Se ne parla moltissimo, del referendum degli psicologi che dovrebbe svolgersi nei prossimi mesi. In questo articolo di sintesi proveremo a capire meglio il senso dei tre quesiti che ci saranno sottoposti, e come si svolgerà concretamente il voto.
Partiamo dunque dalle cose più concrete: CHI, QUANDO, COME e PERCHE’?
CHI? il referendum è stato indetto dal CNOP, che è il consiglio nazionale degli psicologi con sede a Roma, di cui fanno parte i presidenti di tutti gli ordini regionali. Il CNOP ha il compito, stabilito dalla Legge 56/89 che ha regolamentato la nostra professione, di occuparsi degli aggiornamenti del Codice Deontologico.
QUANDO? entro il mese di maggio 2013, in teoria. Il referendum dovrebbe svolgersi, secondo quanto comunicato dal CNOP, entro la fine di Maggio, ma è evidente che i tempi si stanno allungando perché il ‘kit elettorale’ non è ancora giunto nelle case degli psicologi italiani. Ragionevolmente potrebbe svolgersi prima dell’estate, ma ad oggi non abbiamo ancora informazioni certe.
COME? il voto sarà espresso per posta. Tutti gli psicologi riceveranno una busta contenente la scheda di voto che dovranno poi rispedire al CNOP. Le procedure dovrebbero essere volte a facilitare il più possibile le operazioni.
PERCHE’? per due ordini di ragioni. Il referendum nasce dall’esigenza di introdurre nel Codice Deontologico il concetto dell’obbligo formativo, come previsto dalla riforma delle professioni del DPR 137/2012 (NE HO PARLATO QUI). Con l’occasione, saranno adeguati anche altri articoli che necessitavano di una ‘rinfrescata’. E’ appena il caso di dire che tutte le professioni con ordini, e non solo gli psicologi, sono state interessate dall’introduzione dell’obbligo formativo. Ciascuna si è attrezzata per recepire le nuove norme nei propri Codici Deontologici.
Nel caso degli psicologi, la modifica del Codice Deontologico deve necessariamente avvenire attraverso un referendum
perché la nostra Legge istitutiva – sempre la 56/89 all’articolo 28 comma 6, lettera c, che recita: “ll Consiglio nazionale dell’Ordine (…) predispone ed aggiorna il codice deontologico, vincolante per tutti gli iscritti, e lo sottopone all’approvazione per referendum agli stessi”.
Ora, una prima obiezione che alcuni colleghi ci hanno inviato è questa:
“Ma se si tratta di recepire delle norme che provengono dallo Stato, rispetto a cui c’è ben poca scelta, che senso ha un referendum?”
Ebbene, la risposta è contenuta in due diverse norme: una che dice agli Ordini di aggiornare i loro Codici Deontologici, e l’altra che dice che gli psicologi lo devono fare con un referendum. Non mi addentro oltre nel ginepraio del sistema normativo italiano e sulle sue particolarità, sui cui illustri giuristi hanno scritto trattati.
E una prima domanda, a cui – purtroppo – pare utile rispondere perché anche qui molti colleghi ci hanno scritto è questa:
“ma cosa succede se uno non rispetta il Codice Deontologico?”
E’ bene ricordare che il Codice Deontologico è la primaria guida per la condotta professionale. Non può essere subordinato o messo sullo stesso piano di linee guida, protocolli, regolamenti interni delle aziende. E’ una vera e propria norma imperativa, fa parte del sistema giuridico alla stregua di leggi e regolamenti, con un proprio posto nella gerarchia delle fonti del diritto. Si applica però ad una specifica categoria di cittadini – gli psicologi – e che l’organo competente a giudicare eventuali trasgressioni non è un magistrato ma il consiglio regionale dell’Ordine a cui l’incolpato è iscritto. Su segnalazione si svolge un vero e proprio ‘processo’, con fasi di indagine, audizioni, testimonianze, e infine un ‘verdetto’ di assoluzione o colpevolezza. In caso di colpevolezza, l’incolpato può subire quattro gradi di sanzione: avvertimento, censura (un biasimo formale a non ripetere l’errore), sospensione dall’esercizio dell’attività per alcuni mesi, radiazione dall’albo con inibizione all’esercizio dell’attività.
Veniamo ora al nocciolo del discorso: i tre quesiti.
Si tratta di tre modifiche di articoli del Codice Deontologico. Ogni psicologo dovrà votare SI se desidera modificarlo, oppure NO se non desidera le modifiche proposte.
ARTICOLO 1
Vecchio testo: Le regole del presente Codice Deontologico sono vincolanti per tutti gli iscritti all’Albo degli psicologi. Lo psicologo è tenuto alla loro conoscenza, e l’ignoranza delle medesime non esime dalla responsabilità disciplinare.
Nuovo testo: Le regole del presente Codice Deontologico sono vincolanti per tutti gli iscritti all’Albo degli psicologi. Lo psicologo è tenuto alla loro conoscenza e l’ignoranza delle medesime non esime dalla responsabilità disciplinare. Le stesse regole si applicano anche nei casi in cui le prestazioni, o parti di esse, vengano effettuate a distanza, via Internet o con qualunque altro mezzo elettronico e/o telematico.
In questo caso l’intento è piuttosto chiaro: all’epoca – non certo remota ma informaticamente lontana – della nascita del Codice Deontologico le prestazione a distanza e online o comunque in setting atipici non esistevano, mentre oggi esistono. Si tratta di affermare esplicitamente che anche per tali prestazioni lo psicologo è soggetto alla deontologia professionale.
La posizione di Altrapsicologia? VOTIAMO SI.
Riteniamo che l’esplicitazione garantisca i cittadini e aiuti ad inquadrare le prestazioni online entro un setting professionale che garantisce serietà e norme di comportamento.
ARTICOLO 5
VECCHIO TESTO: Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione professionale e ad aggiornarsi nella propria disciplina specificatamente nel settore in cui opera. Riconosce i limiti della propria competenza ed usa, pertanto, solo strumenti teorico-pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione. Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti ed i riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate.
NUOVO TESTO: Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione e aggiornamento professionale, con particolare riguardo ai settori nei quali opera. La violazione dell’obbligo di formazione continua, determina un illecito disciplinare che è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale. Riconosce i limiti della propria competenza e usa, pertanto solo strumenti teorico-pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione. Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti e riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate.
Qui occorre sottolineare un passaggio: la modifica “con particolare riguardo ai settori in cui opera’ in sostituzione di ‘specificatamente nel settore in cui opera” – mira ad introdurre un’idea di formazione ad ampio spettro. Questo di concilia con l’introduzione, all’interno della bozza di regolamento sulla formazione obbligatoria per gli psicologi di cui ho parlato QUI, di materie per cui non c’è una specifica attinenza al settore professionale, ma che sono comunque essenziali per svolgere al meglio la professione.
Rimando a QUESTA intervista a Luca Pezzullo per approfondire il senso e l’utilità professionale di una formazione ad ampio spettro.
La posizione di Altrapsicologia? VOTIAMO SI
Si tratta di recepire una norma dello Stato proveniente dal DPR 137/12).
Occorrerebbe un ben ampio dibattito sul senso e sull’utilità della formazione obbligatoria per un professionista – psicologo, avvocato, ingegnere, medico – e su come tali obblighi vengono poi declinati nella pratica e diventano oggetto di speculazioni e storture.
