Da sempre quando si parla di counseling si scaldano gli animi perchè affermiamo che il “counseling” rientra nelle attività psicologiche (sarebbe meglio dire nelle tecniche). Infatti, il counseling ha una sovrapposizione da una parte con il “sostegno psicologico” e dall’altra con le attività di prevenzione e miglioramento del benessere psichico, per utilizzare termini in italiano.
Sicuramente il counseling è qualcosa di ben diverso della psicoterapia (la differenza tra counseling e psicoterapia è riportata in qualsiasi manuale di counseling). A parte i battibecchi tra gli addetti ai lavori, di fatto al di fuori delle aule di tribunale non c’è mai stata una seria occasione di confronto tra chi afferma che il counseling non sia un intervento psicologico e chi invece, come noi, è sicuro che lo sia e che rientri nelle attività degli psicologi così come indicato dalla legge 56/89 (quella che istituisce l’Ordine e la professione di Psicologo).
Ecco in sintesi le novità dell’ultimo anno e mezzo sul counseling.
Poco più di un anno fa un gruppo di persone convinto dell’esistenza della professione autonoma di “counselor” distinta da quella di psicologo ha pensato di creare una norma UNI per il così detto “counseling relazionale”. In pratica, l’intento era di definire e far riconoscere l’attività di counseling al di fuori dell’intervento psicologico tramite la stesura di un documento che mettesse “a norma” le caratteristiche della professione del “counselor relazionale”, cioè che indicasse i requisiti minimi per formarsi e per svolgere la professione. L’esigenza di creare la norma nasce dalla Legge 4/13 che riconosce le professioni non regolamentate, ovvero le professioni che non rientrano in professioni sanitarie o che non appartengono a un ordine professionale. La stessa legge promuove la normazione tramite UNI (l’ente italiano che gestisce tutte le norme) e, quindi, va da sé che una professione una volta normata non risulta in conflitto con altre professioni.
Questa era la buona occasione per comprendere cos’è questo counseling non psicologico e cosa lo differenzia dalla nostra attività!
Sono iniziati i lavori presso UNI; al tavolo per definire la norma vi erano associazioni di counselor, scuole di formazione in counseling e, dopo che abbiamo insistentemente fatto presente l’occasione, si è presentato anche l’Ordine Nazionale (CNOP) coinvolgendo altri ordini regionali. Gli ordini dove erano presenti i consiglieri di AltraPsicologia che potevano pungolare le istituzioni sono stati i più attivi.
Purtroppo quella che doveva essere la prima seria possibilità di chiarimento non è stata altro che una conferma dei sospetti che il counseling “relazionale” al di fuori della psicologia sia cosa alquanto bizzarra.
Durante la definizione della norma abbiamo assistito più volte alla sostituzione di termini psicologici con vocaboli più generici. Alle incessanti richieste di entrare nel merito dell’attività del counselor si otteneva sempre una maggior genericità.
Arrivati alla conclusione della norma sul “counseling relazionale”, noi psicologi rappresentanti degli Ordini non abbiamo ancora potuto comprendere quali siano gli elementi non psicologici del “counseling”. La norma a nostro giudizio è risultata ampia e generica: non sono indicate le teorie di riferimento, gli interventi specifici, molte definizione sono tautologiche. Giunti a tale punto non abbiamo potuto fare altro che votare sfavorevolmente, esplicitando che quanto scritto si sovrappone all’attività di intervento psicologico. Purtroppo eravamo in minoranza e la norma è andata al voto finale. Prima dell’ultimo voto che avrebbe licenziato la norma, verso la fine dello scorso anno, è intervenuto finalmente il Ministero della Salute che ha richiesto una sospensione del voto in attesa di verificare sovrapposizioni con la professione di psicologo.
Ora siamo tutti in attesa di capire come si concluderà questa vicenda. AltraPsicolgia è sempre stata in prima linea per la tutela della professione, è però certo che la vicenda ha visto l’attiva collaborazione anche di altri colleghi, indipendentemente dalle associazioni di appartenenza. Il rinnovato Consiglio Nazionale ha accettato e promosso tutte le posizioni degli Ordini regionali. Gli Ordini di Lombardia, Lazio, Piemonte, Marche, Emilia Romagna, e il Consiglio Nazionale si sono coordinati e hanno affermato unitariamente che un’attività professionale che vuole lavorare su un “bisogno” psicologico individuale sulla base di teorie sulla psiche, seppur utilizzando altri termini non italiani, corrisponde all’attività di intervento dello psicologo.
