Tanti quesiti nascono alla luce della sentenza 13020/2015 del TAR del Lazio.
Sarà l’inizio di una battaglia condotta dall’Ordine?
Sarà una sentenza che finirà nel dimenticatoio?
Arriverà prima la fine di questo processo o de “Il Segreto”?
Nei più frenati e reconditi desideri di molti degli psicologi che seguono la vicenda, sarebbe ben gradito il trasferimento forzato di tutti i counselor su Marte, tuttavia la domanda non può più essere evitata:
COSA NE SARA’ DEI COUNSELOR
qualora diventassero effettivamente “abusivi”?
Niente più consulenze su persone che non hanno disagio: per sapere che non c’è devi fare una diagnosi. E come fai a fare una diagnosi se non sei uno psicologo?
Ora non è che si possa mandare tutti i counselor per far compagnia a Matt Damon: stiamo parlando di oltre 2500 persone che si ritroverebbero ad aver investito tempo e denaro in una professione che di fatto non possono esercitare.
La sentenza del TAR sancisce inequivocabilmente che solo lo psicologo può intervenire nei casi di disagio psichico.
Questo noi psicologi, in fondo, lo sappiamo da sempre.
Ma cosa sapevano, invece, tutti coloro che si sono iscritti ad un corso per diventare counselor, uno di quelli, tanti purtroppo, organizzati dalle scuole di specializzazione in psicoterapia?
Sono forse troppo provocatorio o addirittura ingenuo se penso che molti degli allievi di queste Scuole sono vittime di un sistema ambiguo che offriva loro un titolo per lo meno evanescente?
Certo che non nascono troppi sospetti se ad offrirti quella formazione è un professionista di un Ordine nazionale, direttore di un istituto di formazione con il bollino verde di un Ministero della Repubblica Italiana!
IO NON CI STO A QUESTA INIQUA DISTRIBUZIONE DELLE RESPONSABILITA’,
dove tutto è colpa dei counselor.
Per par condicio ho intervistato una counselor che ci teneva a spiegare ad AltraPsicologia il suo stato d’animo. Federica (nome di fantasia) si sente tradita e presa in giro da coloro che l’hanno formata, sfruttando la sua buona fede, illudendola con un lavoro che non esiste. Questa fiducia che Federica ha posto su un diploma dato da uno psicoterapeuta con il benestare dello Stato Italiano le è costata tanto, tantissimo. Questo diploma (di per sé incompleto senza le conoscenze psicologiche, a detta della ragazza) rischia di diventare cenere.
A lei la parola.
[.] Grazie per la tua disponibilità. Presentati ai lettori.
Mi chiamo Federica, ho 31 anni e sono iscritta alla triennale di Psicologia. Frequentando il II anno ho avuto modo di venire a contatto con una scuola di Counseling che offriva dei percorsi triennali di formazione. Mi sono interessata sempre più ai tipi di approcci che suggerivano fino a decidere di iscrivermi al master triennale per diventare counselor.
[.] Sei quindi una counselor. Puoi spiegare il tuo percorso formativo?
E’ stata un’esperienza più che una formazione. Ci hanno sempre fornito pochi manuali e molte lezioni che ci coinvolgevano personalmente e nel profondo. E’ stato mirato ad un’esplorazione del nostro mondo interiore: ci hanno aiutato a far crollare le resistenze. […] Sebbene sia totalmente soddisfatta di ciò che mi hanno insegnato, ho avuto delle perplessità sulla didattica: molte ore sono state spese a guardare film su temi psicologici, con relativa discussione finale. A mio avviso, francamente, ore sprecate.
