Due dure battute d’arresto al counseling svolto da non psicologi. Grazie al lavoro unitario degli psicologi, che in questo caso hanno saputo collaborare per la tutela della professione.
I due fatti salienti sono questi:
(1) Stop del Ministero della Salute al processo di normazione UNI della professione di ‘Counseling relazionale’ ai sensi della Legge 4/2013. Gli Ordini regionali degli psicologi presenti al tavolo UNI in rappresentanza della categoria, hanno segnalato al Consiglio Nazionale degli Psicologi tutte le criticità di un percorso di normazione del counseling. Il CNOP ha scritto al Ministero della Salute, e il Ministero della Salute ha sospeso il processo di normazione dei counselor in attesa di raccogliere ulteriori informazioni. Una tappa raggiunta anche grazie al lavoro degli Ordini di Lazio, Piemonte e Marche, a maggioranza Altrapsicologia, e dell’Ordine della Lombardia, rappresentato al tavolo da consiglieri di Altrapsicologia. QUESTO ARTICOLO di Paolo Campanini, che ha partecipato ai lavori fin dall’inizio, approfondisce meglio la vicenda.
(2) Ricorso contro il riconoscimento dell’Associazione Assocounseling, il Consiglio Nazionale degli Psicologi ha presentato un ricorso al TAR di Roma contro la decisione del Ministero dello Sviluppo Economico e di quello della Salute. Il ricorso è contro il provvedimento con il quale il Ministero dello Sviluppo Economico ha iscritto Assocounseling negli elenchi di cui alla Legge 4/2013 (elenco delle associazioni professionali non regolamentate).
MA ANDIAMO CON ORDINE…
Le associazioni di counselor stanno tentando di affermarsi sempre più in Italia, e il fortissimo dibattito relativo al potenziale carattere di sovrapposizione alla professione di psicologi non si è mai spento. Dal 2005 Altrapsicologia è attiva su questo fenomeno, e ha tentato di sensibilizzare gli Ordini regionali e il CNOP su un problema che incide direttamente sulla tutela della categoria degli psicologi, ma anche e soprattutto sulla tutela della salute dei cittadini.
Inutile dire come la pensiamo noi: il counseling è un’attività che rientra nella professione di psicologo, i cittadini vanno garantiti rispetto al proliferare di attività che (1) afferiscono alla sfera psicologica e rientrano di diritto nella nostra attività (2) possono rappresentare un serio rischio per la salute, perché possono attrarre persone con un bisogno di cura e non riuscire nemmeno a impostare una valutazione corretta, figuriamoci individuare un trattamento o formulare un invio appropriato.
Per anni Altrapsicologia è rimasta l’unica voce alzata contro il counseling e i fenomeni similari.
Abbiamo durato anni perché questo problema fosse finalmente preso in carico dalle istituzioni di categoria, e abbiamo dovuto entrare a maggioranza in alcuni ordini per trasformare in azione istituzionale un’idea che era frutto di una sensibilità associativa e popolare fra gli psicologi.
Nel frattempo è arrivata la Legge 4/2013 che ha inteso disciplinare le ‘professioni non organizzate in ordini o collegi’. La definizione di ‘professioni non organizzate’ data da questa Legge è chiarissima:
(…) si intende l’attivita’ economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attivita’ riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell’art. 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e delle attivita’ e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative.
Non c’è quindi alcuno spazio interpretativo: le ‘nuove professioni’ non possono contenere attività proprie delle professioni con Ordine. Quelle che vorranno disciplinarsi ai sensi della Legge 4/2013 non potranno avere ad oggetto attività che rientrano in quelle riservate per legge ad iscritti ad albi già esistenti, o che abbiano carattere sanitario. Nel caso che ci riguarda, non si può inventarsi e far cadere sotto la disciplina della Legge 4/2013 una professione che si sovrappone come oggetto o attività a quella dello Psicologo.
Ma l’occasione della legge 4/2013 era troppo ghiotta per non provarci, anche perché potrebbe rappresentare l’ultima finestra per alcune nuove professioni che intendano ricevere un qualche imprimatur ufficiale da parte dello Stato. E così le associazioni di counselor hanno tentato di coglierla.
Ora i counselor hanno ricevuto un paio di duri STOP su due fronti aperti dalla Legge 4/2013.
Vorrei che si riflettesse sul fatto che quando gli psicologi riescono a mettersi insieme e a non perdere tempo in polemiche sterili, diatribe localistiche e dispetti al confine del trash, qualcosa di buono riescono a combinare. Questo non significa che non debba esserci dibattito politico: diffido sempre delle posizioni molli di chi non sopporta nemmeno il minimo confronto.
Credo che se oggi si sia riusciti in questo doppio stop al counseling svolto da non psicologi, sia anche perché negli ultimi anni c’è stato un forte dibattito politico in cui Altrapsicologia ha avuto un ruolo determinante.
Ma ritengo che il confronto debba essere pubblico, aperto, di qualità e giocato a livello politico. Tutto il resto è noia.
Bene , molto bene ! Adesso battiamoci per mettere il n chiuso nelle facoltà di Psicologia : 100.000 psicologi sono troppi o mi sbaglio ? Questa professione è già in ginocchio non seppelliamola ! Da una parte la crisi dall’altro il ns numero eccessivo : quindi bene lo stop ai counselors ma non fermiamoci qui ! Buon lavoro…
Mah! Perché poi essere contro i counsellors non psicologi? Mi sembra tanto somigliante alla polemica sorta qualche tempo fa tra gli psichiatri e gli psicologi riguardo alla possibilità di questi ultimi di curare. Come vedo, le cose si ripetono con attori differenti.
certo che i cousellor possono curare! basta che si iscrivano all’università, come tutti quelli che poi curano, e si facciano l’iter 5+1 (come minimo) poi anche +4, se vogliono. Punto. In Italia nessuno vieta nulla a nessuno, basta semplicemente rispettare la legge e non fare furbate pensando di essere furbi quando invece si è solo paraculi. Saluti e buone cose!
Ma il discorso dello psichiatra e dello psicologo non ci combina nulla, lo psichiatra non è specializzato a riguardo della mente umana come uno psicologo, perché lo psicologo studia meglio dello psichiatra i processi mentali, ovvero la mente come creazione cerebrale, e non solo, questo è un dato di fatto: viceversa lo psicologo non può fare il lavoro dello psichiatra perché per somministrare farmaci ci vuole indubbiamente una preparazione medica! Ovviamente sia lo psichiatra che lo psicologo studiano un po’ di quello che fa l’altro, ma rimanendo specializzati nelle discipline scientifiche di appartenenza. Esami di psichiatria ci sono nella facoltà di psicologia, ed esami di psicologia in quella di psichiatria: il minimo indispensabile.
Per dirla tutta quindi, quando si parla di psicologo e psichiatra, stiamo parlando di due professioni altamente specializzate ma in campi diversi, seppur complementari e affini.L’iter formativo dello psicologo psicoterapeuta è lunghissimo, ci vogliono 5 anni di università e 4 di formazione specializzata, più tirocini etc non è una sorta di “psichiatra di serie b”…
Il counselor invece cosa è? Di base non è nè uno studioso della mente nè uno studioso del cervello, è semplicemente un consigliere che cura la dimensione sociale del cliente, una dimensione che é già abbondantemente ricoperta dallo psicologo.
Chi paragona il counselor allo psicologo nulla ha capito dell’approccio altamente specializzato e scientifico della psicologia… proprio questo è il problema della psicologia, e gli psicologi lo sanno.
Non a caso all’università si studia proprio questa “arroganza” che le persone non preparate hanno nei confronti della psicologia… il cosiddetto “senso comune” ovvero il fatto che “tutti siamo un po’ psicologi” nulla c’entra con una disciplina che ha valore scientifico, e che comprende vasti campi del sapere, come ad esempio lo studio delle neuroscienze.
Poi certo, ognuno è libero di andare da un counselor, potrebbe essere anche positivo, ma non si può dire che lo psicologo abbia qualcosa da spartire con la professione del counselor! Non scherziamo per cortesia! Con tutto il rispetto. Al counselor ci si può rivolgere per problemi molto semplici riguardanti esclusivamente la sfera sociale e magari lavorativa, non per altro. Ripeto non sono contro questa professione l’importante è mettere dei chiari paletti.
Per fare lo Psicologo occorrono dai tre ai cinque anni di Università minimo, poi stage, corsi di perfezionamento etc.., non basta un semplice corso di counseling per capire la psiche umana, quindi, va bene fare il counselor ma con una laurea adeguata in psicologia, ecco perchè.
Questa non è una gara. Già a vedere da come lei scrive sembra piuttosto incazzato e questo mi creda, non giova a favore della sua professione! Si basi di piu’sulle sue sensazioni interiori e veda se dopo tanto studio lei sia mai riuscito ad aiutare veramente qualcuno…siete tutti bravi voi psicologi a sbandierare una laurea che dal lato pratico non vi ha donato nulla. Sono anni che faccio percorso di psicoterapia per ottenere cosa? Consigli e punti di vista assurdi che a volte mi domando…la mia psicoterapeuta è pazza? Eppure so che non lo è ma vorrebbe plasmare la realtà in alice nel paese delle meraviglie? Lo sappiamo tutti che il counseling all’estero ha grande spazio con o senza laurea e che in Italia credete che basarvi sul parlare, aiuti le persone.Invece si torna a casa e ci si accorge che la consapevolezza non ha risolto nulla, ma peggiorato le cose!
Vorrei ringraziare Altra psicologia per tutto il lavoro che sta portando avanti, che stando a quanto ho capito solo in un secondo momento ha avuto il sostegno del CNOP.
Per la mia esperienza, anche gli iscritti alle scuole di counseling sono vittime dell’ “equivoco” che il counseling sia attività diversa dalla consulenza psicologica.
A riguardo, sarebbe bene aggiornare la voce “counseling” di wikipedia in italiano.
Oltre a questi ultimi sviluppi rispetto alla legge 4/2013, andrebbe specificato che Rogers è stato uno psicologo e usava il termine “counselor” quando negli USA non era possibile usare il termine psicologo senza rischiare problemi legali per l’attività di consulenza psicologica.
Chi può farlo?
Abbiamo davanti il topos dello psicologo italiano lobbista. Che mestizia. Si porterà i soldi nella tomba anche lei. Se penso che certa gente del tutto priva di cultura umanistica, che evidentemente non legge la stampa straniera, possa avere potere sui problemi esistenziali delle perosne mi vine il pelo d’oca, perché nei paesi Anglo-sassoni la figura del counselor è fondamentale soprattutto nelle scuole, giusto per non “patologizzare” tutto. Inoltre, gli psicologi fino a qualche anno fa erano anche i laureati in psicologia. E all’università di Padova c’è una magistrale che riguarda la “psicologia del corpo”, cioé: l’Antropologia. Quindi, anche gli psicologi rubano il mestiere, giusto? Giusto. Gli psicologi italioti sono riusciti a mettersi d’accordo solo perché preoccupati dello sfondamento della Linea Maginot da parte di gente spesso più motivata. Inoltre, il numero chiuso non servirà ad avere migliori psicologi, considerato il fatto che da Bologna in giù il modo di pensare la disciplina è assolutamente negativo e pochi sono coloro che si fidano di questa pratica. Anche perché non sa rinnovarsi. Come dice lo psichiatra E. Borgna la maggior parte di psicologi e psichiatri guarda alla persona in difficoltà come una cosa, e la reificazione del paziente a cosa è nota in un paese arretrato come l’italia… Mi auguro che i counselor riescano a spuntarla, soprattutto perché non c’è scritto da alcuna parte che uno che ha bisogno di parlare debba affrontare anni di sedute né che i suoi problemi siano dovuti a patologie.
Condivido appieno questa riflessione. Non sono una psicologa, ma ho intrapreso un percorso di psicoanalisi che mi ha portata a conoscermi meglio, anzi a conoscermi. Io stessa, consiglio di intraprendere una psicoterapia ma è pur vero che tante persone non ci credono o non hanno la volontà di affrontare un tale impegno, come anche la stessa paura di mettersi in discussione, inoltrarsi nel proprio intimo, li può spaventare. Il mestiere dello psicologo, come tutti i mestieri è soggetto all’individualità della persona, mi spiego meglio, nel senso che tra i vari psicoterapeutici, purtroppo ci sono quelli che non hanno empatia, perché non basta una laurea a far divenire uno psicologo competente e capace a comprendere e ad esplorare la sfera emotiva del paziente. Quindi per me, più che laurea, counseling o altro, sarebbe importante, valutare aspetti personali di chi si accosta ad aiutare un soggetto in difficoltà, perché ciò che lo può danneggiare o a limite non procedere con la terapia è insito della profondità di comprensione, ascolto e giusto distacco dello stesso operatore.
Peter Rabbit ma lo hai mai aperto un libro di psicologia? Dai cosa stai dicendo?!
Ma un cosidetto counselor sa chi erano: Brofenbrenner, Lewin, Watson? non credo!
Perché tutte queste polemiche?
Se si vuole tutelare il cittadino e’ un conto ma non credo che una relazione d’aiuto come quella svolta da un counselor possa in qualche modo danneggiare qualcuno. Danneggerebbe qualcuno per il semplice fatto che non è uno psicologo? Ma gli psicologi sanno qual e’ l’ambito di intervento di un counselor?
Fino ad oggi ho assistito a molti brutti casi di malapsicologia ma non per questo la condanno. Gli psicologiche si schierano contro il Counseling che esperienza hanno? Ci sono altre motivazioni oltre al fatto di temere per le loro già scarse possibilità lavorative? Perché nel resto del mondo si può diventare counselor senza essere psicologo? Perché solo in Italia ci sono problemi su problemi per ogni cosa?
Perché non avete un Back ground culturale sufficiente per poter svolgere un ruolo importante come quello dello psicologo .
