Una struttura sanitaria di Siracusa bandisce un concorso per assumere counselor invece che psicologi!
Un fatto aggravato da due ulteriori elementi:
(1) il responsabile del bando è un Dirigente AUPI, il Sindacato ad oggi maggioranza al Consiglio Nazionale Ordine Psicologi,
(2) nell’Azienda Sanitaria opera anche Fulvio Giardina, Presidente dell’Ordine Psicologi Sicilia e del CNOP (Consiglio nazionale Psicologi italiani).
Invia anche tu una email al Consiglio Nazionale per chiedere VERA TUTELA della professione di Psicologo! Con quale credibilità si parla di TUTELA quando sotto casa nascono situazioni dannose ed imbarazzanti?
Facciamoci sentire!
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[DISCLAIMER PRIVACY: Con la compilazione del modulo e il suo invio accetti che Associazione Altrapsicologia tratti i tuoi dati per l’invio di una mail di segnalazione al CNOP per la tutela della professione di psicologo]
Ecco nel dettaglio il fatto accaduto:
Si tratta di una selezione pubblica per un progetto sulla prevenzione dell’HIV. Tra le figure ricercate, tutte ben regolamentate dalla Legge e con laurea attinente (medico, infermiere, interprete) spunta un ‘counselor’, da compensare con ben 12mila euro!
Ma leggiamo i requisiti specifici richiesti per questa figura, chiamata a svolgere un incarico pubblico:
(1) Diploma conseguito a seguito di un non meglio specificato corso triennale (privato, visto che non ne esistono di pubblici)
(2) Iscrizione personale al ‘Coordinamento Nazionale Counselor Professionisti‘ (CNCP).
Ora, secondo voi è normale che:
(1) Nel bando pubblico di una ASL per un progetto palesemente sanitario, che coinvolge la salute pubblica dei cittadini, si proponga di assumere un professionista non sanitario, e gli chieda come requisito il mero possesso di un diploma privato, privo quindi di qualsiasi riconoscimento pubblico dallo Stato, e senza nemmeno alcuna specificazione sui suoi contenuti?
(2) Un requisito come l’iscrizione ad un’associazione privata, priva di qualunque validità pubblica, sia posta a requisito per un bando pubblico?
Secondo noi NO, non è normale! Si tratta di assumere una figura priva di riconoscimento in Italia, per svolgere una funzione delicatissima, a stretto contatto con persone sofferenti, che ben potrebbe essere svolta da uno psicologo con tutte le abilitazioni al posto giusto.
MA NON FINISCE QUI… IL COUNSELLOR SOTTO CASA.
L’Azienda Sanitaria di Siracusa non è un’ASP qualunque: è proprio lì che lavora, come Dirigente Psicologo, il Presidente Nazionale degli Psicologi, Fulvio Giardina.
Sotto casa della figura di apice degli Ordini degli Psicologi italiani si aprono bandi per counsellor, in ruoli legati a progetti di palese natura sanitaria, in cui lo psicologo non c’è, ma c’è un counsellor.
Ma non è finita qui. Nel Bando sono riportati i nomi dei responsabili del progetto. Uno di questi è uno dei massimi Dirigenti sindacali AUPI della Sicilia. AUPI, il sindacato degli psicologi, che dovrebbe tutelare la figura professionale proprio nelle ASL.
CHE FACCIAMO, STIAMO ZITTI?
Di quale tutela e quale sviluppo per la professione stiamo parlando, se non riusciamo nemmeno a tutelarci tra noi? dove vogliamo andare, se queste cose avvengono sotto casa nostra? Ora cosa intendiamo fare?
IL CONSIGLIO NAZIONALE DEGLI PSICOLOGI
Nell’ultimo Consiglio dell’Ordine Nazionale degli Psicologi (CNOP) molto si è parlato di TUTELA.
E’ necessario avviare forti azioni di tutela in favore della professione, soprattutto in contrapposizione alle cosiddette nuove professioni afferenti alla legge 4/2013, tra cui quelle di counselor, soprattutto al fine di garantire e tutelare la salute dei cittadini.
QUESTO è STATO DETTO. No, non sono parole di AltraPsicologia: queste righe sono copiate dal programma del nuovo CNOP. Chiediamo a gran voce di fare chiarezza sulle reali intenzioni di questo nuovo Consiglio Nazionale in tema di tutela della professione e della salute dei cittadini.
Quali azioni concrete il CNOP intende avviare, per garantire che eventi del genere non abbiano a ripetersi, né in Sicilia né altrove? Quali azioni sul fatto specifico?
AltraPsicologia combatte dal 2005 per la TUTELA DELLA PROFESSIONE, prima per i cittadini e poi per gli psicologi. I Presidenti regionali di AltraPsicologia presenti in Consiglio Nazionale si attiveranno con decisione.
Ma davanti a queste cose è necessaria l’attivazione di TUTTI gli psicologi, che facciano sentire forte e chiaro il loro sconcerto per quanto si sta delineando per il futuro della psicologia in Italia.
Fai sentire la tua voce, firma la petizione e invia la tua mail al Consiglio nazionale degli Ordini degli Psicologi, chiedi un intervento:
Invia la email al Presidente del CNOP!
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Caro Mauro, caro Federico, mi sarei aspettato una inormazione quanto meno più consona al ruolo reciproco di rappresentanti della professione. Non è vero che l’Ordine siciliano è stato in silenzio: appena avuta notizia se ne è discusso in Consiglio; non è vero che il Cnop è in silenzio: appena avuta notizia è stato trasmessa all’ufficio legale la delibera dell’Azienda sanitaria per i provvedimenti del caso. Certamente il titolo dell’articolo è fantasioso nel momento in cui abbina la località, sede dell’Azienda sanitaria che ha prodotto il bando, al mio nome: come dire che Grimoldi vive nella regione sede degli scandali dell’Expo. Demonizzare o, ancor peggio, delegittimare una funzione pubblica senza alcuna prova indebolisce tutti. Un caro saluto e buon lavoro, Fulvio Giardina
Caro Fulvio, io mi limito a rispondere per quanto attiene ad Altrapsicologia: dal 2005 lavoriamo intensamente sul tema della tutela, che consideriamo uno dei temi salienti per la tutela dei cittadini e dei nostri colleghi professionisti. Nulla di nuovo, se per noi un bando per counsellor assume un rilievo e segna un fatto da gestire.
L’intero editoriale è interlocutorio e intende portare all’attenzione degli psicologi un fatto che noi riteniamo rilevante, e intende chiedere la loro attivazione presso l’organo di massima rappresentanza degli Ordini. Non contiene accuse a nessuno: vuole portare alla luce un problema.
Permettimi una battuta: la nostra redazione manda online per poche ore, di notte, le versioni-test degli articoli per la lettura finale, ma tu riesci sempre ad intercettarle per primo e farci segnalazioni: finirà che ti proporremo di scrivere per noi!
La frase a cui ti riferisci era nel banner, ora è stata resa omogenea al vero tema dell’articolo, che NON è volto a demonizzare/delegittimare te o chiunque altro, piuttosto il contrario: vogliamo mettere in primo piano un problema, e su questo chiedere chiarezza d’intenti e azioni agli Ordini e al CNOP: sapremo agire con decisione a livello nazionale sul tema della tutela?
