dell’Ordine, varie brochure e depliant che pubblicizzano corsi di couseling nel territorio siciliano, al fine di verificare la violazione dell’art. 21.

Finalmente, nella seduta del 17 Aprile, l’argomento è stato affrontato e discusso. Per noi un primo passo molto importante, in quanto la tutela professionale è uno dei compiti principali di un Ordine che deve prendere posizione, mentre in Sicilia l’argomento è stato sempre taciuto.

Il Presidente ha argomentato la sua posizione portando una serie di articoli e documentazioni per sottolineare come l’attività portata avanti dai counselor NON colpisce l’attività psicologica, e sostenendo, fra l’altro, che i counselor non  lavorano più degli psicologi e di fronte all’avvio di nuovi corsi non si può fare niente.

Il punto è proprio questo, può un Presidente di un ordine “liquidare” una questione così delicata e importante?  Sembra che sminuisca la portata del fenomeno…

Può un Ordine esimersi dai propri obblighi di legge consistenti nel “vigilare per la tutela del titolo professionale e svolgere le attività dirette a impedire l’esercizio abusivo della professione” (art. 12 comma h, legge 56/89)? Noi crediamo di NO.

Infatti, se è vero, (così come ha sottolineato il Presidente in consiglio) che c’è un recente parere del Ministero della Salute che sembra difendere l’attività dei counselor, dall’altro c’è la famosa sentenza Zerbetto che decreta come: l’insegnamento dell’uso degli strumenti a persone estranee equivale in tutto e per tutto a facilitare l’esercizio abusivo della professione.

Inoltre, se tutto ciò non bastasse, il CNOP ha, finalmente, elaborato e reso pubblici gli Atti tipici della Professione Psicologo, esplicitando che le tecniche di natura psicologica, ancorchè con altro nome, siano riservate agli psicologi.

Di fronte a questo atteggiamento, cosa possiamo fare noi di AP?

Sicuramente continuare a far sentire la nostra voce, perché noi, che con i colleghi abbiamo un confronto costante e continuo, sappiamo bene che la discussione sull’articolo 21 è una piaga aperta e crediamo che un Ordine abbia il dovere di ascoltare gli iscritti e, quantomeno, dare dei segnali forti. Infatti, sono bastati pochi input sui Social Network per ritrovarci sommersi da commenti, testimonianze e segnalazioni sull’argomento. Davanti a tutto non possiamo fare spallucce, sminuire il problema e dirci che tanto “non possiamo farci niente”.

Ovviamente è impossibile ipotizzare azioni a tappeto contro tutto e tutti, che inesorabilmente si ritorcerebbero contro l’Ordine e l’intera categoria. Noi, invece, crediamo che il parere ministeriale debba essere approfondito anche con pareri legali e rafforzato con una forte sottolineatura riguardo gli atti tipici dello psicologo perché, continuando a schivare le questioni spinose ed irrisolte, la nostra professione è sempre più a rischio.

Per tornare alla seduta di consiglio, la stessa si è conclusa con un nulla di fatto! Possiamo permettere che il delicato argomento, che ripetiamo riguarda tutti noi, sia concluso con un “noi che possiamo fare?” Ovviamente NO.

Allora nel silenzio/assenso di tutti gli altri consiglieri, noi di AP abbiamo proposto  un primo passo, un passo piccolo ma dal forte impatto: la costituzione di una carta etica, rivolta a tutte le scuole di Psicoterapia presenti in Sicilia (così come è stato fatto, per altro, per il quadriennio precedente nell’Ordine della Lombardia): “la carta etica vuole rappresentare una garanzia di rispetto minimo di regole culturali, amministrative e contrattuali“.  La carta etica è uno strumento operativo frutto della condivisione di regole e percorsi a garanzia di tutti i colleghi, per contribuire ad una maggiore qualità formativa, con trasparenza e correttezza, per cui la carta non si rivolge solo al complesso tema del counseling, ma a tutta la formazione e a ciò che ne diviene.

Noi non vogliamo fare come gli struzzi, non vogliamo mettere la testa sotto la sabbia e far finta di niente, la Tutela è uno dei pilastri su cui vogliamo muoverci per ridare dignità e identità alla nostra professione. Perciò vediamo se c’è veramente l’intento di creare una carta etica da parte di tutto il Consiglio e soprattutto vedere quali scuole aderiranno.

Noi vediamo, sentiamo e parliamo!!!

Angelo Barretta e Dario Caminita