8655. E’ il numero di iscrizione dell’ultimo iscritto, a oggi, dell’Ordine degli Psicologi del Veneto.
Ottomilaseicentocinquantacinque psicologi abilitati negli anni nella sola Regione Veneto. Alcuni (pochi) sono trasferiti, deceduti, pensionati. Ma la grandissima parte è attiva sul mercato professionale: per capire il trend, basti dire che nei soli ultimi dodici anni il numero netto è aumentato di 5.200 unità circa.
Ma sono tanti o pochi, 8.655 psicologi abilitati in una Regione come il Veneto ?
Secondo qualunque valutazione proporzionale, di trend e di occupazione, lo possiamo valutare come un numero enorme, ed ancora in rapida crescita. Vediamo infatti lo scenario nazionale.
In tutta Italia, vi erano nel 1999 circa 27.000 psicologi abilitati. Oggi, in meno di 15 anni, siamo passati ad essere circa 85.000: siamo più che triplicati. Rispetto alla popolazione generale (60 milioni di abitanti), a livello nazionale vi è quindi oggi un rapporto di 1 psicologo ogni 705 abitanti.
Ma in Veneto, i numeri sono ancora più preoccupanti. Il numero degli iscritti all’Ordine del Veneto ha infatti una curiosa particolarità: nel corso degli anni, con minimi scostamenti, è sempre stato vicinissimo al 10% degli iscritti nazionali… ma su una popolazione regionale di “soli” 4.800.000 abitanti (e quindi inferiore al 10% della popolazione nazionale).
Dunque, in Veneto, anche per via del “polo formativo” di Padova con tutti i suoi assetti universitari e le numerose scuole di specializzazione (ne parleremo meglio in un prossimo articolo), il rapporto proporzionale è ancora “peggiore” del dato nazionale: abbiamo infatti circa 1 psicologo ogni 554 abitanti.
La (s)proporzione non può sfuggire nemmeno a una lettura distratta: uno psicologo ogni 500-600 abitanti è infatti un numero assolutamente superiore a qualunque proporzione internazionale; e in certe realtà territoriali (Padova in primis), lo squilibrio demografico è ovviamente ancora più netto. Seppur esempio particolare, nel solo Comune di Padova risultano infatti iscritti all’Ordine ben 1.262 psicologi, a fronte di 204.867 abitanti: ovvero 1 psicologo abilitato ogni 162 abitanti !
Se è pur vero che molti dei colleghi residenti a Padova non esercitano necessariamente nel territorio urbano, 1 su 162 rimane una proporzione che si commenta da sola, rispetto alle reali possibilità occupazionali dell’area territoriale di riferimento.
Del resto, Padova è “record nazionale di Psicologia” anche rispetto ad altre realtà urbane con grandi numeri di psicologi: ad esempio, anche nel Comune di Milano (capitale economica e dei servizi d’Italia, con ben 3 storiche Facoltà di Psicologia, più altre 3 Facoltà site in città vicine) il rapporto numerico è molto elevato; ma comunque in media è “solo” di 1 psicologo su 325 abitanti (ovvero, la metà di quello di Padova…).
Ma questi numeri, che senso assumono in prospettiva più ampia?
Un senso molto preoccupante.
A livello orientativo, la media europea è infatti di circa 1 psicologo ogni 2400 abitanti (il dato è derivato dal “gross number” degli psicologi rappresentati in ambito EFPA vs. la popolazione europea complessiva; il dato è però “ottimistico”, perché l’EFPA rappresenta anche gli psicologi della Russia, la cui popolazione non è abitualmente computata nella popolazione europea): un numero molto più equilibrato.
Oltreoceano, nella patria storica della psicologia professionale, la proporzione è simile: l’APA (American Psychological Association) Statunitense ha infatti circa 137.000 iscritti, rispetto a una popolazione nazionale di 314 milioni di abitanti; un rapporto di 1 psicologo ogni 2291 abitanti.
Se quindi l’Italia ospita già da sola quasi un terzo di tutti gli psicologi Europei (nonostante la nostra popolazione generale sia meno di un decimo di quella Europea)… il Veneto ha circa il quadruplo di densità di psicologi/popolazione in confronto con la media europea o statunitense, arrivando anche a picchi di densità quattordici volte maggiore in alcune specifiche aree urbane.
