Tre SI. Ma con entusiasmo non uniformemente spalmato. Solo per due articoli su tre è vera festa. Perché senza dubbio è un popolo traumatizzato quello degli psicologi che si sono presentati alle urne per la revisione del Codice Deontologico.
E’ bastato dire che l’articolo cinque, che dice che non si finisce mai di imparare, non è solo un proverbio. Per noi è un obbligo, cui, se non si ottempera, scatta la sanzione. Eh già. Ma il fine esegeta dice: ‘ma per quale articolo del codice non è così?’ E di più osserverà: ‘quale collega è mai stato sanzionato per un congiuntivo sbagliato, o per avere confuso la Klein con Winnicott?’
L’articolo 5 ha rischiato di non passare. Perché? Per saperlo basta spendere una parola buona sulla sua revisione, parlarne bene, dire che ‘SI, è utile, è il recepimento di una norma nazionale valida per tutti i professionisti’ e si riceverà in risposta un’onda paranoica di ritorno, arricchita di fantasie di avere introdotto – è stato detto davvero, e da me riferito in Consiglio Nazionale – una sorta di Trattamento Formativo Obbligatorio, con costi moltiplicati per la formazione, di colleghi costretti a declinare il latino a pena di sospensioni o radiazioni.
La paura della cultura venduta a peso d’oro, insomma. Questo ha terrorizzato gli psicologi sull’articolo 5.
Di chi è la colpa di questo insuccesso sfiorato? Di certo è mancato il dialogo tra istituzioni e colleghi, per cui non si sa che si sta lavorando, per la prima volta attivamente, per superare il sistema ECM. Ma niente è stato detto ai colleghi, e perché? Perché non lo sa nessuno, ammantati come siamo da un clima sempre un po’ esoterico, che circonda il CNOP anche quando fa bene, quasi si schernisse, quasi fosse una pudica fanciulla timorosa di essere assalita se appena si mostrasse.
Quindi sul 5 è andata così.
Ma l’altro elemento, più lieto, è l’articolo 21: qui gli psicologi hanno dimostrato stanno sempre più reagendo ai propri colleghi che si ostinano a formare abusivi.
Ormai lo fa una minoranza, ma pervicace. In Lombardia nove scuole di psicoterapia su cinquantasei. Mediamente un collega su dieci: si guadagna bene, ma lo si fa sulla pelle della professione e dei cittadini, che sempre più spesso il proprio psicologo non ha neppure la laurea.
L’articolo 21 è passato ‘meglio’ dell’articolo 1, che era modifica scontata. Se nell’1 si trattava ‘solo’ di prender atto che il codice deontologico per uno psicologo è buono anche se lavori con le chat invece che con il lettino – ci mancherebbe! – ma il 21 mette in atto un bel giro di vite alla formazione di abusivi. Definisce ‘grave’ insegnare strumenti a chi psicologo non è: il colloquio, i test e le tecniche terapeutiche come lo psicodramma, l’ipnosi, l’analisi transazionale, la gestalt.
E offre una definizione di atto tipico che mescola l’atto tecnico a una finalità precisa e ad un rifermento culturale. Dunque? Dunque bene. Per i colleghi proteggere il bene più prezioso – la salute dei cittadini – che ci viene affidato in tutela dallo Stato, è cosa naturale come bere un bicchiere d’acqua.
Ora, che gli Ordini sanno che cosa vogliono i colleghi, che si sono espressi, è giunto il momento di fare con più serietà e determinazione ciò che chiede la legge 56 e i colleghi: sorvegliare. Magari aprendo entrambi gli occhi e cominciando una nuova stagione di rigore.
Altrapsicologia era sola: SIPAP, MOPI, cultura e proFessione di Maria Lori Zaccaria e altre realtà si sono mosse contro l’articolo 21. In linea con i formatori di counselor.
Gli psicologi però sono stanchi di chiudere un occhio, stanchi di studiare per anni e poi di vedersi “soffiare” il lavoro dall’abusivo formatosi in un week end, e alla lunga si stancheranno anche di chi gli occhi li vuole chiudere entrambi.
Ecco i risultati, dal mio profilo Facebook.