Mantenendo ferma la nostra posizione, continueremo a sostenerla e vi informeremo su cosa deciderà il Ministero e come si risolverà questa situazione, stiamo ancora lavorando per giungere finalmente ad una conclusione.
Caro Campanini, credo che la diatriba non avrá mai fine. La storia si basa sul fatto che in USA e in UK, ma anche altrove, il counselling è limitrofo alla psicoterapia e meno alla psicologia. Questo per storia. Infatti, le tue professioni, di psicologo e psicoterapeuta, sono sganciate. In pratica, per diventare psicoterapeuta non è obbligatorio esssere psicologi prima. La storia delle due professioni va avanti parallelalmente da 100 anni, in quei paesi. In USA, UK, Australia, ecc. la psicoterapia non è riservata a medici e psicologi. Questo è il fatto. Quando poi il counselling viene importato in Italia, si scontra con la legge 56/89 che riserva la psicoterapia agli psicologi e ai medici (cosa c’entri il medico di prontosoccorso con la psicoterapia non lo so, ma lui può fare il corso. L’assiestente sociale che ha fatto più esami di psicologia del medico di prontosoccorso, no….strana la vita. Ma si dà per scontato che il medico di pronto soccorso che non sa un cavolo di psicologia, ma ha fatto il corso di psicoterapia, tuteli meglio la salute mentale del cittadino. Vabbè). A quel punto si usano dei giri di parole per definire il counselling che, nei paesi che dicevo, e pur con qualche distinzione, nessuno si vergogna a chiamare “therapy” e ad avvicinare alla psicoterapia ( pur rimanendo sempre a debita distanza dal professionista psicologo che ha giá le sue 7 belle specializzazioni post laurea e non necessita della specializzazione in psicoterapia!). That’s it. Grazie
Grazie del commento, io spero che la diatriba abbia fine, non importa chi avrà ragione ma basta avere delle certezze che purtroppo il nostro sistema normativo, in generale, difficilmente elargisce.
Purtroppo la storia non è una e non coincide per forza con quella anglosassone ma ci sono tante storie e quella del nostro paese (e della “vecchia Europa”) è differente.
Le mie “due professioni” in realtà sono collegate in quanto la psicoterapia è una specie di specializzazione della psicologia applicata. Che poi accedano anche i medici dipende dal contesto di “cura” che per normativa gli appartiene.
Ma tornando al counseling, negli usa c’è una divisione APA del counseling (termine coniato dal collega Carl Rogers). L’esistenza di altre modalità di counseling, comunque psicologici, dipende da una normativa italiana che definisce un albo degli psicologi e non solo degli psicoterapeuti che nei paesi anglosassoni non esiste.
Perché qui c’è questa normativa che da altri parti non c’è? Storie diverse, popoli diversi, necessità differenti. Quale è meglio? Ognuno ha quella che ritiene migliore in un sistema complesso come quello della vita di una nazione. Per il momento, studiando i contenuti, non ho trovato altri counseling al di fuori della psicologia, se siamo d’accordo, come credo di aver capito. allora il problema è normativo e non di contenuto. Non facciamo come alcuni che tendono ad affermare che il counseling non sia psicologico per evitare le leggi, affermiamo le cose come stanno e poi, nel caso, le battaglie van fatte sulle questioni reali senza nascondersi dietro inglesismi.
Altrimenti, concedimi una battuta, vado a fare il “dental filliger”, faccio solo otturazioni ma non è professione dentistica 🙂
Caro Paolo, condivido molto di quello che dice, a parte la ” vecchia europa”, in cui, sulla gestione delle professioni, tende ad omologare tutti i paesi europei quando si sa che le diversitá sono molte. Il sistema britannico, vecchia europa anche quello, assomiglia molto poco al nostro. Purtroppo o per fortuna, dipende da quel che si pensa in merito, facciamo parte della UE e così come abbiam cambiato il sistema universitario, si dovrá cambiare anche quello delle professioni. La tendenza, mi sembra, sará quella liberale, magari moderata da alcuni vincoli. Comunque son d’accordo con lei: nessun counselor americano o inglese si sognerebbe mai di dire che quel che fa non ha nulla a che fare con la psiche umana. La riprova è che in entrambi i paesi il counseling (o counselling) è considerato “therapy”, quindi, a rigor di legge e di logica, dovrebbe, in Italia oggi e sino a che non si cambi la legge, essere fatto dagli psicoterapeuti. Apprezzo comunque che finalmente qualcuno, lei, ammette che in molti altri paesi non esistono gli Ordini. La presenza contemporaneamente di counselling psychologists, counsellors e psychotherapists (gli ultimi due non necessariamente con una laurea in psicologia) in quei (molti) paesi, non spaventa nessuno. Meno che meno i cittadini “service-users”, i quali scelgono chi vogliono, sapendo che comunque tutti hanno una loro formazione, sono in qualche modo regolati, ecc. L’abuso di professione non è previsto, e comunque è statisticamente irrilevante e non vi è caccia alle streghe. Sono d’accordo con lei che in italia è una questione normativa e non di merito ( e quindi la norma se ne frega delle definizioni e dei contenuti disciplinari, della scienza, ecc.)
