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Psicologia della Salute Occupazionale:

L’arrembaggio dei Non addetti ai lavori, e la riscossa degli addetti … un’anomalia tutta Italiana!

Anna Galiazzo e Paolo Campanini

Facciamo un gioco: Se dico la parola Stress che professionista vi viene in mente?

Risposta: In coro dall’Europa, lo Psicologo!

Hai strabuzzato gli occhi e sentito delle palpitazioni, allora sei uno psicologo italiano e hai bisogno di prove, eccole …

Qualche giorno prima di Pasqua, si è tenuto a Roma, all’ombra del Vaticano, il IX convegno europeo sulla psicologia della salute occupazionale (http://eaohp.org/conference.aspx), quali migliori auspici per un Miracolo, e quanto beato orgoglio professionale nel sentire decine di colleghi presentare ricerche in materia di salute occupazionale, una favola, con finalmente protagonisti gli psicologi, e le equipe multiprofessionali con le quali presentavano ricerche e buone prassi, capaci di arricchire una comunità scientifica desiderosa di confrontarsi.

Come ogni favola che si rispetti, il convegno ha serbato sorprese, sogni, mele avvelenate e lieto fine.

Partiamo dall’inizio:

C’era una volta,

un ricco convengo con molti contenuti, tutti legati all’argomento comune del lavoro e della salute. In questo tipo di materia si intrecciano, da sempre, temi di psicologia del lavoro, psicologia della salute, psicologia della sicurezza sui luoghi di lavoro e psicologia sociale, temi molto attuali e vicini a molti. L’argomento maggiormente presente al convegno è stato, lo stress lavorativo, questione proprio in questo periodo al centro di discussioni metodologiche e applicative, in seguito alla scadenza della valutazione del rischio connesso allo stress lavoro-correlato, richiesta in tutti i contesti lavorativi dal Decreto legge 81/2008 e correttivo 106/2009 e alle eventuali linee guida per la sua valutazione.

Il tema dello stress lavorativo e della valutazione e gestione del fenomeno è fortemente di competenza dello psicologo, in quanto la nostra professionalità, considerando sia il corso di studi sia i nostri campi applicativi, ha i migliori requisiti per poter, da una parte, svolgere un lavoro che rispetti gli assunti scientifici per la misurazione e gestione dello stress, e dall’altra integrare la valutazione con le successive azioni per il sistema organizzativo, il contesto socio-economico e l’individuo.

Tutto procedeva per il meglio, con le presentazioni di lavori di buona ed in molti casi ottima qualità, portate dai colleghi europei e da quelli italiani quando, a sorpresa, è stata servita la mela avvelenata, proprio dal piatto argentato e formale del tavolo delle istituzioni!

Quanti psicologi erano presenti alla sessione intitolata

“The management of psychosocial risk in Italy”?

Zero!

Chi ha parlato?

A questa sessione hanno partecipato, il Dott. Iavicoli (medico – direttore del Dipartimento di Medicina del Lavoro – ISPESL), Fulvio D’Orsi (medico del lavoro – direttore dell’Unità Operativa Complessa Servizio Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro presso la USL Roma), Cinzia Frascheri (responsabile della Cisl nazionale per la sicurezza sul lavoro), Fabio Pontrandolfi (avvocato – responsabile salute e sicurezza sul lavoro – Confindustria) e per il governo Marta di Gennaro (medico del lavoro – Capo Dipartimento dell’Innovazione del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali).

La situazione paradossale che si è venuta a creare, è stata l’assoluta mancanza di una ”competenza psicologica” (cioè di uno psicologo) al tavolo, con interventi per molti aspetti generici e difficilmente riconducibili ad una reale valutazione dello stress lavorativo.

Mentre in altri contesti qualcuno alle prime armi potrebbe erroneamente fare uno più uno, trovando abominevoli correlazioni quali, se non c’è lo psicologo forse è perché non serve, in questa occasione come per incanto, l’alternanza, nelle relazioni dei diversi paesi europei, metteva in luce l’esatto opposto, un esempio fra tutti: l’intervento di Cooper (proprio lui, lo psicologo del questionario OSI).

Cooper ha raccontato, che da diversi anni è chiamato dal governo inglese per fare una valutazione approfondita sugli interventi socio-sanitari in merito alla loro efficacia, in termini di costi/risultati e citava con naturalezza, come il governo Britannico valuti:

i costi diretti sostenuti per il trattamento della depressione in (44 miliardi di euro), insieme ai costi delle diverse manifestazioni dei disturbi d’ansia, e degli effetti dello stress,

i costi indiretti di perdita di produttività (77 miliardi di euro) (dati European Heart Journal),

e le inevitabili relazioni tra mondo del lavoro e benessere, dove il costo per l’assenteismo ed il il turnover sono stati stato calcolati ammontare a £25,9 miliardi l’anno.

Il governo Britannico ha quindi avviato un progetto di prevenzione “Goverment office of Science on Mental Capital and Wellbeing”, progetto che coinvolge oltre 400 ricercatori, e che ha prodotto oltre 85 recensioni scientifiche e stabilito le politiche basate sul modo di affrontare questo costoso problema.

Una profonda relazione tra benessere e implicazioni per le politiche di prevenzione ed intervento future, che in un’epoca di cambiamento occupazionale e flessibilità non si prevede miglioreranno.

Anche questa volta abbiamo buttato giù il boccone avvelenato senza muovere un dito, senza un filo di orgoglio professionale, nel vedere come lo stesso contenuto, può essere valorizzato e reso utile su molti fronti, o banalizzato e screditato in poche chiose, da professionisti che non conoscono approfonditamente la materia?

Affatto, un collega, tradito solo da qualche pennellata di accenno toscano che ne enfatizzava il recondito sdegno, ha interrogato il tavolo dei relatori, specificando la sua professione di psicologo, e chiedendo di concretizzare e considerare le competenze, che ci sono proprie, come necessarie per affrontare sia la valutazione sia gli interventi successivi …. scroscio di applausi dai colleghi!

Risposta, dal tavolo dei relatori, esile e tremolante, di quelle che “se non riesci a demolire il ragionamento demolisci il ragionatore” ha apostrofato il collega come corporativo.

Ma la stranezza permane, in un convegno europeo di psicologia l’unico tavolo senza psicologi si è avuto in occasione della discussione sulla situazione italiana!?!

La discussione è proseguita informalmente al termine della sessione e i giorni successivi, tra colleghi e tra colleghi e istituzioni. Confronti generativi, in cui l’esserci fa la differenza e ricorda, a tutti noi psicologi, di tenere le orecchie dritte e la testa alta!

Il lieto fine per noi di AP, è stato condividere con i colleghi il sentimento di protagonismo, la spinta generativa e la compattezza che si è respirata lì, germogli da continuare a seminare nella politica professionale, nelle istituzioni, nei diversi campi d’applicazione, consapevoli che poche professioni hanno la meraviglia e la potenzialità che la nostra possiede!

Son io il signore del mio destino, il capitano dell’anima mia”Nelson Mandela