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UN PERICOLOSO PRECEDENTE A PARTIRE DALLA NORMATIVA LEGGE 170/10 SUI DSA

Una testimonianza a puntate narrata passo dopo passo.

  1. PRIMA PUNTATA: LEGGE 170/10 E AUTORIZZAZIONE ALL’ESERCIZIO

Mi chiamo Carla Mogentale, sono psicologo, psicoterapeuta e specialista in Psicologia del Ciclo di Vita; mi sono laureata nel 1994 presso la facoltà di Padova e ho esercitato la professione di psicologo sia in contesti pubblici (15 anni in ASL) che privati.

Ho creato e attualmente dirigo il Centro Phoenix srl, Centro di Psicologia, Neuropsicologia, Riabilitazione e Psicoterapia” di cui sono Direttore Sanitario.

I FATTI

Descrivo di seguito in ordine cronologico quanto accadutoci come struttura negli anni, confidando in una presa in carico della situazione da parte del CNOP oltre che dell’ OPV in quanto ciò che accade a me oggi sarà, ed è già sbarramento, per l’accesso alla professione e all’esercizio della stessa per altri.

  1. Il mio Centro è una srl. Ho provveduto fin dal 2010, data la complessità della struttura (oggi 4 sedi) e l’organizzazione interna (una ventina di psicologi liberi professionisti con aree di intervento in: psicologia dell’età evolutiva e adulta, neuropsicologia, riabilitazione e psicoterapia) a richiedere una Autorizzazione sanitaria all’esercizio secondo i criteri regionali che prevedono il rispetto sia dei criteri strutturali minimi (es. 9 mq per stanza) che organizzativi (es. organigramma, funzionigramma, procedure a tutela del servizio reso all’utenza, ecc.).
  2. L’autorizzazione sanitaria all’esercizio è condizione necessaria per poter richiedere l’Accreditamento della struttura. I due processi sono volontari e non obbligatori, o così sembrava al tempo, ma di certo senza accreditare una struttura non si possono ospitare tirocinanti di scuole di specializzazione in psicoterapia, accedere a convenzioni con ASL e partecipare ad appalti o concorsi a livello Europeo, ecc.
  3. Nel 2010 viene pubblicata la legge nazionale 170/10 per i Disturbi specifici dell’apprendimento o DSA (prima legge ad hoc su una classe di disturbi) che prevede che diagnosi e certificazione di DSA vengano effettuate solamente da ASL o da strutture private accreditate. Da quel momento lo psicologo libero professionista non può più fare diagnosi di DSA in autonomia, (in barba alla Legge che istituisce la professione di psicologo e ne definisce gli ambiti di azione), perché non può emettere il Certificato relativo. Il semplice psicologo  libero professionista, io stessa, che ho vent’anni di lavoro alle spalle sui DSA, devo far valutare le mie diagnosi da commissioni Asl che con un timbro ne accertino la validità e la convalidino.
  4. Il Centro Phoenix , tra i pochi, rientra nel tempo nell’elenco dei soggetti incaricati della diagnosi e della Certificazione per DSA in quanto struttura con attestazione di idoneità, pre-accreditata (classe B5) ovvero ambulatorio specialistico.
  5. Dal 2013 al 2015 eseguiamo, autorizzati, senza ricevere compensi dalle ASL, le medesime prestazioni che eseguivamo prima come professionisti. La condizione della multidisciplinarietà, richiesta dalla normativa, è assolta con una consulenza non in loco, al bisogno, con un Neuropsichiatra e con una logopedista, dichiarati presso la Regione Veneto come collaboranti con la nostra struttura e coinvolti dunque nei processi diagnostici e di presa in carico seguendo la verifica dell’opportunità clinica come da Codice deontologico.
  6. Una delibera della Regione Veneto a dicembre 2014 (N. 2315) definisce nuovi criteri rispetto alla applicazione della legge 170/10 e dunque come Centro veniamo esclusi nuovamente dall’elenco. Bisogna essere autorizzati ed accreditati come B5 (ambulatorio specialistico) con specializzazioni mediche in area 30, 32 ecc. ovvero neurologia e neuropsichiatria.
  7. Presentiamo ricorso al TAR contro tale delibera. Nell’attesa dell’evoluzione giudiziaria della questione, cerchiamo di capire come potremmo comunque adeguarci alle richieste poste dalla Regione Veneto. Poiché imminente la scadenza naturale per due nostre sedi delll’Autorizzazione all’esercizio (ha una durata di 5 anni), provvediamo alla richiesta di rinnovo. A questo punto valutiamo come poterci adeguare alle nuove richieste poste dalla normativa vigente, non solo per aspirare a lavorare su DSA, ma includendo anche tutte le prestazioni e le aree di intervento che ci connotano come struttura. Scopriamo che rispetto ai criteri di autorizzazione di 4-5 anni fa è necessario, come riferisce l’ASL che deve procedere alla nostra Autorizzazione, che presentiamo anche le liste di verifica con i criteri della “Medicina fisica e riabilitazione “ in quanto le prestazioni “riabilitazione neuropsicologica” e “psicoterapia” vi sono state incluse (sembra, fin dal 2002, data della Legge Regionale 22/2002 sulle modalità di Accreditamento di strutture private, ma nessuno lo sa visto che i criteri non sono oggetto di pubblicazione con Delibera ad hoc e comunque 4-5 anni fa non mi erano stati richiesti).
  8. Mi appresto a compilare le liste di verifica in questione e verifico che siano congrue alle richieste dell’ASL. Mi viene detto, se ho ben capito, che ciò comporta che: esercitando la riabilitazione neuropsicologica e la psicoterapia, specie in età evolutiva, devo avere un Medico (Neuropsichiatra, Fisiatra, Neurologo), presente nella struttura per almeno metà del tempo di esercizio. Inoltre il Direttore sanitario della struttura può essere solo un medico (la motivazione risiede nei criteri secondo cui un “poliambulatorio specialistico” richieda che il Direttore sanitario, in quanto sanitario, possa essere solo medico).
  9. La scelta è chiara. Per continuare il nostro lavoro o paghiamo un medico che vigili e controfirmi le nostre prestazioni (ora sono io a farlo) oppure non possiamo più essere autorizzati all’esercizio. Di fatto, in questo momento, non avendo i criteri di autorizzazione per riabilitazione neuropsicologica (il 90% delle nostre prestazioni) e psicoterapia, se si presentassero, i NAS potrebbero farci chiudere.