A volte è capitato anche che alcune lezioni si trasformassero in convegni dei professori della scuola nelle più disparate location. Naturalmente non assistere costituiva assenza da recuperare e noi servivamo da pubblico. Il secondo anno abbiamo cominciato anche ad effettuare delle simulate su come dovevano avvenire le sessioni di Counseling con i clienti […]. Ci hanno anche comunicato che erano obbligatorie, al fine di conseguire il diploma, una serie specifica di ore di terapia con gli psicoterapeuti della Scuola, a spese nostre. Ho trovato utile e assolutamente necessario intraprendere una psicoterapia, ma tutti noi siamo rimasti stupiti che non fosse inclusa nei prezzi della brochure da loro mostrataci. Il terzo anno abbiamo conseguito un esame orale e scritto una tesi. L’unico modo per avere il diploma (già profumatamente pagato) era, quindi, quello di conseguire circa 50 ore di psicoterapia con i loro “professori” per 70-120 euro l’ora. Immagina quanto mi sia sentita truffata essendo stata costretta a pagare 3500 euro in più. Naturalmente ci hanno sempre spiegato che c’è una netta differenza tra psicoterapeuta e counselor, ma con loro nella pratica gli strumenti apparivano gli stessi. Le simulate che facevamo erano delle vere e proprie sedute di psicoterapia, e posso affermarlo con certezza perché prima di questa scuola di Counselling avevo avuto modo di affrontare delle problematiche da uno psicoterapeuta e non ho riscontrato nessuna differenza tra le mie personali sedute di psicoterapia e quello che ci veniva insegnato nelle simulate.
[.] Cosa facevate in queste simulate?
Potevamo portare delle problematiche inventate o reali. L’attenzione era posta sulla persona, su tutto il linguaggio non verbale, sulla comprensione del contenuto reale di ciò che raccontava, eravamo attenti a non dare consigli, ma a condurre autonomamente l’individuo verso una propria conclusione e una propria visione. C’era la possibilità di “investigare” sul passato del soggetto per cercare delle soluzioni al suo problema.
[.] Cosa intendi per “investigare sul passato”? La difesa dei counselor è che loro si occupano del qui-e-ora, mentre il passato lo lasciano ai terapeuti…
Infatti in linea di massima ci è stato spiegato che il counselor deve, in un massimo di 10 sedute, provare a risolvere le problematiche del “cliente” cercando di restare nel suo vissuto attuale, ma alcune volte è quasi indispensabile indagare sul suo passato e molto spesso accadeva.
[.] Ma nel concreto cosa fa il counselor secondo i tuoi formatori?
La loro definizione di counselor è “esperto nella relazone d’aiuto”, ma l’impostazione è identica alla psicoterapia gestaltica. L’impostazione consiste nel sedersi l’uno di fronte all’altro e cogliere fin dall’inizio azioni e gesti non verbali, perfino la puntualità e la telefonata precedente. E’ indispensabile che il counselor sia certo di aver compreso i messaggi del cliente. E’ naturale che riguardo una problematica attuale si vada a scavare nel profondo, facendo fare associazioni e analizzando il rapporto con i genitori, l’educazione avuta, il perché ci si reputi intollerante ad un certo comportamento, ecc. ecc. Il punto cruciale è che noi non apprendevamo tramite manuali, ma tramite la nostra analisi, ed essendo la nostra analisi psicoterapia, era automatico che apprendessimo ad interpretare i sogni, le associazioni e il metodo dei nostri formatori.
[.] Hai mai avuto la possibilità di lavorare dove ti è stato raccontato?
Ci è sempre stato detto che grazie ad una famosa società di Counselling era possibile l’iscrizione all’Albo dei Counselor (Albo che in realtà non esiste in quanto si tratta di una semplice lista senza valore legale) e quindi era regolare e legale come professione e che avremmo potuto esercitarla nelle scuole, in uno studio privato, nelle aziende e cose simili, [..] ma nessuno dei miei colleghi degli anni precedenti, che io sappia, sta lavorando in questi ambiti come counselor.
[.] Il tuo punto di vista è stato prezioso. Alla luce della sentenza del TAR che sembrerebbe contraddire ciò che ti raccontavano i tuoi professori, come ti senti?
Non sono felice di come sono stata trattata. Sento di essere stata una vittima perché ho speso migliaia di euro in un titolo che rischio di vedere inutilizzabile, e questo non mi era stato detto. Mi erano state date delle garanzie. Non solo penso che ci sia stata data una falsa speranza, ma che ci sia stata raccontata volutamente una bella bugia preconfezionata.
Auguriamo a Federica la migliore fortuna come futura psicologa che ha il diritto ad usare lo strumento del Counselling solo dopo aver appreso anche le basi, come è giusto che sia.
Ci auguriamo, invece, che la categoria prenda una posizione netta nei confronti di questi abusi di professione che sembrano essere per niente eccezionali nelle scuole di counselor.