Ma il principio generale che ha ispirato il legislatore è in fondo corretto: garantire che un qualunque professionista a cui i cittadini si si rivolgono non sia soltanto uno a cui è stata data l’abilitazione una tantum – magari venti o trent’anni prima – ma anche che abbia un minimo aggiornamento sul proprio lavoro, posto che per definizione un professionista usa come strumento le proprie competenze.
ARTICOLO 21
VECCHIO TESTO: Lo psicologo, a salvaguardia dell’utenza e della professione, è tenuto a non insegnare l’uso di strumenti conoscitivi e di intervento riservati alla professione di psicologo, a soggetti estranei alla professione stessa, anche qualora insegni a tali soggetti discipline psicologiche. È fatto salvo l’insegnamento agli studenti del corso di laurea in psicologia, ai tirocinanti, ed agli specializzandi in materie psicologiche.
NUOVO TESTO: L’insegnamento dell’uso di strumenti e tecniche conoscitive e di intervento riservati alla professione di psicologo a persone estranee alla professione stessa costituisce violazione deontologica grave.
Costituisce aggravante avallare con la propria opera professionale attività ingannevoli o abusive concorrendo all’attribuzione di qualifiche, attestati o inducendo a ritenersi autorizzati all’esercizio di attività caratteristiche dello psicologo.
Sono specifici della professione di psicologo tutti gli strumenti e le tecniche conoscitive e di intervento relative a processi psichici (relazionali, emotivi, cognitivi, comportamentali) basati sull’applicazione di principi, conoscenze, modelli o costrutti psicologici.
È fatto salvo l’insegnamento di tali strumenti e tecniche agli studenti dei corsi di studio universitari in psicologia e ai tirocinanti. E’ altresì fatto salvo l’insegnamento di conoscenze psicologiche.
Sulla modifica di questo articolo, Altrapsicologia si è spesa con particolare impegno.
Siamo certamente per il SI.
Dal 2005 – anno della nostra fondazione – abbiamo perseguito con forza e orgoglio molte battaglie per affermare la necessità di chiarezza – sia interna alla categoria che verso i cittadini che si rivolgono a noi psicologi – in merito ai confini professionali.
Siamo partiti da due dati di fatto, due tipi di pratiche, egualmente diffuse ed egualmente dannose:
La prima è quella di esercitare abusivamente, senza formazione e senza garanzie di competenza, attività del tutto sovrapponibili a quella dello psicologo. Di fare gli psicologi senza esserlo, insomma. Di fingersi psicologi. O peggio di ingannare i cittadini attraverso l’uso di appellativi volti a coprire la propria reale attività.
La seconda è quella di formare non-psicologi alla pratica professionale. E’ come se un medico formasse dei macellai a tagliare appendiciti, e spesso c’è l’aggravante di ‘suggerire’ in modo più o meno esplicito che
“si, si può fare, basta che non dici di essere psicologo!”.
Ne abbiamo viste di tutti i colori in questi anni: scuole di formazione che offrivano corsi a 5000 Euro l’anno per gli specializzandi, e nella stanza accanto con gli stessi docenti formavano persone senza alcuna preparazione psicologica alle medesime discipline, alla metà del tempo e alla metà dei soldi. Addirittura a volte in aule condivise, per risparmiare spazi e ore di docenza!
Ecco, il senso della modifica dell’articolo 21 non di restringere gli spazi lavorativi degli psicologi, come alcuni detrattori sostengono. Il senso è invece quello di una ulteriore specificazione del principio per cui
è scorretto – sia verso i colleghi che verso i cittadini – formare persone prive di requisiti inducendole a ritenersi autorizzate all’esercizio di attività caratteristiche dello psicologo.
Non è certo una modifica contro i colleghi che hanno fatto della formazione il loro lavoro, e proprio per lavoro trasmettono conoscenze psicologiche a chi ne ha bisogno per svolgere meglio la propria professione: infermieri, educatori, volontari, dirigenti, professionisti che cercano negli psicologi un arricchimento e una integrazione delle proprie competenze.
E non è certo una modifica che impedirà di fare formazione usando le proprie competenze psicologiche. Di trasmettere conoscenze utili nate dalla psicologia.
Ma forse impedirà di raccontare la storiella – ad allievi più o meno desiderosi di crederci – che con qualche centinaio di euro e di ore di formazione, un bel tirocinio e un attestato privato si può fare quello che fa uno psicologo, che invece viene autorizzato in forza di una Legge dello Stato a svolgere una professione regolamentata, dopo dieci anni di formazione, migliaia di ore di pratica, supervisione, terapia didattica.
Grazie Federico per il chiaro e dettagliato articolo. Un dubbio: siamo tenuti per legge a modificare il codice deontologico (noi che un codice lo abbiamo…..) e lo strumento per farlo è il referendum (ingiustamente privo di quorum); ma qualora l’esito referendario fosse conservativo?
Bella domanda. A cui non posso che rispondere con delle ipotesi: in caso di bocciatura, probabilmente si ricomincerebbe daccapo l’iter, con modifiche diverse. Ma almeno per l’integrazione nel codice deontologico degli obblighi di legge speriamo non ce ne sia bisogno.
Sono psicologo del Lavoro dal 1985, dapprima in aziende e poi come consulente. In questi anni ne ho viste di tutti i colori. Ora mi occupo di ricerche di mercato, da un lato, e di formazione (che per molto tempo è stata la mia attività principale). I principi esposti sui referendum sono correttissimi, ma ciò che mi lascia perplesso è la sua efficacia. Peggio, che non torni addirittura a boomerago togliendo ulteriori spazi a noi a favore di altri personaggi vari. Dalla mia esperienza, infatti, potrei assicurare che gli psicologi che trasmettono ad altri simili conoscenze sono una netta minoranza rispetto ai “personaggi vari” che lo fanno in dosi massicce. A farlo sono molti altri, soprattutto via coaching e counseling, cavalli di Troja verso cui colpevolmente l’Ordine ha guardato con troppa sufficienza: c’erano praterie nuove da andare legittimamente a presidiare quando erano appena state scoperte, e il nostro Ordine (come è nella mentalità di molti di noi) è rimasto più focalizzato sul cercare di togliere potere e spazi ai Medici, che nel crearne o cercarne o occuparne di nuovi. Ma se ci si riferisce ad altro, sono ben aperto a recepire. Ma la mia domanda è: se uno di noi “forma” non psicologi al coaching, finisce “sotto processo”. E che succede se a farlo è un laureato in economia, folgorato sulla via di Damasco da una qualche scuola di coaching e poi diventatone “Master Trainer”? A lui che succede? Grazie 1000
Ciao lavoro anch’io da tantissimi anni come psicologo del lavoro nell’ambito della formazione e della consulenza organizzativa… e voterò tranquillamente “SI” a tutti i punti del referendum!
