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Immaginate di trovarvi in un film horror: è sera, la casa è parzialmente illuminata, vi state sciacquando il viso dopo una giornata intensa di lavoro e, appena alzate lo sguardo, vedete riflessa nello specchio l’immagine del vostro peggior nemico! Battiti del cuore accelerati, musica di fondo sempre più intensa e un grido di paura che rompe il silenzio. Tutti ci aspettiamo di vedere una figura minacciosa alle nostre spalle, e invece no, il nostro peggior nemico siamo proprio noi stessi!

Bene, questo è quello che mi è capitato poco fa: certo, il grido di paura non c’è stato, ma la consapevolezza di alcune dinamiche mi hanno trascinato in un vortice di emozioni negative che mi ha portato a scrivere una riflessione sull’argomento!

Ero al bar con una collega per un caffè: chiacchieriamo del più e del meno, ci confrontiamo, anche in maniera semiseria, sul nostro lavoro, fino a quando mi parla di una vicenda accaduta qualche mese fa. Come tanti colleghi, a settembre aveva presentato un progetto in una scuola abruzzese sulla gestione delle emozioni che coinvolgeva bambini e genitori: purtroppo per lei, il dirigente scolastico non lo ha approvato. Fin qui nulla di strano, sicuramente ci saranno state delle buone ragioni… e invece no. La motivazione addotta è stata la seguente: “Perché dovremmo pagarti xxx€ se lo psicologo che ha fatto un progetto simile lo scorso anno ha seguito i genitori per 5 incontri al costo di 15€ totali??”

Si, avete letto bene: 15€ per 5 incontri a coppia. E se la matematica non è un’opinione, considerando che ad ogni incontro partecipano entrambi i coniugi, fanno 1.50 € a incontro a persona!!!

Ecco perché il nostro peggior nemico siamo proprio noi stessi!

 

Ci lamentiamo dei counselor, dei coach e dei consulenti filosofici che ci “rubano” il lavoro, ma poi ci svendiamo a cifre a dir poco imbarazzanti. Siamo, o almeno dovremmo essere, esperti di comunicazione, ma non ci fermiamo mai a riflettere su cosa comunichiamo ai nostri clienti con il nostro comportamento.

Scevra da qualsiasi giudizio sulla bontà del lavoro svolto dal collega in questione, la mia riflessione è proprio sul valore che gli utenti di questo servizio hanno percepito… personalmente, se acquisto una maglia a 5€ mi aspetto al massimo di farci una stagione, magari la indosso anche se so che potrei facilmente sporcarmi o rovinarla e la lavo in lavatrice senza tanti accorgimenti, tanto se si danneggia ho perso giusto pochi soldi. Al contrario, ad un capo acquistato per una cifra più alta dedico più attenzioni.

Perché lo stesso ragionamento non può essere fatto su un nostro servizio?

“Ho pagato 1.50 € a incontro, ma oggi proprio non mi va di andare… amen, sarà per la prossima!”

Oppure pensiamo a quello che succede quando ci rivolgiamo ad un medico specialista: “il dott. Rossi per 60€ mi ha fatto questa diagnosi, ma non mi convince, vado dal dott. Verdi che mi fa pagare 200€ ma so che sicuramente mi posso fidare!”

Anche i nostri clienti/pazienti ci studiano, valutano il nostro lavoro e hanno la stessa percezione del denaro!

E soprattutto, che idea si fanno della nostra professione se il nostro lavoro vale così poco?

no moneyIl problema principale è che spesso associamo la nostra attività ad una vocazione o una missione: siamo sempre a contatto con la sofferenza, con problemi piccoli o grandi e, talvolta, questo costituisce un impedimento alla richiesta di un adeguato riconoscimento economico. Ci buttiamo su qualsiasi progetto, anche a costo zero, pur di farci conoscere, nella speranza che qualche partecipante prima o poi ci richiami: tuttavia non riflettiamo mai sul fatto che poi, se e quando qualcuno arriva al nostro studio non riesce a comprendere come mai debba pagarci almeno 40 o 50 € a seduta se prima, per molti meno soldi, o addirittura gratuitamente, gli abbiamo offerto un altro servizio, magari apparentemente più lungo e articolato!

 

Anche questa è tutela della professione: una corretta informazione sulla qualità del servizio che viene offerto basato sulle competenze che lo psicologo ha acquisito in tanti anni di formazione e che continua ad aggiornare investendo altre risorse, economiche e personali. Lavorare gratis o per pochi spiccioli, impedisce all’intera categoria professionale di emergere e di farsi riconoscere: ci troviamo piano piano a combattere una guerra tra poveri dove alla fine la spunterà chi riesce a fare più cose gratuitamente o, in maniera paradossale, chi paga pur di lavorare.

È questo il futuro che vogliamo?

Ecco perché torno a ripetere che siamo noi i nostri peggiori nemici, quando ci svendiamo e non ci tuteliamo!

La tutela e la promozione della professione inizia dall’agire professionale di ognuno di noi!!

 

Se anche noi pensiamo che il nostro lavoro valga così poco, tanto vale che le persone in difficoltà facciano una chiacchierata con l’amica del cuore e tutto passa… e magari con quei 15 € comprano una maglia più carina! 😉

 

Ps. A proposito delle chiacchierate con gli amici: guarda qui il video realizzato dall’Ordine degli Psicologi della Regione Lazio, ovviamente Ordine targato AP!