“Cari colleghi”.
Così inizia il discorso di Fulvio Giardina, Presidente dell’Ordine Nazionale (CNOP), rappresentante di 100mila psicologi, al convegno di Assocounseling.
E così continua ad appellare i 1500 counselor uditori della tavola rotonda ad Assago.
Semmai vi venisse il dubbio di un lapsus, continuerà ad appellare i suoi ascoltatori come “colleghi” per tutto il suo discorso.
Sono dunque miei colleghi persone che non hanno mai messo piede non dico in un’università di psicologia, ma proprio dentro un’università?
L’accademia ha tanti problemi, e problemi ancor più speciali toccano alla formazione in psicologia: è certo faticoso interloquire con l’università, meglio è bypassare la noia degli anni della laurea?Forse sì, secondo il Presidente dell’Ordine Nazionale degli Psicologi.
Sono dunque miei colleghi persone che si formano e contemporaneamente si accreditano attraverso percorsi totalmente privati, che prima li formano e poi ne approvano la formazione, nella totale autoreferenzialità?
Peccato però, che quella su cui si lavora non è una questione privata, ma pubblica, difesa nella Costituzione:
la salute dei cittadini e delle comunità.
Sono dunque miei colleghi quelli che si formano con me, in certe scuole di psicoterapia, nella stessa aula.
Eh sì, sono proprio colleghi miei questi qui, se studiamo le stesse cose, sugli stessi libri, con le stesse esercitazioni, con gli stessi didatti, con lo stesso conto dove versare la retta e poi finiamo pure a vedere gli stessi pazienti…ops, clienti, ops “consumatori”.
Laurea e tirocinio, formazione ed esperienza, sono brutti orpelli.
La 56/89, puzza di muffa e vizio, possiamo anche farne a meno, così come degli Ordini.
Che importa se poi uno di un Ordine di cui non vede prospettiva e futuro è pure Presidente?
C’è, in quel “cari colleghi”, la squalifica di tutto quello che è il percorso della psicologia e dello psicologo in Italia.
C’è la squalifica di un percorso accademico di certo imperfetto, ma che gli psicologi svolgono con valore e crescita personale e professionale, anche lottando e ribellandosi, chiedendo di essere messi nelle condizioni migliori possibili per entrare nel mondo del lavoro.
C’è la squalifica delle norme, leggi e istituzioni, fastidiose mura che impediscono a ognuno di fare quel che vuole, che tanto è il consumatore a garantire l’evoluzione.
Quindi niente più brevetto aereo per il pilota del vostro prossimo viaggio.
C’è una squalifica della salute, trattata alla stregua di una qualsiasi merce. Tutti possono tutto, basta un po’ di creatività poi ci pensa la rete a dirti chi è bravo e chi no.
Quindi d’ora innanzi, niente più lauree in medicina per il chirurgo che vi apre la pancia: scoprite in rete qual è il migliore!
C’è una squalifica di qualsiasi buona prassi, che viene così lasciata alla mercé di internet, che è bella, ma dà la stessa visibilità alle prassi scientifiche e ai fanatici del gender e complottisti vari.
Inizio a sospettare che sia per questa ragione che il CNOP non si è degnato in un anno di prendere una posizione chiara sul gender: è la rete che decide cosa è giusto o cosa no e se decide #nogender nelle scuole, a noi va bene così.
C’è una squalifica della libera professione, perché quelli meritevoli di tutela sono solo gli psicologi nel SSN.
I liberi professionisti, tutti, diplomati, laureati in economia, architettura, matematica, possono stare lì a sbranarsi tutti insieme inventandosi psicoqualcosa, mentre i temerari psicologi di frontiera del SSN possono continuare a stare sereni, il sindacato continuerà a tutelarli come ha già fatto in questi 20 anni, proprio con gli stessi successi.
#psicologistatesereni, mi raccomando.
Mi dispiace.
Forse sono medievale, corporativista, antiquata, ma questi non sono i miei colleghi, quelli che li formano neppure sono miei colleghi, queste non sono le mie istituzioni, questo non è il modo in cui mi propongo sul mercato, questo non è il modo in cui considero i miei pazienti.