Sarà che cerco di vedere sempre il lato positivo delle cose…ma se guardo i 3 voti, penso che c’è uno zoccolo duro di noi che ancora crede che questo lavoro vada svolto innanzitutto con etica e tutela delle persone che si rivolgono a noi (lo sottolineo, perché in un recentissimo convegno ho sentito dire, persino con tono di rimprovero, a qualche carica istituzionale che a volte siamo un po’ troppo attaccati all’etica. Mi sono venuti i brividi…) e che quindi riconosce che l’abusivismo è un atto grave, per il mercato certamente, ma soprattutto per i nostri utenti!
E poi c’è anche altro. Che siamo stanchi di questo cannibalismo fratricida fatto di formazione addosso agli psicologi. Se in tanti è scattata la paranoia da una buona parte è stato sicuramente dovuta all’assoluto disinteresse degli ordini a spiegarcelo questo referendum (che ci voleva spiegare la riforma? Se, come credo, è quella che ha spiegato Federico Zanon sul suo blog, ma ben venga!), ma dall’altra è perché il cannibalismo spinto ci ha mangiati e ora stancati. E questo, in fondo, pure trovo sia un bel segnale 🙂
io vedo un’altra cosa: 72.000 circa di professionisti che non hanno aderito a questa cosa. Sarà stato un bene, a voler essere un po pessimista, e pensare e dire che fra questi tanti vi sia una maggioranza che sia contraria a questo referendum, per motivazioni estrinseche? e poi non sarei d’accordo con quanto detto nel commento precedente e cioè, come professionista… ancora non lo sono………non aspetto di farmi imboccare dall’Ordine… vivo la mia realtà con interesse perché sono fortemente motivato e agisco…d’altra parte in questa scienza possiamo dire di avere un po più di autonomia nelle scelte?
Mi permetto di ringraziare Altra Psicologia per il lavoro informativo svolto. Personalmente ho votato a favore di tutte le proposte referendarie. Sarei stato lieto di conoscere la bozza del regolamento approvato a gennaio dal CNOP per quanto concerne i CFP, ma nonostante la mia più volte richiesta copia del regolamento fatta al CNOP non ho ricevuto nessuna risposta. Quando i nostri riferimenti istituzioni più vicini sembrano peccare di comunicazione e informazione con i propri iscritti credo che qualcosa proprio non funzioni. Credo che sia fondamentale essere direttamente coinvolti nelle scelte che riguardano la nostra amata professione il cui aspetto etico è indiscutibile.
Un saluto.
Michele.
Sono d’accordissimo sulla formazione continua nella nostra professione, ma non vorrei che anche questo diventasse una speculazione sulla nostra povera pelle ad opera di chi si occupa di formazione e fà pagare ogni seminario e convegno con crediti, troppi soldi!!!Già spendiamo una barca di soldi tra scuola di specializzazione, versamenti all’enpap,analisi personale, supervisioni ecc… e visto che paghiamo un ordine perchè non si decide ad organizzare degli eventi formativi con crediti, di eventi formativi il nostro ordine, intendo almeno quello delle Marche ne organizza veramente pochi e ….. SENZA CREDITI!!!! Poi però li pretende da noi!!!! Mi sembra troppo!!!
Può essere utile un punto di vista diverso? Se sì questo è il mio http://movimentopsicologiindipendenti.blogspot.it/2013/07/referendumdalla-burla-alla-figuraccia.html
Naturalmente se non interessa cancellate pure, non mi offenderò… sono a casa vostra!
Rispondo al collega Ciofi su:
…..i numeri parlano chiaro, solo i dirigenti della comunità professionale degli psicologi ed i loro più stretti amici, familiari e collaboratori, sono andati a votare…..C’è di che vergognarsi….etc, etc.
Scusi, Ciofi ma di cosa ci sarebbe “da vergognarsi” (vedasi sue affermazioni)????
Personalmente, svolgo la mia professione onestamente, così come me la sono sudata, cerco per quanto posso di difendere i miei diritti e rispetto i punti di vista diversi dai miei, e cambio anche posizione, ammesso che mi si pongano delle alternative ragionevoli. E non sono né parente, né amica di alcun dirigente. Sono convinta che né la DERISIONE, né la SVALUTAZIONE siano strumenti vincenti per mostrare o far valere le proprie idee, questa è una cosa che anche persone con una media cultura, come dice lei, sanno. O, no??