Quanto all’articolo a firma di Grimoldi, è espressione di posizione personale e sarà lui a rispondere nel merito, se lo vorrà.
Caro Federico, sai bene che sono un iscritto aupi non certo tenero o acritico verso questo sindacato. Sai anche che apprezzo, laicamente, anche le iniziativa di altrapsicologia quando meritevoli come quelle di altre componenti della politica professionale, ma se il commento al post del nostro presidente nazionale corrisponde al vero, ossia che si sono già mossi, temo che questa volta abbia ragione lui. Quella vostra pubblicazione dallo stile sensazionalistico accusa e abbina senza troppe sfumature. Si può anche sbagliare, ma se i fatti sono come da questo scambio descritti, converrebbe riconoscerlo. Un caro saluto. Nicola
Caro Nicola, ancora una volta devo specificare, e a questo punto chiedere: in quale punto si ‘accusa’? Altrapsicologia si occupa di tutela dal 2005, abbiamo attivato iniziative da sempre su questo tema. Oggi stiamo chiamando all’attivazione gli psicologi, per riaprire un dibattito sul tema della tutela che dalla Legge 4 in poi sembra spento e rassegnato.
Lo facciamo a seguito di un fatto che può essere isolato oppure sintomatico. La lettura che scegliamo è che un bando di questo genere sia sintomatico di una cultura che sta lentamente formandosi, di tolleranza verso un abbassamento della qualità dei professionisti e verso una diluizione della chiarezza verso i cittadini in merito alle figure professionali che nelle ASL si occupano di loro.
Non è il CNOP, e non è Fulvio, il nostro punto di interesse, ma la tutela e la posizione che le istituzioni debbono prendere in fatti come questi. Se il CNOP ha già attivato azioni a riguardo, ha tutti i mezzi per poterlo affermare pubblicamente e con forza. Se il CNOP intende adottare, con decisione collegiale, una ferma e chiara politica di tutela dei cittadini e della professione da tutte le forme di abusivismo più o meno sommerse, non ha che da affermarlo pubblicamente e con forza. Se Fulvio si è già attivato potrà dirlo ai colleghi, e ne guadagnerà in stima della comunità professionale.
Ma questa iniziativa di Altrapsicologia ha un obiettivo diverso, che non può essere letto soltanto in una logica interna alle istituzioni: la nostra associazione da sempre ha mostrato una vocazione alla partecipazione e all’informazione, al coinvolgimento dei colleghi. Il dibattito sul tema della tutela deve essere ripreso a livello di comunità professionale, e sul metro della partecipazione della comunità professionale misureremo il suo valore.
A quando un bando per l’assunzione di reiky master o guru del pensiero positivo?
quoto Zanon “Se il CNOP intende adottare, con decisione collegiale, una ferma e chiara politica di tutela dei cittadini e della professione da tutte le forme di abusivismo più o meno sommerse, non ha che da affermarlo pubblicamente e con forza.”
Certo, sarebbe ora che il CNOP prendesse posizioni ferme, decise e concrete.
Sono un neoPsicologo e quel po’ di coscienza e identità professionale che ho acquisito fin’ora non la devo certo alla lettura del Codice Deontologico che -per quanto rappresenti un distillato di pluriennale esperienza professionale di chi ci ha preceduto- è materia sterile ed inutile se resta su carta. E’ solo attraverso l’azione (in prima linea) e la continua sollecitazione di colleghi preparati, formati, coscienziosi e appassionati (come quelli di AltraPsicologia, ma non solo) che ho imparato ad apprezzare, riconoscere e rispettare la Professionalità psicologica e con essa l’utenza di riferimento.
Sono perplesso pertanto Sig. Presidente -pur comprendendo il suo legittimo diritto di replica- del suo, passivo e delegante a mio parere, ridurre il tutto ad una “trasmissione all’ufficio legale per i provvedimenti del caso”.
Io collega ho bisogno di partecipare al dibattito e alla ricerca di soluzioni, devo essere necessariamente coinvolto e sollecitato così come fanno i colleghi di AltraPsicologia. La soluzione alla questione non può passare solo per approvazioni, delibere e codifica di norme a cura del vertice. Sono io stesso Psicologo, alla base del sistema, spesso a contatto e incoscientemente colluso con l’abusivismo, che devo essere allertato e formato a riconoscerlo. Sono io alla base che devo essere dotato degli strumenti per partecipare, esercitare i miei diritti e pretendere che il vertice agisca in base al mandato per cui è stato da me delegato.
Per quel che ho visto fino ad oggi, non ritengo che il vertice abbia messo in campo una ferma e decisa politica contro l’abusivismo. Un esempio per tutti: il business formativo in area pseudo-psi, con la partecipazione quando non addirittura l’organizzazione da parte di Psicologi, è sempre più fiorente. Cosa fa il CNOP in proposito?
A tal proposito ricordo, qualche anno fa, di una certa Carta Etica (ad iniziativa di AltraPsicologia) nella quale si chiedeva alle Scuole di Psicoterapia di sottoscrivere un impegno a sospendere la formazione di Counselor e psedo-psi. Mi sembrava un buon punto da cui partire. A che punto siamo ora?
Dimenticavo. Sono uno Psicologo ma ho cominciato con una formazione quadriennale in Counseling di cui quindi conosco -oggi più di ieri- qualità/pregi ma soprattutto difetti e rischi. Sono i secondi che mi preoccupano, più che l’erosione di quote di mercato per noi Psicologi: non posso dimenticare lo stato di assoluta incoscienza professionale e il vuoto deontologico in cui all’epoca mi sono stati affidati strumenti la cui potenza e delicatezza ben conosciamo. Non riesco proprio a capire come uno Psicologo che abbia alle spalle anni di training, di esperienza professionale (e anche di errori), di valorizzazione del confronto e del sostegno intraprofessionale, possa anche solo pensare per un attimo di poter compattare tutto ciò in un breve pacchetto formativo professionalizzante.
Caro Federico, naturalmente non dobbiamo per forza convincerci a vicenda. Del resto il testo è scritto, l’interpretazione è libera. Mi permetto dunque di insistere sul fatto che scrivere: “un fatto aggravato da due ulteriori elementi” dopo il titolo sparato in rosso con tanto di punto esclamativo, e poi indicare di fatto aupi (e un suo dirigente) come complice e corresponsabile, ha l’effetto pragmatico di una denuncia. Di una accusa. Non solo del fatto in sé, ma anche di qualche corresponsabilità. Stesso trattamento è stato riservato, nel lungo testo, anche al presidente del CNOP che ha già risposto. Mi dispiace, ci leggiamo da tempo su una mailing list, e ho avuto modo di apprezzare spesso dei tuoi interventi. Questa volta, tu o altrapsicologia, non avete fatto secondo me una buona informazione. Anzi. Ed io mi sento di dirtelo proprio in nome di un nostro trascorso e di scambi in rete. Questa volta, la tua replica non mi è apparsa convincente. Ti rinnovo dunque un suggerimento, se si fa uno sbaglio “comunicativo”, converrebbe ammetterlo. In ogni caso, naturalmente, possiamo rimanere in disaccordo ed in pace. Un caro saluto. Nicola PS Non vorrei protrarre più del dovuto qui una discussione. La mia posizione è chiara, non penso che interverrò ulteriormente.