La formazione universitaria e la formazione post universitaria in psicoterapia ( nella maggioranza dei casi) non sono chiacchiere ma fatti che dotano il professionista di una forma mentis e capacità tecniche apprese e affinate negli anni e non in un corsettino all’acqua di rose dove si rifugia chi è stanco di fare il proprio lavoro ed ha l’ambizione di giocare a fare lo psicologo perché magari l’ha visto in qualche film di serie B.
Tra le righe io non credo assolutamente che le persone si rechino dai counselor , mai sentito un paziente che avesse dubbi in tal senso.
Gentile Laura, sono un counselor con oltre 1500 ore di formazione e Le garantisco che (grazie al cielo e alla professionalitá) i clienti non mancano.
Voglio subito dirLe che sì, Lei ha perfettamente ragione nell’evidenziare che un percorso di psicologia + psicoterapia garantiscono senza ombra di dubbio una preparazione superiore a quella elargita dalle scuole di Counseling triennali. Al tempo stesso mi permetto di aggiungere che:
1) statisticamente meno della metá degli psicologi si iscrivono al quadriennio di specializzazione psicotetapeutica (vuoi anche per i costi proibitivi);
2) La sola formazione 3+2 della Facoltá di Psicologia, aimeh, spesso dá sì conoscenze teoriche salde ed efficaci ma é debolossima sotto l’aspetto più importante: quello pratico/esperienzale. Mentre i percorsi di Counseling sono (su questo ha ragione) eccessivamente poveri sulla parte teorica garantiscono il 70% di monte ore x prove colloquio e “lavori personali”. Inoltr. Prevedono tra le 70 e le 100 ore di terapia personale pe. Imparare a conoscerse meglio sé stesso ed evitare di danneggiare i clienti.
La facoltá d psicologia non “costringe affatto gli studenti ad alcun percorso personale do psicoterapia e questo a mio modo di vedere é un limite enorme… sr si tiene anche conto che si fa poca pratica di colloquio e lavori di gruppo,vista l’esiguitá dei laboratori pratici predisposti dagli atenei…
Detto questo mi avvilisce il fatto che la diatriba counselor/psicologi sia squisitamente italiana (in posti come Canada, Usa, Regno Unito, Irlanda e Scandinavia le due professioni convivono serenamente da circa 50 anni).
Io, dal canto mio, collaboro con 2 psicoterapeuti -un freudiano e un cognotivo-comportamentale- cui invio i clienti che valuto abbiano bisogno di una ristrutturazione più profonda della personalitá. Questo a dimostrazione del fatto che il “manicheismo” noi vs loro può essere evitato in virtù di collaborazioni proficue e performanti.
Credo comunque le scuole di counsrling dovrebbero essete più selettive ed avere un monteore decisamente più elevato (almeno 1500 ore di teoria/labotatori come in altri paesi + ampio tirocinio). Forse la cosa migliore sarebbe attivare un apposito corso di laurea… Detto questo, non credo la situazione si risolverá sbranandoci a vicenda.
Buona giornata e grazie x il confronto…
Back ground culturale …probabile si abbia un back ground un pò meno culturale e alcune volte con un pò più di esperienza…chi lo può dire? cmq il fine e l’intento comune dovrebbero essere quelli del benessere di chi sceglie dove dirirgersi…è lui che deve decidere, aldilà degli albi o attestati “all’acqua di rose”. Per mia esperienza personale fortunatamente ho incontrato un conselor dopo vari incontri da psicologi, e devo dire che mi ha fatto tornare a vivere, senza pasticche. Ho ritrovato me stessa e molto di più. quindi, lasciate il libero arbitrio ai pazienti.
Elisa, una paziente.
Io di persone che si sono affidate ad un counselor ne conosco parecchie…e sono ben felici di averlo fatto…ed hanno risolto i loro disagi senza anni di terapia che a volte non è affatto necessaria se non ad una figura preoccupata di riempire le proprie tasche creando dipendenza, sapendo bene come farlo. Counselor e psicologi sono figure diverse e possono coesistere. Qui il vero problema non è la tutela dell’Essere Umano ma la paura di una categoria di perdere il proprio potere anche di controllo. Io raramente sento un couselor demonizzare uno psicologo…viceversa Sì….Raramente sento un naturopata parlare male di un medico….viceversa Sì. Non si ha bisogno di demonizzare nulla e nessuno se si è sicuri di se e del proprio operato… se non per paura…e non raccontiamocela….non per la preoccupazione del bene dell’individuo. Ci sono psicologi seri e preparati ed altri no…perché in entrambi i casi possono svolgere la professione senza preoccuparsi di recare danno al prossimo? Perché non lasciamo libero l’individuo di scegliere a chi affidarsi e di fare l’esperienza di cui ha bisogno per crescere? Potrebbe succedere che dopo aver fatto un percorso di counseling decida di provare la psicoterapia o viceversa…qual’è il problema? Io non credo che lo psicologo serio e preparato abbia paura di essere rimpiazzato dal counselor!!! Non ci pensa nemmeno….proprio perché è pienamente consapevole del proprio valore ed è libero da paure non è sfiorato da questo pensiero e per questo non ha nessun bisogno di controllare gli altri limitandone le possibilità di scelta! Ultimo input: perché ci sono psicologi che diventano counselor e medici che diventano naturopati? Sono così sciocchi da fare la stessa cosa due volte?!?! O sono finalmente incuriositi da un approccio diverso all’essere umano??? Uno psicologo che diventa counselor o un medico che diventa naturopata sono quanto di più bello possa esistere!!! Invece di fare lotte assurde….aprite le vostre menti e, soprattutto, i vostri cuori!
Serena, scusi va bene argomentare ma giudicare non lo trovo carino. A prescindere che in tutti i settori, ci sono gli incapaci e i truffatori, così come credo anche tra i cousellor. Evidenziare che fare anni di terapia, può essere una perdita di tempo e arricchire le tasche del terapeuta, lo trovo discriminante e di parte. Io stessa ho intrapreso un percorso di psicoanalisi, lungo si, ma ne è valsa la pena, certo dipende cosa si vuole ottenere e fino a dove si vuole arrivare. C’è gente che si accontenta di sopravvivere, chi invece di vivere la vita appieno, inoltrandosi nel suo essere per conoscersi. Se poi, si pensa che si possono buttare le barriere mentali, i condizionamenti di tutta una vita, con breve sedute, allora non si è coscienti che la fretta non conduce all’essere nella sua totalità ma si limita solo a l’illusione di percezione ma non di esistere… come un calmante che in apparenza fa stare bene momentaneamente per poi, alla prima occasione di disagio, crollare. Ci sono centri di psicoanalisi economici, a portata di tutti, con psicoterapeutici preparati e per niente interessati ad arricchirsi. Quindi prima di lanciare messaggi furvianti, lasciamo la libertà agli altri, di decidere come affrontare un loro percorso di vita. Un cordiale saluto.
Tutte queste polemiche ci sono a causa di pseudo professioni che sconfinano…
– Per quanto riguarda la “malapsicologia”, può essere segnalata all’ordine competente.
– Sul fatto che in altri paesi si possa diventare counselor senza essere psicologo: non si possono fare questi paragoni; sarebbe come comparare il medico e l’infermiere in Italia e negli USA, dove hanno responsabilità, mansioni e competenze diverse.
– Rispetto a cosa sia il counseling, è probabile che ne sappia più uno psicologo, che deve aver conseguito almeno 5 anni di studio, un tirocinio ed un esame di stato (più eventuale corso di 4 anni in sicoterapia), rispetto a chi può comprare un corso di counselor.
Anche la laurea te la compri, e magari fosse come negli Usa la pratica della psicologia e della medicina! Siete indietro!!!
@Francesca
Considerato che ci sono vari casi documentati di danni gravi causati dall’intervento di “counselor” più o meno dichiarati (ad uno dei quali ho assisito personalmente), direi di poter dire con cognizione di causa che lei crede male.
Mi permetta di illustrarle in maniera diretta e senza giri di parole qual’è il vero punto problematico di tutta la questione, punto che tende a non essere messo troppo in luce dalle associazioni di psicologi perchè difficile da provare in sede legislativa/in tribunale:
queste “scuole di counseling” all’atto pratico sembrano essere nient’altro che delle sottospecie di sette in cui vengono attirate persone con problemi psicologici più o meno gravi sventolandogli in faccia la speranza di “migliorare la propria vita”, diventare degli “esperti della relazione di aiuto”; gente che si convince di poter esser di “grande aiuto alla società” quando invece dovrebbe starsene a sua volta sdraiata su un lettino.
Mi paiono la versione concreta di quei fenomeni di truffe/tragedie a catena all’americana rappresentate a volte nella fiction, che piano piano stanno filtrando anche da noi.
Riguardo agli organizzatori di queste “scuole”, mi vien da pensare sia necessario essere molto disonesti, molto disperati di far soldi e/o avere molti problemi mentali per azzardarsi a sostenere che un curriculum di studi che si rifà a filosofie/religioni orientali, psicoanalisi, teorie di Carl Jung, analisi transazionale, psicosintesi, NLP e chi più ne ha più ne metta non tratti di psicologia e non sia indirizzato ad interventi di tipo psicologico.
I dubbi su questi personaggi salgono ancor di più quando si vede questi “esperti dell’ascolto” fare di tecniche screditate da anni e relegate a pseudoscienze come la Neurolinguistic Programming il proprio principale cavallo di battaglia.
Come scrive anche lei, già di per se (come daltronde accade anche in tutte le professioni) si verificano casi di psicologi/psicoterapeuti non all’altezza della posizione (e daltronde alcuni dei direttori di queste “scuole” pare siano proprio psicologi/psicoterapeuti accreditati): dubito fortemente che aggiungere a queste situazioni l’apporto dell’opera del ragioniere disoccupato, squattrinato, affascinato dal “marketing” e dallo “sviluppo del proprio potenziale” possa contribuire a migliorare la situazione.
Un ragioniere/casalinga/centralinista (e chi più ne ha più ne metta) senza tra l’altro neanche il buon senso di fare una ricerca on-line riguardo agli argomenti, alle tecniche ed alle asserzioni della presunta “scuola”, prima di investirci soldi.
Ricerca che gli causerebbe la nascita di adeguati dubbi in merito.
Anche riguardo al rifarsi alla situazione internazionale, basta fare qualche ricerca veloce per rendersi conto di come il counseling sia considerato in maniera decisamente piu seria e strettamente legato alla psicoterapia di quanto vorrebbero far credere gli “esperti di couseling” nostrani.
Vediamo giusto che ne pensa il National Health Service inglese:
http://www.nhs.uk/conditions/Counselling/Pages/Introduction.aspx
Senza ombra di dubbio il counseling viene esplicitamente considerato a tutti gli effeti una forma di terapia psicologica, con buona pace di quanto affermano continuamente i nostri “esperti”.
Una situazione internazionale che daltronde presenta personaggi come Richard Bandler (uno dei fondatori della NLP) ed associati ancora a piede libero, in quello che personalmente mi pare un precursore in grande stile, di durata pluriennale ed in campo psicologico del “Caso Stamina” nostrano: giusto per dire che anche nel “resto del mondo” non sono tutte rose e fiori.
Tutto questo lo dico da non psicologo, da persona che si diletta dello studio proprio di quelle filosofie/religioni orientali e lavori di Carl Gustav Jung, ai quali, come già detto, si rifanno largamente anche queste presunte “scuole”.
E che nota una differenza abissale tra la prudenza che dimostra e consiglia Jung nell’approcciare certi argomenti e nell’ascolto delle persone…. e la nonchalache manifestata da questi presunti “esperti della relazione di aiuto”…
Sembra quasi che in realtà non abbiamo mai realmente letto/studiato/compreso quello di cui parlano.
E non ne intuiscano (per non parlare del comprendere) i possibili rischi.
Ma chissà, forse mi sbaglio…
Assaggioli ed anche Jung nel suo modo dicevano che esistono molteplici approcci poichè ci sono tanti differenti tipi di uomini in questo mondo.
Entrambi e non solo ammettevano e favorivano lo sviluppo della migliore via per raggiungere la guarigione o l’individuazione.
E’ preoccupante leggere commenti di così tanti professionisti che a difesa di un’ideologia (e non un’idea), soppiantano il principio della diversità che lo psicologo dovrebbe riconoscere ed accettare come inviolabile.
Lei ha citato la PNL, ebbene ci sono scuole di psicoterapia con tale indirizzo, molto più preoccupante dei corsi di counseling.
Il discorso in questione prevede una contestualizzazione.
Conosco psicologi che ignorano cos’è la psicosintesi o Jung, in alcune università si sta dicendo che la psicologia più giusta sono le neuroscienze.
Ci sono bravi counselor e bravi psicologi, come cattivi counselor e cattivi psicologi.
Generalizzare tale discorso, passando il messaggio che gli psicologi sono buoni e tutti i counselor sono degli ingannatori “mangia clienti”, è perorare un’ideologia partitica come solo la peggior politica sa fare.
Ma tuttavia siamo figli dei nostri tempi.
Contatevi tra di voi giusto per sapere quanti vanno a letto con i pazienti. A proposito di danni… Ma fammi il favore!