Sono costretta a presentare le liste di verifica per l’autorizzazione come fatto in passato e dunque mancanti della parte specifica in questione.

  1. La soluzione potrebbe essere quella di non procedere mai alla richiesta di una autorizzazione all’esercizio come struttura e di conseguenza a non procedere mai con una richiesta di accreditamento conseguente. Ciò di fatto non si rivela possibile visto quanto accaduto con la legge 170/10 per DSA che ha delimitato alle sole strutture private accreditate l’esercizio della diagnosi e della certificazione. Dunque : se voglio lavorare con i DSA devo essere accreditato, per essere accreditato devo essere autorizzato, per essere autorizzato devo lavorare solo entro una struttura a dirigenza sanitaria medica.
  2. Se voglio esercitare la Riabilitazione neuropsicologica (anche adulta) e la psicoterapia devo rispettare i criteri delle liste di verifica in oggetto.
  3. Peraltro questo schema si riverbera su altri settori di intervento dello psicologo. Nelle linee guida sulla presa in carico dell’ADHD si parla già di SSN o strutture accreditate per porre diagnosi e garantire, anche qui, in virtù di una multidisciplinarietà, la presa in carico corretta. Ovviamente a Dirigenza medica.
  4. Sul sito stesso della Regione Veneto, pagina su DSA, a lato si presentano linee guida per patologie  o condizioni specifiche che invocano la necessità della multidisciplinarietà, del “governo” del processo a carico del SSN o di strutture accreditate dallo stesso, ovviamente per la logica di cui sopra,  potenzialmente a Dirigenza medica e in violazione della autonomia dello psicologo?
  5. In virtù di un criterio di multidisciplinarietà, di fatto lo psicologo non può più e non potrà più esercitare la propria autonoma e libera professione a seconda di come venga interpretata o usata la multidisciplinarietà:
  • multidisciplinarietà interpretata in modalità rigida esecutiva (ovvero diagnosi posta sempre con la presenza di tutte le figure, che diventa insostenibile, costosa, nei fatti non applicabile e non utile, tradotta sui DSA con pura firma del Neuropsichiatra su diagnosi e test psicologici, ove l’apporto di tale figura si rende necessaria solo per dirimere alcuni quesiti di esclusione su casi complessi; sulla base della nostra esperienza di psicologi e psicoterapeuti forse meno del 1% dei casi).
    Conseguenza? Perdita della autonomia dello psicologo  nella diagnosi e nella presa incarico.

 

  • Multidisciplinarietà interpretata in modalità rigida di localizzazione (evidentemente medico, psicologo, logopedista, ecc. devono stare sotto lo stesso tetto) e dunque a dirigenza medica, ma con quale conseguenza? Si impedisce l’accesso allo psicologo alla Dirigenza “medica” (e non più sanitaria) di una struttura, anche se tale struttura fosse costruita, organizzata, privatamente, con proprie risorse, dallo psicologo stesso. E il medico deve essere presente per la metà del tempo … cosa accadrà delle prestazioni svolte in sua assenza?

 

Viene da supporre alla sottoscritta che quanto verificatosi su DSA di fatto rappresenti un modello di lettura più generale delle problematiche cliniche e della loro gestione e di inquadramento delle prestazioni rese dallo psicologo, di fatto escludendolo dall’accesso a “fette” di mercato del lavoro come liberi professionisti, con o senza convenzioni con ASL, nonché dalla Dirigenza  su strutture totalmente o prevalentemente ad esercizio psicologico o psicoterapeutico.

 

L’evoluzione? Alla prossima puntata …

scritto da Carla Mogentale