Ti ringrazio, e accetto la tua osservazione sul risultato pragmatico. Spero si possa andare oltre l’effetto di un singolo passaggio per cogliere la vera essenza dell’iniziativa: porre sul tavolo della discussione, anche all’interno del CNOP, un tema che la comunità professionale considera molto rilevante. Un tema su cui probabilmente c’è bisogno di confronto e di maturare finalmente una posizione univoca, almeno a livello di Ordini regionali.
Proseguiremo proficuamente i nostri scambi anche negli altri contesti: questo spazio, in cui rappresento le istanze dell’associazione e il suo portato stilistico, è chiaramente informato da logiche diverse rispetto a quelle dell’interlocuzione informale e diretta.
Suggerisco una “piccola” correzione, quando parlate di “[…] Tra le figure ricercate, tutte ben regolamentate dalla Legge […]”.
Come di certo saprete quella di interprete e/o traduttore è una professione non regolamentata, esattamente come il counseling. Non a caso non esiste l’Ordine degli interpreti e dei traduttori… né tanto meno una Legge di ordinamento.
Esiste invece l’Associazione Italiana Traduttori e Interpreti (ad esempio) che, come AssoCounseling (sempre ad esempio), è inserita negli elenchi tenuti dal Ministero dello Sviluppo Economico ai sensi dell’art. 4 della Legge 4/2013.
Perché questa precisazione: perché è veramente obsoleto nel 2014 ritenere che per partecipare ad una selezione pubblica – di qualsiasi tipo – sia necessario il possesso di vecchie nomenclature come, ad esempio, l’iscrizione ad un Ordine o il possesso di una laurea specifica (non a caso l’Associazione Italiana Traduttori e Interpreti iscrive anche soggetti non in possesso della laurea in traduzione e/o interpretazione – classe LM-94).
Inoltre, non conoscendo le mansioni, mi chiedo con quale logica si possa sostenere che tale bando andasse rivolto ad uno psicologo (per il solo fatto che ha a che fare con la sanità).
Una domanda: quando scrivete che il counselor è “[…] una figura priva di riconoscimento in Italia […]”, esattamente a cosa vi riferite? La sensazione è che facciate molta confusione tra regolamentazione, riconoscimento, certificazione, etc. utilizzando, al di fuori di un contesto giuridico-normativo, parole che hanno invece un significato ben preciso.
Sarebbe interessante se chiariste quest’ultimo punto.
Non siamo in un contesto giuridico-normativo, ma in uno spazio di dibattito politico: ci riserviamo qualche licenza. Ma del resto, conosciamo a sufficienza le posizioni di tutti noi per non doverci interrogare a vicenda a chiarimento di quel che intendiamo comunicare. Più interessante è leggere la reazione degli psicologi al nostro stimolo.
E’ più che ovvio che serva uno psicologo visto e considerato che si parla di sensibilizzazione al test dell’HIV. Nei protocolli internazionali si parla di un counseling per test ed uno post test. Adesso, transeat per il pre test, gestibile anche dall’infermiere mentre fa il prelievo, ma quando il test da riconsegnare è positivo si aprono reazioni che se mal gestite rendono complicatissimo il processo di normalizzazione alla nuova situazione sierologica.
Non vorrei dare avvio ad una polemica infinita, ma quanto da te sostenuto non trova alcun riscontro nella realtà dei fatti.
Nel 1989 – in concomitanza con la regolamentazione della professione di psicologo in Italia – l’OMS definiva il counseling come “[…] un processo decisionale e di problem solving che coinvolge un counsellor e un cliente. Il cliente ha la necessità di un aiuto ed il counsellor è una persona imparziale non legata al cliente che possiede capacità di ascolto, di sostegno, di guida. Attraverso il dialogo e l’interazione il counselling aiuta le persone a risolvere o controllare i problemi, a capirli, ad affrontare i disagi psicosociali e i bisogni nel modo più razionale possibile. Il counselling è intenso, focalizzato, limitato nel tempo e specifico”.
21 anni più tardi – quando ormai la professione di psicologo è regolamentata in Italia – l’Istituto Superiore di Sanità pubblica “Criteria for standardizing counselling for HIV testing” in cui si continua a parlare di counseling, senza alcun riferimento allo psicologo.
L’SSR dell’Emilia, ad esempio, ci dice che il “counselling HIV” è proposto da personale di varia natura appositamente formato. Parla di medici, infermieri, psicologi, ostetriche, etc. (notare: appositamente formato).
Ci dice inoltre che il counseling è “[…] uso della relazione abile e strutturato che sviluppi l’auto-consapevolezza, l’accettazione delle emozioni, la crescita e le risorse personali. Il counselling può essere mirato alla definizione e alla soluzione di problemi specifici, alla presa di decisioni, ad affrontare i momenti di crisi, a confrontarsi con i propri sentimenti e i propri conflitti interiori e a migliorare le relazioni con gli altri. Il ruolo del counsellor è quello di facilitare il lavoro del cliente in modo da rispettarne i valori, le risorse personali e la capacità di autodeterminazione […]” ovvero la definizione di counseling data dalla BAC nel 1992.
A questo aggiungiamo il parere del Consiglio Superiore di Sanità del 12 luglio 2011 in cui si dice che l’attività di counseling è autonoma rispetto a quella di psicologo (il Consiglio risponde ad un preciso quesito ovvero “Richiesta parere attività di counselor”) e, per finire, il parere del Ministero della Salute del 24 marzo 2014 in cui si dichiara che il counseling non “[…] ha evidenziato interferenze con le attività riservate agli esercenti le professioni sanitarie […]”.
Da tutto ciò è facile evincere che il counseling non sia una competenza esclusiva degli psicologi. Non solo: gli autorevoli organi citati in precedenza sottolineano che, anche quando si tratta di personale sanitario, lo stesso deve essere appositamente formato, sfatando ancora una volta il mito che lo psicologo è in grado di fare counseling solo per il fatto di essere psicologo (visto che ancora nel 2014 c’è chi gioca con le parole sostenendo che il counseling sia la “consulenza psicologica”).
Non a caso – e concludo – molti counselor sono impiegati nella formazione del personale sanitario alle abilità di counseling. Io personalmente ho formato decine e decine di medici, infermieri e psicologi negli ospedali alla comunicazione della diagnosi (con tanto di accreditamento ECM accordato dal Ministero della Salute), con reciproca soddisfazione di entrambi.
Tommaso, ci sono da sempre visioni diverse. Altrapsicologia non ha mai avuto dubbi sull’utilità che nozioni psicologiche e di counseling siano utile competenza delle professioni più varie (medici, avvocati, infermieri, mediatori, commercianti, e tutto quel che si vuole).