Io devo assolutamente schierarmi contro le Scuole Consueling, accadono cose veramente assurde. C’ è una Scuola di formazione che parla male degli psicologi, consente l’ iscrizione ai suoi corsi di persone con gravi problemi paventando la possibilità di lavoro, ed il miglioramento della vita. Durante i seminari utilizza un sistema misto tra la sala slot, teatro e musica, aggiungendo spettacolo alle costellazioni. La cosa grave è che sul contratto annuo tale scuola si solleva da ogni tipo di responsabilità, danni fisici, psicologici, a terzi o cose, durante e dopo i seminari. Il Costellatore inoltre orchestra e gestisce le esperienze provocando picchi emozionali negli allievi, turbandoli gravemente, poi con musiche allegre li solleva. Riesce, amplificando piccoli traumi, a creare dipendenza ai suoi corsi, addirittura riesce a far separare le coppie, trattenendo a se il partner da cui trarre più profitto. Io stesso ho assistito ad un marito a cui veniva consigliato di separarsi, ovviamente non l’ ha fatto. Le persone con buon senso mangiano la foglia e se la squagliano, le persone deboli diventano dipendenti da tale personaggio e lo seguono finché non hanno esaurito il proprio denaro. Le persone confondono l’ ambiente ovattato del seminario con la vita reale, e tornati a casa addirittura si licenziano o separano, sperando poi nel seminario successivo di incassare la vittoria e il consenso dei presenti, che ovviamente avviene, se non per oggi, si prevede un futuro roseo.
Già, molti psicologi credono di padroneggiare un professione, senza rendersi conto che studiare in maniera approfondita delle teorie è una cosa (e è una cosa sicuramente utile e importante), mentre padroneggiarne la pratica è un’altra. Poi viene sbandierato il tirocinio post laurea di un anno, basato sul nulla perché all’università di esercitazioni non ne fanno proprio, nemmeno tra studenti…
Non è nemmeno una loro completa responsabilità, il mondo professionale degli psicologi è distorto da un albo che sembra essere anacronistico, non in grado di comprendere, tutelare e promuovere la professione. Non a caso sono in guerra contro il mondo…un indice di padronanza di sé tristemente interessante per dei professionisti delle relazioni di aiuto mi pare…ed è un peccato, questo svaluta la figura dello psicologo, leggere certi articoli fa vedere dove (non) arriva la preparazione di molti (poco) professionisti. Gli psicologi sono esposti a un modelling professionale disfunzionale, che non sembra in grado di portare qualcosa di buono.
Per fortuna di psicologi bravi, che fanno un approfondito lavoro esperienziale su di sé ce ne sono, e si distinguono chiaramente. E questi non hanno il problema di non avere clienti, perchè sono veramente preparati, i loro pazienti se ne rendono conto e ne sperimentano i benefici. La preparazione non appare magicamente dal nulla per l’iscrizione a un albo.
E così, tra paura, poca preparazione e corporativismo, le energie finiscono sprecate in guerre contro professionisti di altre professioni -un po’ come se muratori, elettricisti e idraulici si facessero la guerra perché una parte delle loro professioni ha un terreno comune- invece di lavorare in maniera coordinata con altri professionisti specializzati in altre aree per offrire un maggiore qualità e benessere agli utenti.
E in questo modo danno una immagina della professione dello psicologo davvero povera e ben poco professionale, purtroppo.
E pure informazione poco precisa mi pare, tipo questo fantomatico “doppio stop ai counselor”. Il TAR non ha fermato i counselor, giusto per fare informazione corretta.
quello che a volte urta è che si gioca con le parole: i counselor dicono di fare “altro” ma è evidente e chiaro a tutti che fanno le stesse cose dello psicologo. Attenzione non dello psicoterapeuta, ma dello psicologo. La diatriba è tra counselor e psicologo.
Non ho mai capito perché certi psicologi insegnano in corsi di counseling aperti a tutti (ora mi pare che non possono più)
Bene, molto bene! Il prossimo passo sarà radiare dall’albo tutti gli psicologi che hanno formato i Counsellor contravvenendo alle regole dell’ordine!!! Ma come mai nulla è stato fatto a tal proposito???
Io vedo solo molta paura, ingiustificata, dietro a questo accanimento degli psicologi verso i counselor. Io vorrei vivere in un Paese in cui le professioni si affermano per il loro contenuto, il modo con cui affrontano il bisogno di aiuto delle persone, come accade già in altri Paesi. Invece vedo soprattutto difese corporative. Mi auguro davvero che la professione di Counselor possa presto essere riconosciuta pienamente.
Vede signor rdon, il problema non é la difesa corporativa visto che per diventare psicologi é sufficiente fare un percorso formativo preciso, duro ma aperto a tutti (non si tratta quindi di una setta o di posti accessibili mediante concorsi truccati o raccomandazioni) il problema é che non si puo’ permettere a chiunque di far qualsiasi mestiere senza che questi abbia una formazione adeguata. La facoltà di psicologia e le scuole di psicoterapia garantiscono una buona formazione che forse non é sufficiente per fare un buon psicologo ma sicuramente é necessaria. Il contenuto della professione é garantito da una formazione seria e riconosciuta. Diversamente il counselor in Italia ha una formazione molto più breve, non regolamentata che effettivamente si ottiene pagando. Lei si farebbe curare da un medico che non ha studiato medicina ma che ha fatto una “generica formazione” in medicina di tre anni presso un istituto privato a pagamento e non riconosciuto?
Se un domani creassero dei corsi universitari per diventare counselor con delle scuole di specializzazione ad hoc supervisionate dal Miur allora non avrei nessun problema a riconoscere il counselor come una figura professionale. Ma sa perché non avverrà mai? Perché di fatto il counseling é una branca della psicologia, perché un percorso di formazione simile esiste già, visto che la laurea in psicologia e le successive specializzazioni ti insegnano oltre al resto tutte le tecniche utilizzate dai counselor da integrare nell’approccio globale di presa in carico della persona che ha bisogno d’aiuto.
Diciamo la verità: le scuole di counseling in Italia sono state aperte da persone senza scrupoli (tra cui ahimé molti psicologi) a scopo di lucro, offrendo il miraggio che con una spesa relativamente contenuta e in breve tempo si possa imparare un mestiere e trovare un lavoro.
Io sono stata da psicologi che non m hanno aiutata per niente.. anzi! E mi sono ritrovata ad affrontare in maniera costruttiva molte delle tematiche che mi porto dietro da anni con persone che hanno si studiato psicologia, ma che hanno soprattutto affrontato un percorso di ricerca esteriore ed interiore approfondito, non sempre finalizzato ad avere un certificato che attesti un tot di ore di terapia fatta su se stessi o un tot di esami superati ripetendo una serie di nozioni. Ora io ringrazio per aver incontrato queste persone e ringrazio per il fatto che abbiano avuto la possibilita’ di aiutarmi attraverso la loro esperienza personale e la loro formazione “alternativa”.
Qui mi sembra che ci sia piu’ paura di perdere la propria posizione professionale privilegiata piuttosto che un autentico interesse per la salute delle persone.
E anche per le persone seriamente preoccupate per la possibilita’ che la gente venga danneggiata da figure non sufficientemente preparate vi invito a ricordarvi che le etichette e i pezzi di carta non fanno bravi “professionisti”, se di “professionisti” si puo’ parlare quando ci accingiamo a indagare nelle profondita’ dell’animo umano. E che ci stanno tanti di quegli psicologi che fanno i danni in giro che vi inviterei a preoccuparvi prima di loro, che vi rappresentano in quanto categoria, e poi magari cominciare a pensare a un sistema meno fallace secondo il quale giudicare chi puo’ o non puo’ svolgere un ruolo di aiuto psicologico nei confronti di un altro essere umano.
Questo è o non è il “paese” dei lobbisti? se fino a non molti anni fa i filosofi che facevano il percorso con solo 5 esami di psicologia potevano poi con la scuola superiore di specializzazione diventare a loro volta psicologi, cosa vuoi che sia uscito dalle università poi?
e chissà come mai quello che ha curato la Garzantina di Psicologia è U. Galiberti, filosofo, e Borgna dice peste e corna nei suoi libri dei professionnisti suoi colleghi?
Hanno paura di perdere i clienti. Perché proprio loro dovrebbero essere i primi a dare l’esempio e a pensare che c’è posto per tutti: se io sono bravo non ho paura di perdere il lavoro. Tanto più che il counselor fa un lavoro diverso di quello dello psicologo. È triste l’Italia. E questa gente si rivela in tutto il suo squallore: dovrebbero tutti mettere foto come segnaletiche: chi va da questi qua si rovina definitivamente. E poi, alcune scuole sono dirette da psicologi, buoni o cattivi che siano. Proprio come loro. È osceno che in questo spaghetti western ne debbano fare le spese i malati. Se fossero onesti lavorerebbero nelle scuole ospedali e carceri. Invece latitano. E sulla coscienza gli pesi per tutta la vita lo scandalo degli ospedali psichiatrici come quello di Aversa, che è giudiziario. Dove c’è gente sepolta viva per non avere fatto niente. E la Franzoni gira per la strada. E il mostro del Circeo dichiarato “guarito”. Questo è il livello della laurea italiana in psicologia: NULLA. Che produce gente che ragiona bene solo con il portafoglio davanti.
@Sandro: AltraPsicologia ha già fatto un passo importante in tal senso, proponendo e sostenendo energicamente (a volte da sola…) la modifica all’art.21 del Codice Deontologico approvata l’anno scorso, che rende appunto “violazione deontologica grave” quel tipo di comportamenti.
Per non parlare dei numerosi procedimenti deontologici (e in Tribunale) aperti e sostenuti dagli Ordini vicini ad AP quando le ipotesi di abuso di professione erano sostanziali.
@rdon: quanto scrivi è uno slogan trito e ritrito, e pure abbastanza paradossale.
Da psicologo, non ho paura della concorrenza di non psicologi (la vera concorrenza non mi viene certo da persone che si autodichiarano impreparate nel mio settore): no, io ho paura per i pazienti con disagio emotivo che si possono trovare magari a finire nelle mani di persone clinicamente impreparate, prive (per loro stessa dichiarazione…) di competenze psicologiche, e prive di qualunque abilitazione di legge a operare su aspetti delicatissimi della loro salute psichica.
Di questo ho paura; ed è di questo che sono indignato con chi, a qualunque titolo, possa trovarsi a facilitare questo stato di cose.
@Francesca, rdon: scusate, ma anche qui non diciamo le solite imprecisioni in merito, per cortesia! Negli altri paesi, le cose non stanno affatto come dite, al contrario!
Alcuni raccontano spesso che “in America” è tutto molto più “libero”, non servono controlli pubblici, lauree o cose del genere…. col piffero!
“In America”, visto che là sanno bene che (ad esempio) il “counselling” è appunto “sostegno e consulenza psicologica”, se vuoi farlo devi sostanzialmente andare all’università, laurearti in ambito psicologico, fare un lungo tirocinio, sottoporti a controlli ed esami *pubblici*, entrare nell’equivalente del nostro Ordine (Board), etc.
Altro che corsi del tutto privati e deregolamentati di qualche settimana o qualche mese, magari su argomenti eterogenei, aperti a persone magari solo con la scuola superiore, e con “accrediti” finali da parte di elenchi e liste del tutto private, al di fuori di abilitazioni ordinistiche di tipo pubblicistico… come si sente dire che succede purtroppo a volte in Italia…
Quindi, se vogliamo parlarne ne parliamo, ma senza fare rappresentazioni parziali o imprecise di quanto avviene all’estero, grazie.
Gent.le Pezzullo. In America non è proprio come lei dice. Certo, ci dobbiamo intendere sui termini e sul loro significato. Ma ricordo che in USA non esiste nessun “Ordine” come lo concepiamo noi. In una societá liberale come quella statunitense sarebbe visto come un monopolio insostenibile a livello di mercato. Quindi ( e lo so per aver frequentato l’ambiente) ogni stato ha una sua regolamentazione in merito. Al di lá delle distinzioni concettuali, che divengono poi sostenziali, mi preme dire, solo per precisione, che si deve tener conto del fatto che le due professioni, di psicologo e di psicoterapeuta, sono limitrofe, ma la seconda non presuppone la prima. Sono quindi sganciate. Gli psicologi hanno specializzazioni loro che non includono la psicoterapia. Alla formazione della quale sono ammessi anche altri professionisti con altre lauree, non necessariamente di ambito psicologico (filosofia, per esempio). Per esempio, le famose ricerche sull’elaborazione del lutto, denominate “continuing bonds”, sono svolte da una tale Silverman, che ha un background di studi come social worker, non come psicologa. Ha certamente ragione lei, comunque, che negli USA il counselling ha uno status anche più riconosciuto della psicoterapia (esiste infatti l’american counseling association, diffusa in tutto il territorio, e non un’associazione nazionale di psicoterapeuti) e che l’intervento di counseling è considerato a tutti gli effetti una “terapia” (Rogers docet). Ma basterebbe anche solo guardare certi telefilm americani in lingua originale per capirlo: quando un personaggio consiglia ad un altro di fare terapia, lo indirizza a fare “counseling” (questa è la parola usata). Resta il fatto che quando il personaggio va a fare “counseling” non necessariamente si trova di fronte uno psicologo, nè tantomeno un semplice laureato in psicologia, anche quinquennale. Grazie
…naturalmente confermo anche che esistono i “boards” in USA. Ma i board semplicemente valutano la preparazione e rilasciano la licenza, ma non ci si iscrive poi ad un ” board”. Non è obbligatorio iscriversi a nulla per poter praticare la professione dopo che si è ottenuta la licenza dal “board”. È del tutto volontaria l’iscrizione del professionista ad una associazione che ne può ulteriormente accreditare le competenze e offrire un luogo di appartenenza dove incontrare colleghi, fare altra formazione, ecc. Ma non è, ripeto, obbligatorio iscriversi, bensì atto volontario. Quindi equiparerei il “board”, che ne so, ad un Ente ministeriale (oggi da noi sono le commissioni d’esami presso le universitá…), non all’ Ordine degli Psicologi.
…dato che la verifica del mantenimento dei requisiti per la licenza è periodica, lo equiparerei… che ne so… ad una forma di autorizzazione all’esercizio, con finalità pubblicistiche (cioè che la gente sappia che quel tizio ha i requisiti per esercitare)? mi pare tutto meno che il libero esercizio di una professione, come si vorrebbe far credere.
