In CNOP si sta discutendo una modifica dell’articolo 31 del Codice Deontologico. Che ci pare assurda: si vorrebbe permettere allo Psicologo di compiere prestazioni sui minori senza il consenso di tutti i titolari della Responsabilità Genitoriale.
Non tutte le prestazioni, ma solo “l’osservazione breve, della durata di un incontro (…) tesa a verificare le condizioni di vita” rilasciando al termine “una certificazione sintetica sulla sola eventuale sussistenza di necessità di approfondimento”.
Ora, figuriamoci questa situazione:
Ore 16.30, all’uscita di scuola.
– Vieni Pierino, ti porto dallo Psicologo di nascosto da mamma/papà, casomai ti fosse saltata qualche rotella a stare con quella/o!
– Ma papà/mamma, che stai dicendo? Non voglio!
– Su, muoviti che facciamo presto, ho bisogno di un certificatino da portare in tribunale.
(….)
– Buongiorno Signor Dottore, mi guarda il Pierino se ha tutte le rotelle a posto?
– Certo. Lei è?
– Io sono il genitore, ma non ho la responsabilità genitoriale: in tribunale hanno pensato che non fossi adatto.
– Ma davvero? Non si preoccupi, per fortuna il nostro Codice Deontologico ci permette di affrontare agilmente anche queste situazioni. Allora Pierino, vieni qui e sta’ fermo un attimo… ecco… fermo ancora… bene, ti ho osservato nelle tue condizioni di vita. Ora scriviamo due righe di certificato per dire che hai bisogno di approfondimenti.
Una vignetta estrema? Non troppo. Situazioni del genere esistono, e non sono rare.
Ma noi, che siamo professionisti, dovremmo saperlo e avere chiaro un principio: come psicologi abbiamo il dovere di proteggere i minori e le loro famiglie, di non esporli a situazioni ambigue e a conflitti.
Permettere posizioni NON EQUIDISTANTI e NON PARITARIE, o prestazioni basate su un PATTO DI ESCLUSIONE di un genitore non è certamente protettivo per i minori e per le famiglie.
IL PIANO DEONTOLOGICO.
L’articolo 3 del Codice Deontologico ci dice che “Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l’uso non appropriato della sua influenza (…)”
L’articolo 31 ci dice che la famiglia è un sistema interconnesso e lo psicologo deve tenerne conto. Escludere a priori uno dei genitori significa non considerare la natura dell’oggetto su cui si interviene.
Nel suo complesso, il Codice Deontologico ci impone PRUDENZA.
Nel caso di un minore con due genitori, i quali esercitano ENTRAMBI la responsabilità genitoriale, essere PRUDENTI significa approcciare in modo paritario ed equidistante a tutto il sistema, perché non so cosa troverò.
In concreto, due casi più frequenti:
- COPPIA UNITA, un genitore porta il figlio dallo Psicologo: perché non dovrebbe essere informato pure l’altro? serenamente, per telefono, per mail, ma perché prevedere che non si debba fare?
- COPPIA CONFLITTUALE, un genitore porta il figlio dallo Psicologo perché mandare il messaggio che l’altro genitore, con cui si è in conflitto, può anche non avere voce in capitolo? e perché lanciare questo messaggio al figlio minore, che sta in mezzo, senza che sappiamo nulla della situazione?
IL PIANO CIVILISTICO
L’articolo 316 del Codice Civile stabilisce un precetto cristallino: decidono INSIEME i titolari della Responsabilità Genitoriale. È netto, non fa sconti. Non si può introdurre una formulazione del Codice Deontologico che sia – anche in astratto – in contraddizione con una norma di rango superiore. Significherebbe esporre i colleghi e i cittadini ad un rischio.
Nel DOCUMENTO DI PRESENTAZIONE DELLA MODIFICA, l’articolo 316 del Codice viene letto in modo abbastanza fantasioso: il dovere di vigilanza del genitore NON titolare di responsabilità genitoriale diventa possibilità di decidere all’insaputa del genitore che HA la Responsabilità Genitoriale.
Per quanto ci si possa sforzare, questa interpretazione della norma non è condivisibile. E peraltro non è un’interpretazione condivisa nemmeno in ambito giuridico.
MA PERCHÈ IL CNOP STA DISCUTENDO QUESTA MODIFICA DELL’ARTICOLO 31?
Francamente non si sa. Il DOCUMENTO DI PRESENTAZIONE di cui disponiamo non reca il nome degli estensori, non ne è descritta la genesi, ed è firmato dalla Direttrice. Le sue radici si perdono nella nebbia del tempo.
Devi sforzare la fantasia per capirci qualcosa.