Il problema è passare da queste competenze come parte di una professione, a queste competenze trasformate in professione autonoma. Su questo secondo punto, per le distorsioni che inevitabilmente si creano in Italia, la nostra Associazione ha posizione critica. Questa posizione vale per il nostro paese, dove noi lavoriamo, in virtù del fatto che esiste la categoria professionale degli psicologi. In altri paesi gli ordinamenti professionali sono diversi e non paragonabili: ciascuno ha il proprio, frutto di una tradizione storica e di vicende politiche.
Se poi vogliamo affermare che i francesi dovrebbero mettere la salsa barbecue dappertutto, perché nel sud degli USA si fa così, affermiamolo liberamente. Se vogliamo che in Francia si approvi una legge per l’uso della salsa barbecue, facciamolo. Ma questo non significa che usare le salse della cucina classica francese, affermare con forza che sono quelle tradizionalmente usate in Francia, e sostenere che possono accompagnare splendidamente ogni ricetta senza bisogno della salsa barbecue, sia becero corporativismo.
Valleri, sai bene che quando OMS e agenzie che usano l’inglese come lingua ufficiale nominano il termine “counselling”, si riferiscono a una pratica e ad un professionista che, in USA o UK, ha quasi la preparazione professionale di uno psicoterapeuta (in USA, in alcuni stati, ci vogliono 1500 ore di formazione e poi altri 3-5 anni di pratica supervisionata per avere accesso a certi posti di lavoro), tanto che le job descriptions degli ospedali inglesi che assumono counsellor richiedono palesemente anche di occuparsi di alcune patologie. Guardate il sito dell’NHS job per verificare, se volete. E’ chiaro poi che a Siracusa devono sistemare qualcuno di loro conoscenza. Il fatto che vincolino l’assunzione all’iscrizione al CNCP lo dimostra. Perché non nominano pure l’iscrizione (se proprio dobbiam restare nell’ambito “counselor”) ad AssoCounseling, a AICo, ecc. (che tra l’altro chiedono pure molte più ore di formazione ai loro iscritti, che non CNCP!)? Qualche altra sigla tra gli stessi counselor (AssoCounseling, Sicool, AICo, ecc. insomma “Federcounseling” di cui CNCP ha deciso di non far parte perché lo sanno tutti, il CNCP è il braccio “counselor” del CNSP, e cioè dell’associazione delle scuole di psicoterapia….) Credo che pure AssoCounseling dovrebbe far la voce grossa a Siracusa. O tacete perché politicamente vi conviene che passi il “principio”?
Ciao Gianni, se rileggi il mio primo intervento noterai che ho sottolineato la differenza temporale intercorrente tra la dichiarazione dell’OMS e le successive. Non è un caso che l’abbia fatto. Se 25 anni fa poteva essere “complicato” tradurre counseling, oggi certamente nel 2014 non lo è più. E dunque perché si continua ad utilizzare il termine counseling? Dunque: OK quando nominano il termine organismi internazionali, ma quando lo nomina il Consiglio Superiore di Sanità o il Ministero della Salute? Immagino che loro conoscano la differenza.
Hai ragione sulle “mansioni” dei counselor negli altri paesi, ma questo come ben puoi immaginare attiene alle diverse modalità di sviluppo di una professione. Pensa solo alla valenza dello psicologo clinico e dello psicoterapeuta in Australia, le cui mansioni sono totalmente diverse da quelle dei “nostrani” psicoterapeuti.
Sono abbastanza d’accordo con l’ultima parte del tuo ragionamento, invece. Ritengo che la ASP abbia fatto un errore madornale a circoscrivere il bando a quei counselor che appartengono ad un’associazione ben precisa.
Certo Valleri. Quando le agenzie varie, ISS incluso, che comunque deve scrivere “counselling” e non “psychotherapy” perché internazionalmente quello è il linguaggio (il malato di HIV non ha certo bisogno di psicoterapia), nominano “counselling” immagino sappiano cosa dicono. Dicono “counselling” e non “counsellor” proprio perché, per esempio nelle problematiche relative all’HIV, il counselling è fornito da infermieri formati in counselling e da medici formati in counselling. Che in genere lo sono di default perché la formazione in counselling viene fatta anche nei corsi di medicina e in quelli per infermeiri. A volte il counselling lo fanno persino psicoterapeuti, che lo sanno fare bene, perché spesso la scuola in cui si son formati è la stessa che nei primi 2 anni di fomazione mette insieme counselling e psicoterapia, non distinguendoli rigidamente come facciamo noi qui in Italia, a causa di leggi e interessi economici vari. E pure gli psicologi in USA fanno counseling, perché esiste la specializzazione post laurea triennale in counseling psicologico. Ciò fa di loro dei “counselor”? Sì e no. Non è interessante. E’ la disciplina che le organizzazioni menzionano, non il tipo di professionista che la eserciti. Certo, negli USA e in UK il counselling è esercitato anche da “counsellor” con un’esperienza tale che un giovane psicologo triennalista si sognerebbe. Ma in UK e USA e Australia non si entra in un ospedale pubblico per concorso. Ma con CV, colloqui e periodo di prova di alcuni mesi. Quindi con l’esperienza e le capacità. Quindi quell’intervento di counselling con i pazienti HIV sarà svolto da chi loro ritengano abbia le capacità e l’esperienza per svolgerlo bene. Certo anche da un counsellor accreditato da BACP o UKCP o COSCA o altri. Ma qui non siamo nè in USA nè in UK dove non c’è la pletora di professioni d’aiuto che abbiamo noi, nè il numero di professionisti che si mangiano le briciole. E’ bello il mercato eh? Questo fa alle professioni: che si mangino tra loro. Succede meno in UK, che il libero mercato lo inventò, ma che sa anche gestirlo in concertazione. Qui no.
Quoto la finalità dell’articolo e la risposta di Zanon, e cioè tutelare la professione di psicologo da altre chiamiamole professioni. Per cui accolgo positivamente qualsiasi iniziativa che serve davvero a tutelarci, al di la degli schieramenti politici, perché per il benessere della professione bisogna essere uniti.
E’ abbastanza stucchevole che, a fronte di una denuncia ben precisa da parte di AltraPsicologia, a fronte della pletora di psicologi che in varie forme, il più delle volte gratuitamente (vedi tirocini di specilalità, volontari et similia), collaborano con le ASL, si punti lo sguardo su altro.
Questa petizione significa solo una cosa: la gran parte dei colleghi chiede tutela e non fini ragionamenti sulle interpretazioni in un senso o nell’altro di un articolo. Cosa farà adesso il CNOP (di cui faccio parte in qualità di Presidente del Piemonte), è il vero dilemma.
Gli ordini e i sindacati di categoria non sono più quelli di una volta… Sono lobby ed è vergognoso e perverso che proprio la categoria di professionisti che dovrebbe occuparsi di curare le perversioni ne sia ormai così tanto gravemente afflitta….