Altra domanda sull’obbligo formativo: per la mia professione specifica (siamo una netta minoranza, noi del lavoro rispetto ai colleghi “clinici”; e qui cito specificamente il ruolo di formatore per dirigenti e quadri aziendali) ho trovato davvero pochi corsi dal titolo interessante. Orbene, non so chi e come selezioni coloro che poi fanno formazione “di aggiornamento” a noi, ma posso assicurare che su temi tipo “sensibilità e tecniche nella gestione d’aula” (uno dei pochi utili ad un formatore) in 2 o 4 ore – che pure darebbero “punti” – si può umanamente fare poco o nulla… non so su altri temi di aree a cui non sono più avvezzo, ma ho il sospetto che sia lo stesso e perfino peggio. Poi, francamente: agli aggiornamenti cui ho partecipato(pochissimi: tanto poi a scegliere sono le Aziende, e i punti nemmeno li guardano, e neppure la laurea che hai, a dirla tutta: sono solo i risultati che hai portato a darti credibilità ed autorevolezza e farti richiamare)ho visto (talvolta)buona volontà ma le capacità e i contenuti erano di livello tutt’altro che eccelso. Insomma: perdite di tempo o poco meno. Perché dovrei essere obbligato ad andare dove non ricevo quasi nulla? Mi sono formato molto di più (e spendendo parecchio) andando a corsi all’estero, o da altri ottimi professionisti del settore (nessuno era psicologo, peraltro). Ma questi non danno bollini o punticini… Perché se faccio un buon corso attinente al mio specifico, non posso “avere punti”? Al riguardo mi sorgono domande e dubbi: chi dà il diritto di far corsi “che danno punti”? Con che criteri? Sono seri? Sono un modo per aggiornare avvero chi partecipa, o piuttosto per dar lavoro a chi tiene il corso? Quanto sono pagati i professionisti che li tengono? Dirò di più, spietatamente: se i docenti dei corsi che danno punti sono pagati poco, è ovvio che chi li fa o fa praticamente volontariato, o non trova altro di più remunerativo da fare. Il che non depone per la sua capacità. Ecco, condivido con piacere questi dubbi, perché anche qui (per l’area che posso in qualche modo testimoniare, cioè quella che non ha a che fare con l’area clinica) non vorrei che ad essere più realisti del re fossimo noi psicologi, e questo ci tornasse a boomerang con costi e sforzi inutili.
Sarebbe interessante capire cosa succederebbe se dovesse vincere il No alla modifica dell’Art.5, visto che in realtà si tratta di recepire una norma dello Stato. Ci teniamo l’articolo così come l’abbiamo e l’Ordine diventa fuorilegge?
Interessante! 😛
Per quanto riguarda la formazione continua il problema non è il referendum (comunque la formazione continua è legge che sia o meno contenuta nel codice deontologico). Il problema è il regolamento. Se L’Ordine Nazionale non emana un regolamento per l’aggiornamento permanente entro il 13 agosto 2013 risulterà inadempiente di fronte alla legge, con possibilità dunque dello Stato di nominare un Commissario ad acta per gli adempimenti che la legge stessa prevede.
C’è poi un’altra questione non ancora chiarita… come professione sanitaria saremmo tenuti all’ECM… il regolamento dunque dovrà chiarire in modo non equivoco chi (psicoterapeuti, clinici etc..) sia tenuto all’ECM e chi no. E per questi ultimi dare norme chiare….
anche per i dottori in tecniche psicologiche,considerato che poveri,possono almeno fare riabilitazione.
Il regolamento è in bozza. Ne parlo qui: http://www.federicozanon.eu
Il regolamento al CNOP l’abbiamo già licenziato adesso dobbiamo attendere parere Ministeri.
Per quanto riguarda l’ECM , la posizione del CNOP è quella che tale sistema continui ad essere obbligatorio solo per chi opera nel Sistema Sanitario, con qualsiasi regime, mentre la posizione del Ministero della Salute è che sia obbligatorio per tutti quelli che operano nel settore “clinico”. Ancora la questione non è sciolta in maniera inequivocabile. Per altri ambiti, vedi lavoro, il sistema formativo dovrebbe essere quello della Formazione Continua.
capisco e condivido l’importanza della formazione, però se dovessero introdurre un sistema come gli ECM anche per noi giovani liberi professionisti, cioè senza nessun tipo di reddito garantito, visti i costi di tale formazione e visto che noi psico non abbiamo nessuno “sponsor” (come invece spesso capita ai medici), sarebbe un’ulteriore difficoltà. Non possiamo lavorare solo per pagare le spese obbligatorie per poter lavorare. Come facciamo a votare per una modifica del codice le cui conseguenze non sono chiare?
Con questa modifica,se io faccio formazione in un corso di couselling, cosa posso insegnare? Chi valuta cosa insegno e cosa no? Oppure in questa modifica non posso nemmeno insegnare ad un corso di counselling? E se è così chi insegnerà ai futuri couselor? Altri counselor? Con il risultato che ci sarà un sacco di gente che può vedere persone ancora più incompetente di adesso?
Non ho capito bene come funziona.
I counsellor in Italia non potrebbero ‘vedere persone’ nel senso in cui le ‘vede’ uno psicologo. A questo serve l’articolo 21 modificato: ribadisce un concetto che sembra non essere chiaro.
grazie per la chiareza dell’esposizione.
approfitto per porti alcuni questioni pratiche.
io sono una analista transazionale mi sonolaureata nel1993 e specializzata nel 2004 la mia formazione mi ha permesso di fare molti lavori nell’ambito professionale e non solo.
ad oggi la mia principale occuppazione è rappresentata dal ruolo di coordinatrice pedagogica per un ente pubblico dove mi occupo di supervisione gruppi di lavoro, progettazione pedagogica , collaborazioni con usl per l’inserimento di bambini con disabilità nei servizi educativi (asili nido e scuole dell’infazia), valutazione sistemi di qualità dei servizi.
un minima parte del mio tempo è dedicata alla clinica perché purtroppo se non sei nei gruppi che contano la maggior parte di noinon vive di sola psicoterapia.
fino a 3 anni fa dal1998 in poi mi sono occupata anche di orientamento professionale per fasce deboli in particolare. ..
mi rendo conto che ho una professionalità articolata e la necessità di fare formazione altrettanto articolata.
come un collega segnalava in un post non solo clinica quindi… dove la troverò e quanto mi costerà? di che livello? ? sarà possibile avere opportunità formative di valore anche in quei territori lontani dalle università e dalle grandi città? non mi sono chiari poi aspetti come:ore annue tipo di formazione valutata, cioè solo corsi oppure anche convegni e seminari? solo aula o anche webnar? formazione online? ci saranno certificazioni diverse richieste per differenti attività formative? la formazione sarà solo a pagamento? ese non fosse a pagamento di che valore? chi lavora nel pubblico ma non nella sanità come me cosa dovrà fare? il mmio contratto di lavoro prevede aggiornamento annuale… varrà per i crediti? l ‘ organizzazione dell’aggiornamento annuale deve tenere conto anche dei tempi di vita!!! sono convinta che sia una scelta eticamente importante… vorrei che però non fosseresa impraticabile… svenduta ai soliti… nel nostro settore e non solo si vende formazione scadente per lo più. ..questo mi preoccupa molto, anche perché cistiamo mobilitando per un referendum che non ha rispettato neppure i tempi di indizione. .. che non ha stabilito un quorum e che non dice nulla sulla vittoria dei no….inoltre niente di concreto sulle cose pratiche ….ho paura anche che chi come me fa tante cose differenti .. come spesso accade per gli psicologi non sia nella mente di chi progetta i percorsi.. per esempio avevo chiesto al mio ordine di pertecipare ad un gruppo che si occupava del lavoro degli psicologi negli enti locali… de bisogni formativi… non sono stata accolta nel gruppo, non mi è stata motivata l’esclusione… ma neppure ho visto “prodotti”del gruppo.. aggiornamento si, su tutta la linea… ma tutela del valore stesso dell’aggiornamento .. non pezzi di carta…perfare raccolta punti e arricchire qualcuno….ma tutela della professione.
grazie
Sono una collega che lavora ormai esclusivamente con le equipe di lavoro dei nidi di infanzia, faccio almeno 60 0 70 ore di formazione, su tematiche che interessano questa particolare area ogni anno. Naturalmente questi corsi tenuti dal Centro Nascita Montessori di Roma, oppure dall’Istituto Loczy di Budapest che sono necessari ed interessanti per la mia professione non rilasciano ECM. Difficilmente sarò in grado di partecipare ad altra formazione, visto che i corsi sono quasi tutti di Sabato…..che fare quindi???? ci sarà una commissione che valuterà ogni singolo corso e ci farà sapere se la formazione è considerata accettabile oppure no????i saranno formazioni di area, organizzate dall’Albo??
