Alla fine, la condanna è arrivata. Ci sono voluti 4 anni per vedere riconosciuta la responsabilità di Angelo Arcicasa, ex presidente di ENPAP, per la compravendita del palazzo di via della Stamperia.
IL FATTO: il 31 gennaio 2011 il Palazzo di Via della Stamperia a Roma venne acquistato la mattina a 26,5 milioni di Euro e rivenduto la sera agli psicologi per 44,5 milioni. Lievitando il suo prezzo di 18 milioni in poche ore.
I PROTAGONISTI. A trattare l’affare di Angelo Arcicasa, allora Presidente dell’ENPAP. Il venditore era la società Estate Due, amministrata dal senatore Riccardo Conti, che aveva acquistato il palazzo la mattina stessa dalla società Idea Fimit. Un triangolo concluso con l’esborso di soldi degli psicologi: 44,5 milioni di Euro + IVA.
I PROCESSI APERTI. Per quella compravendita si aprirono due procedimenti: uno penale, in cui Arcicasa è tuttora sotto processo per truffa aggravata nei confronti dell’ENPAP e per ostacolo alle attività di vigilanza. E uno – meno noto – presso la Corte dei Conti.
LA CONDANNA. Arriva dalla Corte dei Conti: Arcicasa dovrà risarcire ENPAP per 11 milioni di Euro. Tanto è il danno che è stato quantificato dalla Corte ed ascritto alla responsabilità di Arcicasa.
I MOTIVI DELLA CONDANNA. Nella sentenza si leggono diverse motivazioni, queste le principali: (1) il prezzo fuori mercato pagato per l’immobile (2) l’aver agito senza informare con trasparenza e completezza l’ENPAP (3) l’aver trattato l’acquisto con persona diversa dal proprietario (4) l’aver finanziato, con i soldi degli psicologi, l’intera operazione.
I SOLDI DEGLI PSICOLOGI. Arcicasa non avrebbe solo comprato l’immobile ad un prezzo fuori mercato, caricato di una plusvalenza, ma secondo la Corte dei Conti l’intera operazione sarebbe stata finanziata con il denaro degli psicologi, perché la Estate Due non disponeva del denaro per acquistare il palazzo la mattina, per poi rivenderlo la sera all’ENPAP.
ALTRAPSICOLOGIA E L’INFORMAZIONE. All’epoca dei fatti, Altrapsicologia ha sempre informato sulla vicenda e sui suoi sviluppi, subendo intimidazioni e biasimo: secondo il teorema dei panni da lavare in casa, eravamo noi ad esporre la comunità degli psicologi allo scandalo, e non chi aveva agito. La condanna ad Arcicasa è il punto di arrivo di una vicenda complessa, in cui alla fine è stata riconosciuta la sua responsabilità diretta nell’aver gestito un affare immobiliare con grave danno per gli psicologi italiani, perché finanziato con il loro risparmio pensionistico.
LA FIDUCIA DEGLI PSICOLOGI TRADITA. La condanna erariale rappresenta – per chi ancora crede nei valori della democrazia e della fiducia – anche una condanna morale. Perché Arcicasa ha fatto tutto questo mentre era alla guida dell’Ente Previdenziale sulla base di una elezione fiduciaria dei colleghi psicologi. Ha dunque agito rompendo un patto sociale, creando all’interno della comunità professionale un clima di sfiducia nell’ENPAP che solo con fatica si sta ricostruendo attraverso il governo attuale, che dal 2013 è affidato a rappresentanti di AltraPsicologia.
ARCICASA, LE ELEZIONI ENPAP E L’AUPI. Arcicasa si era pure ripresentanto alle elezioni dell’ENPAP nel 2013, in una lista insieme a Mario Sellini, attuale segretario generale AUPI. E del sindacato AUPI, Arcicasa è attualmente componente del Consiglio Direttivo Nazionale.
L’ENPAP OGGI, CON ALTRAPSICOLOGIA. Le elezioni del 2013 hanno visto AltraPsicologia alla gestione dell’ENPAP. Da allora molte cose sono cambiate: tutti gli atti di amministrazione principali vengono pubblicati sul sito, insieme alle attività di investimento, alle delibere e a tutte le informazioni utili. Il patrimonio viene gestito con una logica rigorosa e sicura. QUESTA L’AREA TRASPARENZA DI ENPAP.
Fatti come quelli di via della Stamperia non sarebbero possibili con le attuali procedure interne.
Abbiamo trasformato l’ENPAP in una cassaforte sicura ed efficiente per i soldi degli psicologi, non più appetibile ad interessi diversi da quelli della previdenza e dell’assistenza della nostra comunità professionale.
In effetti gli Psicologi come me che hanno versato moltissimo dalla fondazione ENPAP ad oggi, sia come privati che come convenzionati USL si trovano con una misera pensione di 750 Euro mensili. Sarà possibili una rivalutazione?
Le pensioni ENPAP di oggi sono calcolate in modo matematico, dividendo il totale dei contributi versati, arricchito degli interessi maturati (rivalutazione annuale), per gli anni di aspettativa di vita. E’ un meccanismo che collega direttamente quello che versiamo con la nostra pensione. Quello che è possibile con la riforma previdenziale è avere una maggiore rivalutazione di quanto versato: prima questa era vincolata per legge all’andamento del PIL italiano, oggi dipende dai risultati degli investimenti dell’ENPAP.
