Il 23 novembre 2003 qualche migliaio di psicologi ha cominciato a credere che qualcosa stesse finalmente cambiando, che lo Stato Italiano si fosse accorto dell’esistenza della categoria professionale degli psicologi e delle infinite potenzialità insite nel suo specifico.
In tale data, infatti, il Ministero di Giustizia promulgò il “Concorso pubblico per la copertura di 39 posti nell’area C, posizione economica C1, profilo professionale di psicologo”, uno dei pochissimi concorsi aperti anche agli psicologi che non hanno avuto l’onore o l’adire di frequentare una scuola di specializzazione universitaria.
A distanza di molti mesi, furono espletate le procedure per la pre-selezione degli aspiranti psicologi penitenziari, poi le prove scritte e quindi le prove orali, che si completarono nel mese di marzo dell’anno 2006 e i cui vincitori ebbero l’insensata gioia di vedere il proprio nome pubblicato nella graduatoria dei candidati vincitori sul Bollettino Ufficiale del Ministero della Giustizia n. 17 del 15 settembre 2006.
Fino a qui si è trattato di una storia un po’ lunga (tre anni di procedure….), ma per 39 psicologi decisamente a lieto fine, con la prospettiva di assunzione nell’Amministrazione Penitenziaria a tempo indeterminato e di svolgere, finalmente, la propria professione senza l’incubo dei contratti a progetto e della precarietà senza soluzione.
Sembrava troppo bello per essere vero, e infatti il famigerato decreto Bersani, emanato nello scorso mese di Luglio, ha tagliato pesantemente le risorse finanziarie al Ministero della Giustizia per il triennio 2006-2009 e, a causa del blocco delle assunzioni previsto per la Pubblica Amministrazione, gli psicologi vincitori del concorso dovranno probabilmente attendere il 2009!
Così, le risorse economiche destinate alle nuove assunzioni, sono state invece destinate alla riqualificazione interna delle figure professionali già operanti all’interno dell’Amministrazione Penitenziaria…
In un paese che si considera uno Stato di diritto, questa vicenda è inaccettabile e vergognosa, ancor di più se si considera che gli psicologi dipendenti dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria sono soltanto 14 sull’intero territorio nazionale.
Le assunzioni degli psicologi all’interno dell’Amministrazione Penitenziaria consentirebbero lo svolgimento di funzioni cruciali come la diagnosi, la valutazione del rischio suicidario e il trattamento della personalità del detenuto.
Inoltre la presenza dello psicologo servirebbe a dare un senso al provvedimento tanto discusso e impopolare: l’indulto. Esso è stato adottato per “tamponare” il problema del sovraffollamento negli Istituti Penitenziari, creando così le condizioni idonee a progettare interventi strutturali in grado di riorganizzare il trattamento della personalità del detenuto, in un’ottica di prevenzione a lungo termine efficace e radicata nel contesto socio-culturale di provenienza del recluso.
Purtroppo tali considerazioni, dettate dal buon senso, non hanno guidato la mano dei nostri politici, per cui i 39 vincitori hanno deciso di organizzarsi creando il “Coordinamento degli Psicologi Vincitori del Concorso dell’Amministrazione Penitenziaria” che desse loro voce e visibilità, in favore di tutta la categoria, uscendo, per una volta, ognuno dalla propria piccola realtà per affrontare nelle dovute sedi il problema della trasparenza e invisibilità e della nostra professione.
Così, ognuno ha scritto una lettera al proprio Ordine Regionale, all’Ordine Nazionale, ai Sindacati di categoria, fino ad arrivare ad interessare trasmissioni televisive, stampa e ad intercettare i protagonisti della politica là dove erano maggiormente raggiungibili.
Grazie alla campagna di sensibilizzazione avviata abbiamo ottenuto un’interrogazione parlamentare presentata dal Sen. Russo Spena, e qualche tiepida risposta da parte degli Ordini. In particolare l’Ordine Regionale del Lazio si è limitato a porgere l’invito all’Amministrazione Penitenziaria “a non penalizzare gli Psicologi vincitori nel riparto del numero dei posti disponibili tra le varie figure, nella considerazione del rilievo che assume la loro funzione”.
Pur apprezzando l’interessamento mostrato dal nostro Ordine Regionale, abbiamo purtroppo dovuto constatare come a difesa degli interessi della nostra categoria non esista alcuna forma di tutela concreta, ma soltanto pareri e opinioni sulla indubbia efficacia e necessità della nostra presenza in vari, sfumati e confusi ruoli nella società. A tale cortese interessamento, non è seguita, poi alcuna comunicazione in merito, né altro tipo di riscontri.
Ci ha sorpreso, ma forse neanche tanto, verificare con mano l’assenza di interlocutori validi e attenti, la solitudine spaventosa in cui si trova la nostra categoria e l’assoluto isolamento a livello istituzionale e politico. L’idea che sembra circolare è che lo psicologo sia sicuramente una figura importante, ma superflua, costosa e facilmente sostituibile da professionalità ritenute attigue (educatori, assistenti sociali, agenti penitenziari ecc. ecc.)
Il coordinamento degli “Psicologi vincitori del concorso” è forse una magia di associazione e mutuo aiuto tra professionisti che hanno deciso di difendersi in prima persona, da soli, senza alcun supporto istituzionale. Se riusciremo ad ottenere qualcosa, a rendere visibile la nostra categoria e ad entrare nelle istituzioni dalla porta principale, lo si dovrà soltanto alla caparbietà e alla voglia di non arrendersi di qualche singolo, fermamente convinto del valore della propria professionalità.
Si sta perdendo un’altra buona occasione per limitare la precarietà in cui si trovano i professionisti giovani e, ormai, anche meno giovani, per operare dall’interno della società in un’ottica di prevenzione e valorizzazione delle risorse esistenti, una buona occasione per diventare un paese più civile.
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