Un dato che ci deve davvero far riflettere…
(Ah, a proposito: l’APA gestisce un bilancio di 115 milioni di dollari, rispetto ai circa 18-20 milioni di euro degli Ordini degli Psicologi italiani messi insieme; una buona quota di questi milioni di dollari l’APA li investe in grandi programmi strategici di sostegno, formazione e sviluppo della professione psicologica negli USA. Fornisce numerosi servizi, tutele e convenzioni di ogni tipo ai propri iscritti, i quali in cambio di tutto questo pagano una “quota” variabile dai 100 ai 500 dollari all’anno).
Visti questi numeri, è sicuramente necessario ripensare a cosa significhi fare lo psicologo in un territorio regionale così peculiare, con un tasso di crescita continuo e rapido, e con tali proporzioni tra psicologi e popolazione generale; una riflessione strutturale, che dovrà coinvolgere attivamente tutta la categoria, e tutti i suoi “attori istituzionali e formativi”.
Cosa che cercheremo di approfondire, in maniera specifica, nei prossimi articoli della newsletter di AP; solo conoscere bene la realtà attuale ci permetterà infatti di progettarne una migliore.
E tu? Ti eri mai posto il problema della “demografia professionale” e dei nostri trend di crescita numerici? Cosa ne pensi?
So che parlare di “numeri” a volte scoraggia… 🙂
Ma i “numeri” ci permettono anche un’analisi più attenta dei processi demografici e socioeconomici della categoria, anche per costruirvi sopra valutazioni più articolate e precise in ottica professionale.
In tal senso il Veneto, anche per via delle sue importanti realtà formative psicologiche (Università di Padova in primis), presenta un profilo demografico speciale, su cui riflettere insieme.
Attendiamo quindi i vostri spunti in merito!
Dico che psicologia dovrebbe essere a numero molto chiuso tipo medicina perché é insensato formare disoccupati che non lavoreranno mai!
Analisi molto interessante e sotto certi aspetti preoccupante, l’ulteriore domanda che nasce (ispirata ad uno psicologo che ben conosci) è quanti sono gli psicologi presenti nel parlamento nazionale e quanti a livello regionale, provinciale e comunale. Abbiamo qualcuno che ci rappresenta? Quanti sono i medici e gli avvocati, e quanto sono rappresentati nelle istituzioni pubbliche? Visto che siamo in tanti dobbiamo pensare di entrare anche in queste realtà…
Finalmente qualcuno che parla chiaro. Vere e proprie realtà. Numero chiuso per psicologia con un rapporto di ammissione ai test di uno studente su due (medicina uno su 12); vere e proprie cittadelle universitarie tirate su per l’utenza dei futuri psicologi; centinaia di scuole di specializzazione (ma non sarebbe più veritiero definirle dei corsi di master?), ognuna delle quali non rende chiaro al profano utente quello che può offrire realmente in termini di terapia efficace (apro l’elenco telefonico in cerca di un Pediatra e lo trovo; apro l’elenco in cerca di qualcuno che mi aiuti nel mio problema e trovo centinaia di psicoterapeuti specializzati in altrettante scuole diverse: come faccio a sapere che e se farà al caso mio…?
Alla luce di queste sommarie considerazioni, mi parrebbe utile, oltrechè onesto, predisporre annualmente sulla base della reale domanda, il numero di posti da rendere disponibili in facoltà.
FINALMENTE QUALCUNO CHE HA SOLLEVATO PUBBLICAMENTE IL PROBLEMA, a mio avviso ALLARMANTE, che ho più volte riportato all’OPL Lombardia… un dato terribile per tutta la categoria professionale…
che paga il prezzo più alto: psicologi che si offrono per fare di tutto a prezzi bassissimi… Ma insomma! Non sarebbe necessario fare immediatamente qualcosa? Nessuno solleva il problema perchè le facoltà e le scuole di specialità sopravvivono su questi numeri e quindi mai potrebbero sollevare la questione!!! Io sono stufa! Facciamo qualcosa!!!