Eppoi, mi scusi tanto, io non la conosco, ma le cose che scrive mi trasmettono tanto astio… e anche questa cosa di “casa vostra” se la poteva risparmiare, no?
Nessuno ha cancellato il suo commento. Lei farebbe lo stesso?
Mancano 72000 psicologi. Non era previsto un quorum. Speriamo che in Europa nessuno si sia accorto dell’avvenuto. Siamo davvero poveri di mente……
Maria perdonami se ti sono sembrato astioso… lo sono stato in effetti ma molto tempo addietro… oggi tutto sommato sono “anziano”… e mi limito a dire… in libertà, ciò che penso..
Naturalmente per “vis polemica” talvolta un poco esagero ma rimane il fatto che solo il 13 e 72% dei colleghi (rispettabilissimi, amici o meno dei dirigenti, e tra quel 13 e 72% ci sono anche io) è andato a votare.
Un referendum che passi (in più sull’art 5 con fatica) con una percentuale simile fa sorridere qualunque persona ragionevole… anche se vuole evitare di essere sarcastica o astiosa…
E che dire di un referendum organizzato in modo che assieme al materiale per votare si invia perfino un bollettino con diversi articoli che spiegano l’ineluttabilità per votare SI!
Non vi sembra una scorrettezza enorme?
Lù
Si, per me è scorretto. I nostri soldi sono stati utilizzati da parte di una casta delle poltrone. Ha abusato dei nostri contributi. Il presidente dell’Ordine dovrebbe essere il presidente di tutti, ma si era schierato, ha abusato del suo ruolo ed è stato punito dall’indifferenza di 72000 colleghi.
Deve dimettersi! Ma, come sappiamo, la politica italiana conosce una straordinaria flessibilità….
Colleghi, scusate: ma che cavolo state dicendo? secondo voi in consiglio nazionale, che ha proposto ed elaborato le tre proposte di modifica del codice deontologico, doveva astenersi dall’invitare e motivare il voto SI? ma avete capito che il referendum è nato all’interno del consiglio nazionale? io avrei trovato strana e schizofrenica la posizione neutrale.
Piuttosto, è stato informato poco e male, due articoli in croce dentro ad un bollettino non bastano a sostenere le ragioni di un referendum. In questo il consiglio naizonale ha sbagliato.
Li dove gli psicologi non potranno iinsegnare i test potranno farlo altre categorie professionali anche a psicologi e non psicologi. Cosa abbiamo risolto? A mio parere oltre che averci dato la zappa sui piedi abbiamo perfezionato come picchiarci tra noi mentre gli altri se la ridono.
Credo che le scuole di counselling spopolino anche perchè vi è un test d’ingresso alle facoltà di psicologia… se non ci fosse, e la formazione nonchè il passare gli esami fosse solo una questione di merito per chi decide liberamente di iscriversi alla facoltà (e che quindi se non ottiene buoni voti e valutazioni automaticamente si autoescluderebbe)molte più persone si iscriverebbero all’università e non alle scuole di counselling. Salvo poi magari iscriversi se non passano gli esami universitari… ma potrebbero decidere invece di cambiare tipologia di studi.
Oramai manca poco alla decisione di chiedere la mia cancellazione dall’ordine per una professione in cui mi riconsoco sempre meno. Se è questo che i miei colleghi vogliono facciano pure. Io non tutelo la professione, io faccio il mio lavoro che ho imparato se i miei pazienti sono contentI continueranno a venire altrimenti cercheranno altrove la loro strada…
Tolto dall’ordine non saró più vincolato a leggi ed obblighi di casta, il mio lavoro? Non lo potró più chiamare psicoterapia ( che già mi stava stretto) pazienza siamo in italia, lo chiamero con un altro nome o magari anche solo terapeuta va bene.
Non mi interessa la professione, per questo non la difendo. A me interessa la mia vocazione. E insegnerò a chiunque abbia la stesa vocazione a prendersi cura della gente che soffre a farsi servo, farsi, appunto terapeuta.
Ecco, se per te collega essere terapeuta equivale a ‘farsi servo’ cancellati pure dall’albo degli psicologi psicoterapeuti, e vai a fare il conusellor, perché di psicoterapia non hai capito niente.