Con la modifica dell’articolo 21 viene eliminato anche l’ordine dei cousellor? No, perchè se non è così cosa succede? Che avremo sempre più counsellor incompetenti che faranno colloqui senza nemmeno avere delle basi psicologiche? Almeno adesso un minimo di formazione gli viene offerta dagli psicologi, ma se gli psicologi non potranno più insegnare ai counselor chi insegnarà a questa categoria? Gli economisti? Gli ingegneri? Ottimo. Così avremo ancora più gente incompetente che vuole fare mestieri di aiuto! Mi sembra veramente assurda questa modifica.
Federica, scusami, ma temo ci sia qualcosa da chiarire:
1. NON esiste, e non è mai esistito, “l’Ordine dei Counsellor”.
2. Non so chi dovrebbe insegnare a quella “categoria”. Ma so che, seguendo proprio il ragionamento che fanno in pubblico i counsellor, loro non fanno assolutamente psicologia.
Quindi, a cosa gli servirebbero le “basi psicologiche” insegnate da “psicologi” ? Se dovessero infatti basarsi sulla psicologia, e usassero tecniche psicologiche per rispondere a bisogni psicologici, allora starebbero di fatto facendo gli psicologi, ma senza esserne abilitati per legge. E questo sarebbe reato da Codice Penale, tanto per chiarire il punto.
Io sono sicuro che loro non facciano questo; ergo, cosa c’entra la psicologia con i counsellor ? Sono loro i primi a dire che non abbiamo proprio nulla a che spartire, che sono due mondi diversi…
3. Se non vogliamo “gente incompetente a fare mestieri d’aiuto”, e su questo siamo d’accordo, chi vuole fare certi mestieri d’aiuto deve semplicemente seguire i percorsi previsti appunto dalla Legge per garantire la loro formazione; e in questo caso il percorso è laurea triennale, più laurea magistrale, più tirocinio, più esame di stato, più eventuale scuola di specializzazione.
Se voglio fare il mestiere di aiuto del medico studio seriamente medicina, non chiedo sconti e percorsi abbreviati. Il mio “desiderio di aiutare” non mi autorizza a prendere scorciatoie di nessun tipo, proprio per la massima tutela dei pazienti.
Non esiste nessun ordine dei counsellor!
Gent.ma Collega Federica,
vedo che difende i “presunti diritti” dei counsellor ad avere una formazione psicologica adeguata.. laddove i counsellor non dovrebbero proprio avere accesso al sapere psicologico e non dovrebbe essere consentito loro, da parte nostra, di avere accesso ai nostri strumenti in quanto non psicologi nè studenti di psicologia nè tirocinanti(art. 21 codice deontologico). Il problema pertanto è a monte ed è stato portato avanti dai nostri colleghi più anziani i quali, a mio modesto parere, non avrebbero proprio dovuto iniziare a tali pratiche di formazione sedicenti pseudo-psicologi (spesso solo diplomati o laureati in discipline molto generiche e non appartenenti all’ambito sanitario). Secondo la mia interpretazione del codice deontologico, chiunque formi i counsellor all’utilizzo di strumenti propri della psicologia (es. colloquio clinico) dovrebbe essere sanzionato poichè vìola l’art.21
Salve,
ho condiviso il vostro articolo qui sopra in risposta ad un counselor che si è sentito attaccato per aver letto nel mio blog la distinzione che mi sembrava doveroso fare, tra psicologo, psichiatra, psicoterapeuta e counselor..
buona lettura:
http://psicologoareggioemilia.wordpress.com/2013/03/19/differenze/#comment-3
Vi leggo sempre, vi sostengo e sono spessisimo d’accordo con te e con voi.
Stavolta non sono assolutamente d’accordo sull’obbligo di formazione (art. 5). Non solo ci tocca stare dietro a tremila stupidaggini dell’Ordine e dall’Enpap, addirittura dobbiamo stare attenti a non perdere il conto su corsi frequentati durante l’anno per non essere sanzionati…è assurdo!
Per mia scelta frequento corsi, convegni e seminari su tematiche di interesse spesso gratis. L’obbligatorietà comporterà a mio parere la presenza ai corsi di psicologi non interessati che si faranno firmare attestati di frequenza (addirittura non presentandosi) o che freqenteranno corsi in modo disinteressato e disattento (non aggiungendo niente di più alla loro professionalità).
Temo inoltre una reale speculazione: una volta obbligati alla formazione, i corsi diventaranno soprattutto a pagamento? (così come è avvenuto per gli ecm: prima gratuiti, poi tutti a pagamento).
Senza contare che nella nostra professione della teoria ce ne facciamo poco (non dico nulla!). Se dobbiamo rendere qualcosa obbligatorio e far mangiare i nostri soldi a qualcuno, propongo di rendere l’obbligatoria la supervisione a psicologi e psicoterapeuti che esercitano. Questo servirebbe a prevenire quei danni di immagine da parte di quei finti professionisti (vedi il servizio delle iene – la setta della psicologia – )
Secondo me quindi l’obbligo istituito non comporterà l’aggiornamento e l’accrescimento della nostra competenza.
Mary: guarda che l’obbligo di formazione NON è solo per gli psicologi, ma di TUTTI i professionisti iscritti agli Ordini (dagli avvocati ai medici, dai commercialisti agli psicologi).
Pertanto, non è che il referendum introduca una “formazione obbligatoria”: la formazione è GIA’ diventata obbligatoria, per Legge dello Stato. Il referendum ne prende semplicemente atto, e la inserisce coerentemente anche nel Codice Deontologico.
Leggi qui, per approfondire questo punto: http://www.federicozanon.eu/formazione-obbligatoria-cosa-cambia-per-gli-psicologi/
Ciao,
Luca
Sono d’accordo con te, aggiungo inoltre, che molti, come me, spesso..quasi sempre lavorano gratis e chi me li pagherebbe i corsi di aggiornamento “obbligatori” ? Già faccio i salti mortali per mantenere la iscrizione all’albo figuriamoci i corsi “obbligatori” che sicuramente costeranno un occhio della testa , perchè poi, come tutte e cose diventeranno solo un’occasione per specularci sopra..
L’obbligo alla formazione deve essere morale non formale. Si ridurrebbe, come accade, ad una fredda caccia ai punti (ECM) e d una spesa che NON tutti possono sostenere. Ne beneficeranno solo gli enti di Formazione. Approv<are le nuove modifiche all'articolo 5 sarebbe farsi del male da soli. Occhio!
Sbagliato !
La modifica è un recepimento *obbligato* di una Legge dello Stato (DPR 137/2012, art.7) che vale per tutte le professioni, dagli avvocati ai veterinari (passando per geologi, ingegneri e anche psicologi).
