Un contratto per domarli, un contratto per ghermirli e nel precariato incatenarli. Sembra questa la descrizione più calzante per la condizione professionale che alcuni colleghi consulenti ASL ci segnalano.
Sappiamo tutti che gli psicologi che hanno in essere un contratto a tempo indeterminato col Sistema Sanitario Nazionale sono in via d’estinzione, tuttavia sentiamo spesso parlare dei famigerati “Bandi per affidamento di incarico professionale”, fatti per convenzionare alcuni psicologi con le ASL.
Ma di cosa si tratta esattamente?
Inquadramento giuridico: Seppur con le dovute precauzioni, si può generalizzare il fatto che la maggior parte di questi bandi servono per affidare ad uno psicologo, per un periodo di tempo determinato, il compito di lavorare con tutti quei pazienti a cui la ASL stessa, col personale di cui dispone, non è in quel momento in grado di far fronte.
Esiste infatti una legge (l’art.7 del D.Lgs. 165/2001) che permette alle Pubbliche Amministrazioni di assumere personale extra, tramite i cosiddetti incarichi professionali, in occasioni che si potrebbero dire straordinarie, ovvero per quei casi in cui l’Azienda stessa non riesce a supplire in modo adeguato alla domanda che proviene dalla cittadinanza. Tali assunzioni devono essere affidate ad “esperti di provata competenza e solo determinando preventivamente la durata (…) della collaborazione”.
I diritti e i doveri dei consulenti ASL: i consulenti dell’Azienda Sanitaria Locale non sono altro che psicologi con un lavoro a tempo determinato, senza alcuna garanzia di poter proseguire il proprio mandato alla scadenza del contratto. A loro però vengono fatte le stesse richieste e imposte le stesse regole cui sottostanno i lavoratori con un contratto a tempo indeterminato. Devono timbrare il cartellino, essere presenti in ufficio e prestare attenzione alle diverse incompatibilità che potrebbero compromettere il loro contratto di consulenza, sancite dall’art. 15 dell’ ACN 23/3/2005.
Queste incompatibilità sono un punto centrale.
Vediamole in dettaglio: “E’ incompatibile con lo svolgimento delle attività previste dal presente Accordo lo specialista ambulatoriale ed il professionista che:
> eserciti la Professione con rapporto di lavoro autonomo, retribuito forfettariamente presso enti o strutture sanitarie pubbliche o private non appartenenti al SSN e che non adottino le clausole normative ed economiche del presente Accordo;
> sia proprietario, comproprietario, socio, azionista, gestore, amministratore, direttore, responsabile di strutture convenzionate con il SSN ai sensi del D.P.R. n.120/88 e successive modificazioni, o accreditate ai sensi dell’art. 8 del D.L.vo n. 502/92 e successive modificazioni e integrazioni;
> operi a qualsiasi titolo in presidi, stabilimenti o istituzioni private convenzionate o accreditate con le aziende per l’esecuzione di prestazioni specialistiche effettuate in regime di autorizzazione sanitaria ai sensi dell’art. 43 della legge n.833/78 e dell’art. 8-ter del D.L.vo n. 229/99; “
Dai pochi passi sopra citati, si evince chiaramente che i consulenti hanno poche possibilità di svolgere lavori in altre strutture Pubbliche o convenzionate ma devono anzi rispettare parecchie regole se non vogliono veder sfumare la propria collaborazione.
I problemi per i consulenti e per il servizio.
Il girotondo annuale del rinnovo delle consulenze si ripete ciclicamente ogni dicembre, con ripercussioni notevoli sia sugli psicologi convenzionati che sul servizio ai pazienti. Perche?
Nonostante si avvalga di consulenti esterni, infatti, l’Azienda Sanitaria non riesce quasi mai a smaltire il lavoro in eccesso. Spesso anzi ne accumula ancora di più e lo riversa sui consulenti stessi, i quali si trovano a dover gestire pazienti che necessitano di psicoterapie, anziani che abbisognano di assistenza personalizzata o disabili che non sono autosufficienti, come se fossero dei veri e propri dipendenti strutturati.