Guardi posso essere d’accordo con lei che un medico del pronto soccorso non ha molto senso che si occupi di psicoterapia, tuttavia non vedo come possa occuparsene un laureato in informatica che si é fatto i 3 anni di corso di scuola di counseling. E’ molto carino il suo excursus storico più o meno veritiero, resta il fatto che: anche se come dice lei psicoterapeuta e psicologo sono due professioni differenti (molto opinabile) non si capisce che formazione debba avere secondo lei un professionista per fare counseling (non “counselling”, per sapere di cosa si tratta bisognerebbe cominciare a scriverlo correttamente). Detto questo essendo che il counseling é di fatto una branca della psicologia o se vuole della psicoterpia mi sembra opportuno che chi voglia diventare counselor completi l’iter previsto dalla legge: 5 anni per diventare psicologo e altri 4 per diventare psicoterapeuta.
Grazie Marco. Innanzitutto si scrive “counseling” negli Stati Uniti e “counselling” nel Regno Unito. Se vuole dare lezioni prima si documenti, altrimenti fa pure brutta figura. Per usare il suo stile, direi che per sapere di cosa si tratta bisognerebbe conoscere la lingua, nella fattispecie il British English e l’American English. Infatti esistono l’American Counseling (una L) Association (http://www.counseling.org) e la British Association for Counselling (due L) & Psychotherapy (http://www.bacp.co.uk). Verifichi. Inoltre: non ho detto che psicologo sono due professioni differenti, ma che in molti paesi tale è la storia. Le due professioni hanno storie diverse. A volte si incontrano, a volte si separano. Rimane il fatto che la psicoterapia non è riservata agli psicologi per legge in tutto il mondo anglo-sassone, dagli USA e Canada, sino all’Australia, passando per il Regno Unito e l’Irlanda. Poi possiam discutere su preparazione, corso di studi, ore di pratica professionale supervisionata, ecc. Ma, a meno che non si voglia affermare che statunitensi, canadesi, irlandesi, inglesi, australiani, neozelandesi, e forse anche altre nazionalità non anglo-sassoni (bè, a dire il vero, gli irlandesi non sono anglo-sassoni, ma il loro modello formativo e di regolamentazione delle professioni lo è) abbiano una sorta di ritardo mentale, e che non hanno ancora capito che il sistema ordinistico italiano è migliore, dovremo rassegnarci al fatto che quello che “in tutto il resto del mondo è come qui da noi” non è un valido argomento a sostegno delle tesi di chi pensa che il nostro sistema sia il migliore al mondo (o che tutto il resto del mondo è come noi). Semplicemente, si battano altre strade razionali.
Mi fa piacere che abbia saltato a pié pari la parte veramente importante della domanda: cioé che preparazione debba avere effettivamente un counselor con una o due elle per esercitare la professione. Perché alla fine il problema fondamentale é proprio quello. E non c’é molto da dire: vuoi occuparti di counseling? O ti fai 5 anni di psicologia e una scuola con orientamento in tal senso oppure te ne vai all’estero a formarti e voglio proprio vedere se ti abilitano con un corsetto di 3 anni. Poche chiacchiere: fatti.
caspita Gianni, il Marco l’hai proprio asfaltato.
Tanta ignoranza ragazzi, proprio tanta. Studiate, formatevi e praticate. Le etichette lasciatele agli altri. Anche perchè tra i due litiganti il terzo comincia a godere parecchio: occhio ai coach! 🙂
Cari colleghi, credo che il ricorso degli ordini sia stato sacrosanto, e che si stia procedendo su una strada che forse andava percorsa già anni fa (e condivido l’idea di inserire il coach e il coaching nel quadro).. Però se dobbiamo essere onesti con noi stessi, quanti psicologi e quante scuole di psicoterapia si guadagnano abbondantemente da vivere con i corsi di counseling (e coaching)? Quello che voglio dire è che è paradossale formare non psicologi al counseling e poi fargli la guerra dopo, e anche questa contraddizione è alla base di tutta questa storia..