Anche se vincessero i NO, deve essere chiaro che L’OBBLIGO FORMATIVO E GIA’ ATTIVO PER TUTTI NOI, E NON CAMBIA IN NESSUN CASO.
E’ invece proprio il passaggio al nuovo sistema formativo certificato previsto dalla Legge, e implementato tramite specifico Regolamento Attuativo già in fase avanzata di elaborazione, che si potrà accedere ad una modalità formativa molto più vicina agli iscritti, meno speculativa e molto più flessibile e articolata.
Ad esempio, gli Ordini dovranno fornire formazione gratuita o a costo simbolico a tutti gli iscritti: un cambio positivo molto significativo…
Questo articolo di Zanon chiarisce bene la questione, e presenta alcuni punti sostanziali molto importanti: assolutamente da leggere prima di votare:
http://www.federicozanon.eu/formazione-obbligatoria-cosa-cambia-per-gli-psicologi/
Ahimè concordo pienamente. Conosco bene l’esperienza degli ECM attraverso le modalità che vedo esercitare dai medici e credo che non sarà molto diverso.
E poi chi li organizza? Come per i medici ci saranno i soliti noti dietro i corsi di aggiornamento che lucreranno senza fornire nessuna reale conoscenza?
Non sono contrario alla formazione continua anzi… Ma in questo modo, così come vedo in altre categorie, diventerà solo l’ennesimo business per chi realizza corsi di presunta qualità…
le buste con la votazione sono trasparenti così si vede bene chi ha votato cosa. Sulla busta princpale ci sono i dati personali 😉 piegare ben il cartoncino interno.
Formalmente bisogna rispettare la legge, praticamente ….
Buongiorno Federico,
concordo con il referendum e con i si. Ho però un dubbio sulla formazione continua: non ci sono specifiche per la possibilità di noi psicologhe donne, circa eventuali sospensioni dall’obbligo nel periodo post nascita.Può essere davvero difficile, almeno nel primo anno, riuscire a conciliare tutto. Si parla di una diluizione dei crediti su tre anni, ma potrebbe non bastare. Forse dovremmo pensare ad una percentuale di riduzione? Non so, è un’idea.
Cara Chiara,
leggi qui, nella sezione sulle ipotesi di esenzione parziale o totale:
http://www.federicozanon.eu/formazione-obbligatoria-cosa-cambia-per-gli-psicologi/
ti ringrazio.
Ma qualcuno si e’reso conto che gli psicologi stanno facendo la fame? Alcuni,i fortunati,riescono ad inserirsi e fare formazione nelle associazioni o societa’di psicologi che formano psicoterapeuti e anche counselor,togliamo anche quello spazio.Obbligo di formazione?e se uno non ha i soldi per formarsi? Dove li ruba? Glieli darà sicuramente l’ordine.Ma l’esame di realtà l’ha fatto qualcuno all’interno del piccolo circolo?
Concordo!!!!!
Come potete notare nn leggo risposte alle nostre domande, ai nstri dubbi..quindi nessuno ci conferma che questo formazione”obnligatoria” ce la fonirebbe l’albo gratuitamente..
Beh, mi sembra che rispondiamo, no ? 🙂
Hai letto i riferimenti al Regolamento Attuativo nell’articolo di Zanon ?
si però noi siamo preoccupati che tutte queste buone intenzioni si traducano poi nella solita fregatura. PRIMA voglio la certezza che la formazione sarà davvero un’oppurtunità, e non un ostacolo che ci farà fare ancora più la fame, e DOPO potrò votare serenamente. Il nostro ordine ha troppe volte dimostrato di non contare nulla.
A me sembra,come psicologo professionista, che di deontologico la modifica dei tre articoli (e in alcune parti tutto il Codice Deontologico) non abbia quasi nulla. E’ un voler riaffermare a prova di “muscoli” le nostre posizioni un pò “settarie” e “privilegiate”, come fanno tanti altri ordini professionali,il diritto ad un’area esclusiva di intervento, garentendo clientela, introiti e sapere univoco.
Personalmente intendo come “deontologia della professione psicologica” la responsabilità individuale, la presa di coscienza di tutte le conseguenze del mio operato, il massimo rispetto e accettazione dell’altro, l’esercizio continuo del dubbio e come diceva Jaspers “l’etica dell’incomprensione dell’altro”. E’ su questi temi che l’Ordine dovrebbe attivarsi.
Il pretesto che la legge lo “chiede” mi sembra un alibi che fa comodo alla nostra “casta” come a tutte le altre caste. La legge è una codificazione dei bisogni della maggioranza e allora gli psicologi e quindi l’Ordine sia il portavoce di una linea più congruente con l’oggetto del nostro operare e del nostro sapere psicologico che non è rivendicare diritti ma favorire consapevolezza, aiutare alla presa di decisione e scegliere il proprio presente e il proprio futuro.
Mi piacerebbe che il nostro ordine si diversificasse dagli altri per la sostanza non per le “regole” legali che servono solo a districarsi nelle controversie o a ribadire e difendere confini.
La difesa dei nostri confini scaturisca dalla nostra efficacia, dalla capacità di saper dialogare con le aree limitrofe e soprattutto dalla forza intrinseca del nostro operare semplice,trasparente,innovativo e aggiornato ai cambiamenti.Dovremmo essere i primi ad ispirare benessere, tolleranza,limiti,forza d’animo, fiducia e solidarietà.
Giuseppe, non è un pretesto di niente: la Legge (DPR 137/2012) prevede espressamente che TUTTI gli Ordini professionali italiani si mettano a norma di legge su questo punto degli illeciti disciplinari.
E non riguarda certo solo gli psicologi, come molti erroneamente ritengono: riguarda tutti i professionisti di questo paese.
Pertanto, la lettura “intracategoriale” è funzionalmente fuorviante: il DPR si applica a TUTTI, dagli avvocati ai veterinari… essendo legge dello Stato, votare no è come votare no contro il divieto di sosta. Non molto utile, anzi…
Al contrario, la vittoria dei Sì e la messa a norma del nostro Codice permette poi l’avvio definitivo della fase successiva, che è poi quella che (tramite regolamento attuativo) prevede la formazione fornita dagli Ordini, modalità di aggiornamento riconosciuto anche più flessibili, il superamento delle rigidità del modello “solo ECM”, etc.
Leggi qui:
http://www.federicozanon.eu/formazione-obbligatoria-cosa-cambia-per-gli-psicologi/
Grazie per le precisazioni,Luca.
Il mio discorso voleva ribadire ben altro,senza fare metafisica.
Mi accorgo che non viene minimamente colto.
Un motivo ci sarà senz’altro. Salvaguardare la nostra “casta”, opportunità di uniformarci alle leggi influenzate da chi è più potente,coltivare l’orticello che ci siamo costruiti con sacrificio negli anni passati…cosi il popolo degli psicologi va avanti disgregato,timoroso,inconcludente e rassegnato.Forse si può invertire la rotta ed essere portatori sani di uno spirito più congruente con l’oggetto della nostra professione come ribadivo nel post sopra.
Caro Giuseppe,
capisco, ma credo sempre che il cambiamento possibile parte dal riferimento al quadro normativo, non dalla speranza di una sua modifica dall’alto “favor psicologi”.
Al contrario, credo che il “popolo degli psicologi” debba riscoprire il senso di Comunità solidale, del fare insieme, del costruire proposte viabili e concrete.