E’ necessario non sputarsi addosso all’interno di casa nostra (figura di categoria) ma è fondamentale che tutti alziamo la voce e ci facciamo sentire attivamente, che tutti siamo sensibili alla tutela della professione da tutte le istituzioni e ancor di più da quelli che ci rappresentano anche se loro hanno già preso provvedimenti. Chi ci rappresenta, a tutti i livelli, ha il dovere di informare la categoria che ci rappresenta, divulgando le notizie a livello nazionale e non sempre nel loro orticello. Gli Psicologi apprendono notizie, per la maggior parte, per passa parola; altri hanno perso fiducia verso chi ci rappresenta. Dobbiamo essere grintosi e rinforzare il nostro diritto di tutela della professione per tutti coloro che ne hanno l’obbligo a svolgerlo!!!!!
Sono una iscritta all’AUPI; pago l’ordine Puglia e l’enpap; in più pago l’assicurazione Professionale!!!!
Desidero che gli Psicologi vengano tutelati e non pagatori di tasse.
Cari Amici di Altra Psicologia,
Vi ringrazio per questo spazio. .
Io ne deduco solo che evidentemente e come potrebbe essere altrimenti!!!, dopo quanti anni ? dall’istituzione di Corsi che per quanto privati mi risultano ad ogni modo a pagamento, qualcuno ha ritenuto giusto cominciare a compensare lavorativamente parlando, a quanto pare!!, chi , non diversamente da quanti di Noi seguono un qualsivoglia altro Corso di ” perfezionamento, specializzazione, master e chi più ne ha , più ne metta in questo campo!, ovviamente sempre dietro debito compenso,ha preso parte a Corsi di formazione sperando di ampliare il proprio raggio d’azione quando non già di cominciare ad inserirsi lavorativamente se non professionalmente (così come pubblicizzati!) in un campo professionale.
Intendo solo dire che, lungo questa strada, rischiamo solo di fare e di farci del male a vicenda.
E’ evidente che il problema non è il collega counsellor che, non diversamente da noi, ha seguito lezioni specialistiche che si ritiene abbia debitamente onorato, quanto piuttosto chi, tutto ciò fomenta e vergognosamente e deprecabilmente sfrutta! Non dovrebbe essere un or-or quanto piuttosto un et-et. Altrimenti hai voglia a mordersi la coda.. e poi ci si lamenta! e per forza se ogni cosa che si fa, si prevede il morto e quando se ne esce più dalla melma fangosa dell’arenaggio al quale è inesorabilmente approdata la nostra professione?
Vuoi lavorare? Vai in giro a chiedere l’elemosina, può darsi che qualcuno di pia fede ti renda carità.
Il problema non è il counsellor, il vero inghippo è questa mentalità da mendichi che pervade la nostra professione, tutto è gratis perchè il “bene”, inteso in senso lato, non ce lo possiamo permettere; non ce lo meritiamo,.. a renderci così stupidi e poco appetibili dal punto di vista professionale. eppure siamo psicologi e tutto questo non dovremmo saperlo quanto piuttosto: INSEGNARLO!!!!!
Con ciò voglio solo dire che la scorrettezza, a mio avviso, e poi la termino qui sennò mi intossico e a ora di pranzo odio intossicarmi!, sta dalla parte di chi utilizza figure professionali ” al limite”, sfruttando! e servendosi dell’ancora purtroppo ahimè ben nota e in alcune realtà ancora rovinosamente e penosamente presente ignoranza rispetto a: “Chi è e che cosa fa lo Psicologo : Questo sconosciuto!!”.
Auguri per il Vostro lavoro, non vi fermate, abbiamo bisogno di una voce che dia voce..
Come possono le istituzioni di questo Paese, e quindi i partiti non comprendere la importanza della psicologia nell’azione di prevenzione delle tante problematiche umane che avvelenano la vita di tutti i giorni. Come si fa a non considerare l’apporto degli psicologi all’ interno delle istituzioni vedi strutture sanitarie, scuole, luoghi di lavoro etcc. Possibile che non si possa creare lo psicologo di base ad esempio ogni 3 o 4 ambulatori medici inserire uno psicologo. Credo che l’ordine deve fare le barricate.
Propongo di stabilire a riguardo una convenzione e quindi una collaborazione con i relativi Ordini Provinciali veneti dei Medici
Sono in formazione come counselor presso l’Istituto Adler di Torino, ente costituito nel 1976 da psicologi e psicoterapeuti, che si occupa di consulenza e formazione (anche di psicoterapeuti). Non voglio entrare nella vostra polemica, ma mi limito a ricordare che anche le diverse scuole di psicoterapia sono private e che la professione di counselor è stata riconosciuta con legge dello Stato ( Legge n. 4 del 14 gennaio 2013, pubblicata nella GU n. 22 del 26/01/2013). Le associazioni di categoria, come la CNCP a cui si fa riferimento nel bando dell’Asl di Siracusa, determinano gli standard formativi, ” promuovono, anche attraverso specifiche iniziative, la formazione permanente dei propri iscritti, adottano un codice di condotta ai sensi dell’art. 27-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206,vigilano sulla condotta professionale degli associati e stabiliscono
le sanzioni disciplinari da irrogare agli associati per le violazioni
del medesimo codice” (cito dal testo della legge).
Ricordo inoltre che nè psicologo nè counselor sono professioni “sanitarie” in senso stretto e che differiscono per i contenuti della formazione e per gli strumenti utilizzati.
Nessuno di noi vi vuole fare concorrenza, questo almeno il Presidente dell’Ordine deve averlo capito!
Ciao Valeria, non è corretto quello che hai scritto. La L. 4/2013 non ha riconosciuto il Counseling, così come non ha riconosciuto alcun altra professione. Ti invito a leggere sul nostro sito i molti articoli scritti a riguardo. Ultima notazione: quella di psicologo è una professione sanitaria. Ciao e buon proseguimento di studi
E’ giusto: la legge 4/2013 non ha riconosciuto al nostra professione, ma l’ha disciplinata. Siamo in attesa di riconoscimento, che spero arriverà presto, quando si sarà fatta strada anche in Italia una maggiore conoscenza del nostro percorso di studi e delle possibilità di integrazione con altre professionalità.
Ringrazio per le precisazioni. Non ero al corrente che quella di psicologo fosse stata riconosciuta come una professione sanitaria. Ho letto adesso l’articolo di legge in merito. Mi viene però allora spontanea una domanda: se il vostro è un intervento di tipo essenzialmente clinico (e mi scuso se tralascio ciò che mi sfugge per ignoranza) e il nostro una relazione d’aiuto in cui (cito dal sito della Cncp) l’operatore “aiuta il cliente a cercare soluzioni su specifici problemi di natura non psicopatologica e, in tale ambito, a prendere decisioni, a gestire crisi, a migliorare relazioni, a implementare le risorse personali, a promuovere e sviluppare la consapevolezza di sé”, perchè non è possibile lavorare parallelamente su livelli diversi?
non mi sento la persona più idonea a rispondere -come immagino già sia stato abbondantemente fatto in altri, più autorevoli e più adeguati allo scopo contesti- ma mi limito a rimandare con un altra domanda.
