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Fra le storie tristi della nostra politica professionale, una vince su tutte: quando Fulvio Giardina, Presidente dell’Ordine Sicilia e del CNOP, intentò una causa per diffamazione alla nostra Associazione e personalmente anche a Gaetana D’Agostino, chiedendo 200.000 euro di risarcimento danni!

I FATTI. Era il 2014, il nuovo Consiglio dell’Ordine degli Psicologi della Sicilia si era insediato da pochissimo. Fra le prime azioni deliberate, con i soldi di tutti, ci fu l’avvio di un procedimento civile per diffamazione con richiesta di danni per 200.000 euro ad Altrapsicologia, a Gaetana D’Agostino come persona fisica e a due agenzie di stampa.

La vicenda è finita bene per Altrapsicologia e male per Giardina e i suoi sodali. Il giudice non ha riconosciuto alcuna diffamazione nei nostri articoli, ed ha costretto Fulvio Giardina e i consiglieri dell’Ordine che avevano firmato l’atto di citazione con lui a risarcire le spese per un totale di 33.000 euro, da dividere fra tutti i citati in giudizio. Denaro che – fortunatamente – i nostri eroi hanno versato di tasca propria.

È una consolazione a metà, perché comunque le spese legali per il procedimento sono state sostenute dall’Ordine Psicologi Sicilia che ha impegnato il proprio avvocato.

Ma soprattutto, nessuno indennizzerà mai ciò che abbiamo passato, sul piano umano e personale. E questa parte, oggi vale la pena di essere brevemente raccontata da chi l’ha vissuta.

GAETANA D’AGOSTINO. Non avevo scritto nulla, ma veramente nulla di diffamatorio. Quando ho ricevuto l’atto di citazione con la richiesta di danno per 200.000 euro dal mio Ordine professionale ho avuto un sussulto.

Sono una libero professionista, avevo da pochi mesi partorito la mia seconda figlia, e avere la spada di Damocle di 200mila euro penzolante sulla testa non mi ha fatto dormire certo sonni tranquilli. Una causa per danni non ti fa sentire tranquilla, anche se sei sicura di non aver mai scritto niente di diffamatorio.

Poi sono diventata consigliera, a metà mandato, perché quattro consigliere che appartenevano al gruppo di Fulvio Giardina si sono dimesse dopo aver denunciato pubblicamente una modalità dubbia di utilizzo dei soldi dell’Ordine da parte del Presidente (ne abbiamo raccontato qui).

E quando sono diventata consigliera, chi mi ha denunciato ha proposto di ritirare la citazione. Quando mi è stato annunciato il ritiro della causa, ho sperato che fosse il frutto di una presa di coscienza su quanto fosse grottesca questa vicenda. Un riconoscimento di quanto fossero infondate le accuse. In fondo credere nel cambiamento delle persone è fondamentale per il nostro mestiere.

E invece NO. Mi sbagliavo. Mi è stato spiegato che la mia entrata in consiglio era una specie di ammissione di colpa. Accettando l’incarico di consigliera, entrando a far parte del club, avrei implicitamente ammesso di aver sbagliato a scrivere l’articolo incriminato.

Una lettura dei fatti e della politica professionale davvero sconcertante.

FEDERICO ZANON, PRESIDENTE DI ALTRAPSICOLOGIA. Ho ricevuto la prima notizia dell’avvio di una causa per diffamazione da Angelo Barretta, che era appena uscito dalla riunione di consiglio in cui era stata deliberata. Il giorno della telefonata ero in ospedale, era un momento familiare complicato. Questo particolare lo voglio dire, perché a volte noi non ci rendiamo conto che dietro ai volti della politica professionale ci sono persone con tutti i loro fatti di vita.

L’atto di citazione è arrivato qualche settimana dopo. Ho passato ore a leggerlo e rileggerlo. Incredulo, arrabbiato, preoccupato. L’atto di citazione ci attribuiva perfino affermazioni che non erano presenti negli articoli.

