Recentemente è emerso un documento firmato dall’esecutivo della Società Psicoanalitica Italiana riguardante le terapie dedicate alle persone Trans* in età prepuberale.
Oltre ad esprimere una serie di inesattezze scientifiche e di superficialità riguardo questioni molto complesse (delle quali si può leggere anche in altri articoli qui e qui pubblicati da AltraPsicologia), questa lettera rappresenta un ottimo esempio di come la comunicazione politica differisce grandemente da quella scientifica e di come essa può fare leva sul pubblico prendendo in prestito elementi dalla retorica reazionaria o conservatrice.
In primo luogo è importante fare un ragionamento sul mezzo scelto per la comunicazione: non è stato scelto un articolo su qualche rivista, un dibattito ad un convegno o qualcosa di interno alla comunità scientifica che si occupa della questione; la modalità scelta è stata una lettera al Presidente del Consiglio, mezzo che esprime importanza, urgenza, ufficialità e che raccoglie molta visibilità, anche da parte dei quotidiani nazionali, quasi come se si trattasse più di una posizione che di una preoccupazione.
A questo proposito, un altro elemento che denota questo carattere politico è la strumentalizzazione della preoccupazione: lì dove una sincera preoccupazione porterebbe ad un approfondimento, un confronto, uno studio su ciò di cui si parla, la “preoccupazione politica” altro non è che un’indicazione su come chi sta leggendo si dovrebbe sentire, in questo caso allarmatə.
Ovviamente la “preoccupazione politica” è anche spesso usata per nascondere un’intolleranza: “non sono transfobico, sono solo preoccupato”, preoccupato per cosa? – ci si potrebbe chiedere – ma per i bambini, naturalmente!
Ecco, dunque, un altro elemento chiave della retorica politica conservatrice: la strumentalizzazione dei bambini come vago insieme da difendere e proteggere, demonizzando l’avversario politico (poiché solo un mostro metterebbe a rischio i bambini) e privando completamente questa massa informe denominata “i bambini” di qualsiasi traccia di umanità o individualità. “Perché, perché nessuno pensa ai bambini?” recitavano i Simpson.
La pratica di privare l’oggetto della “preoccupazione politica” di autonomia prosegue estendendosi a tutte le persone Trans*, che nel linguaggio della lettera soffrono di “disforia di genere” (definita male e rigorosamente tra virgolette) e per questo vanno valutate in base a criteri rigorosamente oggettivi, dal momento che le loro esperienze soggettive vengono liquidate come di poco conto, il che onestamente detto da una società psicoanalitica farebbe quasi ridere.
In questa visione le persone Trans* vengono completamente derubate dei loro vissuti e vengono infantilizzate o trasformate in oggetti da valutare con una lente di ingrandimento, piuttosto che persone con una loro vita interiore e in grado di decidere sul proprio corpo.
Infine c’è l’utilizzo dell’ufficialità di questa lettera come rinforzo delle sue posizioni: è abbastanza chiaro, infatti, che se fosse stata indirizzata ad un ente che si occupa di questioni Trans* o se fosse stata firmata da alcuni professionisti non avrebbe avuto la stessa risonanza e oggi il messaggio che arriva, specie attraverso il gioco del telefono mediatico, non è che alcuni psicoanalisti nel direttivo della SPI sono preoccupati per delle questioni che non conoscono, ma che gli psicoanalisti (o addirittura gli psicologi, visto che spesso tra i due insiemi il pubblico fa confusione) sono contrari all’utilizzo dei bloccanti della pubertà.
È importante qui far presente che, oltre alla benzina gettata sul fuoco da questa lettera lanciata sul pubblico in un momento politico già preoccupante per le politiche LGBTQIA+, il rischio principale è la ripercussione che prese di posizioni simili hanno sulle comunità di minoranza, che, a causa del minority stress e di testimonianze negative dei loro pari che hanno dovuto avere a che fare con professionisti della salute estremamente poco formati su questi temi, hanno già in media estreme difficoltà a rivolgersi a qualcuno quando ne sentono il bisogno. Posizioni del genere con questo tipo di risonanza, anche volendo credere alla presenza di una sincera preoccupazione a monte, non fanno che esacerbare queste problematiche rappresentando in fin dei conti un grosso rischio per la salute di una popolazione già altamente a rischio.
Se la SPI è preoccupata per le persone Trans* questa lettera non fa che danneggiarle ulteriormente, se invece lo scopo era una strumentalizzazione politica per esacerbare la pessima qualità di cura nei confronti delle persone Trans* nel nostro paese lo scopo è stato raggiunto ampiamente, ma a quel punto sarebbe il caso di chiedersi se tale posizione sia consona ad un gruppo di professionisti il cui focus dovrebbe essere la cura e il benessere.
Ma magari qualcuno che magari si interroghi sulle cause della disforia di genere, invece di pensare solo ad agire risposte no?