Di seguito pubblichiamo le riflessioni di Nicola Piccinini in risposta alla “Lettera aperta di una psicologa delusa”.
“..Non penso che la gran parte dei colleghi voglia che l’Ordine gli trovi lavoro, sono però convinto che la gran parte voglia vedere, sentire, vivere un Ordine che palesemente si adopera per provarci..”
La fuori lo scenario è critico, e su questo non vi è dubbio!
La figura dello psicologo è praticamente scomparsa dalle piante organiche del welfare italiano.
L’offerta di Psicologia (oltre 85.000 iscritti!) supera di gran lunga la domanda esplicita, e la situazione peggiora se pensiamo alle diverse pseudo-professioni che rosicchiano.
Forse la qualità media della nostra offerta professionale non eccelle (si può dire o è una bestemmia impronunciabile?!?) come anni addietro, ed anche la poca dimestichezza con le competenze abilitanti necessarie a muoversi in questo mercato liquido ed estremamente competitivo aggrava lo scenario.
Oltre la metà degli iscritti all’Albo è compresa tra i 25 ed i 40 anni, oltre l’85% è di sesso femminile. Giovani e donna, un mix letale in questo paese.
Avviare e sviluppare la professione di Psicologo, oggi, in Italia, non è certo facile, anzi…
Alcuni affermano che il quorum in Lombardia, che forse ad oggi è il MIGLIOR Ordine Psicologi regionale in Italia, non sia stato raggiunto perché il collega oramai vede l’Ordine distante, e comunque perché non è stato in grado, nei 4 anni, di creare opportunità lavorativa e quindi non ci si crede più…
Bah… Io non penso che la gran parte dei colleghi voglia che l’Ordine gli trovi lavoro. Non credo che ci si attenda un Ordine che capace di creare il famoso milione di posti di lavoro. E’ fuori dal tempo. Ci sono anche questi pensieri, questi colleghi, indubbiamente, ma sono la piccola parte e – penso – fuori dalla realtà…
Sono convinto che la gran parte voglia vedere, sentire, vivere un Ordine che palesemente si adopera per provarci… per altro, non lasciandosi delegare di tali oneri, ma ospitando attivamente i colleghi in tale “impresa”, responsabilizzandoli.
A mio avviso l’Ordine deve rimanere in continuo ASCOLTO e CONVERSAZIONE con gli iscritti, ingaggiandoli continuamente in tutti i processi e progetti, anche quelli più sfidanti. Il collega deve sentirsi parte attiva, ed anche se assieme non raggiungeremo quanto auspicato/fantasticato, ci avremo provato fianco a fianco.
Come è vero che qualsiasi azione di progettuale di problem solving deve partire da un’analisi di scenario di finding e setting, allo stesso modo sono convinto che il collega vada ingaggiato già nella co-costruzione dello scenario (per lo meno nella lucida presa di coscienza dello scenario in cui – ASSIEME – ci troviamo ad operare).
Già costruire un piano di realtà collettivo assieme posiziona l’Ordine, nella mente dell’iscritto, su un piano di attese più realistico e sostenibile… e che poi pone le premesse per “CHIEDERE AIUTO” a tutta la comunità dei colleghi.
Come dicevo in apertura, là fuori lo scenario è critico e l’unico modo per provare a vincere le sfide di cambiamento che ci attendono è partecipare attivamente, assieme. Fare del nostro meglio ed ospitare la comunità dei colleghi in questo processo.
Avere una visione sulla professione, ancorata su un piano di realtà, avere strategie d’azione condivise, dare il massimo e pure di più… e poi vedremo ciò che siamo in grado di cambiare (assieme!)
Riprendo e trasformo la frase”lo psicologo non viene considerato nelle piante organiche delle aziende”. Lavoro in campo sanitario e posso affermare con certezza che il livello contrattuale peggiore all’interno della mia azianda è proprio quello della psicologo, considerato un perenne precario perchè la legge lo consente. Dare credibilità alla politica dell’Ordine degli psicologi credo sia la scelta sbagliata; piuttosto che lottare al fine di risaltare la nostra immagine, si affaccendano per particolari e iniziative inutili.