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Riprendo il testo di De Gregori (La storia siamo noi) adattandolo a questa parola (omofobia) che sicuramente quando fu scritta la canzone non si conosceva per niente e a questo fenomeno sociale che forse era presente, ma non faceva tanto scalpore.

Eppure succede ancora oggi, nel 2012, in un paese che si considera evoluto. Succede che ragazzini, fino all’altro ieri bambini, si uccidano perché non reggono più le vessazioni dei compagni nei loro confronti.

Succedeva anche quando ero bambina io, perché portavo gli occhiali, perché altri portavano l’apparecchio per correggere i denti, per chi non indossava vestiti considerati fighi (ricordate l’era dei paninari?), perché per merenda non mangiavi questo o quello.

E tutto questo è sempre stato considerato normale. Perché in fondo si sa, i bambini sanno essere crudeli come pochi, ma in fondo sono sempre bambini no? E mica ci sarà realmente cattiveria…in fondo è solo una ragazzata, si scherza no?

Già, tutto normale. Com’è normale pensare che il fatto di utilizzare uno smalto o un abito non conforme al tuo ruolo di genere faccia di te automaticamente un diverso. Perché i veri maschi non si vestono di rosa e le vere femmine non usano chiodi e martello, ma ago e filo. E chi lo decide cosa è roba da maschio e da femmina? Qual è un comportamento, un abbigliamento, un modo di parlare da maschio, da femmina, da eterosessuale, da omosessuale?

Nel dolore immenso della perdita del proprio figlio, una madre continua a ribadire che lui non era gay, sebbene (forse) si sia ucciso perché qualcuno lo pensava veramente. E forse lo pensava anche lui visto che da adolescente è facile essere confusi in merito alla direzione dei propri desideri e affetti.
Ma lui non era gay, lo ribadiscono i compagni e insegnanti in una lettera, era…come dire…originale. Alemanno direbbe “troppo sensibile”, quasi fosse una colpa. Non era gay, era innamorato di una ragazza e se anche lo fosse stato non sarebbe stato un problema, dice la madre. Perché tutti abbiamo un amico gay no? Questo ci mette al riparo da accuse di omofobia, come il non avere nulla contro i gay purchè facciano tutto a casa propria perché tutto va bene finchè non è ostentato. Eppure gli eterosessuali ostentano eccome la loro condizione, tutti i giorni, ogni attimo. Ma nessuno se ne accorge e soprattutto a nessuno dà fastidio.

Siamo tutti e tutte omofobi/e ogni volta che pensiamo di cavarcela con la frase “anche io ho un amico gay” (io, al contrario ho tanti amici giannimorandi), ogni volta che all’idea di essere noi stessi gay o lesbiche o semplicemente essere scambiati per gay o lesbiche un brivido ci corre lungo la schiena e prontamente rispondiamo che siamo sposati o abbiamo figli. Ogni volta che pensiamo che se avessimo un figlio gay o lesbica sapremmo capire e accoglierlo/a, ma sinceramente preferiremmo di no, ma solo per evitargli/le delle sofferenze in più. Oppure quando diamo per scontato che chi abbiamo di fronte sia necessariamente eterosessuale perché è una donna femminile o un uomo che porta una fede al dito, o quando da professionisti e indipendentemente dal nostro orientamento sessuale, proclamiamo di essere d’accordo ai matrimoni gay (che non esistono! Esiste solo IL MATRIMONIO civile o religioso), ma non alle adozioni perché lo sanno tutti che un bambino ha bisogno di una mamma e un papà.
E poi diciamocela tutta…la società non è pronta, gli altri non capirebbero, loro non possono accettare tutta questa “modernità” e questa voglia di anticonformismo.

Siamo noi la società, non altri. Siamo noi che possiamo cambiarla, non altri. Siamo noi l’omofobia, non altri.