Noi,psicologi, dovremmo imparare a guardarci attorno (vedi medici, fisioterapisti, educatori, infermieri, ecc) nel tutelarci da altre professioni e intrusi vari. Dovremmo essere più uniti, preoccuparci di maturare nello spirito di appartenenza e non limitarci a vivere nel proprio orticello, in più alimentando critiche, svalutazioni, ecc.. verso il collega vicino. Prima o poi quello che viene seminato ci colpirà di riflesso.
Ringrazio Altra Psicologia per il lavoro informativo.
Bene. Il 14% degli psicologi ha deciso per il rimanente 86% la contrazione di opportunità lavorative, la minore diffusione delle competenze nella relazione d’aiuto in altre professioni e così via. Se a livello nazionale per i referendum esiste il quorum non è un caso: è per evitare la dittatura di una minoranza organizzata. neanche il PD avrebbe il fegato di cantare vittoria con un 14% di consensi e un 86% di non votanti. Non si è nememno riusciti a mobilitare gli psicologi per proteggere i propri interessi campanilistici: un gran rumore per “difendere la professione” (leggi: raschiamo il fondo della botte per raggranellare un po’ di lavoro per gli psicologi che non ne hanno) e la cosa si è risolta con un ridicolo 14% di affluenza, che vuole essere fatto passare per grande vittoria. Adesso mi aspetto che voi di AP espelliate tutti gli iscritti all’albo privi di laurea in psicologia e tutti quei colleghi (che magari appartengono all’86% dei non votanti) che insegnano nei corsi di counselling, e in altri (ma lo sapete che in Veneto ci sono psicologi che insegnano relazione d’aiuto nei corsi per OSS? Sono da espellere anche loro?)
Al referendum ho votato due sì e un no. Ovvio che per quanto riguarda l’art. 21 ho votato sì! Non ho trovato strano che non ci fosse il quorum; in democrazie evolute come la Svizzera dove si fa ampio uso del referendum, il quorum non è affatto previsto, anche l’affluenza è in genere bassa. Non si può certo dire che il modello Svizzera non funzioni!
Ringrazio il gruppo di Altrapsicologia per l’ottimo lavoro che sta portando avanti per la tutela della professione.
Caro Giovanni,
il tasso di partecipazione medio dei colleghi ai temi della vita professionale (elezioni, referendum, ENPAP) è da almeno 20 anni su questi livelli, o poco più.
Purtroppo, purtroppissimo, non è nulla di nuovo.
E’ un problema strutturale, rispetto a cui AltraPsicologia ha anzi sempre cercato di attivare più partecipazione diffusa possibile; ma se i colleghi non partecipano, la responsabilità non è solo delle istituzioni, ma in parte è anche dei colleghi… che dovrebbero coinvolgersi e attivarsi di più sui temi professionali di interesse collettivo.
Del resto, a margine, quando si parla criticamente di “validità” con queste percentuali… beh, mi risulta che anche certi altri raggruppamenti politici, che adesso si sono battuti per il No, negli anni passati non abbiano mai ritenuto “ridicole” le (analoghe) percentuali delle elezioni in cui i loro rappresentanti venivano eletti in Ordini o ENPAP… non capisco quindi questa doppia misura… 🙂
Al referendum ha vinto, in maniera percentualmente schiacciante sui votanti (il 90% circa), la parte di categoria che non vuole svendere gli strumenti della professione a chi non è qualificato per usarli, proprio per tutelare al contempo sia l’utenza in primo luogo, che gli spazi della professione in secondo luogo: mi sembra un risultato importante, e che fa ben sperare per il futuro rispetto all’atteggiamento verso figure “alternative”, che gli psicologi ormai percepiscono sempre più sovrapporsi indebitamente all’ambito professionale normato.
Ovviamente, infatti, il 14% non ha votato per “contrarre le opportunità lavorative”, visto che il 14% non è masochista: probabilmente, quelle decine di migliaia di colleghi hanno valutato attentamente che la vera contrazione delle opportunità lavorative derivava invece dal proliferare di figure non chiaramente qualificate o normate, rispetto a cui alcuni forse svendono gli strumenti della professione.
E ha votato di conseguenza a questa percezione.