Un certo grado di contraddizione c’è, in effetti. Un po’ ovunque. Se battiamo la strada della “persecuzione del counselor” però, credo facciamo un errore. Innanzitutto politico. Che forse paga elettoralmente nel breve periodo (il potere si basa sul consenso, ed è facile ottenere consenso da una base troppo numerosa e frustrata da mancanza di opportunità causate innanzitutto dagli psicologi che han governato l’Ordine per tanti anni, ergendosi a paladini della santa guerra contro i counselor di turno), ma non produrrà nulla. Come mai la Jihad non si scatena anche contro i medici zotici, senza preparazione psicologica, che si iscrivono e ottengono la specializzazione in psicoterapia? Nel mio corso di psicoterapia ne ho avuto 2. Ignoranti fino al midollo. Fermate pure i medici, se avete coraggio. E’ interessante invece che si spreco tempo, energie, risorse, per colpire quanti? 20 counselor in tutta Italia che vivono di counseling professionale a tempo pieno??? Gauardi che se fa la guerra santa ai counselor sta colpendo assistenti sociali, educatori professionali, medici, infermieri, preti, imprenditori, fisioterapisti, ecc. che usano la formazione in counselling nel loro lavoro e si “corporativizzano” essenzialmente per sentirsi parte di qualcosa che sta crescendo, da cui si sentono “serviti” (non tutelati), aiutati, continuamente formati. Ripeto: stiamo parlando di professionisti che fanno altri lavori e usano il counseling per quello. Poi, pure a loro piace definirsi “counselor”, perché gli dà un’identità “altra”, e pure un pochino esotica. Ma, non so, forse ad essere più generoso posso dire che di counselor puri, che lo fanno a tempo pieno, ce ne sono 50 in Italia? Forse. Fanno un’altra professione, usano i counsellink skills, e si fan chiamare counselor. E noi, idioti, perdiam tempo a fare la guerra santa a questi, invece di occuparci di riformare i corsi universitari, aumentare e diversificare le specilizzazioni per gli psicologi, abbandonare la psicoterapia a sè stessa, che si inglobi pure il counselling (e così otteniamo pure che i corsi si riducano) e che diventino competitive tra loro fino a scannarsi. Vogliamo occuparci della psicologia, per favore, e mollare counseling e psicoterapia alloro destino e che se la grattino tra di loro? O continuiamo a fare la figura degli zimbelli che han bisogno del nemico per coprire le proprie falle formative e di vision professionale? In UK i corsi di laurea specialistica durano 4 anni. Significa che dopo la laurea triennale in psicologia, uno ha la possibilità di fare 4 anni di specilizzazione in una delle 7 specializzazioni disponibili e il cui titolo è protetto (e se si ferma dopo 2 anni ha la laurea specilistica, mentre se prosegue altri 2 anni ottiene la specializzazione). Significa che uno a 26 anni circa ha finito di studiare, ha una specializzazione (e non un titolo di “psicologo” generico) quadriennale alle spalle veramente formativa (e in psicologia clinica e del counselling anche un percorso personale ed esperienziale supervisonato mica da poco). Quindi diamoci dentro e condizioniamo le università ad inserire numero chiuso, a prednere docenti con esperienza professionale e non solo accademici, a fare corsi di specializzazione specifici e non generici; e andiamo dal MIUR a farci riconsocere queste specializzazioni e a farci proteggere i titoli. E molliamo la psicoterapia, per favore.
Secondo me la questione fondamentale è che CHI HA BISOGNO DI UN COUNSELOR non necessariamente ha bisogno di psicoterapia essendo il counseling un percorso mirato ad un obiettivo preciso ed essendo un percorso breve. Il cliente del counselor è diverso dal paziente del terapeuta in quanto è diversa la necessità di base. Nei paesi con sistemi sanitari decisamente più evoluti del nostro queste professioni convivono tranquillamente, spesso collaborano con il lavoro in team. Il dibattito in Italia nasce molto per timore della concorrenza altrimenti perchè non fare questa battaglia contro i Coach, Musicoterapeuti, Psicologi che fanno terapia senza essere psicoterapeuti che si beccano la 50€ in nero e che non hanno fatto un solo minuto di pratica all’università, tecnici della riabilitazione psichiatrica che fanno lo stesso…
IO HO UNA FORMAZIONE UNIVERSITARIA PSICOLOGICA, HO FATTO LA SCUOLA TRIENNALE DI COUNSELING, SONO TUTT’ORA IN FORMAZIONE COME COACH…per quella che è la mia personale esperienza devo dire che la maggior marte delle nozioni le ho apprese o rinforzate durante il master dove eccellenti professionisti mi hanno formato in una classe di 12 persone dove c’era più rapporto umano, il 100% della pratica l’ho fatta durante il master in counseling e durante la mia attuale formazione perchè all’università non si fa pratica. Ho avuto modo di collaborare con terapeuti, psicologi e medici presentandomi come counselor e fin’ora non c’è mai stata sovrapposizione in quanto la formazione specifica che ha un counselor sull’ascolto e sul lavoro con le emozioni è estremamente funzionale per il cliente/paziente.