La mia esperienza di scuola di Counseling è in parte similare a quella espressa dalla collega. Ma mi dissocio da molte cose, io ho studiato su testi veri.. e non dolo su cose dette dai ptofesdori…
sono orgoglipsa di essere counselor e continuo a dire che counselor e psicplogo sono professioni diverse, scopi diversi l’unico è aiutare chi me ha bisognp ciascuno con le sue compeyenze.
non mi sento fregata dalla formazione ricevuta, ho investito e sono contenta d preparata..
se non fosse vosi valido, mi spiegate comr mai molti psicologi già laureati si sono isvritti al master in counseling affermando che durante la loro formazione non avevano ricevuto “praticamente” nessuno strumento operativo?
Hanno integrato con il counseling perché non erano soddisfatti. Questo vorrà dire qualcosa no?.
La parola integrazione… sono due professioni diverse, che si possono integrare.
ma il problema è che non si vuole farlo.
Ale qui però si tratta di capire che poi pragmaticamente nel mondo del lavoro il counselor cosa può fare? dove può intervenire?
Integrazione sì, ma nei percorsi universitari! no che uno deve pagare altri soldi per una specializzazione triennale in counselling!
Come sempre chi ne paga le conseguenze è il consumatore.
Che pagliacciata! E si fanno pagare pure tanto!
Innanzitutto la ringrazio per il suo contributo.
Il mio articolo non pretende di fare una generalizzazione sulle scuole di counselor non-psicologi.
Il mio articolo ha voluto riportare una testimonianza (ma le assicuro che ne ho altre simili e peggiori) di una ragazza che ha avuto esperienza con questo mondo.
Chi le scrive ha grande rispetto ed interesse per il Counselling.
Tuttavia sono dell’opinione che sia uno strumento esclusivo dello psicologo (come ha ribadito la sentenza del TAR) per il semplice motivo che inevitabilmente si sfocia nell’area psicologica quando lo si utilizza. E cosa farebbe un non-psicologo a quel punto, counselling a metà? E’ un paradosso.
Non comprendo la sua allusione al fatto che le università di Psicologia siano carenti e quindi il counselor non-psicologo dovrebbe essere legittimato…
Concludo dicendo che solo la giurisprudenza potrà finalmente terminare questa battaglia.
Ma le dirò una mia opinione personale.
Come avrà letto nel mio articolo, io considero voi counselor non-psicologi delle vittime, ancor più di noi psicologi.
Il motivo è molto semplice.
Voi avete investito tempo e denaro (stimo sui 8.000-10.000 Euro) in una scuola di formazione che vi ha illuso promettendovi un lavoro che non esiste con strumenti che non vi spettano (non lo dico io, lo dicono sentenze giuridiche).
Personalmente sarei molto incazzato nei confronti delle associazioni che mi promettevano tante belle cose avendo speso migliaia di Euro in un titolo che rischia di essere cancellato perchè non a norma di legge.
Forse il nemico non siamo noi psicologi. Forse il nemico lo avete sempre avuto in casa…
Se uno psicologo vuole studiarsi alcune tecniche psicologiche (il counselling è consulenza di natura psicologica), lo può fare tranquillamente, mi sfugge quale sia il problema. Certo, io non lo farei in un corso privato di non chiara qualificazione formale, ma ciascuno è libero di fare ciò che più gli aggrada.
Il problema è, invece, quando le suddette tecniche psicologiche (seppur chiamate con evocativo nome britannico) le studiano dei non psicologi di eterogenee formazioni, per poi magari andare ad applicarle professionalmente su varie forme di “disagio psicologico” delle persone: cosa che, in Italia, sarebbe vietata dalla Legge.
I counselor non psicologi sono di fatto degli abusivi e basta. Mettessero da parte la mania di onnipotenza e tirassero fuori l’umiltà di fare un serio percorso di studi come gli altri. Peccato per quelli gabbati dalle scuole che li illudono di poter esercitare.
Gli psicologi che formano i counselor sono degli irresponsabili. Quando il guadagno è anteposto di fronte a tutto, in questo caso incuranti della salute delle persone e senza rispetto degli altri nello scavalcare i veri professionisti del campo (gli psicologi), ci sarebbe solo da vergognarsi. Lo Stato interviene o no?