Un dato su cui magari è opportuno riflettere….
Solo una riflessione piccola Luca… Non ti pare che se “la partecipazione media dei colleghi ai temi della vita professionale (elezioni, referendum, ENPAP) è da almeno 20 anni su questi livelli” ci sia, da almeno 20 anni qualcosa che non va?
Personalmente da oltre 20 anni sostengo, con coerenza da alcuni ritenuta ottusa, che questo non è il sistema di organizzare una professione (nella quale continuo a credere e dalla quale nonostante tutto non voglio allontanarmi)
Ho avuto il merito od il demerito (dipende dai punti di vista) di seguire la nascita di Assocounseling e tuttora frequento i loro congressi annuali. Lì la partecipazione si vive, si sente… le percentuali (di presenza, di partecipazione alle scelte etc..) sono esattamente opposte alle nostre… Mentre circa un 90% è attivo e partecipe solo un 10% latita…
Anche il semplice clima significa qualcosa…
Non è forse arrivato il momento di cominciare a pensare che questa nostra professione debba essere seriamente rifondata? Che occorra offrire ai colleghi idee e progetti nuovi? Non sarà necessario pensare che se i colleghi non partecipano è perchè nutrono scarsa o nulla fiducia nelle loro “istituzioni” e nel loro gruppo dirigente?
Rolando, ma quanti sono in Assocounseling? E che diversa natura c’è rispetto a un ordine? Anche in Altrapsicologia la partecipazione è del 99%, che significa?
L’ordine psicologi va paragonato agli altri ordini professionali e semmai alle casse previdenziali di categoria. Ed è inutile far polemica: a parte i notai, che fanno storia a sè, il resto è fra il 10 e il 30%.
Gli psicologi sono pure un caso a parte: 80000 iscritti albo, 44000 iscritti alla cassa, di cui la maggior parte sotto il reddito minimo di un salariato di base. Inutile fare valutazioni senza considerare anche questi dati di contesto demografico.
Federico senza polemica… quando una Comunità professionale si disinteressa della propria sorte (della propria professione) significa che qualche problema c’è. E se ciò accade anche in altre comunità professionali non è a quelle che occorre guardare come esempio.
Dal mio punto di vista non è un caso il mio battermi da anni per l’abolizione degli Ordini professionali.
E’ la struttura, sono le regole di base, da riformare.
Trovo gravi queste sottovalutazioni (dell’importanza partecipazione)e purtroppo molto di moda… Un poco la stessa cosa accade nella grande politica…
Vabbè.. non voglio apparire provocatorio… davvero credo che chi ha “vision” anche diverse e apparentemente inconciliabili sulla professione dovrebbe con serenità mettersi ad un tavolo ed iniziare senza pregiudizi un onesto confronto…. Se non saremo capaci di cambiare sarà il mondo a cambiarci… e lo farà a modo suo..
Salve a tutti, io non ho potuto ancora votare (con dispiacere) ma mi permetto di postare un semplice parere poichè mi piace la vostra azione.
Sono Infermiere, per utilità professionale ho frequentato un corso triennale di counselling, nel 2012 ho terminato il corso triennale di Psicologia o oggi sono iscritto alla Laurea Magistrale di Psicologia, ho 41 anni.
Da quando ho terminato il corso di counselling (2003) vi appoggio poichè con la vostra opera avete obbligato le scuole a definirsi senza importare strumenti e metodiche di altri; oggi, con la modifica dell’art. 21 però non avete ancora definito la professione di Psicologo: quando si parla di colloquio occorre definire il colloquio Psicologico, quando si parla di tecniche occorre definire quali e con quali obiettivi.
Ecco, quando ne parlo anche ad altri Psicologi nasce ironia relativa al fatto che, ad esempio, anche il mio idraulico, elettricista, fisiatra, erborista, mi sottopone ad un colloquio per capire l’ambito in cui muoversi per risolvermi il problema. Mi rendo conto che è un esempio stupido ma le scuole di counselling hanno definito il proprio colloquio come “colloquio di counselling”, hanno definito il counsellor come “agevolatore della relazione” (ASPIC); ho l’idea che tutte le energie che si stanno spendendo, ben venga è la prima volta, si stiano ancora muovendo verso l’onniscenza dei medici (permettetemi questo parallelismo lavorando con loro da 20 anni questi “scienziati” pensano di essere i detentori del sapere) invece di definire concretamente una professione. Non si può scrivere che il colloquio è dello Psicologo, che tipo di colloquio?? Quali tecniche si identificano per essere dello Psicologo e quali, ad esempio, sono dell’Insegnante che raccoglie il disagio di un genitore rispetto al bambino che ha difficoltà a studiare la matematica???