Noi siamo un’Associazione. Di certo non abbiamo 200.000 euro in cassa. L’articolo incriminato era firmato ‘redazione’. In caso di soccombenza, come rappresentante legale avrei dovuto rispondere con il mio personale patrimonio (i risparmi, la casa) mentre Fulvio Giardina e i suoi sodali consiglieri non avevano investito un solo euro in questa causa e non stavano rischiando nulla: avevano fatto pagare i colleghi, avevano usato i soldi e il nome dell’Ordine.

I conflitti in politica professionale fanno parte del gioco, se giocati lealmente. Qui non c’è stata alcuna lealtà. Non si giocava ad armi pari. Si stava usando l’Ordine per una causa che non riguardava minimamente l’Ordine, ma semmai il comportamento di singoli individui.

Ho passato i successivi quattro anni con questo pensiero in background. Una delle tante preoccupazioni della vita di tutti i giorni. Ma molto più ingiusta.

Ho seguito questa causa personalmente, perché anche personalmente rischiavo un pesante danno patrimoniale. Come me, Gaetana D’Agostino che era stata citata come persona fisica.

Oggi ringrazio Fulvio Giardina e i suoi amici, perché grazie a loro ho visto per la prima volta la Sicilia. Il mio primo viaggio a Palermo è iniziato in Tribunale, per un tentativo di conciliazione. Eravamo in tre: Gaetana, l’avvocato e io. Schierati di fronte a noi, i colleghi (si fa per dire) che ci avevano citato con il denaro dell’Ordine. In prima fila, Fulvio Giardina.

Ricordo come fosse oggi la sua frase: ‘Qui in Sicilia c’è l’onore, Federico. E noi possiamo chiudere tutto qui se ci presentate le vostre scuse e ritrattate’.

Nei giorni precedenti, il direttivo dell’Associazione ci aveva dato il mandato di cercare di chiudere senza andare in causa. Di provare a conciliare. Ma di fronte a quello schifo proprio non ce l’ho fatta. Altro che scuse. Gaetana era con me e abbiamo deciso insieme: andiamo in causa e vediamo se davvero c’è stata una diffamazione.

Quando siamo usciti dal Tribunale, abbiamo informato il Direttivo di Altrapsicologia: ‘Scusateci. Non ce l’abbiamo fatta a chiudere. Non potevamo accettare di scusarci per una diffamazione che non c’è e ritrattare quando abbiamo scritto la verità. Andremo in causa‘. Immediatamente è scattata la standing ovation, tipo Fantozzi alla proiezione della Corazzata Potemkin. Il direttivo di Altrapsicologia ci era stato vicino, aveva sostenuto le nostre strategie di conciliazione fino a quel momento, comprendendo tutta la nostra preoccupazione. Ma non aspettava altro che sollevare la testa contro una palese ingiustizia.

EPILOGO. Saltiamo il racconto dei quattro anni di causa civile che hanno portato alla sentenza, e andiamo alla fine di questa meschina vicenda.

Il giudice di primo grado emette una sentenza lapidaria: non c’è alcuna diffamazione, e per chiarire a sufficienza il concetto addebita tutte le spese a Fulvio Giardina e ai suoi compagni. Dovranno risarcire 33.000 euro complessivi a titolo di spese legali, ripartiti fra tutti i citati in giudizio.

Con i nostri 11.000 euro, ovviamente non ci abbiamo fatto una festa: abbiamo pagato l’avvocato.

Eravamo pronti ad un esposto alla Corte dei Conti, perché – da malpensanti – avevamo considerato pure l’ipotesi estrema che i nostri accusatori avrebbero potuto usare denaro pubblico per pagare il danno che avevano procurato. Invece hanno pagato di tasca loro. E noi speriamo che gli siano pesati molto, quei soldi.

QUALCHE AMARA CONSIDERAZIONE FINALE. Al di là dell’esito giudiziario, quello che rimane di questa storia è lo sconcerto per come è stato amministrato un ente pubblico e l’amarezza che, da un punto di vista umano, ci ha lasciato.

Questa roba non deve esistere, in un ente pubblico come un Ordine. E non è una singolarità cosmica, ma il frutto di una mentalità e di una cultura dell’occupazione personalistica delle istituzioni pubbliche che è molto più diffusa di quanto si possa immaginare. Una mentalità che deve essere estirpata una volta per sempre come erbaccia infestante.