QUANDO SARO’ GRANDE…
“VoIO fare lo PsicologO! E anche lo PsicoteRapEuTA! Che fascino! Che interessante! Finalmente potrò aiutare gli altri e, soprattutto, risolvere i miei problemi irrisolti! Forse un corso di laurea in Scienze dell’educazione primaria mi offrirebbe uno sbocco migliore…ma…NO: quello che voglio fare, perché mi affascina il termine p-s-i-c-o-l-o-g-i-a (potere dell’inconscio!), è questo!
E poco importa se da più parti vengo sconsigliato (siete in troppi [saggezza popolare]); se mi accorgerò ben presto che molte delle materie che mi vengono insegnate poco hanno a che fare con la mia futura professione; se a conclusione del mio percorso di laurea mi trovo disorientato su quello che realmente SO fare; se sono già a conoscenza di amici psicologi sotto-pagati, impegnati in mansioni (altre) di educatore, di operatore, di amministrativo, di insegnante, alle prese con contratti (?) ridicoli, se ravvedo molto presto la necessità di “mettermi al sicuro” con un “lavoretto” fisso che mi permetterà di pagarmi le spese per la “specializzazione”, l’affitto dello studio, l’Enpap, il commercialista, gli ECM obbligatori, l’iscrizione all’ordine; un lavoretto che mi garantirà un po’ di respiro per i clienti che non arrivano e che se arrivano, mollano ben presto (tanti), perché dicono di stare meglio, di non avere più bisogno, che non pagano, che non possono più pagare… Cavoli… ma sono o non sono un DOTTORE?!… vabbè…allora anche la Cooperativa va bene… ma proverò con i concorsi… quanti posti? Solo Uno? …ma tanto stanno lavorando per istituire la figura dello psicologo di base… ho ancora speranza!.
NO: non posso demoralizzarmi. E’ giusto che io faccia quello che più mi piace e non mi importa se nessuna autorità mi aiuta ad aprire gli occhi su una realtà, che solo di striscio, avverto al collasso. E sapete perchè: PERCHE’ IO VALGO (1 su 1000 ce la fai…)!
E ben presto, siatene certi, crisi o non crisi, dubbi sull’utilità della figura dello psicologo, guerra tra “poveri”, tempi che cambiano… IO lavorerò finalmente come psicologo!”.
Giuliana meravigliosa la tua lettera-commento!!!
Hai detto con fine ironia le vessazioni di noi Psicologi!!
Aggiungerei che siamo nati per essere felici e che quindi cambiare idea-rotta-lavoro mi sembra una saggia decisione che fa bene allo spirito e alla tasca!!!
Un Caro Saluto a Giuliana e agli amici di questo forum.
Giovanni
Diciamo che, oltre all’incremento demografico molto rapido della categoria, vi è un’ulteriore criticità che però non emerge da questi dati di scenario.
Ovvero, non solo il “numero assoluto” di psicologi, ma soprattutto la loro “asimmetrica distribuzione” nei diversi settori professionali, che lascia supersaturi certi ambiti professionali, e molto mal distribuiti i “grandi numeri di colleghi” che vi afferiscono.
E questa dipende spesso dagli psicologi stessi, che tendono a concentrarsi nei settori dove si sa che lavora già molta “concorrrenza”, differenziando spesso troppo poco l’offerta di servizi professionali, e innovando molto poco.
Nessun settore economico può sopravvivere se, oltre ad elevati numeri di “player” che competono per le stesse quote di mercato, vi è una loro fortissima maldistribuzione, una scarsa differenziazione e una scarsissima innovazione.
Se il problema dei grandi numeri è ormai in parte fuori dal nostro controllo (ormai siamo tanti, partiamo da questo dato di fatto innegabile), invece gli aspetti della distribuzione interna ai vari sottosettori psicologici, della differenziazione dei servizi proposti e dell’innovazione di ciò che offriamo al mercato professionale è qualcosa che è fortemente sotto il nostro controllo; ed è ora che iniziamo a muoverci – come categoria, ma prima ancora come “ciascuno di noi” – con logiche molto più attive e costruttive in tal senso. Questa però è un’altra storia…
Cari colleghi,mi rivolgo al battaglione di giovani psicologi che attende un posto di lavoro mentre noi vecchi psicologi del 1953 che dovevamo andare in pensione e lasciarvi il posto dovremo stare al lavoro ancora per 5/7 anni,minimo,pur avendo maturato i requisiti, prima della riforma FORNERO.
