image_pdfimage_print

Padova è una città strana: la sua prestigiosa Università ha 800 anni di storia sulle spalle, e la prima donna laureata al mondo lo ha fatto qui. Accoglie decine di migliaia di studenti dall’Italia e dal mondo, che hanno un peso significativo nell’economia della città.

E poi ha ‘Il Gender’. Di lui sappiamo poco: a sentire i racconti atterriti di chi lo ha incontrato, dovrebbe essere una creatura poco più grande di Gerry Scotti, ma vestito peggio. Pare vada in giro di notte, con i pantaloni che gli cascano a mostrare cinque dita abbondanti di elastico delle mutande D&G. Si dice che sia infiltrato ovunque ci siano bambini ed eterosessuali, con lo scopo dichiarato di farli diventare tutti gay e interrompere così la storia della specie umana. Non sappiamo chi lo paga, ma qualcuno lo pagherà: c’è sempre qualche finanziatore occulto nella trama, e di solito si scopre all’ultimo capitolo quando è già ora di chiudere l’ombrellone e arrotolare la stuoia.

Il Gender ha uno statuto epistemologico paragonabile agli Ufo, alle scie chimiche e al nascondiglio segreto di Elvis Presley nell’Area 51, ma è molto più attuale e sta già diventando un fenomeno di massa. Pare sia previsto a breve il lancio di una linea di T-Shirt della Nike, a cui Il Gender avrebbe venduto i diritti di utilizzo della sua immagine. Unica condizione: tutti gli sportivi sponsorizzati dalla nota multinazionale dovranno fare coming-out, etero o gay che siano. Nel frattempo, per lanciare il prodotto è attiva una pre-campagna virale che si articola in azioni educative di massa nelle scuole, volte a contagiare bambini e famiglie con un meme che li converte istantaneamente all’omosessualità.

Pensavamo di esserci liberati del Gender con l’inizio dell’anno scolastico, quando abbiamo capito che nelle scuole dei nostri figli non ci sarebbe stato nessun emissario del Gender ad insegnare ‘Omosessualità & Masturbazione’. Si era poi affacciato un altro pericolo: la pastasciutta preparata dai robot in un laboratorio segreto nascosto nelle campagne padovane aveva soppiantato le cuoche della mensa scolastica. E per un po’ ci siamo scordati del problema.

Ma ora il sindaco di Padova Bitonci ha suonato di nuovo l’allarme. Impugnando i suoi superpoteri di sindaco, con una delibera ha deciso cosa è naturale e cosa non lo è, riuscendo là dove anche Rousseau aveva fallito. Forte di questo successo, ora sta soffocando ogni cellula Gender a colpi di rifiuti di sale comunali e comunicati che invitano a diffidare dei libri Gender e pure dei librai che li vorrebbero leggere ai cittadini.

Perché il pericolo non va sottovalutato: basta una sola lettura distratta di una pagina presa a caso, e istantaneamente si attiva la metamorfosi verso l’omosessualità. Si vocifera che la mutazione sia preceduta da un periodo di incubazione bisessuale in cui la persona, ancora fertile, potrebbe pure contagiare il partner e fargli fare figli gay che non avranno mai una famiglia naturale.

L’ultima decisa azione di guerriglia amministrativa è il rifiuto di concedere la sala comunale per un evento a cui avrebbe partecipato Michela Marzano, filosofa e docente universitaria con ampissimo riconoscimento internazionale: secondo la nota del Comune di Padova, il suo sarebbe stato un intervento pro-Gender. Ne è seguito un vivace scambio di tweet fra esponenti occulti del Gender, come il noto attore Alessandro Gassmann, Gad Lerner, Cecilia Strada, Ferruccio De Bortoli, che è interessante leggere per intero sull’HPost. Ormai si combatte in strada, tweet per tweet, casa per casa, sala comunale per sala comunale.

Alla fine, però, la svolta: pure il Rettore dell’Università di Padova Rosario Rizzuto è stato contagiato dal Gender, e con la mente annebbiata dai primi effetti del letale veleno ideologico ha concesso una sala dell’Università. Ha spiegato ai giornali locali il suo gesto sconsiderato con farneticanti citazioni in una lingua sconosciuta, roba tipo Universa Universis Patavina Libertas. E così, dopo 800 anni, anche l’Università ha ceduto al Gender.

Padova è l’ultimo tabernacolo di resistenza: l’Europa intera si è convertita al riconoscimento del matrimonio fra persone dello stesso sesso, e il Lussemburgo – paese avanzatissimo, con il più alto reddito pro-capite al mondo – è precipitato nel cupo medioevo Gender quando il premier Xavier Bettel ha deciso di sposare il proprio compagno di sempre.

A Padova faccio lo psicologo. Ed è inevitabile che i miei clienti che vivono in città e appartengono alle minoranze incriminate – gay, ma anche semplici single senza famiglia – si domandino se devono considerarsi cittadini sgraditi all’amministrazione comunale. Non è bello. Non lo è per me, che ho deciso vent’anni fa di fermarmi in una città accogliente ed aperta, e oggi mi ritrovo un’amministrazione che distingue pubblicamente i cittadini in base all’orientamento sessuale. E non lo è per i diretti interessati, che vivono e pagano le tasse come tutti gli altri e hanno i diritto sacrosanto di non essere considerati cittadini di serie B, portatori del virus insano dell’omosessualità.

Intanto Bitonci continua imperterrito. Forse convinto che il ‘Gender’ sia una specie di virus ideologico che si trasmette leggendo libri o bevendo dallo stesso bicchiere di un omosessuale, non perde occasione per riaffermare il principio – peraltro direttamente osservabile in natura – che per fare un figlio ci vuole un uomo e una donna. Che non c’entra una mazza con i diritti civili delle persone, ma intanto fa un po’ di casino. Ovviamente dimentica che le pratiche di cura dei figli nella specie umana sono fra le più varie. Sicuramente pure lui avrà avuto qualche recente antenato cresciuto da clan di sole donne con i mariti uccisi in guerra per via di altre ideologie, che oggi paiono riproporsi come i peperoni. Roba per stomaci forti, roba Gender.