Riassumendo sono convinto che il Counseling pur lavorando con la psiche non sia un vero e proprio intervento terapeutico.
In termini più generali sono convinto che nel momento in cui si crea il bisogno (persone che preferiscono una cura all’altra, una terapia all’altra, un percorso all’altro) è giusto che ci sia l’offerta.
Questi discorsi vengono fatti sul presupposto che tutti i counselor siano disonesti e tutti i counselor abbiano avuto una formazione scadente. Ci sono scuole molto serie e preparate e sopratttutto molto pignole sui regolamenti e che preparano gli allievi anche a livello legale.
Ognunno dovrebbe pensare a fare bene il proprio mestiere e nella più totale onestà perchè essere psicoterapeuta non vuol dire essere onesti, essere psicologi non vuol dire essere onesti…l’onestà fa parte di noi, l’applicazione nel proprio lavoro ed il continuo aggiornamento professionale NON SONO una caratteristica di tutti i professionisti ma solo di chi cerca di fare al meglio il proprio lavoro qualunque esso sia.
Sono gli utenti a doversi informare su chi e cosa hanno davanti e decidere se quello che stanno per fare fa al caso loro. Sono gli utenti a dover valutare con costanza i risultati ottenuti e gli obiettivi raggiunti grazie alle proprie scelte. Perchè se come leggo in molti articoli l’obiettivo è il benessere della persona è giusto che la persona possa scegliere in base alle proprie necessità, obiettivi e credenze. E gettare fango e combattere su qualsiasi altra persona o professione non solo distoglie dal proprio lavoro ma non fa di certo onore a chi dice di fare il proprio mestiere per gli altri.
Forse mi sono perso un po’ nel discorso ma spero di aver trasmesso il mio pensiero in modo chiaro.
In altri Paesi questi professionisti convivono perché sono pochi!!! Io sono psicoterapeuta: sa quante persone vengono non per la psicoterapia ma per percorsi anche brevi? Almeno la maggioranza. La bufala che il counsellor fa fare percorsi brevi nulla toglie alla sostanza: alla fine la manichea divisione tra psicoterapia=malattia e counsellor=disagio/benessere non tiene. Noi psicoterapeuti ci occupiamo spesso anche del secondo e alla fine della fiera counsellor e psicoterapeuti si fanno concorrenza con i pochi clienti che vi sono in giro. Io preferisco fare in modo che i clienti vengano da me e non vadano da un counsellor sulla base della qualità dell’intervento e sulla preparazione del professionista, e non mi interessa la guerra ai counsellor per vie legali. E’ una perdita di tempo e non ne vale la pena: pochi di loro sono veramente preparati, perché in Italia le ore di formazione in counselling sono troppo poche (in Inghilterra e USA sono molte di più e il percorso è strutturato anche con tirocini molto più probanti e formativi). Per questo investo sulla mia formazione continua, anche se l’Ordine non mi obbliga. Non credo dunque alla divisione che vige in italia malattia vs. benessere. E’ una ridicolaggine a cui non crede nessuno e serve solo al politichese degli attori in campo.
Vorrei segnalare, perché chi può apra il relativo dibattito, altri importanti temi che afferiscono a quello del possibile esercizio abusivo della professione di psicologo e psicoterapeuta. Io sono, oltre che psicologo e psicoterapeuta, anche psicopedagogista. Dalle mie parti è tradizione che logopedisti e psicopedagogisti si occupino di trattamenti riabilitativi di DSA ed altro (linguaggio, ADHD e quant’altro). Addirittura procedono anche alla relativa diagnosi. Per non parlare, poi, di musicoterapisti che esercitano la professione di “musicoterapeuta” senza i relativi titoli. Che fare?
Carissimi tutti… ma perche’ non pensare al benessere del cliente finale che dovrebbe essere a mio umile parere tutto cio’ che conta realmente ?…. Ben vengano Counselors, psicologi, psicoterapeuti e coach. In questa societa’ sempre piu’ malata c’e’ cosi’ tanto bisogno di aiuto e se solo cominciassimo a collaborare e condividere, anziche’ dividere e giudicare forse e dico forse saremmo tutti un pochino piu’ felici.
Buona vita a tutti e magari con meno EGO.