Nei mesi scorsi l’università “La Sapienza” di Roma ha avviato la riorganizzazione del proprio assetto strutturale e funzionale recependo nel proprio Statuto, con una preveggenza inconsueta, il disegno di legge di riforma del sistema universitario ancora in discussione al Parlamento (approvato al Senato ma ancora non discusso alla Camera).
Nel nuovo Statuto della Sapienza, approvato in estate, le Facoltà si riducono radicalmente di numero, per adeguarsi al massimo di 12 previsto dalla nuova riforma.
Il Senato Accademico della Sapienza ha poi recentemente definito 11 Facoltà, sulle 12 possibili, accorpando i Dipartimenti preesistenti secondo un criterio di “affinità”.
In questa ridefinizione, i Dipartimenti afferenti alle due preesistenti Facoltà di Psicologia sono stati inseriti all’interno di una delle tre Facoltà di Medicina. La nuova Facoltà, denominata “Medicina e Psicologia”, accorpa i seguenti Dipartimenti:
01 Medicina clinica e molecolare
02 Medico-chirurgico di Scienze cliniche, tecnobiomediche e medicina traslazionale
03 Neuroscienze, salute mentale e organi di senso
04 Psicologia
05 Psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione
06 Psicologia dinamica e clinica
07 Salute della donna e medicina territoriale.
L’anomalia che si registra è la costituzione di tre Facoltà (“Medicina e Farmacia”, “Medicina e Odontoiatria” e “Medicina e Psicologia”) in cui Medicina ha carattere preminente (“Medicina e …”), e che i Dipartimenti “Medicina clinica e molecolare” e “Medico-chirurgico di Scienze cliniche, tecnobiomediche e medicina traslazionale” siano stati accorpati ai Dipartimenti di Psicologia, quando sarebbero stati più propriamente inseribili all’interno di una delle due Facoltà di più spiccata natura medica.
I Dipartimenti di Psicologia, in partenza tre (“Psicologia”, “Psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione“, “Psicologia dinamica e clinica“), ai sensi del nuovo Statuto dell’università La Sapienza avrebbero potuto costituire Facoltà autonoma, eventualmente accorpandosi in maniera più propria, forse con il dipartimento di “Neuroscienze, salute mentale e organi di senso”. Tale strutturazione sarebbe stata più rispondente al posizionamento scientifico ed epistemologico della Psicologia nel panorama contemporaneo, riconoscendone il corpus scientifico e applicativo ben più ampio delle sole applicazioni cliniche e mediche.
Da ormai diversi decenni la Psicologia professionale ed accademica si è affermata in settori diversi dal tradizionale ambito clinico e medico. Il corpus di conoscenze della Psicologia si integra e contribuisce allo sviluppo di settori applicativi in ambito economico, aziendale, giuridico, del marketing, del management, delle organizzazioni sociali, del miglioramento del funzionamento individuale (in ambito personale, professionale, sportivo).
L’American Psychological Association, organismo di riferimento internazionale, mantiene al proprio interno sezioni specificamente dedicate alle applicazioni medico-cliniche della Psicologia, includendo la Medicina fra le scienze con cui la Psicologia interagisce. Mai sarebbe pensabile, in questo contesto di riferimento, che il rapporto divenisse di inclusione della Psicologia all’interno della Medicina, dell’Economia, della Filosofia o di qualunque altra disciplina.
Del resto, l’evoluzione internazionale della Psicologia tende all’ampliamento dei settori applicativi, piuttosto che alla loro involuzione. Invece, la Psicologia italiana si distingue per la sua particolarità, scegliendo di subordinare una importante istituzione accademica ad una disciplina e ad una professione altra, in un modo che ha ormai il sapore delle bizzarre abitudini di una bottega di rione, che sopravvivono grazie alla chiusura verso il mondo che cambia.
L’operazione condotta alla Sapienza è l’ennesimo errore di percorso nella Psicologia italiana, che attraverso le proprie istituzioni più rappresentative sceglie un’ottica di impoverimento culturale, applicativo e scientifico. Il recente passaggio di Ministero Vigilante (dagli Interni alla Salute) è un precedente altrettanto importante ed altrettanto significativo di una visione cieca e sorda delle istituzioni della Psicologia accademica e professionale al panorama internazionale della disciplina.
Ancora una volta, una decisione dal profondo impatto simbolico e concreto avviene attraverso manovre non trasparenti, non condivise, rese attraverso un polo minoritario di Psicologi provenienti dal settore sanitario pubblico, che non rappresentano la popolazione generale degli Psicologi (liberi professionisti che operano in svariati settori). Ancora una volta, nel più tipico stile di un’Italia che sempre più odora di vecchio, si sceglie di far prevalere gli interessi di pochi sull’interesse collettivo dei colleghi.
In relazione a questi fatti, il Consiglio Direttivo dell’associazione di politica professionale degli Psicologi AltraPsicologia:
– denuncia un’operazione culturale che appiattisce il panorama scientifico della principale università italiana, riconducendo la Psicologia ad altra disciplina, in una scelta del tutto antistorica e non corrispondente alla reale situazione professionale degli Psicologi;
– stigmatizza l’immobilismo ed il silenzio delle istituzioni rappresentative della professione e della cultura psicologica, in primis il Consiglio Nazionale degli Ordini degli Psicologi e il Consiglio dell’Ordine del Lazio, competente per territorio, che hanno taciuto e supinamente accettato una scelta che danneggia la professione di Psicologo e la formazione dei futuri professionisti, che è loro preciso mandato istituzionale tutelare;
– auspica vivamente che gli Psicologi che operano in altre università, a qualunque titolo, mantengano con dignità posizioni di valorizzazione della propria professionalità e della ricchezza della nostra scienza, pur nella piena apertura a tutte le discipline e professioni con cui la Psicologia ha sviluppato legami profondi;
– sostiene il pieno avvicendamento dei rappresentanti della professione di Psicologo in tutte le istituzioni, affinché le istituzioni di governo della nostra categoria possano finalmente rappresentare, per settore di attività, genere ed età, la composizione della popolazione degli Psicologi italiani.