L’articolo 31 è frequentemente oggetto di procedimenti. D’accordo. Ma non a caso: interviene a regolare uno degli ambiti più complessi e delicati in cui opera lo psicologo. Renderlo più lasco e complesso non servirà a ridurre il contenzioso, anzi: aumenterà l’incertezza.
CONCLUSIONI
Questa modifica dell’articolo 31 è inaccettabile sul piano tecnico e valoriale.
Il testo dell’articolo, reso complesso da casi e sottocasi, diventa un guazzabuglio.
Il nostro CD deve passare dei VALORI CHIARI. La presenza dei genitori quando cerchiamo di aiutare un figlio minore è un VALORE.
Il nostro Codice Deontologico merita una revisione, ma deve essere sistematica e nazionale.
Sulle piccole e sulle grandi cose.
Ad esempio l’espressione ‘Potestà genitoriale‘, che andrebbe espunta ovunque sia perché sostituita dal legislatore con ‘Responsabilità Genitoriale‘, un concetto ben più appropriato per descrivere il rapporto fra genitori e figli.
Ma soprattutto sarebbe ora di avere un codice di procedura nazionale, e non 20 modi diversi di gestire la deontologia.
Va poi affrontato e represso il fenomeno delle segnalazioni che i consiglieri si sparano fra loro, dardeggiando come novelli Power Rangers per ciò che si sono scritti il giorno prima su Facebook. Non è una barzelletta: si avviano procedimenti deontologici in evidente conflitto di interesse, su queste basi. Da ridere se non fosse vero.
Per cui, in sintesi: Altrapsicologia è pronta ad affrontare complessivamente il nodo del Codice Deontologico e delle procedure, in ottica nazionale, collaborativa e ampiamente condivisa dalla comunità professionale.
Sorprendente!… almeno per come espresso nell’articolo. E’ soltanto di ieri che ho rimandato ad altra data la richiesta di una madre di incontrare il figlio tredicenne per non avere ottenuto dalla stessa le dovute garanzie certificate sulle responsabilità genitoriali (specialmente quella del padre che è stato detto essere assente). Il nostro lavoro psicologico rivolto ai minori è complesso, perché il nucleo familiare non è solo quello normato dalla Legge, ma soprattutto quello evolutivamente introiettato e che va considerato per il benessere della crescita e dello sviluppo del minore. Il mio augurio è che il nostro Codice Deontologico sia sempre più chiaro, prudente e, per quanto ragionevolmente possibile, a garanzia non solo, certo, della salute del minore (nel caso specifico), ma anche dell’agire del professionista.
Grazie come sempre della preziosa informazione… sorprendente!
Lo scenario delineato nell’articolo è certamente assai critico. Tuttavia dipinge in modo unilaterale soltanto una delle possibili fattispecie prevedibili. Opero da molti anni sia come professionista privato che come consulente di scuole e delineo uno scenario opposto altrettanto prevedibile: il figlio di una coppia conflittuale che versa in condizioni psicologiche molto critiche e molto precarie che tuttavia non può fruire di alcun genere di supporto psicologico per il combinato rifiuto di uno o di entrambi i genitori. Non mi si racconti che possa essere semplice ricorrere all’autorità giudiziaria per sbloccare questo grimaldello perché l’esperienza dice che occorrono anni e nel frattempo il danno è fatto. Questo può riguardare indifferentemente bambini relativamente piccoli ma anche adolescenti che possono autonomamente tentare di essere ascoltati dallo psicologo ma non ciò non può essere fatto nemmeno per un breve ascolto per il veto posto dell’altro genitore che in teoria potrebbe anche essere un genitore abusante o maltrattante. Mi è capitato più di una volta di non poter adeguatamente monitorare una situazione di supposti maltrattamenti psicologici e talvolta non solo per il veto posto da genitore a ogni contatto con lo psicologo. Ovvio che questa riforma dell’articolo 31 si presta a utilizzi impropri come quelli paventati da Zanon. Tuttavia mi chiedo perché ci si voglia ostinare a non vedere che in alcuni casi il superiore interesse del minore è superiore anche al rischio di un uso improprio dell’articolo eventualmente riformato. Faccio anche osservare che una decina d’anni fa l’ordine Emilia-Romagna istituì un gruppo di lavoro su una ipotesi di riforma del codice in tema di minori di cui ho fatto parte. Formulammo richieste abbastanza conformi alla proposta di riforma attuale. Le nostre proposte vennero archiviate, pare, Per la contrarietà dell’avvocato consulente dell’ordine. Non ne sapemmo più nulla. I membri del gruppo fecero presente a gran voce la possibilità che lo psicologo possa essere l’ultima persona ad ascoltare, o addirittura non possa nemmeno essere l’interlocutore adeguato per un minore in difficoltà.