Questo il video di un minuto e mezzo che spiega la riforma:
https://www.youtube.com/watch?v=9m7ltE2va3E
E’ chiaro chi selezionò il candidato Arcicasa, e ne appoggiò la candidatura. Ho capito che la responsabilità è individuale, ma qualcuno avrà fatto almeno un breve colloquio al tipo, prima di candidarlo, per vedere se era capace di gestire la cassa? In che cultura professionale è cresciuto il soggetto condannato? Quella cultura chiude un occhio quando uno dei suoi rappresentanti si muove in quel modo o dice “abbiamo sbagliato e rimedieremo”, fosse anche solo di averlo candidato e sostenuto? Insomma la responsabilità politica, chi se la prende e in che modo???
Le pensioni erogate sono sempre molto inferiori ai soldi versati. Per riprendersi tutti i soldi versati il contribuente dovrebbe vivere oltre i cento anni. E’ la legge che consente questa “truffa” per tutte le casse dei liberi professionisti. Per le pensioni minime per es. perché non si pensa di ridare i soldi versati indietro piuttosto che 20 E. al mese?
Caro Marcello,
questa obiezione è fatta spesso dai colleghi, ma il dato reale è che i contributi versati si recuperano in un periodo corrispondente all’aspettativa di vita media della popolazione italiana.
Con le attuali regole, un iscritto ENPAP recupera interamente il montante (contributi versati+rendimento maturato) in 18,77 anni dopo il 65° anno di età, che è quello del pensionamento. Tutto ciò che viene erogato oltre gli 83 anni circa è ulteriore rispetto ai contributi versati ed è a carico della collettività.
Va anche detto che siamo una popolazione particolarmente longeva, sia perché all’83% donne che per la professione che svolgiamo, non fisicamente usurante.
Il coefficiente è stabilito per legge e si trova in questa pagina del sito ENPAP: COME FARE PER > CALCOLARE LA TUA PENSIONE.
Ma questo non toglie che il problema dell’adeguatezza delle pensioni esiste ed è serio: non essendo possibile (L 335/95) attribuire pensioni minime o erogare in unica soluzione tutto il montante, resta il tema aperto di un ente di previdenza che eroga oggi pensioni troppo basse.
A questo si ovvia con una contribuzione che – per essere efficiente – dovrebbe prevedere accantonamenti maggiori (=maggiori contributi). Di media le gestioni previdenziali ‘di base’ prevedono che gli iscritti versino molto più di quanto versiamo noi: i lavoratori dipendenti versano all’INPS il 30% della retribuzione lorda, ad esempio.
Mi chiedo se come categoria saremmo pronti, in cambio di pensioni adeguate, a versare di più. La realtà previdenziale, cruda, è purtroppo questa. L’anomalia sono state le pensioni erogate in Italia dal dopoguerra fino al 1995, che hanno creato uno squilibrio entrate-uscite di cui paghiamo ancora oggi (in denaro sonante, finanziate con le nostre IRPEF) il debito.
Un caro saluto
Federico Zanon
(Vicepresidente ENPAP – presidente Altrapsicologia)
Io penso si possa dire che l’Enpap sia, di fatto, una farsa. Nel senso, teoricamente e formalmente è una cassa previdenziale che bla bla bla, così come le altre casse professionali a fronte di un tot di contribuzione assicura poi una pensione. Di fatto però, nella sostanza delle cose, non funziona affatto: vuoi per la particolare platea degli psicologi, per le dinamiche del loro mercato professionale, per gli sprechi della gestione precedente, per i pochissimi versamenti, per una rivalutazione ridicola (ottima la riforma appena fatta, ma il PIL non cresce).
In sostanza, gli psicologi, senza altri introiti dovuti a renditi, ricchezze di famiglia, pensioni integrative, zii d’America, o altre eventualità personalissime (ogni caso è a sè), come CATEGORIA sono veramente destinati ad una vecchiaia SOTTO I PONTI delle loro città. Non c’è categoria professionale che sia messa peggio, questo è sotto l’occhio di tutti.
Va dato molto atto alla nuova gestione AP di aver riportato almeno in carreggiata ENPAP, assicurandogli comunque un futuro. Ma i vincoli sono tantissimi, e la strada stretta e obbligata. O si passa subito ad una contribuzione di almeno, almeno dico, il 20%, oppure dal punto di vista previdenziale la categoria è morta.
Io non so chi possa proporre una riforma in questo senso, ma la responsabilità verso le IGNARE giovani generazioni di psicologi sono elevatissime. Non avere previdenza di fatto è un vulnus che andrà a colpire soprattutto donne anziane, più longeve, che si troveranno veramente impoverite drasticamente dal giorno successivo dell’entrata a riposo lavorativo. In più, essendo attività non usurante (per lo meno fisicamente, del burnout siamo gli esperti), non ci saranno agevolazioni, scivoli o altro.
Come categoria DOBBIAMO riflettere su questo. Grazie al dott. Zanon per le preziose informazioni.