Visto che il tema, lo spartiacque, l’asticella intorno a cui ruota tutto l’argomentare è la psicopatologia, allora chiedo che strumenti ha il Counselor per distinguere e discernere tra clinico e sub-clinico? E’ egli in grado per esempio di distinguere tra una disforia passeggera/situazionale e quella latente e cronica forma depressiva che sotto il nome di distimia sfugge talvolta anche al clinico esperto se non fa un’adeguata e dettagliata anamnesi? Come fa, ancora, a stabilire se il livello di ansia del suo cliente sia più di là che di qua e quindi è consigliabile inviarlo a professionista qualificato per? Dovrà pure avere degli strumenti, sperando che questi non si riducano alla sua personale esperienza di vita (chè se è cresciuto in una famiglia dove l’ansia è di casa tenderà a normalizzare anche l’ansia del suo cliente). Per questo i programmi didattici delle Scuole di Counseling prevedono lezioni di Psicopatologia mi si dirà, così come nelle professioni sanitarie (infermieri, OSS, Tecnici vari, ecc..). Si, ma la differenza sostanziale è che un infermiere, pur sapendo la differenza tra bronchite e broncopolmonite, non si azzarderebbe mai a fare un intervento, nè tanto meno una diagnosi; un audiometrista, pur avendo sotto gli occhi il risultato della sua indagine, invierà sempre ad un medico otorino per una diagnosi e quest’ultimo invierà ad un tecnico audioprotesico che si limiterà a sua volta a svolgere quanto prescritto e di sua competenza. Questo è, almeno sulla carta, il professionalmente variegato ma ben disciplinato comparto sanitario. Il comparto Psicologico (di cui -è inutile girarci intorno- il Counseling -inteso come approccio metodologico- è parte) invece è un guazzabuglio confuso in cui tutti fanno un pò di tutto nascondendosi dietro un dito. Le ragioni di questo stato di cose vengono da lontano e non è questa la sede per discuterne ma per uscirne occorre, a mio avviso, una riforma del comparto che -con adeguate correzioni, revisioni e rinunce da parte di tutti- ci porti verso una disciplina più adeguata del settore. In tale quadro avrebbe per esempio senso utilizzare sedute di Counseling Bioenergetico in un trattamento depressivo ma il tutto sotto stretto controllo di Professionista Psicologo.
Rimando comunque a come si è espresso il Ministero della Salute: “…”Nello specifico si rileva che sia la definizione di counseling che gli atti caratterizzanti della professione medesima, sono conformi a quanto stabilito dal Consiglio Superiore di Sanità con parere del 12 luglio 2011 che ha chiarito gli ambiti di competenza del counselor”. La nota è scaricabile integralmente a questo indirizzo: http://www.assocounseling.it/docs/miscellanea/20140324_parere_ministero_salute.pdf).
Il che mi pare rafforzi la mia idea che non ci sia (se non la si vuole creare) possibilità di competizione.
Mi scuso per l’incursione fatta nel vostro sito, con il solo obiettivo di contribuire ad una proficua comunicazione.
Ciao Valeria, volevo farti presente che il counseling nasce nell’ambito della psicologia umanistica e che molti psicoterapeuti (in particolare quelli che seguono un approccio umanistico) si sono formati in counseling già durante i 4 anni di specializzazione. No, il nostro intervento non è esclusivamente clinico, la psicoterapia può avere come finalità la crescita e lo sviluppo personale.
Personalmente, mi sento usurpato delle mie competenze maturate con anni di formazione in psicoterapia sentendomi dire che il counseling è altro rispetto al sapere psicologico.
Infine, la professione di counselor non è né riconosciuta, né protetta e neanche regolamentata. Sul sito del Ministero dello Sviluppo e sul sito del Ministero della Giustizia puoi leggere:
“L’inserimento di un’ associazione di professionisti in questo elenco non costituisce in alcun modo un riconoscimento giuridico della professione da essi esercitata. Questo può avvenire solo a seguito di specifici provvedimenti legislativi riguardanti la professione stessa”.
Sono d’accordissimo. Sono Psicologo, ho fatto un corso triennale di counselling con un istituto e successivamente uno quadriennale di psicoterapia con un altro istituto. Tutto nello stesso orientamento teorico. Il biennio del corso di psicoterapia è stato praticamente la copia del corso triennale di counseling: stessi contenuti, stesso training, ecc. Quindi, bando alle ciance, lo psicoterapeuta non sarà un “counselor”, ma sa fare il counselling. Se lo vuole e lo fa intenzionalmente in ambito psico-sociale. Fine della storia e delle ciance di legge italiche che servono solo a bypassare i limiti precedentemete imposti. Limiti che il neoliberismo della formazione vuole eliminare per consegnare altra “merce” ad un più ampio spettro di clientela. Se niente niente all’interno dei corsi di formazione per insegnanti, assistenti sociali, educatori, infermieri, medici, ecc. (ma anche psicologi), ci fossero un paio d’anni di insegnamento esperienziale di “abilità di counseling”, fatti come si deve, i corsi di counseling che pullulano nella penisola chiuderebbero domattina. E’ così difficile da capire?
Anche a Casale Monferrato si fanno bandi per i counselor ! Grazie Ordine degli Psicologi per aver gestito la questione !
“AVVISO DI RICERCA PER IL CONFERIMENTO DI INCARICO LIBERO- PROFESSIONALE SENZA VINCOLO DI SUBORDINAZIONE PER N. 1 COUNSELOR PER IL PROGETTO “CONDIVIDIAMO CON I PAPÀ… CONTINUA” – PERCORSI DI SENSIBILIZZAZIONE ALLA CONDIVISIONE DELLE RESPONSABILITÀ DI CURA FAMILIARI” PRESSO LE ATTIVITÀ CONSULTORIALI DELL’A.S.L. AL.
SCADENZA: 01/10/2014”
“…Il problema è passare da queste competenze come parte di una professione, a queste competenze trasformate in professione autonoma. Su questo secondo punto, per le distorsioni che inevitabilmente si creano in Italia, la nostra Associazione ha posizione critica. Questa posizione vale per il nostro paese, dove noi lavoriamo, in virtù del fatto che esiste la categoria professionale degli psicologi. In altri paesi gli ordinamenti professionali sono diversi e non paragonabili: ciascuno ha il proprio, frutto di una tradizione storica e di vicende politiche…”
Caro collega Zanon,
questo passaggio proprio non lo capisco!!!
Quindi per esempio, un educatore di comunità potrebbe per esempio acquisire competenze psicoterapiche ed esercitarle all’interno della struttura come parte della sua Educazione degli Adulti e non incorrere in abusivismo professionale? Quindi di conseguenza si potrebbe fare a meno di uno psicologo? Questa questione delle skills proprio non la capisco.
Ovviamente figurarci poi se quell’educatore andasse in un suo studio privato ad esercitare competenze riservate a noi psicologi.
Le competenze psicoterapiche non fanno parte delle competenze liberamente utilizzabili. Esistono tuttavia una serie di conoscenze e competenze di natura psicologica che ben possono far parte del bagaglio di altre professioni: pensiamo al ruolo delle competenze relazionali nella professione di infermiere, medico, avvocato, organizzatore di matrimoni, educatore, commerciale, etc.