La laurea prevalente tra i 3175 counselor presenti all’assemblea di Assocounseling (non 1500 come scritto altrove) è quella in psicologia. Vi dice qualcosa?
Ci dice che c’erano anche non psicologi 😀
Non psicologi “un po’ speciali”, non psicologi che finora si sono autodefiniti su una professione che è di fatto sovrapposta a quella di psicologo.
E questo non lo dico io, l’ha detto il TAR, che ha cancellato la definizione di counseling che proprio assocounseling si era data fino a un mese fa.
Una definizione che li sovrapponeva allo psicologo, anche di albo b.
Di fatto, quindi, abusivi.
Chiamarli colleghi tutti, indistintamente, mi pare quanto meno equivoco.
E da questo equivoco tutte le implicazioni che evidenzio nell’articolo.
Non mi sembra il TAR abbia cancellato alcunchè, se non l’iscrizione al MISE di Assocounseling, la quale ha già istruito il ricorso al Consiglio di Stato (e quindi, se ho ben capito, manco l’iscrizione al MISE si cancella fino a che sia terminato il procedimento). Men che meno la definizione che Assocounseling dà di “counseling” (che poi non è così diversa da quella data dalla BACP britannica). Il TAR ha semmai cancellato una definzione di counseling data dal Ministero della Sanità, del quale, se non erro, facciamo pure parte come categoria. Forse quel giorno eravamo assenti? Su tale definzione pure AssoCounseling ha espresso contrarietà. Se mi sbaglio mi citi pure dove devo guardare per riparare alla mia imprecisione. Grazie
Nella sentenza che può leggere interamente qui (https://www.altrapsicologia.it/wp-content/uploads/2015/11/Sito-Istituzionale-della-Giustizia-amministrativa-Document-Viewer.pdf), sono scritte tante cose interessanti, che vanno dal contenutistico al procedurale.
Dal punto di vista contenutistico, ad esempio:
“Con il primo motivo di gravame parte ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 della legge 4/2013 e dell’art. 1 della legge 56/1989, in quanto l’AssoCounseling svolgerebbe una attività riservata agli psicologi, ovvero alle professioni sanitarie.
La censura è fondata nei termini di seguito esposti” (pag.18 in poi).
Dal punto di vista procedurale si riprende nella sentenza quello che già un’altra collega aveva scritto in un articolo su AP, per poi ritrovarsi sbeffeggiata sul sito di Assocounseling (ma alla fine i fatti, o almeno la sentenza, le ha dato ragione in tutto.).
Non solo si parla di prestazioni sanitarie, ma la definizione delle attività svolte dall’associazione non sono contenute nello statuto, ma in un file a parte sul sito (che in teoria poteva essere cambiato in ogni momento…).
Incredibile anche la superficialità del ministero, se mi è concesso…
La sentenza fa un passaggio “scettico” anche sulla definizione di counseling che assocounseling riprende dalla società britannica.
In merito alla cancellazione dal MISE: al momento assocounseling non risulta più in elenco, può controllare qui.
http://www.sviluppoeconomico.gov.it/index.php/it/cittadino-e-consumatori/professioni-non-organizzate/associazioni-che-rilasciano-attestato-di-qualita
Per quanto mi riguarda, poi, la questione non riguarda neanche i counselor , che credo di aver nominato si e no due volte nell’articolo.
Se il presidente Giardina avesse detto quelle stesse parole da un’altra parte, gli avrei avanzato le stesse osservazioni critiche. Il fatto, poi di averle fatte in quel contesto, in rappresentanza degli psicologi, ha certamente un valore politico (per me negativo, ma è ovviamente un parere soggettivo).