Non possiamo dare giudizi così categorici sulla personalità dei counselor.
L’unica verità indiscutibile è che sono stati illusi con prospettive lavorative inesistenti o abusive. Gli autori della farsa sono alcuni psicoterapeuti che hanno deciso di trasformare la formazione forsennata in un lavoro redditizio.
Stiamo parlando di un giro d’affari da centinaia di migliaia di euro all’anno.
AltraPsicologia è l’unica associazione che si è chiaramente schierata contro i formatori dei counselor.
Tuttavia siamo una mosca bianca. Alcuni Ordini Regionali fanno orecchie da mercante alle nostre segnalazioni, se non addirittura promuovono corsi di formazione di counselor.
Siamo davanti ad un conflitto di interessi dove chi dovrebbe tutelare gli psicologi in quanto eletto nel nostro Ordine fa anche gli interessi delle scuole e degli istituti in cui sono immischiati.
Sono disgustata di queste diatribe tra persone o meglio professionisti che dovrebbero lavorare insieme per il benessere di persone che chiedono aiuto.
si, signori carissimi sono una counsellor professionista e formatrice in corsi di counselling,formata in un istituti di psicologia dove mi è stato insegnato già dal lontano 2004 che un counsellor non fa terapia ne incontra persone con disturbi ….. c’è un lungo elenco e gli psicologi quelli usciti da un dottorato di 5 anni affrontano… senza aver mai incontro realmente loro stessi ne essersi mai messi in discussione . ho tanti amici psicologi e psicoterapeuti che stimo , ma stimo anche il mio lavoro e so di dare tutta me stessa con impegno formativo e supervisione.Dovremmo imparare a convivere in modo civile con muove professioni,es. medici omeopatici per anni messi al bando dalla medicina ufficiale,ogni professionista dovrebbe porsi delle domande e chiedersi prima di tutto , quanto è bravo nel lavoro che svolge, o quanto dovrebbe farsi aiutare perchè fa solo danni per se stesso e a chi a lui si affida. nel qui e ora vi dico proviamo a vivere sereni nel lavoro che svolgiamo , ma soprattutto riconosciamo i limiti che fanno di noi un counsellor o uno psicologo…. un abbraccio a tutti voi .
Ciao Emily, grazie per aver commentato.
Non è una questione di diatriba personale, è una questione di legge che stabilisce chi può fare certe cose e chi non può farle.
Attualmente la legge vi da torto grazie a numerose sentenze.
Cosa vogliamo fare, ritornare allo stato di natura e scannarci come animali come sosteneva Hobbes?
Le persone civili risolvono le questioni davanti alla legge e presto questa spiacevole situazione tutta italiana sarà giusto accennata nei manuali di psicologia come una goffa situazione causata da alcuni psicologi che hanno voluto lucrare su voi povere vittime.
Per questo vi sono vicino
Sarebbe auspicabile che, come succede negli USA, venisse istituita una laurea magistrale in counseling, abilitante alla professione di counselor. Si tratta esattamente di quel che succede negli USA, dove per diventare counselor è necessario un Master’s Degree, laurea di secondo livello in counseling. Negli USA non c’è una specifica laurea che può accedere al counseling ma tutte possono farle, anche se sarebbe auspicabile che a poterlo fare siano solo lauree di carattere umanistico e sociale, o di servizi alla persona. Sono poi gli stessi counselor a formare i nuovi counselor.
Non è accettabile che una sola categoria, quella degli psicologi, si arroghi il diritto esclusivo dell’aiuto alla persona. Per questo esistono anche altre categorie, assistenti sociali e pedagogisti in primis.
La tendenza delle nazioni civili è quella di andare verso una liberalizzazione della relazione d’aiuto, che non vuol dire mancanza di regolamentazione.
Ricordiamo che gli assistenti sociali clinici negli USA fanno psicoterapia, e che il counseling distinto dalla psicologia tout court è nato sempre negli USA.
Ricordiamo anche che nella Germania che non conosce crisi è nato il counseling filosofico. Solo in Italia ci sono categorie che fanno l’hobby.
Il coaching invece resta non regolamentato pure negli USA.