Ma la maggior parte dei discorsi che stiamo vedendo anche nelle liste, o sui social network, è molto “individualista- rivendicativo”, sulla falsariga del “voto No per generica protesta contro il Sistema” (disagio condivisibilissimo… ma spesso senza che a questo sia associata una reale consapevolezza del quadro normativo o istituzionale in cui si incardina il proprio personale Si o No, e del significato che assumerà).
Siamo una categoria che al voto ENPAP è andata a votare al 20%: la disaffezione, disgregazione e frammentazione della comunità professionale mi inquieta profondamente.
La soluzione non sta nel decontestuato No, che dovrebbe ipoteticamente generare una protesta contro il Sistema: la soluzione sta nel fare, nell’informarsi, nel votare, nel partecipare alla vita di ordini, Enpap, associazioni di categoria. Dobbiamo tornare a essere una categoria attiva, partecipe, vigile; non è il voto di protesta generico e maldiretto che risolve i problemi: è solo l’illusione di “fare qualcosa”, quando in realtà tutto rimane come prima.
E poi ci si disillude ancora di più…
E’ un po’ di giorni che penso a scrivere un articolo proprio su questo…cioè, banalizzando ovviamente, sembra che non molliamo mai l’immagine di un ordine “persecutorio” così come ce la siamo formata al momento dell’esame di stato (perché è così che noi conosciamo il nostro ordine, in quei “folli” sei mesi di stress e angoscia…)e, al netto delle “scemità” che gli ordini spesso fanno, non cogliamo le potenzialità di un fare gruppo e “lobbing” attraverso le istituzioni, ma ci trastulliamo in un masochistico disinteresse.
Quando ho saputo la percentuale di votanti all’enpap, sinceramente a me sono cadute le braccia -.-‘
art 5. Io sono iscritta all’albo, ma disoccupata come psicologa e per fortuna posso fare le supplenze nelle scuole…. come me la pago la formazione obbligatoria? Io resto iscritta nella speranza di poter lavorare un domani, ma con quale motivazione investo quel poco che guadagno in un titolo che per me attualmente è solo formale?Titengo che l’aggiornamento sia fondamentale, ma dovrebbe essere obbligatorio solo per chi pratica la professione.
Sono d’accordo, sono nella tua stessa condizione..
Fino a che l’Ordine non mi assicura (con una postilla a quell’atricolo) che offrirà GRATUITAMENTE giornate di formazione nel corso dell’anno, il mio voto sarà NO!
Guarda che gli Ordini forniranno appunto formazione agli iscritti appena verrà approvato il regolamento attuativo (e noi ci saremo messi a norma di legge): il SI è invece dovuto per uniformare il nostro Codice a quanto è GIA’ obbligatorio per Legge per tutti gli iscritti agli Ordini professionali – non solo psicologi, cfr. DPR137/2012.
Hai letto la Legge, e l’articolo di chiarificazione di Zanon che ti linko qui ?
http://www.federicozanon.eu/formazione-obbligatoria-cosa-cambia-per-gli-psicologi/
Voto NO per la formazione obbligatoria, perché so già che qui in Ialia sarebbe una speculazione sulla mia pelle. Come si è dimostrata per altre categorie.
Non posso vivere solo di speranza che in questo paese le cose cambino, perché intanto devo campare per potere avere speranza e averla mentre esercito il mio lavoro. In Italia al momento non sarebbe manco speranza, ma utopia! Fanno presto sempre a fare riforme di questo genere, dove sono sempre i cittadini a pagare, ma nessuna che veramente possa servire a rilanciare questo paese e il lavoro per tutta la categoria e non per i soliti formatori e scuole raccomandati/e o che hanno pagato qualcuno per…
Sono una libera professionista che già faccio fatica a sopravvivere, senza che lo stato mi venga in qualsiasi modo incontro. L’obbligatorietà di formazione sarebbe un altro balzello fra le tante tasse, in un peiodo di crisi economica in cui il lavoro scarseggia e il nostro in particolare non viene promosso o favorito in alcun modo non solo dagli stessi ordini. Tasse, obblighi di qua e di là e nessuna prospettiva di crescita. Io già faccio fatica a pagare lo studio, la promozione da sola del mio lavoro, il commercialista (un salasso),l’enpap (per una pensione che non avrò) e l’ordine (che non serve ad una mazza, tranne che a mantenere qualche sedere rinsecchito e ammuffito, tipo la la Zaccaria, rimasta ai tempi di mia nonna defunta).
So già che ci sarebbero corsi che costano poco, che mi sarebbero inutili rispetto la mia formazione, e quelli utili che mi costerebbero un botto e a cui dovrei rinunciare. Più poi vengono rilasciati crediti, più ‘sti corsi costano cifre astronomiche.
Alla fine la formazione sarebbe un’altra iniquità in questo paese fra chi si può permettere formazione di qualità e valida rispetto al suo percorso e chi no! E magari qualcuno alla fine deve rinunciare ad esercitare, perché i costi complessivi alla fine superano le entrate.
Inolre dissento sul fatto che la formazione teorica e ore di parole spesso noiose, possano avere una vera utilità, senza che ci sia un’esperienza sul campo in corso di formazione o un laboratorio esperienziale.
Basta con la speculazione sulla mia pelle! Basta veramente! Io amo il mio lavoro, sono la prima che amo formarmi quando posso economicamente su cose che ritengo veramente utili, ma non voglio essere ammazzata obbligatoriamente per esso ogni anno!
Io voterò NO alla modifica dell’articolo 5, non è giusto che gli enti ai convegni gratuiti chiedano di pagare a parte per “spese di segreteria” per ricevere i crediti ECM e non è neanche giusto che l’ordine degli psicologi non possano più organizzare convegni gratuiti che rilascino i crediti!!!
Se le cose fossero rimaste come prima avrei votato volentieri SI.
Formazione obbligatoria ed ECM sono due cose diverse fra loro. La modifica all’articolo 5 riguarda la formazione obbligatoria, gli ECM sono invece faccenda del sistema sanitario nazionale. Gli Ordini, per quel che sappiamo oggi, si stanno attrezzando per offrire formazione gratuita e molti già lo fanno.
Cioè chiedono a noi i decidere tramite referendum e loro si stanno ancora attrezzando?
Lunetta: no, è che i tempi tecnici sono diversi. Il Regolamento Attuativo è stato già predisposto e approvato dall’Ordine nazionale, e già inviato da mesi al Ministero, dove adesso sta seguendo il suo iter di approvazione ministeriale. Nel frattanto però i tempi imposti dal DPR137/2012 per l’adeguamento nazionale dei Codici sono molto stretti, perchè per agosto tutti gli Ordini devono adeguarsi. Quindi il referendum è partito anche se si è in attesa ancora di formalizzazione dell’approvazione ministeriale (di un Regolamento in merito a cui però l’iter Ordinistico era stato già tutto completato). Sono quindi due procedimenti amministrativi purtroppo in parte separati nella loro tempistica.