….inoltre, se i counselor sono “Di fatto, quindi, abusivi”, perchè non vengono perseguiti legalmente uno ad uno? Sin qui, mi pare che la maggioranza di quelli perseguiti hanno pure vinto le cause (non facciamo confusione con Zerbetto & C. che non è un counselor e manco uno psicologo, ma uno psichiatra che semmai li forma e che non viene perseguitato per questo dall’Ordine dei Medici cui appartiene). Su quest’ultima annotazione, è di oggi su La Repubblica, l’inchiesta sulla devastante corruzione che impera nel settore medico-sanitario pubblico. Quanto ci mettete a dichiarare apertamente, voi di AP, che occorre che la nostra categoria esca dall’avere come referente il Ministero della Sanità, e a muovere i vostri presidenti di ordini regionali verso tale obiettivo? O nicchiate per convenienza politica? Che aspettate a chiedere una revisione dell’art.3 della legge, per allontanare i medici dai corsi di psicoterapia, dal momento che di psicologia non sanno nulla e proprio nulla? Perché loro sì e i laureati in scienza dell’educazione o in servizio sociale no, dal momento che qualche esame in più di psicologia loro lo fanno? Troppa fatica e paura a mettersi contro i medici? Meglio tenerseli buoni?
Per la definizione che attiene alla sentenza del TAR, è scritto più volte che la definizione che assocounseling dà delle sue attività si sovrappone alle attività dello psicologo. (pag.18 e dintorni della sentenza, l’ho linkata nell’altro commento)
“L’AssoCounseling ha definito l’attività dei propri associati, il counselling, come “attività il cui obiettivo è il miglioramento della qualità di vita del cliente, sostenendo i suoi punti di forza e le sue capacità di autodeterminazione. Il counseling offre uno spazio di ascolto e di riflessione, nel quale esplorare difficoltà relative a processi evolutivi, fasi di transizione e stati di crisi e rinforzare capacità di scelta o di cambiamento. E’ un intervento che utilizza varie metodologie mutuate da diversi orientamenti teorici. Si rivolge al singolo, alle famiglie, a gruppi e istituzioni. Il Counseling può essere erogato in vari ambiti quali privato, sociale, scolastico, sanitario, aziendale.” Premesso che tale descrizione dell’attività
dell’AssoCounseling non è contenuta nello Statuto, ma è stata fornita in un allegato alla dichiarazione trasmessa con la domanda di inserimento, essa è anche talmente generica da potere comprendere una vasta gamma di interventi sulla persona, sfuggendo ad una precisa identificazione dell’ambito in cui la stessa viene a sovrapporsi all’attività dello psicologo.”
e poi
“Certamente, poi, è evidenziabile una interferenza con il settore di intervento degli psicologi cd. Junior, ai quali, ai sensi della legge 170/2003, nel settore delle tecniche psicologiche per i contesti sociali, organizzativi e del lavoro, sono attribuite le seguenti competenze.” ecc ecc.
Ne consegue che non possono essere descritte in questo modo le attività di un counselor, perché queste sono le attività riservate agli psicologi (albo A e B): e se fai un atto professionale riservato a una professione regolamentata, è abuso di professione, non è che ci possiamo girare molto intorno.
Ovviamente l’abuso comporta “un’azione” , non un semplice “dire” e seguire una causa di abuso di professione non è mai semplice dal punto di vista legale (per dire: oggi leggevo che l’ineffabile dottoressa mereu, cancellata dall’ordine dei medici, continua a dispensare consigli nel suo gruppo facebook su dove infilare le medagliette della madonna per farsi passare la cistite).
Però non mi pare che manchino sentenze che hanno condannato counselor per abuso professionale: il problema semmai, e questo credo valga per molte professioni, anche sanitarie, è dimostrare l’abuso.
Ma per quanto mi riguarda questo non toglie nulla alla necessità di uno Stato di occuparsi della regolamentazione delle professioni e del rispetto delle leggi.
Leggi, come la 56/89, che è inutile nascondersi dietro a un dito, è figlia di un grande compromesso storico che il patto del nazareno è per bimbi.
Un compromesso storico le cui sottigliezze forse a me che praticamente non ero nemmeno nata, probabilmente sfuggono. Ma rispetto al rischio di medicalizzazione della professione abbiamo più volte preso posizione, a partire dagli albori dell’Associazione, che è stata l’unica a scendere in piazza quando nel lontano 2006 si voleva portare la psicologia clinica sotto medicina o quando a Roma sono state accorpate le facoltà di medicina e psicologia.