In tutte queste professioni, l’obiettivo di acquisire competenze psicologiche non è quello di ‘fare lo psicologo’ o fare ‘quello che fa lo psicologo’, ma di svolgere meglio il proprio mestiere. Il problema è quando un avvocato usa le competenze di counselling per aiutare le persone a sconfiggere la depressione, piuttosto che a comprendere meglio il loro interesse nella causa di separazione che stanno seguendo.
Certo, è per questo che appellarsi all’articolo 21 non è servito…. d’altro canto per fornire un minimo di competenze relazionali (più che psicologiche) c’è bisogno di fare un master di 3 anni?? Mi sembra chiaro che si promette altro! Una professione specifica che in questo caso CHIARAMENTE va ad occupare competenze altrui (avete per caso letto il programma di studi?Le competenze psicologiche costituiscono praticamente l’intero bagaglio di conoscenze)…quindi dico: se una persona X può ottenere il titolo di counselor in 3 anni allora diamo il titolo di counselor “psicologico” ai triennalisti di psicologia e di diritto a psicologi psicoterapeuti etc Vi immaginate l’effetto?
Mi rivolgo nello specifico a Federico Zanon: attenzione! chiunque (e non da oggi) avvocato, counselor o anche psicologo (che faccia un intervento psicoterapeutico) proponga al cliente un percorso per sconfiggere depressione o ansia è già passibile di denuncia per abuso professionale!! Ed è questo il punto cruciale. Il counselor che si sente accusato di abuso affermerà di non occupare il ruolo proprio dello psicologo in quanto non opera nel campo della psicopatologia…ma scusate lo psicologo, per statuto (art.3), non si dovrebbe occupare di promozione del benessere, di migliorare la capacità delle persone di comprendere se stesse -etc.- ovvero quello che dice di fare il counselor?Quindi non all’art. 21 ci dovremmo appellare ma all’art. 3. Vi prego chiaritemi questo punto..
sono perfettamente d’accordo con la posizione di Mia.
secondo me il counselor non psicologo in Italia occupa la stessa sfera d’intervento dello psicologo non terapeuta, con il vantaggio di una formazione + celere e meno vincoli legali, infatti ora vediamo che scuole, enti pubblici ecc ecc per la prevenzione e promozione del benessere optano x la collaborazione di psicologi o counselor/coach… indifferente.
Forse l’ordine poteva occuparsene prima dell’entrata in vigore della Legge 4/2013 e far luce sul problema, ora resta ai liberi professionisti l’onere di difendere il proprio titolo ma da soli è difficile farsi strada.
Ciao Mia, provo io a chiarire la questione da te sollevata In ogni attività professionale afferente ad una professione intellettuale (psicologo, medico, avvocato, ingegnere, etc.) esistono degli “atti” professionali.
Questi “atti” non sono tutti, come forse tu ritieni, delle riserve professionali. Infatti noi ad oggi distinguiamo tra atti tipici, atti caratterizzanti e atti riservati.
Questo significa, banalmente, che per lo psicologo la “promozione del benessere” può essere un atto tipico, ma non necessariamente riservato. Ovvero che lo stesso atto può essere fatto da mille altre professioni e comunque anche da non psicologi.
Provo a rilanciare: una critica che ho sempre mosso al CNOP è quella di non aver mai fatto, dal 1989 ad oggi, un documento che illustri in maniera dettagliata gli atti professionali, eccezion fatta che per un documento che verteva – se non erro – sulla diagnosi psicologica.
I counselor invece hanno prodotto copiosa documentazione sugli atti caratterizzanti la professione di counselor. Tali atti sono passati al vaglio sia del Ministero della Salute che del Consiglio Superiore di Sanità (Consiglio di cui il CNOP è membro di diritto).
Nessuno li ha bocciati, ostacolati o ha avuto qualcosa da ridire.
La ringrazio per avermi risposto, il parere di un esperto è sicuramente utile. Tuttavia vorrei approfittare della sua disponibilità per porle ancora alcune questioni. Concordo con lei che la “promozione del benessere” in quanto tale, chiaramente non può costituire un atto riservato allo psicologo (ci mancherebbe altro, dovremmo altrimenti portare in giudizio anche le SPA!). Se vogliamo affrontare la questione nello specifico (nel 2013 l’Ordine della Lombardia ha redatto un documento circa la definizione degli atti tipici e caratteristici della nostra professione e ne era stato redatto un altro nel 2012 dal CNOP) dovremmo ammettere che determinare ogni atto professionale tipico, caratterizzante o riservato alle competenze dello psicologo (per teorie, metodi, finalità) non è un’impresa semplice, e non per dubbi di definizione o di attribuzione, quanto piuttosto per una mera questione logistica, bisognerebbe infatti apportare talmente tante specifiche che il lavoro risulterebbe eccessivamente cavilloso. Banalmente, non posso impedire ad uno psichiatra di fare una diagnosi, ad un educatore di studiare o applicare alcune tecniche psicologiche, ad un infermiere di apprendere metodologie di supporto al paziente, ad un’insegnante di formarsi sulla disabilità (etc., etc.), ma chiaramente, come è stato già detto, ognuna di esse è una professione a sé stante facilmente individuabile e con proprie specificità. Dunque mi chiedo: se un atto professionale si fonda su teorie e tecniche psicologiche, persegue obiettivi e finalità psicologiche (chiaramente evidenti) o presuppone abilità e competenze psicologiche perché dovrebbe risultare qualcosa di diverso? E diverso come? Lei ha parlato di copiosa documentazione sugli atti caratterizzanti la professione di counselor, ma, chiedo, per “atti caratterizzanti” intende (come fa riferimento il Ministero) la documentazione riportata sul sito di AssoCounseling o c’è dell’altro? (vi prego non mi dite che il Ministero nella sua valutazione ha tenuto conto solo di questo!) E se c’è dell’altro perché non lo rendete fruibile di modo che noi scettici possiamo ricrederci? Riprendendo il discorso delle riserve professionali, mi faccia capire: un counselor può occuparsi di diagnosi? Somministrazione test psicologici? Mi pare di no (concorda?) Eppure la diagnosi psicologica NON è di esclusivo appannaggio della professione dello psicologo e non tutti gli psicologi si occupano di diagnosi. Inoltre alcuni test possono anche essere somministrati da altre figure opportunamente formate. Mi chiedo: perché questo non dovrebbe valere per il sostegno psicologico che è forse proprio l’unico atto realmente caratterizzante la professione di psicologo? Perchè (la faccio breve) è di questo che si tratta. Allo stato dei fatti, (e qui le do perfettamente ragione e rilancio) noi chiediamo l’intervento dell’Ordine per chiarire le caratteristiche peculiari del sostegno psicologico non solo al Ministero ma, a questo punto, anche a molti psicologi e psicoterapeuti che nel loro percorso, per qualche motivo, l’hanno dimenticato (PECUNIA NON OLET). Propongo un’ultima riflessione: se il sostegno psicologico (o come vogliate chiamarlo) NON è una delle competenze specifiche dello psicologo perché dovrebbe esserlo del counselor? Così facendo le conseguenze sarebbero incontrollabili (e l’allarme sociale sarebbe giustificato!). Una qualsiasi “professione” (non solo i counselor) potrebbe includerlo nelle proprie specificità senza per questo essere sanzionabile. E quindi morirebbero gli ordini così come le associazioni di categoria (perché dovrei pagare 150 euro all’anno?), il corso di studi in psicologia, ma anche il corso in counseling, l’abilitazione e l’esame, …e finalmente ci risparmieremmo VOI counselor (e non voi formatori!) e NOI psicologi, una barca di soldi! Su una cosa concordo pienamente con lei: nessuno ed in particolare l’Ordine vi ha bocciati, ostacolati o ha avuto qualcosa da ridire, ma questa è un’altra battaglia. Spero di potermi confrontare ancora con lei e mi scuso per essere stata eccessivamente prolissa.