Un lavoro di tal genere, però, va fatto in un’ottica di progettualità temporale in cui i singoli obiettivi vengono pianificati e raggiunti un passo alla volta, pena l’erogazione di un servizio scadente e una cattiva cura dei pazienti stessi.
Una tale pianificazione, però, non è possibile avendo poco tempo a disposizione e non avendo la certezza che i diversi progetti proseguano l’anno successivo!
Si creano quindi situazioni di burn-out, malessere e depressione negli operatori e soprattutto si mette a repentaglio il bene dei pazienti stessi che necessitano di una cura, senza però sapere se questa gli verrà fornita o meno, in quanto potrebbero non esserci fondi per la retribuzione dello psicologo consulente l’anno successivo.
Cosa succederà?
Ci ritroviamo a vivere una situazione grave e incresciosa, frutto dello scarso lavoro svolto da chi, un tempo, avrebbe dovuto tutelare la professione stessa di psicologo ma che era troppo impegnato a pensare ai propri interessi: l’Aupi, il sindacato che dovrebbe tutelare i diritti degli psicologi, e che in questo caso sembra stato piuttosto assente.
Le vittime siamo noi tutti: cittadini e psicologi. Vittime di un sistema che è oramai difficile da cambiare e che pochi hanno tentato di combattere.
Tuttavia non ogni speranza è perduta: alcuni colleghi, infatti, hanno da poco intrapreso una crociata contro il gigante ASL. Ma di questa storia vi racconterò in un altro articolo. Alla prossima puntata…
Condivido appieno quanto emerso dal vostro articolo: ho passato diversi anni in questo precariato ed ogni anno era un calvario. Volevo sottolineare che non solo gli psicologi sono in questa situazione ma anche altre figure professionali, sempre con i medesimi incarichi. Non avete sottolineato che tra i “privilegi” dei precari mancano ferie, malattia, tredicesima e un compenso che è circa la metà di un dipendente. Poi la gestione della chiusura del contratto è anche peggio, perchè talvolta non viene data neanche la possibilità di chiudere il rapporto con i pazienti, che da un giorno all’altro si ritrovano senza lo psicologo a cui facevano riferimento, e questo è il danno più grave a mio parere!
Detto ciò auspico che la crociata intrapresa contro il gigante ASL porti dei netti miglioramenti a questa situazione che non tiene conto ne dei professionisti ne dei pazienti!!!
Ciao Andrea, quel che dici è vero. L’articolo si proponeva infatti di essere un’introduzione al tema senza però saturare i lettori con troppe info.
Per dare l’adeguata rilevanza ai punti che hai sottolineato come ad esempio la mancanza di ferie, le malattie ecc è in preparazione la seconda parte di quello che sarà un vero e proprio dossier.
Grazie per la tua preziosa osservazione, se vorrai ci potremo sentire anche privatamente tramite mail.
Un saluto,
Brian Vacchini Giampaoli
leggendo l’articolo mi sono sentita ahimè in buona compagnia. E’ grave questo atteggiamento nei confronti di persone nonchè professionisti, che dopo anni d’impegno si trovano costretti in situazioni ricattabili per un misero lavoro. Per quanto mi rigurda, dopo anni di precariato con contratti di questo tipo…senza garanzie, senza tutele, ora…a casa..nessun rinnovo. E i servizi nelle ASL proseguono, ovvio senza la minima qualità e serietà. C’è molto da fare, ma purtroppo credo non ci siano speranze.
Bell’articolo. Io lavoro per l’ASL dal giugno 2000.
A gennaio del prossimo anno, se tutto va bene, ci sarà una nuova selezione e, se la vincerò, firmerò il mio trentatreesimo contratto di prestazione d’opera intellettuale. Purtroppo penso che le cose siano destinate solo a peggiorare.