Riguardo ai tre articoli oggetto di referendum:
art. 1: molti colleghi non conoscono le norme che riguardano l’uso di siti internet, neanche la più banale (la comunicazione all’ordine di essere presente sul web con un proprio sito); mi è capitato di visitare siti di psicologi nei quali si pubblicizzava la possibilità di ‘vedersi’ tramite webcam al di fuori delle ipotesi previste dall’Ordine.
art. 5: credo che il life long learning sia necessario per mantenere e sviluppare le proprie competenze. Un discorso a parte è la serietà delle scuole e l’offerta formativa delle stesse. Certamente le possibilità di lavoro non sono eccezionali in periodi di crisi, ma quale settore non ne risente? Penso però che se voglio fare lo psicologo nella situazione attuale, la professionalità sia una carta vincente, sia a livello individuale che a livello collettivo. Ovvio che l’obbligatorietà ex legge serve da una parte a salvaguardare l’utenza dall’altra potrebbe far venire il dubbio che salvaguardi gli interessi degli enti di formazione (il famoso fenomeno del ‘cannibalismo’ tra colleghi). Tuttavia penso che sia preminente l’interesse della tutela del cliente/paziente/utente.
art. 21: ci si deve muovere sempre per la tutela delle persone che si rivolgono ai professionisti dell’aiuto e del benessere psicologico.
Le scuole di counselor (anche quelle aperte ai soli psicologi) esistono perché alcune Università (o i professori in queste) non rimarcano a sufficienza l’applicazione pratica degli insegnamenti teorici. Tutte le facoltà hanno un po’ questa ‘pecca’, tranne a mio giudizio medicina (lauree brevi in terapisti della riabilitazione, ecc.) e scienze motorie (ex isef).
Come giustamente hanno detto già altre persone, se vuoi fare una professione d’aiuto devi seguire il percorso stabilito per legge e non cercare scorciatoie.
Giustamente nella proposta alla modifica dell’art. 21 si parla di liceità dell’insegnamento di conoscenze psicologiche: vuol dire che è lecito insegnare ad esempio agli OSA cosa è una demenza senile o le problematiche di un bambino autistico oppure ad un istruttore di scuola guida quali particolari nella guida deve evidenziare ad un giovane che sta prendendo la patente… Non mi sembra quindi che la modifica restringa un possibile mercato del lavoro…
P.s.: spesso si parla di counselor, di coach, ma vi sono altri spazi di confine che sono al limite. (Vogliamo parlare del lavoro sul ‘somato-emozionale’ di alcuni terapisti corporei?)
scusate: obbligatorietà “ex lege”… 😉
Probabilmente andrò contro corrente ma io all’articolo 5 ho votato NO e questo non per interessi personali, come dipendente pubblico la mia formazione necessaria me la paga l’Ente per cui lavoro, l’ho fatto invece pensando allo scenario che immagino dopo e alle difficoltà che avranno i giovani colleghi nell’affermarsi.
Immagino un giovane collega che apra la partita IVA e che inizi a lavorare per una manciata di ore per qualche Ente oppure abbia un paio di pazienti in tutto da seguire, questi non solo dovrebbe pagare un minimo all’ENPAP che se non vado errato dovrebbe essere di 780 euro, ma dovrà ogni anno spendere più di quanto guadagna per tenersi aggiornato sul suo settore. Quindi sarà per lui una professione in perdita, per quanto tempo potrà andare avanti? Poi come già fanno molti metterà il suo bel diploma di laurea nel cassetto e si cercherà un qualsiasi lavoro dove possa andare in attivo piuttosto che in passivo.
Non voglio toccare l’argomento ECM e come vengono accreditati gli eventi.
E poi mi domando ancora: “Se è così importante essere adeguatamente formati, perchè allora non mettere come obbligatori i requisiti minimi nei vari settori, per esempio aver svolto un Master per operare in un certo ambito?”.
Davide, però sai che il tuo “No” non cambia niente rispetto all’obbligo di formazione, che rimane in ogni caso a tutti in quanto previsto dalla Legge (DPR137/2012), ed è già vincolante senza eccezione per ogni professionista italiano (dagli avvocati agli ingegneri, dai geologi agli psicologi) ?
Sull’ENPAP, una piccola precisazione: non è esattamente che “deve pagare”; semplicemente è tenuto a versarsi la quota relativa per la sua futura pensione (ovvero, si tratta di un obbligo contributivo per legge, che avrebbe anche se fosse iscritto all’INPS: solo che in tal caso invece del 12% pagherebbe il 30% circa…). Tutti i lavoratori, che siano pasticceri, psicologi o riparatori di biciclette devono effettuare i versamenti previdenziali, solitamente per percentuali molto maggiore di quelle degli psicologi.
Ciao, Luca
Si lo so che il pagamento per l’ENPAP serve alla mia pensione, il punto era che non trovo giusto che ci sia un pagamento minimo da fare comunque. Ad esempio se un giovane psicologo incassa 1000 euro lordi dovrebbe pagare 120 euro (12%) all’ENPAP per la sua pensione invece ne paga, se non vado errato, 780 come tariffa minima.
Poi mi puoi spiegare che differenza c’è tra la formazione continua obbligatoria e gli ECM? Sono due cose diverse? Sono sincero, non mi sono informato bene sull’argomento.
La mia idea è che debba essere il libero mercato a selezionare il professionista non un organismo che mi certifica che sono valido.
Se cerco un chirurgo che mi operi agli occhi per esempio vado a vedermi il suo cv, dove ha studiato,i suoi voti, dove ha lavorato, chi ha operato ecc. ecc. Così mi auguro facciano gli altri quando cercano uno psicologo.
Secondo te è più formativo partecipare ad una giornata in cui un professore in 5-6 ore ti mostra dei lucidi insieme ad altre 100 persone (probabilmente ottenendo una decina di crediti) oppure leggersi tutto il suo libro in un mese e farci delle riflessioni di giorno in giorno (ovviamente senza avere ECM)?
Caro Davide, comprendo il punto, ma la situazione previdenziale è già (anche se non ne abbiamo la percezione) molto “vantaggiosa” per gli iscritti, in termini di spesa “attuale” che sei chiamato a fare – anche rispetto agli altri professionisti. La possibilità di pagare solo il 12% (contro una media del 30% di TUTTI coloro che sono iscritti alla Gestione Separata), oltre alla presenza di quote ridotte e minime per i giovani professionisti a basso reddito, serve appunto a quello. Andare sotto anche quelle cifre rischia di rendere evanescente la possibilità di fornire forme previdenziali ancorchè ridotte, in quanto il tuo montante individuale rimarrebbe microscopico per anni. E già così, il montante rimane a basso livello. Per intenderci: immagina che – in media – quello che metti via come versamento ENPAP in due anni ti dovrà servire “spalmato” su 12 mensilità per pagarti la pensione di un anno di vita (augurandoti di vivere almeno 85 anni circa ;-D). Ora, se come quota versi cento euro all’anno (per ipotesi), è come se poi ti dovessi spalmare 200 euro (100*2 anni) in 12 rate, e quella è la tua pensione per un anno (circa 16-18 euro al mese)… ora, sia chiaro, l’esempio è davvero molto artificioso e un po’ distorcente, perchè in realtà il valore medio annuo delle quote di montante individuale che accumulerai in 40 di lavoro sarà – mediamente – molto più alto; ma questo semplicemente per illustrare genericamente il meccanismo di fondo, e dire perchè si deve pensare anche prospetticamente all’entità della quota pagata “adesso” (inoltre, l’ENPAP non ti eroga solo prestazioni previdenziali fra 40 anni, ma anche attività Assistenziali e Servizi agli Iscritti di vario tipo oggi, e rispetto a cui si deve attingere al fondo derivato dai contributi integrativi al 2%, che dipendono quindi anch’esse dal valore medio di quanto versato dalla popolazione degli iscritti).