Salve Mia, provo a rispondere per punti e mi scuso fin d’ora se tralascio qualcosa:
a) Noi riteniamo che quella di counselor sia una professione a se stante, e questo è da sempre uno dei veri punti di dissenso con l’Ordine degli psicologi. Quella dell’autonomia professionale è, peraltro, una delle principali accuse mosse illo tempore dai medici al nascente ordine degli psicologi. Inoltre, ed anche questo è un punto a mio avviso importante, non è detto che non possano nascere “nuove” professioni che in parte ricoprano terreni già battuti da altri. Infine, su questo punto, mi sento di dire che il counseling può essere, molto semplicemente, una strada diversa per raggiungere un medesimo obiettivo, magari raggiungibile anche attraverso le competenze messe a disposizione da altre professioni.
b) Non sono invece daccordo quando si parla di un atto che si fonda su teorie, tecniche e presupposti psicologici. Qui il discorso è chiaramente molto complesso e di difficile risoluzione all’interno di un blog, tuttavia, in estrema sintesi, reputo che le teorie psicologiche usate dal counseling e nate in seno alla psicologia siano ben poche. Trovo invece che molti siano i saperi impiegati in un intervento di counseling a cui tutti hanno attinto a piene mani, psicologia compresa, ma non nati in seno alla psicologia.
c) Purtroppo anche qui è complicato dissertare sulla differenza tra atto tipico, atto caratterizzante e atto riservato. Inoltre, come tu fai giustamente notare, alcuni atti come la “diagnosi psicologica” sono certamente preclusi ad un counselor, ma non – ad esempio – ad un medico al quale non è vietato, come è ovvio che sia, diagnosticare un disturbo d’ansia.
d) Offro quesa definizione di “sostegno psicologico” che non è mia, ma la trovo interessante: “Il sostegno psicologico è l’attività dello psicologo volta al mantenimento a livello longitudinale delle condizioni di salute della persona. Può essere utilizzato quindi per obiettivi di mantenimento o miglioramento dei risultati ottenuti con gli interventi terapeutico-riabilitativi oppure essere utilizzato come mezzo di controllo per prevenire esacerbazione di situazioni croniche o per seguire un paziente o i familiari di un paziente con specifiche patologie mediche croniche, degenerative o terminali quindi con funzioni di riduzione del disagio. Lo stesso sostegno può avere finalità terapeutiche quando permette la remissione del disagio e garantisce il miglioramento delle condizioni generali di vita del paziente”. Certamente nei miei percorsi di counseling “sostegno” un individuo o un gruppo di individui, ma non con le prerogative di cui sopra.
e) Quest’ultimo punto mi preme particolarmente. Sono al 50% d’accordo: gli Ordini morirebbo, ma non le associazioni. Il motivo? Semplice: alle associazioni ci si iscrive perché lo si vuole, pur non essendo obbligati da alcuna Legge. Agli Ordini si è obbligati ad iscriversi, perché questo dice la Legge. Le associazioni dunque sono spinte a dover curare gli interessi dei propri iscritti nonché ad erogare tutela, consulenza, informazione, etc. Gli Ordini, ahimè, no. Dico ahimè per ritengo che un Ordine degli psicologi “moderno”, capace di andare al dirà della riserva di Legge e della corporazione, potrebbe essere di grande stimolo allo sviluppo della professione di psicologo.
A mio avviso bisognerebbe creare un tavolo di discussione ad hoc ed affrontare questa questione seriamente. Perché è inutile girarci intorno cari colleghi: i counselor ci stanno facendo le scarpe! Forse perchè sono più organizzati, più motivati più compatti, meno presuntuosi?…ditemelo voi! Io so solo che sono due anni che cerco di capirci qualcosa… leggo statuti, regolamenti, programmi, sentenze, e ancora mi chiedo: cosa fa di diverso un counselor rispetto ad uno psicologo?! (Attenzione non ad uno psicoterapeuta, che è più chiaro a tutti – spero!-). Mi spiego meglio: nei vari statuti si parla di relazione d’aiuto, di potenziamento delle risorse del cliente, di sviluppo dell’autoefficacia, di migliorare benessere e qualità della vita del cliente con varie tecniche (direi quasi tutte mutuate dalla psicologia!- Vedi i programmi e testi di studio-) e in vari ambiti (una preparazione trasversale in 3 anni che noi ci sogniamo!)… scusate la domanda: ma non è quello che già fa lo psicologo? Tra l’altro, se così non fosse, e mi rivolgo ai counselor, sarebbe loro specifico interesse definirsi come professione che non si limita alla “consolazione” del momento, come è già in grado di fare un buon amico, un sacerdote e perfino una parrucchiera attenta alla cliente! Un’altra domanda che mi/vi pongo è: come mai, gira e volta, dietro ogni corso master e quant’altro per counselor c’è sempre uno psicoterapeuta? Appellarsi all’articolo 21 non è servito, e del resto come impedire a chiunque guadagni con la formazione di sfruttare il trend del momento? Non voglio dilungarmi (e ce ne sarebbero di cosa da dire!) vorrei che pensaste alla proposta di formare una commissione che riporti all’Ordine Nazionale e a tutti gli organi coinvolti una netta presa di posizione supportata da cognizione di causa e soprattutto da un coordinamento di massa (che diciamocelo noi non abbiamo ancora mai attuato) pronto ad intervenire concretamente, se necessario. Grazie per l’attenzione. Buon lavoro a tutti.
Mentre l’Ordine ci “distrae” con questa storia che i counsleor ci “ruberebbero” la clientela (come se questa non fosse libera in fin dei conti di autodeterminarsi in un libero mercato), guardate cosa succede:
http://www.vita.it/welfare/salute/il-ministero-cancella-gli-psicologi-ospedalieri.html
Non sono stati in grado di far approvare nemmeno una norma decorosa sullo psicologo di base (ricordo che la proposta di legge prevedeva che anche medici e odontoiatri potessero svolgere tale mansione), hanno lasciato che venissero cancellati gli psicologi ospedalieri, e poi hanno il coraggio di dire che il problema sono i counselor??
Forse è vero che il CNOP ha poco lavorato sugli Atti Tipici, però, ad onor del vero, i documenti fatti sono stati 2 e non uno. Uno sulla Diagnosi ed uno su Prevenzione/Promozione, anche se quest’ultimo talvolta si tende a dimenticarlo……
http://www.psy.it/allegati/parere_diagnosi.pdf
http://www.psy.it/allegati/promozione-e-prevenzione.pdf