Non è questione se sia o meno il libero esercizio di una professione. Gli psicoterapeuti puri, negli States, per esempio, non hanno alcun organo autorizzatorio. Il fatto che il “board” dia la licenza ai counselor e l’associazione professionale li accrediti (ma non sia obbligatorio per legge iscriversi a quest’ultima) fa di quello americano un sistema misto. Rimane il non obbligo ad iscriversi all’associazione professionale. È come se da noi ci fosse l’autorizzazione alla pratica, ma non l’obbligo di iscriversi all’ Ordine, ma la sola facoltá di iscriversi in modo volontario ad una associazione professionale, che richiede ai suoi associati, per farne parte, di adempiere a degli obblighi di aggiornamento professionale. Se non si seguono tali standard, si esce dall’associazione professionale, ma non si perde la licenza. Easy.
Sono molto d’accordo con chi auspica l’abolizione di TUTTI gli ordini professionali, che sono un retaggio del fascismo corporativo e non esistono in nessun’altra nazione. Ma credete davvero che ci voglia un’ordine professionale per tutelare l’utenza? Quanto alla qualità della preparazione degli psicologi, ci sono molti modi per garantirla. Diciamo la verità: l’unico scopo VERO dell’ordine degli psicologi è quello di fare lobby per cercare di non “cedere fette di mercato” ad altre figure professionali. Che tristezza! Che grettezza! P.S. Io sono uno psicologo che ha studiato a Urbino.
Che gli ordini non esistano in nessuna nazione è falso, e la invito a dimostrare il contrario portando esempi concreti e riferimenti pubblicamente consultabili. Due esempi a caso: nel Regno Unito e negli USA le professioni hanno le medesime regolamentazioni che in Italia (veda ad esempio la British Psy Association), l’unica differenza è nella forma organizzativa e nel nome delle istituzioni che tengono l’elenco dei professionisti abilitati e curano l’accertamento della formazione. Può verificare facilmente, non ci vuole molto, contro il fascismo corporativo del luogo comune oggi c’è google.
Gent.le Zanon, vado regolarmente in Uk a formarmi alla BPS, qujndi credo di conoscerla un po’. Non è un ente che “autorizza” alla professione, cui è obbligatorio iscriversi per praticare. quindi non è paragonabile all’Ordime. Inoltre, la BPS non ha psicoterapeuti mamsolo psicologi, tra gli associati. Come sa, le professioni di psicologo con le sue 7 specializzazioni post laurea, E quella di psicoterapeuta sono scollegate. Ai corsi di psicoterapia sono ammesse anche altre lauree, e soprattutto persone che dimostrino una certa maturitá personale. questione nasce, diciamo così, dal basso. Alle 7 specializzazioni post laurea per psicologi sono ammessi solo laureati in psicologia (non “psicologi” perchè il titolo di psicologo, senza specializzazione, non è protetto in UK). In UK si protegge il “titolo” di psicologo con specificazione della specializzazione, il che significa che chiunque può dirsi “psicologo” ma non, per esempio, “counselling psychologist” o “clinical psychologist” oppure “art psychologist”. L’ente deputato a tale tutela è l’HCPC, non la BPS. Il titolo di “psicoterapeuta” non è un titolo protetto in UK. E nonostante ciò la gente va dagli psicoterapeuti (che possono non essere psicologi) lo stesso. Altra cosa è se si va ad operare, per esempio, nella sanità semi-pubblica quale è quella inglese. Lì è il datore di lavoro che chiede che il professionista sia accreditato: se è uno psicologo con specializzazione post laurea (lo psicologo non specializzato non conta nulla, è un semplice laureato e basta. la specializzazione è di 4 anni, con lavoro personale su di sè, simulate, tirocini, ecc.) chiede che abbia il titolo protetto e sia accreditato da HCPC, se è invece uno psicoterapeuta, che sia accreditato da UKCP, BACP, ecc. Non si entra con concorso, ma con colloqui e prove. Per entrare a far parte di questi enti, tipo HCPC, BPS, UKCP, BACP, COSCA (in scozia), ecc. non si fanno esami, ma vi sono altre procedure, ma soprattutto,mse si è frequentato un corso (pubblico o privato) da loro accreditato, la cosa va quasi in automatico. Questomper la precisione
Guardi, facciamo che per onor di verità mettiamo qui il link al sito della BPS, dall’eloquente titolo: ‘Regulation of psychology’. Faccio sommessamente notare che dentro a ‘Psychology’ in UK c’è pure una strana cosa che si chiama ‘Counselling’, e che richiede un ‘Professional Doctorate or equivalent’: è uno dei sette titoli protetti.
Pensi lei che spiegano addirittura a cosa serve, questa regulation:
What is statutory regulation?
Statutory regulation exists to protect the public against the risk of poor practice. It works by setting agreed standards of practice and competence by registering those who are competent to practise and restricting the use of specified protected titles to those who are registered.
Aprire per credere: http://www.bps.org.uk/what-we-do/bps/regulation-psychology/regulation-psychology
Il link che lei mette, riporta, come dicevo, che non la BPS, ma l’HCPC è colei che “protegge” i titoli. Quindi la BPs non è un ordine. Il Counselling Psychologist è uno dei professionisti il cui titolo è protetto. Ho fatto un seminario di avviamento a tale corso e ne conosco bene il curriculum. È un corso quadriennale post laurea, non un corso di laurea qualsiasi. Inoltre, in UK, si può essere counselor senza essere psicologi, come sa, e accreditarsi presso la British Association of Counselling and psychotherapy o altri professional body. Comunque, per entrare nell’hCpc non si fanno esami di stato. Se vuole le do nomi di psicologi italiani che sono entrati in quel sistema che protegge titoli, non autorizza professioni. E comunque ripeto che il counselor è una cosa e il counselling psychologist un’altra. Questo è chiaro a qualsiasi cittadino inglese
…insomma, non insisterei a coler comparare HCPC o ACA o APA o altro presente nei paesi anglo-sassoni, al nostro Ordine. La volontarietá di iscrizione, in quei paesi, rimane diversa dal nostro obbligo. Inoltre, in UK, ripeto, è protetto il titolo, e si incorre in abuso solo se si usa quel titolo. Se, per esempio, ci si dichiara solo Psicologo (Psychologist) senza ulteriore specificazione, paradossalmente si sta usando un titolo non protetto. Inoltre, il titolo di counselor e quello di psicoterapeuti non sono neanche protetti. Ci si potrebbe immaginare che in UK sia pieno di gente che abusa della professione. E invece non è così. Si guardi le statistiche. Inoltre si persegue chi si connota con un titolo protetto senza aver svolto uno dei corsi accreditati dalla HCPC e lo si condanna eventualmente a non usare più quel titolo. Ma può continuare a svolgere la stessa professione, se vuole, con un altro titolo non protetto. Non sto dicendo che questo sistema è migliore di quello ordinistico italiano. Sto dicendo che non corrisponde al vero che in UK, o USA, vi siano gli Ordini come da noi. Grazie
…e, solo per farle notare, nel testo che ha riportato lei in Inglese, si parla di “poor practice” non di abuso professionale. Fa una bella differenza. Si tutela chi ha un “titolo” (le lauree non hanno valore legale in UK) perché ha frequentato certi corsi (gestiti privatamente o pubblicamente, ma accreditati), da chi questo titolo non ce l’ha, e questo rende visibile una differenza al pubblico. Non si impedisce ad altri di svolgere una pratica, solo gli si dice “non puoi assegnarti questo titolo se non hai fatto questi corsi” (e non tutti i corsi universitari sono accreditati dall’HCPC). Di seguito può vedere che i titoli di counsellor e psicoterapeuta, dopo una prima valutazione, nel 2011 sono stati esclusi da questa norma (il che non significa che sia pieno di abusanti tali professioni e che la salute mentale dei cittadini britannici sia a rischio….anche perché vi sono associazioni professionali che garantiscono della qualità dei loro iscritti e di cui il pubblico è a conoscenza) http://www.hcpc-uk.org/aboutregistration/aspirantgroups/psychotherapistscounsellors/
Io penso di si, perché se é vero che certi ordini (non molti in verità) sono effettivamente strutturati per garantire il privilegio di pochi gli altri servono a tutelare una professione. Se non c’é un albo professionale chiunque può scrivere sulla porta psicologo, architetto, ingegnere, medico ecc.
Per altro non é vero che gli ordini non esistano in altri paesi, per citare un caso lapalissiano l’ordine dei medici mi risulta che esista (per fortuna) in tutta Europa e anche in altri paesi.
Hai perfettamente ragione.
Condivido vi sia un eccessivo accanimento contro i counselor. Sono un educatore laureato senza essere tutelato da nessun ordine, ho quasi terminato il master in counseling trovando arricchente il percorso svolto anche per la mia professione. Ma non sarebbe meglio porre l’accento sulle reali competenze acquisite dalle singole persone? Di fatto non mi risulta ci siano pubblici concorsi per counselor ed un professionista se non è bravo .. Ne frega 1 ma il secondo già è improbabile!
Vede, come sempre c’è un fraintendimento di livello: la bravura personale non c’entra assolutamente nulla con la tutela dello Stato su talune attività. Io potrei essere un ottimo guidatore di aeroplani di linea, e anche bravissimo a operare appendiciti. Ma senza un brevetto o un’abilitazione in medicina, bravo o non bravo, non posso pilotare aerei e operare appendiciti. Il motivo non riguarda tanto la difesa corporativa della casta dei piloti o dei chirurghi, quanto la tutela per il cittadino e la collettività che lo Stato pone su talune delicate aree: per pilotare aeroplani e operare appendiciti è lo Stato, e non i privati volonterosi professionisti, a dire cosa si deve studiare e come si deve abilitarsi. La salute psichica delle persone è una di queste delicate aree.
Infatti sta parlando di tutela della salute (anche se per esperienza diretta avrei non poco da raccontare su operato di diversi psicologi e medici.. Ma resto nella’argomento) io invece parlo di counseling, di problem solving e ritengo che vi sino altri professionisti assolutamente in grado di farlo senza creare problemi. A questo punto come Giuseppe chiedo chiarimenti su quelle zone di confine come psicoeducazione, counseling, coaching… Tutte di vostra competenza?
Salve a tutti,
io sono iscritto ad un “Ordine Professionale” dal 1997,
non hanno MAI verificato le mie competenze o che tipo di servizio do ai Clienti.
Se sono aggiornato se ho frequentato altri corsi ecc. ecc.
Il problema è che qui in Italia ci nascondiamo dietro l'”ORDINE”
perché abbiamo un timore enorme del mercato, del passa parola.
Il fatto di avere una famiglia da 31 anni, ottimo rapporto con i figli, tre anni di Master in Counseling, più due anni di supervisione, più centinaia di ore di altri Corsi (con altri Docenti) simulazioni, lavori su se stessi, feedback ecc. ecc. se non ho un foglio con scritto Università,
non so fare nulla ….. possibile??
C’è da distinguere: non è che ‘non sa fare nulla’, è che non è certificato che lei lo sappia fare. Abbia pazienza: lei ha un ottimo rapporto con i suoi figli, per cui farebbe di tutto per loro. Io le garantisco che sono bravissimo a curare le carie, ho fatto un master privato in ‘cura dei denti’ e due anni di supervisioni da un dentista… certo, non ho un foglio con scritto sopra Università e non sono iscritto a nessun Ordine, ma in fondo cosa importa? possibile che non sappia fare nulla? porti i suoi figli da me per la prossima carie, si fidi!
Il punto importante è proprio distinguere tra intervento sulla patologia e incremento della salute intesa in un senso ampio. Usando metafore simili a quelle da lei utilizzate, è chiaro che se io ho un problema ad esempio di dislessia vado ad esempio dal logopedista per curare i miei disturbi di linguaggio. Se invece non ho alcuna patologia e invece voglio imparare nuovi modi e nuove abilità per utilizzare la voce, la mia scelta potrà andare ad esempio verso un insegnante di teatro che so essere esperto nel campo. Qui c’è bisogno di una supervisione statale, di un ordine che controlli il tutto? O ancora se ho un problema diciamo posturale, una gamba che non utilizzo correttamente a causa di di qualche disfunzione al bacino o simili, mi rivolgerò al medico, all’ortopedico ecc.. ma se sono già in uno stato di salute e voglio migliorare la mia postura generale, trovare maggiore agilità e scioltezza nel corpo, migliorare l’allineamento, sciogliere tensioni ho bisogno per forza di una figura sanitaria??? Credo proprio di no, potrei rivolgermi ad un istruttore di pilates, dedicarmi allo yoga con un insegnante competente (ma senza ordine e certificazione statale) o seguire il metodo feldenkrais.. Tutto questo migliorerebbe la mia salute generale? si credo che non ci siano dubbi. Anche quella psichica certamente. C’è bisogno di figure sanitarie? La risposta è ancora la stessa. Ho attacchi di panico, vado in terapia. Sto bene, ma sento che ci può essere qualcosa di ancora meglio, raggiungere maggiore serenità, chiarezza mentale, un senso di più intima connessione con il mondo, intraprendo un cammino spirituale con un insegnante di meditazione. E’ un monaco tibetano che ha gli occhi vispi e lucenti come quelli di un bambino, ha meditato per tre anni da solo in una grotta tra le montagne, tornato nella sua comunità l’ha servita occupandosi dei poveri e dedicandosi all’insegnamento. Non ha alcun titolo di studio, nella sua vista avrà letto si e no una decina di libri. Diventare suo allievo mi ha reso incredibilmente più felice ed integro. Si può dire che la mia salute mentale si è sviluppata notevolmente ed ha ancora potenzialità di crescita. ..E’ su queste differenze fondamentali, che sembra vi ostentate a non voler comprendere, che si gioca gran parte del discorso.
A me pare che l’unica questione in gioco sia che ogni paese ha una sua propria regolamentazione nelle attività di particolare rilievo o delicatezza. Una regolamentazione si accompagna inevitabilmente a dei limiti. Ad ora i limiti sono quelli che la Legge (parlamento, non Altrapsicologia) e la giurisprudenza (magistrati, non AltraPsicologia) hanno delineato e stanno continuamente delineando.