Sulla formazione: beh, l’esempio che hai scelto è un pò “estremo” 🙂 In primis la formazione certificata prevista dal Regolamento, come accennato ampiamente nell’articolo di Zanon più volte citato, non corrisponde affatto agli ECM, ma prevede invece forme di formazione (anche tra pari, supervisioni, addirittura studio individuale…) che sono al contrario molto più flessibili, personalizzate e di forte interesse per gli psicologi.
Inoltre, a livello internazionale e in tutti i settori professionali la formazione e la qualità dei servizi devono essere sempre più verificati e certificati; ci sono varie modalità per farlo, e questo è un punto importante, ma sicuramente nessuno di noi vorrebbe prendere un aereo guidato da un pilota che dal giorno del suo brevetto venti anni fa non si è più aggiornato in maniera verificabile o certificata. Insomma, il fatto che tutti i professionisti debbano aggiornarsi in maniera trasparente e verificabile è ormai un “must” dei criteri di qualità, normativi e di “buone pratiche” in tutti i settori professionali e in tutti i paesi. Dobbiamo adeguarci a questo, ovviamente cercando di farlo nella maniera più intelligente e produttiva possibile… e il Regolamento Attuativo potrebbe essere un modo interessante per farlo. Ciao ! Luca
io invece sono abbastanza convinta che la pensione non la vedrò mai… Ma questa è chiaramente solo un’ipotesi. Però so che la realtà attuale è che, a 30 anni con laurea dottorato e specialità in psicoterapia, se non ci fossero i miei genitori non potrei neppure pensare di fare la psicoterapeuta, mi converrebbe fare la commessa. So che a livello legislativo incontro molti più ostacoli che opportunità. E mi si chiede un voto sulla fiducia? Tu intanto vota si, poi magari ti diamo la formazione gratuita. No grazie.
Salve a tutti, sono da poco iscritto all’Albo e leggendo questo post mi è sorto un dubbio riguardo l’introduzione della sanzione rispetto a chi vìola l’obbligo della formazione continua. Ovviamente se si prevedono tali sanzioni per chi non svolge la “quota” di preparazione obbligatoria annuale (che per me è INDISPENSABILE se si vuole lavorare bene, soprattutto nel nostro campo!) dovrà essere previsto un organismo competete atto alla verifica dell’effettivo aggiornamento dello psicologo. Da qui la mia domanda (che forse è banale!): questo organismo esiste già? Ovvero, c’è una commissione o un ente che riceve le notifiche di avvenuta partecipazione a convegni o comunque seminari che possano garantire la formazione allo psicologo?
Ho votato 3 Si! Sono un clinico e non ho paura della formazione continua, che peraltro già faccio in abbondanza. Condivido le posizioni di Luca Pezzullo e mi piacerebbe tanto che alcuni colleghi fossero più onesti e che riflettessero di più sul concetto che il “bene comune” è il bene di tutti. Non conosco nessuno di AltraPsy (almeno personalmente) e ritengo che facciate un buon servizio a tutti noi, e anche tanto esercizio di pazienza, nello spiegare mille volte le cose, ma personalmente ho poca fiducia nel fatto che verranno veramente applicate delle sanzioni (se vinceranno i SI), specialmente a certi personaggi del nostro ambiente. Rimango dell’idea che si dovrebbe fare più “lobbing” ma sarà difficile! Quello che vedo non mi piace. Spesso, arrivano mail e comunicazioni affini di colleghi o sedicenti associazioni tutelative che trovo …. a dir poco “schiaffeggianti” l’intelligenza di chiunque (anche la loro) che fanno corsi a “cani e porci” e, come se non bastasse, consigliano anche di votare contro noi stessi!!! Ultimamente, poi, in un capannello ad un Convegno, ho sentito che anche un collega, membro di un Ordine (che tanto dice di combattere l’abuso di professione e …titì e tatà..), farebbe attività di docenza in alcune scuole “note” per la loro grande apertura verso il “COUNSELING A CHIUNQUE”. Devo dire la verità,lì per lì, sono rimasta un po’ sorpresa, poi ho controllato. Purtroppo era vero (forse un altro caso di porcitudine pulita??). Grazie comunque a tutti voi per questo servizio utile e gratuito.
Qualcuno sa dirmi dove sono le famose buste della votazione? A me non è arrivato nulla…
Ti arriverà! Fai attenzione perché è in una busta di cellophane e facilmente lo puoi scambiare per il solito giornalino.
Salve
grazie per il chiaro esempio e per le spiegazioni.
volevo capire, come si controllera che la formazione avvenga nel privato? nel pubblico ok ci sono i crediti formativi, questa formazione darà solo privata? cioè solo coloro che possono permettersi esosi corsi di aggiornamento o formazione potranno continuare ad esercitare?
grazie per l’eventuale risposta.
In questo coacervo di norme, leggi etc non si fa altro che dare la psicologia a chi non è laureato in questa scienza. Siamo addirittura arrivati a credere che per fqare counseling uno psicologo deve fare due anni di scuola di counseling, incredibile ma vero ma questa è ormai la cultura che si sta diramando. Su internet e nelle varie associazioni tutti fanno test di psicologia, riabilitazione etc anche non essendo psicologi.A questo punto la domanda mi viene spontanea, ossia. Mentre noi ci perdiamo dietro a continue demagogie (Una è la forte discriminazione che lo stesso albo ha voluto fra Lo Psicologo e il dottore in scienze psicologiche relegando quest’ultimo a un ruolo di maggiordomo) Il paradosso? E’ che il dottore in scienze psicologiche non puo’ fare il primo colloquio giacchè ritenuto terapeutico mentre i counselour fanno del primo colloquio l’arma in piu’ della loro disciplina. Potrei dire tante altre cose ma mi voglio fermare qui perchè credo che questo sia sufficiente per far capire di come questa bellissima professione sia alla berlina di chiunque. Si è vero che poi c’è la legge ma non essendoci applicazione preventiva la legge è come se non ci fosse. Inoltre cercate di rendere piu’ semplice l’esame di stato. Non è possibile pretendere da ragazzi appena laureati di entrare ni meccanismi applicativi della psicologia senza che questi sono stati insegnati all’università (Vedi test o progetti). Si arrichiscono gli editori e collaboratori nel formare i candidati all’esame di stato facendo spenmdere 500 euro per un corsettino + 180 per la commissione+49,58 agenzia entrate+ piu’ 4 viaggi da e per la sede prescelta per un totale di oltre mille euro. E’ vergognoso che l’albo continui a tacere su questo spreco di soldi e di energie. L’ultima trovata delle università è stata quella di far pagare 1,38 quale integrazione alla commissione degli esami anche chi l’esame l’ha fatto 3 anni fa e magari lo vuole rifare giacchè non idoneo magari alla prova orale. Di quale formazione si parla? Quella di coloro che girano in certi ambienti, nei paraggi degli albi professionali che andranno a fare formazione a suon di euro? Se il mondo e dei furbi credo che con una laurea in psicologia clinica posso fare tranquillamente il consulente della mente senza perdermi ditro a questa demagogia, questa academia che serve solo a favorire i soliti noti altro che tutela del cittadino visto che tutti fanno gli psicologi e che gli stessi insegnano in scuole non riconosciute dal miur le tecniche di counseling per i futuri psicologi senza laurea. La resaltà è questa il resto è aria fritta.