A noi serviranno delle “badanti” specializzate,perchè forse al Governo non sanno che nelle sanità pubblica svolgiamo un lavoro che dovrebbe rientrare nelle categorie a rischio.
Lavorare per anni con :separazioni/divorzi ,tutela minori,violenze,abusi ,droga ,malati psichiatrici,malati terminali,e quant’altro ,richiede energie giovani.
I soldi delle nostre pensioni che avrebbero favorito un bel ricambio generazionale, dove sono finiti??
Voi nuove generazioni fate sentire la vostra voce,perchè le vechie generazioni,l’hanno “”fatta da padrone finora””.
In bocca al lupo ma preferisco dirvi BUONA FORTUNA.
Patrizia,laureata il 22/07/1975 all’età di 21 e 7 mesi
Il problema è allarmante e disarmante al tempo stesso.
Allarmante perchè ancora a volte dentro di noi ci piace coltivare, in un minuscolo spazio, l’idea che con le armi e gli strumenti giusti potremmo farcela perchè tutto sommato avremmo voglia di crederci ancora e lottare per conservare un briciolo di dignitosa credibilità,impegno ed entusiasmo professionale;ma francamente il disarmo ci attende dietro l’angolo dei lavori sottopagati o peggio a titolo di volontariato dietro i quali ci mascheriamo sperando che un giorno i progetti non retribuiti e l’impegno profuso vengano riconosciuti. Ma se il benzinaio mi lavasse l’auto splendidamente tutti i giorni per anni, perchè domani mi dovrei sognare di pagarlo solo perchè improvvisamente me lo chiede?….soprattutto se a cento metri, altri mille fornissero lo stesso identico servizio di nuovo a costo zero??!!…
Una soluzione, tra l’armarsi di infantili illusioni e il disarmarsi spogliandosi di strumenti inutili e poco realistici tipici di tanti psicologi,francamente non l’ho ancora trovata.
Rimane evidente che non sia possibile mangiare in 1000 da una torta in cui mangiavano in 100. O ci si organizza e si preparara una torta più grande o si accorcia la lista degli invitati e questa è proprio una questione matematica e poco filosofica!
E’il numero più che sufficiente per lo sviluppo di un micro-clima ideale all’automantenimento della specie. E’ necessario attingere le risorse e i contenuti dalla psicobiologia per un eventuale e vantaggioso cambiamento di rotta: è indiscutibile che prima o poi, all’autodigestione del Sistema, segua il collasso delle particelle, si fa per dire, inutili! Già Filippo Aurelio Teofrasto Bombasto von Hohenheim, in arte Paracelso, spiegava che ogni cibo contiene sia nutrimento che veleno, i quali vengono scissi nello stomaco dall’archaeus: alcune malattie, affermava, dipendono da una scissione non corretta. Parliamo del xvi secolo, quando la medicina era nel pieno della sua affermazione scientifica, nonché al centro di aspre polemiche di ogni genere. Purtroppo non è il “sistema” che è sbagliato, ma ha solo bisogno di “Tempo” per evolversi nella sua forma migliore. Oggi noi stiamo vivendo la prima giovinezza della Psicologia, con tutti i suoi turbamenti. Verrà il giorno in cui, con orgoglio e nostalgia, mi auguro, potremmo dire: anch’io c’ero.
i veneti hanno tanti di quei problemi che quel numero di psicologi potrebbe tranquillamente operare, occorre però intercettare la domanda concreta e dare risposte utili, cioè saper aiutare davvero. In questo siamo ancora lontani, chi è efficace e sa gestire una professione così complessa lavora, eccome se lavora.
Eh, inutile dire che ci avevano avvisato, prima dell’immatricolazione… ho voluto la bicicletta (il mio numero di matricola è superiore a 8000)? Ora pedalo…
Una protesta però bisogna farla: perché questi numeri non girano mai PRIMA dell’iscrizione a una facoltà di psicologia? Io il rapporto tra chi era iscritto all’Ordine e chi era iscritto all’Enpap (e quindi effettivamente lavora come psicologo) l’ho scoperto al mini corso di preparazione all’Esame di Stato!