di Federica Modena
Il recente mancato raggiungimento del quorum in almeno due grandi Regioni italiane ha reso oramai evidente agli occhi di tutti la persistenza nella categoria degli Psicologi di “gravi disturbi del comportamento elettorale”.
Nel breve scritto che seguirà tenteremo umilmente di indagare le motivazioni del fenomeno: siamo Psicologi e la nostra competenza considera l’esplorazione delle motivazioni del comportamento in relazione all’ambiente interno ed esterno.
Osservandolo in modo globale, l ‘astensionismo non è una caratteristica naturale e storica dell’elettorato italiano ma è un segno dei tempi in cui ci troviamo. Fino agli anni settanta gli Italiani si recavano alle urne massicciamente, anche al di là dei “credo di Partito”, come in occasione di referendum di interesse “trasversale”; le percentuali dei votanti superavano il novanta per cento.
E’ certamente vero che fino al 1993 la Legge prevedeva che l’elenco degli astenuti fosse pubblicamente esposto nell’Albo Comunale e la dicitura «non ha votato» fosse indicata sul Certificato di Buona Condotta, ma possiamo anche supporre non lontana dal vero l’ipotesi che i nostri nonni, i quali avevano vissuto quel ventennio che condusse alla guerra, considerassero il diritto ad esprimere la propria opinione tramite il voto molto più importante di quanto non lo consideri l’attuale corpo elettorale.
I politologi spiegano come l’odierna tendenza italiana all’astensionismo abbia due dimensioni: quella degli elettori disinteressati e poco informati e quella di coloro che si sentono traditi dalla” politica” e vedono nell’astensione una forma di protesta.
Ripiombando dal generale al particolare, a che categoria appartengono i nostri “psicoastenuti”?
Probabilmente, in proporzioni diverse, a entrambe le categorie.
E sbagliano.
Sbagliano di grosso in tutti e due i casi.
Sbagliano in modo clamoroso se si disinteressano tout-court delle elezioni per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine e non dedicano un po’ del proprio tempo all’attività di cercare in rete i programmi delle liste e dei candidati, sfruttando le meravigliose possibilità che Internet oggi ci permette. In primo luogo perché le questioni all’ordine del giorno per la categoria sono troppo impellenti per essere ignorate. In secondo luogo perché ciascun psicologo sa che nessuna persona è un’isola deserta e sa quanto sia importante, affinché la propria esistenza abbia significato, avere consapevolezza dei problemi del proprio tempo e della propria condizione e confrontarsi criticamente con essi.
Sbagliano in modo addirittura pericoloso se invece confondono l’astensione con la protesta verso lo status quo, verso il modo in cui sin qui sono stati gestiti gli interessi e le problematiche della categoria.
Astenersi dal voto, infatti, non è protestare ma, al contrario, è un modo di rendere ininfluente la propria idea, autoannullando la possibilità di esprimere la propria opinione, delegando in toto ad altri la rappresentanza dei propri interessi professionali.
Astenersi non è una protesta contro chi governa; è al contrario una forma “isterica” di protesta contro il “potere”, forma di “rinuncia” alle possibilità offerte dalla democrazia. L’atteggiamento mentale, con effetti nel comportamento, che sta nel convincimento che “tanto sono tutti uguali, tanto non cambia niente” sinceramente non mi sembra degno di un professionista Psicologo che “sa” come la vera libertà della persona sta nel farsi carico della propria autodeterminazione nell’impegno di modificare, compatibilmente con i propri mezzi, quello che non funziona nel proprio contesto di vita. Noi Psicologi, ognuno in prima persona, abbiamo, tra gli altri, lo strumento del voto per affermare la nostra professionalità.
Concludendo e uscendo dai massimi sistemi, ricordo poi un particolare che mi sta particolarmente a cuore: se non si raggiungesse il quorum richiesto, le elezioni dovrebbero ripetersi. Questo fatto comporterebbe due conseguenze:
– l’attuale Consiglio rimarrebbe in carica per qualche tempo con poteri limitati all’ordinaria amministrazione e dunque sarebbe nell’impossibilità di intraprendere quelle iniziative per il rilancio della categoria che tutti auspichiamo;
– la ripetizione delle elezioni costerebbe ulteriori settantamila euro che, altrimenti, potrebbero essere spesi in maniera assai più utile per la categoria. Ciò sarebbe particolarmente insensato e imbarazzante per tutti noi. Che immagine possono avere i cittadini, una volta a conoscenza (e l’informatica non consente più la riservatezza!) della possibilità dello scarso interesse del professionista Psicologo verso la propria professione?
Peraltro Bologna a primavera è semplicemente stupenda. Se qualcuno che abita nelle altre province dell’Emilia non ha voglia di aver a che fare con notai o con kit elettorali, andare a votare alle elezioni per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine recandosi personalmente alla sede dell’Ordine potrebbe essere una stupenda occasione per concedersi un weekend nella “Città Capoluogo”.
Buon voto a tutti