Non piace come funzionano le cose in Italia in tema di professioni? per fortuna il paese è ancora abbastanza democratico da dare l’opportunità a tutti i suoi cittadini di provare a cambiarle.
E per fortuna, nessuno ha la pretesa di riservare per legge ad una specifica professione l’uso di campane tibetane, riti vodoo, meditazioni e compagnia cantante. Si pretende – questo si – che la guida di un’auto, l’esercizio dell’attività medica, la produzione di mozzarella o l’intervento professionale in ambito psichico siano sottoposti ad una qualche regolamentazione.
Nel momento in cui si tratta di adottare strumenti che appartengono alla Psicologia (indipendentemente dalla branca di riferimento) per poi, inoltre, adottarli in ambito “sanitario e di cura” decisamente sì.
I professionisti sanitari legalmente e deontologicamente riconosciuti in Italia oggigiorno, tralasciando le relative ‘sotto-categorie’ (per modo di dire) sono lo Psicologo, il Medico Chirurgo, il Veterinario, il Farmacista e il Dentista.
Mettere in atto terapie et similia che offrono strategie di cura, abilitazione e riabilitazione (non cito per esempio la diagnosi in quanto, che io sappia, in tale non si sfocia in genere) dovrebbe essere normalmente impedito a figure professionali come l’omeopata, il floriterapeuta, e così via (che non siano di per sé medici) includendo, naturalmente, anche il counselor.
Nel momento in cui libere professioni come il counseling com’è concepito in Italia si limitano a offrire strategie per risolvere problematiche in un contesto sociale o lavorativo non vi è nulla da ridire. Va da sé che se il soggetto non ha gli strumenti e le risorse (in termini di skills, abilità, conoscenze, capacità, e che dir si voglia) per apprendere comportamenti e strategie da adottare si sfocia già nella abilitazione e/o nella riabilitazione di funzioni, e di conseguenza nell’abusivismo.
Ciò naturalmente sta alle mie conoscenze attuali, dietro conoscenze in termini legali, deontologici, professionali. Ben vengano altri dati e altri fatti che mi smentiscano e mi facciano abbracciare nuove prospettive.
Se l’obiettivo di AltraPsicologia è quello di informare, e non essere un quotidiano di partito, si dovrebbe far notare che per accedere all’associazione di categoria AssoCounseling bisogna dimostrare di aver fatto un corso di almeno 3 anni, diverse ore di lavoro personale e di gruppo, supervisioni, oltre che tirocini ed esami, molti dei quali sono gli stessi di un corso universitario in psicologia.
La formazione che un SERIO corso in counseling propone, è una buona formazione, non minore di quella di tante università; avendole sperimentate entrambe posso parlare.
Viviamo in un mondo diverso e complesso, le Nazioni che lo hanno capito stanno eliminando gli Ordini professionali, poichè non rispondono più alle esigenze post-moderne.
Leggendo i vostri articoli sembra che lo “psicologo” sia per titolo un professionista, addirittura l’unico in grado di poter compiere alcuni atti (tra l’altro non definiti) purtroppo non è così, la relazione di aiuto, a qualsiasi livello, prima di essere una professione è una modalità d’essere, alcuni non la raggiungeranno mai neppure dopo i 4 anni di specializzazione in psicoterapia.
Per chi volesse consiglio di informarsi sul perchè e dove origina l’idea di counseling, magari si scoprirà che nasce come un diverso modo di intendere la psicologia e la psicoterapia, che sono due concetti ben distinti.
La psicologia occidentale, o almeno una parte, ha sofferto lo schiacciante confronto con la “scienza” psichiatrica, dopo 100 anni stiamo ancora facendo a gara su chi ce l’ha più lungo?
Pensate piuttosto a lottare per valorizzare i corsi universitari (diventati il salva faccia sociale di chi dopo il diploma non sa cosa fare); o a snellire il tirocinio e l’esame per l’abilitazione, sistemi diabolici per creare lavoro gratuito e indotto economico agli aristocratici ordini.
Altrapsicologia è un quotidiano di partito, dichiaratamente. Fin troppo democratico, dato che ospitiamo un contraddittorio come nessuno fa.
Scusi mi faccia capire: quindi i 3 anni proposti da Asso Counseling (che per altro vorrei proprio vedere se il numero di esami e di ore di tirocinio corrispondono anche solo lontanamente a quelli di una laurea triennale in psicologia) sono equivalenti a 5 anni di università più eventualmente 4 anni di scuola di psicoterapia successivi? Già 5 anni sono quasi il doppio del tempo…9 anni sono tre volte…e non entriamo nella qualità dei programmi e dell’insegnamento…
“La formazione che un SERIO corso in counseling propone, è una buona formazione, non minore di quella di tante università; avendole sperimentate entrambe posso parlare.”
Scusi signor Domenico mi faccia capire lei che ha sperimentato entrambe: quanti esami deve superare un counselar per ottenere il suo titolo? No perché per diventare psicologo sono dai 35 ai 40 esami sui 5 anni, due tesi di laurea, 1000 ore di tirocinio… qual’é la percentuale di persone che, una volta iscritta alla scuola di counseling ne termina con successo il percorso…non sarà il 100%? Che selezione offre una scuola di counseling rispetto ad una formazione universitaria?
La questione è complessa e non è mia intenzione schierarmi né da una parte né dall’altra. Parlo tuttavia della mia esperienza.
Di quale selezione parla? Vuole dirmi che all’università c’è selezione? Centinaia di migliaia di iscritti ogni anno, a parte qualche caso tutti arrivano alla laurea poichè, tolte le ultime prestigiose sedi, nelle altre gli esami di cui lei parla sono per la maggiore dei quiz a crocette, conosco centinaia di laureati che non hanno idea di cosa sia la psicologia eppure saranno psicologi, il tirocinio…è fortunato chi trova strutture veramente disposte alla formazione, le tesi a cui lei si riferisce sono le migliaia di scritti cestinati (a volte fisicamente) dalle segreterie?
E’ talmente scadente la formazione universitaria che l’Ordine mi costringe a sostenere un complesso e oneroso esame (come se i 5 anni, 2 tesi, 1000 ore di tirocinio non fossero sufficienti) a riprova delle mie conoscenze, non è anche questo business? Cosa vanno a pagare i milioni di euro che ad ogni sezione di esame entrano nelle università e negli Ordini?
E dopo tutto questo è garantito il mio diritto al lavoro?
Io sono stato fortunato, il mio percorso nel counseling è stato molto buono, cercavo conoscenze che l’università non ha saputo darmi, una formazione parallela che , almeno nella scuola da me frequentata non è stata da meno a quella universitaria (vi invito a visionare i requisiti di ammissione in AssoCounseling). Questo mi fa pensare e sperare che ci siano buone ed oneste scuole di counseling in Italia. Ce ne sono anche di cattive, coloro che hanno fatto credere che fare un corso di 6 mesi in counseling, imparando a padroneggiare la comunicazione efficace o altre tecniche, e con queste “guarire”, sono i primi responsabili di questa situazione.
Ci sono poi onesti professionisti che lavorano ad una regolamentazione di quella che in paesi meno corporativi dell’Italia, è una professione chiara e rispettata.
Come ho già scritto altrove, questo discorso non può essere fatto attraverso bieche generalizzazioni, piuttosto sarebbe compito degli Ordini capire perchè tante persone si rivolgono al counseling. Ma in questo momento l’Ordine si comporta come il più classico degli anziani che, non riuscendo a stare dentro il cambio dei tempi, può solo difendere a spada tratta il suo unico modo di vivere.
Qual è si scrive senza apostrofo!
Ebbene, quanto da lei detto non deve affatto essere di suo interesse. Se lei, o altri counselor, o ancora altre figure professionali vi sentite “attaccati”, sentite o sapete d’aver il diritto d’avere certi spazi in dati ambiti in base a competenze che siano accreditate o meno, dunque fate una ‘battaglia vostra’ per così dire in modo da farvi riconoscere, da migliorare, da integrare, e ‘legalizzare’ (scelta del termine volutamente provocatoria). È inutile in tal sede gettar occhio sulla preparazione universitaria degli psicologi, che si preparano comunque per lavorare in ambiti molto diversificati (per quanto poi, alla fine, possano ‘far tutto’ – inteso che un individuo che ha studiato il ramo clinico potrebbe teoricamente applicarsi senza alcun impedimento oltre quello della preparzione personale e di certi riconoscimenti in ambito “del lavoro”, volendo esser vaghi). Alle università di Psicologia ci pensano gli psicologi.
Voi pensate alla vostra condizione e a svolgere ruoli che non vi rendano di fatto attaccabili.
Qualcuno mi spiega per favore la differenza fra un intervento di psicoterapia, un intervento di counseling e uno di coaching?
Vi sarei davvero grato.
grazie per l’articolo e complimenti per il lavoro !
Grazie per il vostro lavoro. c’è ancora tanto da fare, noi psicologi dobbiamo sicuramente farci un esame di coscienza sul perchè veniamo etichettati come coloro che si occupano della malattia e non della promozione della salute in primis, oltre che maggior selezione e controllo. Il cercare di rendere il counselor una professione è puramente un interesse economico delle scuole di specializzazione per fare più corsi (giro economico non indifferente). La questione per me è molto semplice: il counseling è una tecnica non una professione: va bene insegnarla per aiutare una persona a svolgere meglio il proprio lavoro (es. un assistente sociale o un’ostetrica). Non è accanimento verso i counselor, è che come al solito in Italia si fa una norma e poi si trova l’inganno. Inoltre non è vero quello che viene riportato per l’estero; a parte che in molti casi è difficile il confronto, in Inghilterra per es. c’è il counseling Psychologist, cioè laureato in psicologia, con dottorato di clinica (una via di mezzo tra il nostro dottorato e le scuole di specializzazione), solo in Italia ci sono persone che si improvvisano counselor con corsi di 6 mesi (responsabilità anche di una certa quota di psicologi, da sanzionare).
Signor Marco,
Solo a me sembrano pochissime 1500 ore di formazione? Sono poche rispetto ad una laurea specialistica in psicologia che prevede solo di tirocinio 1000 ore, più tante tantissime ore di lezione, un test d’ingresso, vada a vedersi lei quanti esami, due tesi e un esame di stato. Non parliamo poi di chi sceglie di avventurarsi nell’odissea delle scuole di specialità: altro 4 anni con altre ore di tirocinio, di supervisione, esami e tesi finale…ora mi dica lei quanti esami dovete sostenere nelle scuole di counseling? Qualcuno viene mai bocciato? Qual’é la percentuale degli “studenti” paganti che finisce il percorso senza intoppi? Che garanzia di formazione danno queste scuole? La millantata terapia personale da chi viene effettuata?
La cosa che più mi spaventa é come possiate in buona fede ritenervi veramente competenti per fare il mestiere che fate. Ma allora cosa dobbiamo fare? Abilitiamo medici, architetti e ingegneri con un corso serale della domenica? Perché per occuparsi di psicologia dovrebbe essere diverso?
Lei cita la situazione degli Stati Uniti (tutti i Counselor la citano per giustoficarsi), ma la conoscete veramente? Sapete che qualifiche bisogna avere per fare counseling negli USA? Per non ripetere ovvietà vada a leggersi il commento del mio collega qua sotto.
Gentile neoteros, certamente negli USA, per diventare counselor, ci vogliono circa 1500 ore di formazione. Per diventare terapeuti le garantisco che non occorre essere prima psicologi: da sempre i percorsi delle due professioni sono sganciati e la formazione al counseling è concessa anche a persone con altre lauree. La questione che forse confonde ê che negli USA e in UK, per esempio, esiste una figura, il Counseling Psychologist, che parrebbe far ritenere che in quei paesi il counseling sia riservato agli psicologi, ma non è così. Quella figura è uno psicologo con competenze di counseling e terapeutiche, ma non ha l’esclusiva sul counseling, alla cui formazione e al cui titolo di counselor hanno accesso, appunto, anche persone con altre lauree o formazioni. Grazie
Signor Gianni,
sta saltando la questione a pié pari: indipendentemente dal fatto che nel mondo si possa esercitare una qualche forma di “professione di aiuto” con 1500 misere ore di formazione (non stiamo a specificare che tipo di professione e in che modo visto che non é cosi’ chiaro), a lei sembrano sufficienti? Non sarebbe opportuno un percorso più completo con un corso di studi universitario e specializzazioni successive riconosciute e non delle scuole che rilasciano, di fatto, certificati a pagamento a chiunque? (perché ribadisco non mi risulta che in Italia le scuole di counseling effetuino una selezione degli iscritti durante il percorso)? Non le sembra un po’ facile iscriversi a un corso bi-settimanale, pagare, e in tre anni essere abilitati a una professione? Ma allora le persone che danno esami, studiano per anni non hanno capito nulla? Mi dica lei che se ne esce fresco fresco con le sue 1500 ore…
Poi mi perdoni ma leggendo i commenti più sopra sulla differenza tra ordini e board mi sembra che lei stia facendo delle questioni di lana caprina proprio per evitare la sostanza: che sia obbligatorio o meno iscriversi i board servono a certificare che una determinata persona abbia i requisiti per esercitare una professione cosi’ come gli ordini. E a me sembra giusto che ci sia un organo che controlli che le persone abbiano i titoli e le capacità di fare un mestiere che sia un ordine, un board o un organismo statale imparziale. Adesso come adesso in Italia per diventare Counselor basta un corso triennale, alcune scuole accettano anche persone che hanno solo il diploma e neanche una laurea (come se una laurea in matematica per citarne una potesse servire a qualcosa in questo ambito). Mi dica lei se si farebbe operare da un medico laureato in filosofia con un “corso triennale in medicina”? Farebbe progettare una casa da un laureato in lingue con un “corso triennale” in architettura?