Spero di aver stimolato la discussione con un apporto di un 40enne che vi vede ancora, un pò, da fuori; complimenti e continuate così. Giuseppe.
A mio parere i colloqui clinici, soprattutto quelli che si rifanno ad un orientamento (es. Gestalt) devono essere ritenuti atti propri della professione.
Mi pare ci sia stata una sentenza che ha affermato che fare psicoanalisi è psicoterapia; ritengo che anche fare colloqui ad orientamento gestaltico sia fare psicoterapia, configurandosi come atto proprio della professione dello psicologo/psicoterapeuta.
Non capisco come mai l’ordine lasci ai giudici definire le specificità della professione e non stabilisca una volta per tutte quali sono gli atti propri.
Sarebbe buona cosa se stabilisse una roadmap definendo i tempi per redigere un documento che porti un pò di chiarezza riguardo le specificità dello psicologo.
Rolando, si potrebbe anche dire che se i tassi di partecipazione sono questi, potrebbe fors’anche dipendere da chi e come ha gestito la dimensione istituzionale della professione negli scorsi 20 anni; una dimensione che del resto anche tu conosci bene, avendovi attivamente partecipato con ruoli dirigenziali nazionali per decenni.
Ma sarebbe far polemica poco utile, visto che appunto è un tema più ampio, che rileva sulle dinamiche di partecipazione attiva alle istituzioni rappresentative di medio livello nella mediazione tra bisogni individuali e sociali; tema complesso, che si collega a riflessioni più articolate e vaste di quelle solo relative alla categoria degli psicologi.
Trovo invece paradossale, ma questo già lo sai, che chi si propone di abolire un Ordine chieda però ripetutamente di essere coinvolto nel “dialogo” su come riformarlo (un po’ contradittorio, a mio modo di vedere), o chieda perchè gli Ordini non hanno particolare interesse a fare “tavoli” con figure non normate e che possono sovrapporsi agli ambiti professionali tutelati dagli Ordini stessi.
A me sembra tautologico; ma comprendo che su questo possano esserci diverse interpretazioni.
Ciofi, senza rancore (visto che mi dai del tu, lo faccio anche io), ti voglio fare una domanda: ma perché non ti spendi così per quella che dichiari essere la “tua” professione? Non conosco la tua storia, ma, davvero, non capisco come puoi ammettere con tanta enfasi di aver contribuito a fondare una struttura para-llela (viene male dire para-psicologica!?!!!) senza fare esercizio di …come dire.. un senso di …via, non mi viene una parola che sia giusta!). Meno male che non hai fatto il medico, a quest’ora non saresti qui a parlarne liberamente. Certo che ci deve essere libertà di insegnare qualsiasi cosa a chiunque! Ma da qui a “praticare” c’è tanta, tanta strada. Perdonami tu, ora, ma sarò cinica, penso e sono convinta che si tratti solo di vile denaro. vedendo i prezzi dei corsi!!!!Poi, per quanto riguarda il resto, hai ragione ma hai anche torto, potevi fare di più, invece di deviare, in fondo sei uno psicologo. O no?. Mi dispiace davvero tanto che una che una persona attiva e appassionata come te non viva e lotti con noi e per noi, ma con i counsel(l)or. Francamente, non ho capito ancora chi sono, dove vanno ma ho capito cosa fanno: PSY. Comunque facendo riferimento alla addolcente “vecchiaia” spero tanto che tu ritorni al vecchio amore, che tra l’altro dici di non voler abbandonare. Ma ti prego se devi tornare…allora torna ‘sta casa aspettta a ‘tté, e per favore non essere banale : i tradimenti ventennali equivalgono ad un matrimonio! Che gusto c’è?. Io non perdo mai la speranza. Con affetto di colleganza. Maria