Gentile neoteros, lana caprina o meno, anche la lana caprina è una realtá fattuale. Piaccia o non piaccia. Non è l’Ordine infatti che ci autorizza. L’Abilitazione non l’abbiamo avuta dall’Ordine. Non paragonerei poi la professione di medico a quella di psicologo o di psicoterapeuta, solo perchè alla psicoterapia hanno accesso i medici (impreparatissimi in psicologia, nella mia esperienza). Guardi, io sono psicologo, psicoterapeuta e financo ho frequentato uno di quei corsi triennali che lei considera scarsi. Quindi ho fatto l’universitá (si figuri, ho anche 2 lauree) e parlo per esperienza personale e non per sentito dire. Se lei mi chiede se i 5 anni di universitá ed il tirocinio siano sufficenti per prendersi in carico la sofferenza psicologica delle persone, le rispondo di no. Se lei mi chiede cosa farei, le direi che accanto ai libri e agli esami e ai tirocini, servirebbe, come ho visto fare nelle universitá in UK una formazione esperienziale: molte ore di sedute videoregistrate, con successiva analisi, supervisione sui casi, lavoro su di sè (terapia personale, per conoscersi e conoscere/acettare i roorpi limiti, ecc.). Cose che non mi risulta si facciano nelle universitá in italia. Se si fanno, mi scuso per la mia mancanza di informazioni aggiornate. Sulla selezione. Forse ha ragione lei. Ma non si fa neanche all’universitá. E un esame dove mi si mettono le crocette sulle cose che si sanno ( non che si sanno fare), provano solo la conoscenza teorica del mondo. In UK c’è il numero chiuso. Qui no. Infatti in UK ci sono la metá degli psicologi che ci sono in italia. È un fatto.
Signor Gianni, mi spiace ma mi permetto di dubitare delle qualifiche che millanta. Perché chiunque abbia fatto un percorso di studi simile al suo non puo’ che arrivare alla stessa conclusione: 5 anni di universitá ed il tirocinio NON sono forse sufficenti per prendersi in carico la sofferenza psicologica delle persone, ma SONO una condizione necessaria, forse non sufficiente ma necessaria, per farlo. Semmai il problema é riformare le facoltà di psicologia e le scuole di psicoterapia NON abilitare qualcuno a prendersi carico della sofferenza psicologica delle persone con in misero corso triennale non regolamentato. Ill problema é questo tutto il resto sono chiacchiere.
Siccome sono inglese, le posso assicurare che in Uk non ci sono le facoltà di psicologia a numero chiuso! robe da matti. Proprio! e che ci si può laureare anche per diventare il counselor… dato che non esistono lobby. DI un paese deve piacere tutto, non solo ciò che comoda… E il counselor non può esercitare più di 20 ore a settimana per paziente: un bel pò di differenza da quello ch andate vaneggiando quì. Grave che uno psicologo straparli di quello che non sa.
La sua informazione è molto parziale: in UK non si esercita se non si è chartered psychologist, certificati BPS. Ne accreditano circa 500 nuovi l’anno. Ovviamente si può esercitare pure senza, ma con scarsi risultati concreti. La BPS certifica pure i corsi universitari per diventare psicologi, con la conseguenza che sicuramente non c’è il numero chiuso, ma altrettanto sicuramente sono pochissime le università veramente appetibili, e questo rappresenta di fatto un limite iniziale.
Insomma, parliamo di due sistemi completamente diversi e non paragonabili: accreditatorio in UK e autorizzatorio in Italia.
La differenza è dunque sostanziale: sistema statalista, sistema liberale o sistema misto, senza obbligo di iscrizione ad un Ordine. Del resto la UE ci chiede da tanti anni di togliere l’obbligo di iscriversi ad un Ordine per poter praticare la professione. Ci aveva chiesto di togliere la tariffa minima e il divieto di farsi pubblicitá e la legge Bersani lo ha fatto. Toglierebl’obbligo di iscrizione all’Ordine è più complicato in Italia. Soldi e potere circolano. Ma in fondo si tratta solo di scegliere se essere uno stato socialista-centralista o uno liberale. Entrambi hanno vantaggi e svantaggi. P.s.: continuare ad equiparare lo psicologo al medico non ci favorisce. Sospetto che l’area “occupata” dai counsellor sia un’area sociale che gli psicologi hanno lasciato scoperto negli anni per inseguire il paradigma medico-sanitario e il suo apparente prestigio sociale. Che oramai non ha più. Anzi. Mi pare che su questo Altrapsicologia possa essere d’accordo.
Gentile signor Gianni, Lei mi commuove! Tanta lucidità e coraggio nel parlare qui così chiaramente mi fa pensare che forse si può ancora dialogare e che pubblicare proclami dai toni trionfalistici per scaldare la piazza non aiuta ne’ a fare chiarezza ne’ a migliorare un servizio.certo fa molta tristezza vedere professionisti che usano la svalutazione di altre categorie per trovare un posto al sole. Mai il mio dentista si è sentito minacciato dall igienista dentale, mai il mio ginecologo si è,sentito minacciato dalla ostetrica…….ognuno fa il suo pezzo. Certo la mia igienista non mi cura la carie altrimenti la denuncio e la mia ostetrica non mi opera per un fibroma altrimenti la denuncio……si tratta di stabilire chi fa che cosa è fino a dove.
Comunque nonostante l’articolo qui sopra riporti come un successo il DOPPIO STOP vorrei chiarire che AL MOMOENTO NON È’ STATO DATO ALCUNO STOP AI COUNSELOR E NESSUNA MISURA CAUTELARE E’ STATA ACCORDATA PER LASSOCIAZIONE DI CATEGORIA PER LA QUALE ERA STATA RICHIESTA,!!! NOT YET, !
Gentile Sonia, rimane però un problema. E cioè che pure i counselor non sono dei santi. Nel senso che in Italia usano tutta una serie di escamotage linguistici per smarcarsi da un fatto evidente anche agli sciocchi: che in tutto il mondo counselling e psicoterapia vanno a braccetto, e, pur con differenze, si occupano di terapia. Nessun counselor straniero direbbe “io sono un counselor e non mi occupo di terapia, ma di benessere relazionale”. Se lo dicesse, non solo gli riderebbero in faccia, ma perderebbe pure quasi tutti i clienti. Quindi, il problema rimane anche che, fatta la Legge, si è trovato il trucco di aggirarla, semplicemente dicendo che il counselling non è terapia (ma solo in Italia, perché altrove lo è). Ciò, ripeto, dipende dal fatto che altrove in Europa e nel mondo l’accesso alla psicoterapia non è riservato a psicologi e che le due professioni sono sganciate, e quindi quasi tutti i corsi sono corsi di counselling E psicoterapia, nel senso che sono lo stesso corso, organizzato in 2 moduli. Quando i counselor italici mi dicono che loro si occupano d’altro che non sia terapia, o ci sono o ci fanno. Se proprio gli psicologi dovessero battere una strada per difendere il loro diritto di essere solo loro a fare il counselling, dovrebbero e potrebbero portare argomenti a loro vantaggio solo riferendosi alla vicinanza tra counselling e psicoterapia, non tra counselling e psicologo. Gli psicologi, con la sola laurea in psicologia e l’anno di tirocinio (e quindi con una preparazione da “psicologi accademici”), non lo sanno fare il counselling e lo scambiano per la “consulenza psicologica” (differenza che oramai anche i giudici hanno compreso), o la supponenza di chi, dall’alto della sua laurea, pensa di dire agli altri cosa debbono fare (perché l’hanno studiato sui libri con cui poi hanno fatto un esame, naturalmente). Su questo penso che sarebbe d’accordo anche il “collega”, come lo chiama qualcuno, Rogers.
AL MOMENTO NESSUNO STOP AI COUNSELOR!!
AL MOMENTO NESSUNA MISURA CAUTELARE NEI CONFRONTI DI ASSOCOUNSELING (richiesta alla quale il CNOP sembra aver rinunciato)
IL TRIBUNALE HA RIMANDATO LA DISCUSSIONE IN MERITO AL PROSSIMO 15 OTTOBRE 2015
PERTANTO NESSUN DOPPIO STOP COME L’ARTICOLO PROCLAMA! NOT YET
Con riferimento al percorso formativo vorrei chiedere qual’e la percentuale di studenti iscritti a psicologia che non si laurea, quale la,percentuale di esaminati al l’iscrizione all’alba che non passa l’esame, quanti sono gli studenti nelle scuole di psicoterapia che,vengono fermati !
Scusate come mai il mio post e in attesa di moderazione da quasi 24 ore?
La redazione di Altrapsicologia non funziona a tempo pieno per moderare i commenti.
Salve a tutti, sono uno psicologo da 16 anni. Saro’ molto breve. Ammiro altra psicologia per la battaglia che sta portando avanti, giusta e corretta. Ora vorrei fare una domanda ai counselors:” chi ha ideato il counseling? Definito anche terapia breve?”. Rogers vero? Chi e’ Rogers? Uno psicologo vero? Bene…abbiamo assodato il primo punto. Passiamo ora alla seconda domanda:” dato che e’ terapia breve, quale e’ il focus di intervento per il cliente che me fa domanda?” Questa risposta la lascio ai counselors non psicologi. Ma la vorrei chiara e precisa. Sta qui, in questa risposta, il succo della serieta’ dell’intervento di sostegno. Attenzione pero’, visto che non e’ un gioco e c’e’ in ballo la salute psichica dei clienti, se non si hanno risposte, come ovvio, o se le risposte sono alquanto velleitarie, siete pregati di riporre il diploma tanto faticosamente conquistato (3 anni a suon di quattrini non di esami duri e tosti con professori di livello) e dedicarvi al vostro mestiere di partenza. Attendo la risposta grazie
Sono un counselor professionista ad indirizzo Analitico Transazionale (AT) e CTA trainee, nel campo di applicazione del counseling (cioè che sta conseguendo il certificato di AT a livello internazionale – quindi a cui la comunità scientifica internazionale di AT sta per riconoscere, dopo tanto tirocinio e supervisione, che conosce e sa applicare l’AT in lettura e intervento). Inoltre sono iscritto nel registro del CNCP. Questa premessa sul titolo è voluta, perchè già “la dice lunga” su questa eterna e annosa e sterile lotta campanilista e tipicamente italiana (una delle poche nazioni europee in cui esistono ancora gli albi… ancora per poco!!!). Sappiate anche che la vostra categoria all’estero e nel mondo anglosassone si prende beffe di voi che avete intrapreso questa lotta contro “i mulini a vento”. Dicono infatti che gli psicologi italiani hanno paura e che più si limitano a dire più quello che non bisogna fare, invece di di dire quello che bisognerebbe fare. Infatti un conto è (giustamente ritengo!) pretendere professionalità e competenza, un conto è fare la “guerra tra poveri”… perché di questo si tratta, siamo onesti (tutti e intellettualmente! La coperta è corta per tutti e i soldi sono sempre meno… scusate ma non ho paura di essere politicamente scorretto… dietro i bei paroloni della garanzia della salute della gente, c’è soprattutto la garanzia del futuro del portafogli di tutti!!! Cosa altrettanto legittima perché non si campa di aria, ma senza mischiare etica e deontologia col giusto compenso… per favore!).
Caro Mauro il giochino della parola counseling, permettimi, è di bassa lega perché priva di contenuti e pertanto non dai proprio nulla per assodato. Io oltre a Rogers mi rifaccio soprattutto a Berne che non ha mai parlato di counseling, ma aveva le idee chiare sulla relazione di aiuto. La parola counseling sai bene che Rogers l’ha usata intendendola con l’accezione che dai tu, ma sai anche bene (ne sono certo e me lo auguro per te e per le tue competenze!) che il mondo anglosassone l’ha fatta sua e la ripropone oggi in riferimento alla relazione di aiuto di natura non patologica… per cui altro che assodato il primo punto!!! Non si è assodato proprio un bel niente anzi la scelta del termine “counselor”, anche per i counselor (scusa il gioco di parole) è dato dal fatto che in italiano non esista un termine adeguato a tradurre bene ciò che è il counseling che “non è” una consulenza, che “non è” dare consigli, ecc… come vorrebbe la traduzione letterale del termine (per cui si è scelto di lasciarla in inglese o americano, a seconda di come la si scriva). Se poi cade il primo punto, mi spiace non regge neanche il secondo visto che nel counseling (dei counselor) non c’è alcuna treapia (nè breve, nè lunga!) o diagnosi o quant’altro non attinga alla sfera socio-educativa, e se qualche counselor dicesse il contrario sappiate che siamo noi counselor per primi, che lo perseguiamo a protezione del buon nome di tutta la categoria (cioè coloro che si sono coscientememte formati e svolgono la propria professione deontologicamente e nei propri confini).
Circa i focus che citi sai altrettanto bene che in Rogers sono tre: il cliente, il counselor, il problema… se il focus è sul cliente e non è di natura patologica, ma richiede l’empowerment della persona (che vi piaccia o no!) il counselor adeguatamente formato può aprire un Contratto con il cliente. Non vado oltre questo perchè la tua provocazione “voglio una risposta precisa”, mi arriva come un messaggio “ulteriore” di sfida che rischierebbe di farmi agganciare nel Gioco “Ti ho beccato…” di berniana memoria (se non sai cos’è leggi “A che gioco giochiamo” di Berne sui giochi psicologici). Potete rifiutare la cosa, ma andreste nella “negazione” e nel rifiuto difensivo, il che non vi qualifica come psicologi, in AT si direbbe che state “svalutando”, cioè una parte di voi non vuole vedere questa cosa, la scotomizza (chiedetevi perché!). Sta di fatto che di fronte a tanta incompetenza c’è anche tanta competenza, che purtroppo per la categoria degli psicologi, tanti si sognano! Nel senso che purtroppo ho visto psicologi che non sanno porre le basi per un buon Contratto di lavoro o di setting e non sono adeguati nell’ascolto attivo o peggio, mettono i bocca al cliente cose che il cliente neanche lontanamente voleva dire… ma soprattutto con l’arroganza di non smuoversi, ma di “Ridefinire” la realtà in una pessima gestione del transfert e del controtransfert. Per non parlare poi di quegli psicologi (anche questo ho visto, purtroppo… e non sono pochi!!!) che si improvvisano psicoterapeuti improvvisando lavori sul profondo, senza avere la benché minima competenza per farlo, o peggio si improvvisano psichiatri proponendo farmaci da far prescrivere (ovviamente) dal medico di base (da galeraaaa, non solo da radiazione!!!). Vogliamo parlare poi di quegli psicoterapeuti che non sanno fare gli psicoterapeuti e fanno del counseling, invece di lavorare sul profondo e sull’intrapsichico del cliente?! Insomma ce n’è per tutti e di tutti i colori!
Non è una semplice accusa del tipo “specchio-specchietto” (avete presente il giochino che facevamo da piccoli!), ma quello che da nessuno ho sentito dire (nè psicologi nè counselor) nei tanti commenti a questo post è la vera questione: quella dei CONFINI. Cioè dove inizia e dove finisce la sfera di intervento e la specificità soprattutto, di counselor, psicologi junior, psicologi senior, psicoterapeuti e psichiatri. Mi stupisco quando sento dire che quello che fanno i counselor è di competenza degli psicologi junior. Sarebbe bello che fosse così (anche se non di esclusiva proprietà, chiaramente). Ma i vostri “blasonati” corsi di studio non formano al counseling, fatevene una ragione, vi manca il trainig pratico che non è il vostro tirocinio. Voi psicologi, attualmente siete formati per altro (test psicometrici, diagnosi e quant’altro) e se anche si inserisse nei corsi di studio il training al counseling (come si inizia a fare da qualche parte) sappiate che lo si fa non in maniera “retroattiva”, cioè state attingendo per la vostra formazione futura ad una competenza che ormai appartiene da anni ad un’altra categoria: quella dei counselor (che ci può stare come cosa, ma che a maggior ragione non la rende proprietà esclusiva di nessuno). Il resto, mi sa tanto di “proiezione” all’esterno, di una lotta interna alla categoria psicologi (junior e senior), da quando è arrivata la 3+2 all’università. Allora o gli psicologi junior non sanno manco loro che ci stanno a fare rispetto ai senior, oppure si parla a vuoto senza conoscere i reali campi di azione del counselor, visto che gli psicologi junior hanno diverse peculiarità e strumenti che noi counselor non possiamo utilizzare perché esulano dalla sfera del counseling.
Un ultima provocazione che rivolgo a tutti, ma in particolare agli psicologi e agli psicoterapeuti (visto che per noi counselor ormai è obbligatorio, oltre al tirocinio), è la questione della terapia personale e della supervisione continua. Ci sono tanti e tanti psicologi e terapeuti che la sedia come clienti l’hanno vista col binocolo (e magari neanche con quello!). Perché non iniziate a pretendere questo innanzitutto dalla vostra categoria!!! Anche perché se vogliamo restare in tema di guadagni… una buona competenza come psicologi-counselor formatori, vi aprirebbe la strada alla supervisione dei counselor, e quindi vedete che “la coperta si potrebbe anche allungare” (se facciamo i bravi!!!). Ma ahimè è vero anche che solo i migliori sono destinati a diventare supervisori, in questo senso la legge naturale è spietata!
È vero Marco quando dici “di soldi se ne spendono tanti”, si ma non per comprarci il titolo! Forse da qualche parte avviene pure, ma nè più, nè meno che come per le scuole di psicoterapia o le stesse lauree. Così come sai bene che facoltà che vai, docente o corso che trovi, quindi non tutti i corsi universitari sono sinonimi di garanzia formativa e se mi dici il contrario, non sei onesto intellettualmente. Invece per me la realtà è di aver speso e continuo a spendere diversi soldi per le ore che professionisti (psicoterapeuti a loro volta certificati a livello internazionale) hanno dedicato e dedicano per la mia formazione e professionalità, oltre che per le mie 150 ore (ora in più, ora in meno) di terapia individuale e le attuali ore di SpV.
Detto questo spero si arrivi presto ad una situazione come quella anglosassone in cui ciascuna di queste figure lavora in sinergia davvero e sa come fare il suo “pezzo” e sa anche quando fermarsi per inviare correttamente ad una altra categoria, senza avidità o gelosie di sorta.
Buona vita a tutti!
Gentile Gianni, cosa devo dirLe? Mi trovo d’accordo con Lei su tutta la linea!
Grazie alla redazione per la risposta….in effetti ragionevole!
Gentile Mauro, a dir la verità tutti questi esami faticosamente superati………data la quantità di laureati in psicologia…..lei ne conosce tanti di fermati agli esami, o tantti fermati nelle scuole di psicoterapia? Lei ne conosce tanti che una volta laureati in psicologia sono in grado di condurre un colloquio? Quanti sono gli esami alla facoltà di psicologia che davvero servono all’esercizio della professione? Lei ci crede davvero quando parla di salute psichica dei pazienti??? Perché se fosse così e dal vostro interno che dovreste,partire per selezionare serietà e qualità di formazione. Ci sono psicologi che si laureano on line ! Lei non pensa che sia solo una questione politica, di casta. Del resto fino a 20 anni fa glimpsicologimun albo non lo,avevano, medici e qualche illustre vostro collega, ricordo Cesare musata, si erano espressi fortemente contrari alla professione dello psicologo e consideravano la,psicologia una competenza utile a fecondare altre professioni ……..per non parlare dei molti paesi in cui il Counselling viene praticato senza tute queste lotte di quartiere ! La salute dei pazienti , gentile signore, c’entra ben poco in questa battaglia,
Gentile Sonia e gentile Domenico (colgo l’occasione per rispondere anche a lei),
si vede che non avete idea di cosa sia una laurea e di cosa preveda la preparazione di uno psicologo: esami a crocette? Ricordo di averne sostenuti forse due o tre in tutto nel corso dei miei studi e per altro erano sempre seguiti da un orale (non stiamo a discutere sul fatto che per esempio negli USA tutti gli esami vengono svolti tramite quesiti a scelta multipla). Il percorso é molto duro e io ho conosciuto tanta gente che non ha passato neanche il test di ingresso e altrettanta che si é persa per strada. Oggi come oggi prendere una laurea, qualsiasi, non é comunque una passeggiata. Se siete laureati dovreste saperlo se non lo siete, beh si spiega tutto. Ribadisco quanto scritto sopra: una formazione completa consistente in un corso di laurea e in una scuola di psicoterapia forse non prepara automaticamente alla professione, ma sicuramente é una condizione necessaria seppur non sufficiente. Quindi non vedo come possano essere più preparati dei counselor che non hanno fatto nemmeno la metà del nostro percorso.
Egregia Sonia, lei non è aggiornata e le spiego perchè, è vero che ci sono corsi online nelle facoltà di psicologia ma le attività online sono solamente le spiegazioni e in generale le attività di apprendimento, gli esami vanno poi fatti in presenza come nelle università tradizionali! Un corso online non ha nulla da invidiare ad uno tradizionale, anzi molti atenei anche pubblici e famosi si stanno attivando per fare corsi on line nelle loro università, come l’Università degli studi di Padova che ha attivato il corso Psynet. Anche l’università di Torino ha attivato corsi di questo tipo ma non ricordo se c’è anche psicologia. Altre università on line famose sono ad esempio la Uninettuno e la Unimarconi e se non sbaglio fanno entrambe corsi di psicologia. I professori che spiegano sono molto conosciuti.
Quindi quando dice che molti psicologi si laureano online, con un tono come per dire che sono poco preparati l’avviso che è assolutamente in errore. Avevo pubblicato qualcosa di simile tempo fa ma la redazione non ha pubblicato, probabilmente per una svista, dunque ripubblico e colgo l’occasione anche per esprimermi meglio.
Cordiali saluti
Fanno del bene solo gli psicologi e solo del male i counsellors?!
COME LA CHIAMERESTE QUESTA VISIONE DEL MONDO E DEGLI ALTRI (i counsellors)…
Tutela dei pazienti?!
in moltissimi commenti si parla di VOI, VOI, e solo VOI .. la vostra laurea, il vostro lavoro, le vostre competenze, voi unici in grado di fare del bene (solo per il titolo che avete…), ecc. ecc..
COME LO CHIAMERESTE QUESTO ATTEGGIAMENTO?
Forse al corso di laurea manca proprio l’obbligo della psicanalisi personale…
Nei colloqui di Counseling gli argomenti affrontati col cliente sono:
° Problemi con il/ la partner (gelosia, tradimenti, delusione, distacco….)
° Incomprensione tra genitori e figli e tra figli e genitori
° Separazione – divorzio
° Difficoltà sul lavoro (mobbing da colleghi o capi, insicurezza,sovraffaticamento…) ° Difficoltà nella scelta degli studi o del percorso lavorativo dopo gli studi
° Scarso rendimento a scuola o all’università
° Difficoltà a fare amicizie nuove (a scuola, all’università, finiti gli studi…)
° Solitudine, troppe responsabilità, troppo stress,sentirsi “il mondo sulle spalle”…. ° Ricerca del proprio benessere ,consapevolezza delle proprie qualità,crescita….
Sono tutti argomenti che attengono alle normali problematiche che molte persone si trovano a dover affrontare nella propria vita. Argomenti dei quali si parla con le amiche , magari sovrapponendo diversi aspetti del problema in maniera disordinata… Il Counselor semplicemente aiuta a focalizzare i bisogni reali che si nascondono dietro ad idee spesso confuse. Il Counselor si occupa della progettualità in un percorso di vita sano e normale: se ho difficoltà a relazionarmi con il mio fidanzato, o non ho voglia di studiare, o non ho fatto la scelta giusta all’università, o ho problemi con i colleghi di lavoro devo andare subito dallo psicologo? Non posso affrontare il problema contingente senza andare a cercarne le cause nei recessi profondi della mia mente? Con il percorso di Counseling 8/10 colloqui al massimo favoriscono il naturale processo di consapevolezza globale della persona e aiutano a migliorare tutte le forme di relazione, sociale e familiare. Invece, nei casi in cui si evidenzi un disagio particolarmente importante, per esempio un disturbo legato all’alimentazione, o alla sfera sessuale, o al legame non risolto con le figure di attaccamento…è ovvio l’invio allo psicologo perché solo lo psicologo può verificare attraverso test e altre forme di anamnesi la situazione in cui potrebbe trovarsi il cliente e decidere per lui il tipo di percorso terapeutico. Le due professioni a mio parere sono complementari.
E come vengono fatturati? intendo: con che categoria di partita iva? dove versi i contributi previdenziali? come tratti l’IVA? perdona le domande forse poco nobili, ma non l’ho mai capito.
Ciao a tutti
Sto valutando l’opportunità di iscrivermi ad un corso per counselor triennale. Sono un ingegnere biomedico iscritto all’ordine e mi occupo di igiene e sicurezza del lavoro inclusa la parte formativa. Oltre ad un interesse personale per il tema, ritengo che un approccio più “di ascolto” verso le persone possa migliorare ulteriormente le caratteristiche di benessere e sicurezza delle aziende che seguo e rafforzare la formazione che erogo.
Essendo privo di qualsiasi competenza mi sento comunque di proporvi alcune riflessioni magari ingenue.
Ho frequentato nel passato molte persone degli states e una buona parte di loro si recava abitualmente un analista…da anni. Dai loro racconti ho percepito una realtà molto differente, infatti il loro analista diventava una spalla su cui piangere, una persona a cui raccontare le piccole difficoltà del vissuto quotidiano e con il quale confrontarsi sulle perplessità davanti ad una decisione importante da prendere.
In Italia l’idea che le persone hanno dello psicologo è quella di un professionista che ristrutturando personalità compromesse si rivolge a persona “malate” nella psiche. E se ne tengono quanto più possibile alla larga…
Il concetto non è poi se questa mia affermazione sia o meno vera oppure condivisibile. Resta il fatto che questo concetto è radicato nella mente delle persone.
Di questo ritengo che siano gli psicologi a doversi interrogare…perchè le persone vedono gli psicologi così? che sia colpa di un messaggio che gli stessi psicologi hanno veicolato?
E’ chiaro che la platea delle persone non patologiche che hanno piccole perplessità e difficoltà non sono, sempre a mio giudizio, adeguatamente supportate da una categoria professionale come quella degli psicologi e dove c’è richiesta…si insinua la concorrenza.
E ancora:
Nel mio lavoro ricopro il ruolo di RSPP (responsabile del servizio di prevenzione e protezione) esterno.
Sono in possesso di diploma, laurea, esame di stato, iscrizione all’ordine, centinaia di ore di formazione e specializzazione inclusi corsi abilitanti come formatore, 20 anni di esperienza ecc ecc ecc
poi arriva un ragioniere (non me ne vogliano i ragionieri) e dopo un corso di sole 40 ore ha le mie stesse possibilità. Infatti la legge prevede, per ricoprire la carica di RSPP ed effettuare la valutazione dei rischi, il solo diploma di scuola media superiore (qualsiasi !) e il micro-corso.
Questa è la realtà. Non si dica poi che la psiche è più importante perchè vi assicuro che valutare il rischio di una macchina, del rumore, delle vibrazioni, dei campi elettromagnetici, dei chimici pericolosi e dei cancerogeni non è cosa da poco.
I counselor possono provocare danni…forse, ma come chiunque. Dopo tanti anni io commetto ancora degli errori nonostante tutta la mia pomposa formazione.
Il limite dovrebbe essere trovato nell’etica ci ciascuno. Il counselor dovrebbe rifiutarsi di continuare una relazione di ascolto appena si rende conto che la persona che ha davanti ha bisogno di altro sostegno e aiutare la persona a prendere la decisione di rivolgersi ad uno psicoterapeuta.
Il ragioniere del mio esempio di prima, dovrebbe rifiutarsi di valutare un rischio di cui non ha esperienza e chiedere un aiuto a chi ne sa più di lui.
Questo accade quando le persone mettono avanti a tutto, il benessere dei nostri simili a cui ci rivolgiamo.
Scusate la lunghezza.
ff
per quanto riguarda il post precedente, si deve aprire una partita iva con un codice opportuno (esiste un codice per le attività di consulenza nel sociale ma non mi ricordo il numeretto, comunque si trova in rete o con l’aiuto del funzionario della agenzia entrate quando si apre la P.IVA), ci si iscrive all’Inps e si versano i contributi. Dichiarazione “Unico” alla fine dell’anno fiscale.
ciao
Sai Bicio, qui stanno aprendo un corso di “consulente di costruzioni edilizie”.
E’ privato, non corrisponde a nessun titolo pubblico. Si fa in 2 settimane, e mi rilasciano l’attestato.
Non serve essere nè laureati, e nemmeno diplomati geometri; alla fine posso fare “consulenze matematiche per i calcoli strutturali” (non firmare i calcoli strutturali, sia chiaro).
Ovviamente sarò etico, e se dovessero chiedermi calcoli strutturali che mi sembrano troppo complessi, potrei inviare a qualche ingegnere abilitato.
Vuoi venire a vivere in una casa basata sulle mie consulenze?
Esempio ipotetico, ma per intenderci.
Lo psicologo NON è lo psicoterapeuta (colui che si occupa di ristrutturazioni profonde): quella è una specializzazione successiva. Purtroppo molte “scuole di counselling” ti vendono questa pseudospiegazione errata, dicendo che da un lato c’è lo psicoterapeuta che si occupa di psicopatologia e il counsellor che si occupa di “disagio emotivo”.
Ecco, errato: non è il counsellor (figura del resto inesistente in tutto il resto del mondo, se intesa come in Italia) a occuparsene, ma proprio lo psicologo (per legge e per giurisprudenza); psicologo che però stranamente tali scuole di counsellor si “dimenticano” di citare tra le figure professionali esistenti, quando propongono l’iscrizione ai loro corsi privati…
Ciao Luca e grazie per la risposta. Il mio senso di smarrimento aumenta e sono assolutamente interessato alla prossima sentenza del 15 ottobre in cui forse si fara’ un po di chiarezza. Non essendo competente esprimerei solo pareri parziali e molto prob. Errati. Preferisco affidarmi ai giudici ed esperti che sono incaricati di decidere sulla questione. Faro’ mia la loro decisione anche se contraria alle mie convinzioni e spero sia una decisione illuminata. Buon lavoro, un saluto a tutti e i miei complimenti per una tutto sommato pacata e interessante discussione.
FF
-Purtroppo molte “scuole di counselling” ti vendono questa pseudospiegazione errata, dicendo che da un lato c’è lo psicoterapeuta che si occupa di psicopatologia e il counsellor che si occupa di “disagio emotivo”.-
Dio mio… da galera! XD
ciao a tutti
ancora due precisazioni fiscali per rispondere al massimo delle mie possibilità a Federico
IVA: 22% applicata in fattura come qualsiasi altra attività di consulenza.
Il cliente non può portare in detrazione il compenso del couselor, cosa che invece potrebbe fare con la parcella di uno psicologo.
ff
Gentili signori,
io sono uno psicopedagogista, laurea in pedagogia con indirizzo psicologico, + un tirocinio di 800 ore presso l’ospedale di Careggi, a Firenze, nella sezione di alcoologia interna al dipartimento di gastroenterologia; tutto questo più di 20 anni fa. Come pedagogista ho lavorato collaborando con molti professionisti: psichiatri, psicologi, assistenti sociali e altri pedagogisti. Mi trovo in pieno accordo con chi sostiene che i counselor improvvisati non debbano essere ammissibili nell’ambito del trattamento delle problematiche inerenti la salute mentale ma allo stesso tempo vorrei indurre ad una riflessione un po’ più approfondita. In particolare vorrei mettere in guardia dall’ormai annosa tendenza alla medicalizzazione di ogni tipo di turbamento psichico con l’inevitabile conseguente medicalizzazione del suo trattamento. La veste terapeutica di un trattamento comporta, o almeno dovrebbe, l’effettiva individualizzazione di una dimensione riconducibile alla malattia, in senso stretto. Le dinamiche sociali, i contesti nei quali viviamo, la continua sibillina azione pedagogica dell’informazione a tutto campo e altro ancora, costituiscono delle potenti lenti deformanti della cognizione relazionale degli individui, in particolare degli adolescenti, ma questo, credetemi, almeno per un buon 70 – 80% dei casi non vuol dire malattia mentale. Tutto questo, soprattutto nell’ottica di una movida esasperata che diffonde l’alcolismo su larghe fasce della popolazione giovanile, non è recintabile all’interno del concetto di malattia mentale. Il disagio sociale, il disadattamento e l’alienazione, della quale parlava anche freud, non coincidono necessariamente con la malattia. Mi è capitato di trovarmi di fronte a ragazzi mandati dallo psicologo perchè problematici ma quando il numero dei “problematici” all’interno della stessa scuola si è fatto importante si è passati al sociologo, al pedagogista, al comitato dei genitori e al distretto scolastico. Domanda: dove stava la “malattia mentale?” Credo che la situazione ideale sia quella dello psichiatra e/o psicologo, che una volta preso atto dell’effettivo problema/disagio di un soggetto, là dove non si profila lo spettro della malattia, sappiano indirizzarlo ad un diverso tipo di professionista e, perchè no, anche un bravo counselor. In tutti i settori professionali ci sono i bravi e/o mediocri operatori: medici, psichiatri, psicologi, pedagogisti ecc. ecc. Negli ultimi cento anni la psicoanalisi ha dato sollievo a tanta gente, ovviamente non tutta, pur non possedendo un effettivo riconoscimento scientifico e questo vale per i fiori di Back come per altre medicine alternative. MIa moglie soffre di emicrania, abbiamo girato tutti i centri cefalee d’Italia ma è riuscita a stare un po’ meglio con l’omeopatia: il nostro medico di famiglia non voleva crederci ma è stato così. L’essere umano è e resterà sempre un mistero e il modello scientifico galileiano occidentale, tra infiniti meriti, ha anche le sue lacune. Vorrei sommessamente ricordare che, a proposito delle indagini sul mostro di Firenze, la Procura si rivolse al dipartimento di “antropologia culturale” per una migliore definizione del profilo del “mostro” in quanto la sua devianza contiene anche una dimensione culturale legata proprio alla cultura del suo abitat sociale: un modello culturale può costituire già di per se il presupposto per l’insorgere di comportamenti socialmente devianti. Lo psicologo esiga e faccia la sua parte, avendo ben presente, però, che si tratta di una parte e non del tutto.
Cordiali saluti a tutti.
che fine ha fatto il commento che ho pubblicato ieri pomeriggio?
Grazie
A.
Mi sfugge come un intervento di counseling possa determinare gravi danni .. un intervento di counseling, almeno cosi mi hanno insegnato, è breve, pochissimi incontri .. o funziona o non funziona .. se funziona non è che hai stravolto la tua vita, ma forse intravisto il percorso giusto .. certo non escludo possa determinare piccoli danni .. come qualsiasi relazione umana .. ma non riesco davvero ad immaginare come quattro cinque incontri possano risultare fatali per una esistenza, a meno che la persona più che un counselor abbia incontrato qualcosa d’altro .. un aspirante santone, un manipolatore, non so .. cose del genere .
La formazione, che ho fatto anni fa, poi nella vita ho fatto altro, è si carente sul piano teorico, ma credo mi siano state sottolineate fino alla nausea le differenze tra percorso psicoterapeutico e percorso di counseling , l’importanza del rinvio .. quel poco di intensamente teorico fatto era mirato a scorgere eventuali segnali che possano far preferire lasciar perdere .. nel senso che si sospetti che la persona di fronte a noi abbia ben altre problematiche ..
insomma un counselor è come chi fa restyling in una casa . .per la ristrutturazione pesante ci vuole l’architetto, per il rifacimento strutturale pure l’ingegnere .. Non mi pare si pestino i piedi .. l’architetto può fare anche il consulente di design d’interni, viceversa non è possibile ..
Che si mettano paletti serissimi tra le diverse professionalità non posso che condividere, anche per non trovarsi clienti con false aspettative .. che si definiscano requisiti minimi di formazione idem . .
Aggiungo che tutte le persone che all’epoca frequentarono il corso con me avevano formazione universitaria conclusa o parziale in altri campi .. esperienze professionali in determinati settori .. insomma non erano persone appena uscite dal liceo con nessun altra conoscenza od esperienza ..
Il percorso parallelo di terapia di gruppo obbligatoria è stato sicuramente fondamentale e magari qui si potrebbe dire che dovrebbe esserci già nelle facoltà di psicologia per chi sceglie altro tipo di formazione e di sbocco .. rivolto a curare patologie, ricordiamocelo .. ad intervenire in situazioni se non patologiche più compromesse .. ad aiutare anche persone ben più motivate e bisognose.
Peccato che la stragrande maggioranza degli psicologi e psicoterapeuti non sappiano nemmeno da dove iniziare per aiutare una persona con gravi problemi mentali e la loro ignoranza faccia danni enormi…. però siccome hanno i titoli giusti allora possono fare danni senza essere mai perseguiti…. Non sanno di non sapere e questo crea a volta danni maggiori dei Counselor!
che vergogna in Italia, c’è sempre una guerra tra poveri, il problema serio è come si affronta questa querelle, sarò impopolare ma ho visto Counselors che incuranti del fatto di non avere le competenze andavano oltre, appropriandosi di termini come terapia, diagnosi e questo lo ritengo vergognoso, ma ancora peggio scuole che insegnavano ipnosi a persone senza un minimo di competenze, nè Laurea nè tantomeno diploma. Penso che ognuno deve stare al posto suo…..
In passato però ho avuto necessità di consultare dei Psicologi Psicoterapeuti, per un problema legato a mioi figlio adottivo e di persone incompetenti vi assicuro ne ho trovate molte e altre invece umane ed empatiche.
In passato diventare Psicoterapeuta si poteva anche con una laurea in lettere? con quali competenze? allora quale è il problema? un gran casotto….Io sono un Counselor laureata in Sociologia e non desidero invadere campi altrui, ma penso che dalla condivisione e non dalla divisione dobbiamo partire……
Salve! Una domanda per cortesia: (premessa) un Mio Caro Amico fa il Counselor già da un po’. Anche non essendo Psicologo, gli viene riconosciuta una grande professionalità nell’ascoltare ed indirizzare correttamente le Persone che si rivolgono a Lui. La cosa è nata un po’ per caso. (La domanda); dopo il Liceo Classico si Laureò in Scienze della Comunicazione (Università Statale) con una tesi in “Psicologia della Comunicazione”. Poi conseguì anche la Laurea Specialistica in Scienze della Comunicazione Pubblica e d’impresa (Università Statale) e so che tra entrambe le Lauree ha superato brillantemente circa 10 esami che hanno a che fare specificamente con la Psicologia. Poi ha anche 2 Master Universitari in Strategie della Comunicazione ed è iscritto da molti anni all’Ordine Nazionale dei Giornalisti. È stato anche docente di vari corsi di Comunicazione e Psicologia in stati di emergenza e Direttore di diverse testate giornalistiche. Ma al di là di tutta questa formazione, vedo che molti chiedono di Lui attraverso il ” passa parola “. La domanda è: ma giuridicamente può farle queste sedute di Counseling e psicologia della comunicazione? Io non l’ho mai capito sinceramente.
Grazie, un salutone.
Purtroppo ho conosciuto psicologi che non potrebbero nemmeno denominarsi tali….e counselor bravissimi in grado per qualità umane e professionalità di dare un sostegno reale. Allora siamo davvero tutelati da gente incompetente solo perché hanno una formazione lunga ?
Anche io ho conosciuto chirurghi e dentisti che non potrebbero nemmeno denominarsi tali, e pure gente che ha la patente da vent’anni e sarebbe meglio che non guidasse. E viceversa, ho conosciuto persone bravissime che nel tempo libero praticano aborti clandestini e otturazioni di carie, con qualità umane e professionalità tali da dare un sostegno reale. E pure persone che non hanno mai preso la patente ma bravissime a guidare l’auto. Allora, siamo davvero tutelati da gente incompetente solo perché ha un’abilitazione riconosciuta dallo Stato?
Dipende dalla persona, non dai titoli che ha.
Salve, io non capisco perché voi psicologi, psicoterapeuti non volete accettare l’idea che esistano counselor preparati anche se non hanno studiato alla facoltà di psicologia. Eppure nei loro corsi studiano molte materie a riguardo che vanno più sul tecnico ovviamente, che sul retorico e teorico come fa la facoltà di psicologia.
Vi racconto la mia esperienza: avevo seri problemi di comunicazione e di conflittualità con il mio lui, ci rivolgemmo ad uno psicoterapeuta dal quale stemmo per anni senza concludere. Risultato? Litigavamo peggio di prima. Una mia amica mi consigliò un counselor e dico la verità, con lui abbiamo trovato armonia, accoglienza e serenità senza dover per forza cambiare qualcosa del nostro rapporto. Le sue parole ci leggevano dentro senza indiscrezione e senza scavare più di tanto, cosa che apprezzo’molto il mio lui. . Mi sono documentata a riguardo e gli argomenti studiati non sono certo acqua fresca! Poi proprio da questo si differenzia il counseling, che rimane in superficie ed è pur sempre utile pur non scavando come fa uno psicoterapeuta che spesso lascia VORAGINI! A me sembra solo invidia, paura che vi rubano il lavoro.