di Mauro Favaloro
Incontro una collega che lavora in un’altra città e mi dice: “lo sai che da noi le logopediste non fanno più interventi riabilitativi, ma è stato chiesto loro di fare solo diagnosi?”
“Come mai?”
“Troppe richieste e troppo poche logopediste ”
“E i bambini chi li tratta ?”
“Mah, andranno nel privato”
Forse le logopediste private potranno fregarsi le mani -penso- ma chi ha responsabilità pubbliche non può ignorare le conseguenze di queste scelte.
Solo una parte di questi bambini, infatti, verranno riabilitati nel privato, ma un’altra parte si fermerà: sono i figli di quelle famiglie che, in tempi di crisi, non possono permettersi di curarli nel sistema privato, perché non ne possono sostenere l’onerosità.
Anche gli psicologi che operano nei servizi pubblici si trovano nel bel mezzo di questa crisi che li tocca personalmente e professionalmente. Se la crisi non tocca direttamente loro stessi o i loro nuclei familiari, certamente c’è qualcuno nella loro cerchia parentale o amicale che ne soffre pienamente le conseguenze.
Professionalmente, la crisi colpisce la loro condizione di lavoro su più piani:
· la maggiore precarietà delle figure che operano nei servizi sociosanitari comporta discontinuità nel rapporto con l’utenza;
· l’avvicendamento degli operatori fa perdere la memoria storica degli interventi svolti e incrementa la sfiducia di chi si rivolge ai servizi;
· viene minata profondamente la possibilità di un lavoro interprofessionale
L’aumentare del disagio economico concorre ad incrementare il disagio psicologico, quando non la vera e propria patologia psichica, cresce la pressione sui servizi, si incrementano i carichi di lavoro per gli psicologi. Si insiste sugli psicologi, come sulle altre figure professionali, perché vedano più persone possibili, perché svolgano interventi brevi, per lasciare spazio alle nuove emergenze che si susseguono. Nelle aziende sanitarie locali sembra prevalere una logica per cui ciò che conta è quanti utenti vedi, non quante situazioni riesci a risolvere o ad alleviare.
E’ una situazione che non ha gli stessi effetti sulle diverse professioni. Uno psichiatra chiamato a vedere con tempi contingentati i suoi pazienti può privilegiare interventi prevalentemente farmacologici o ritagliarsi la dimensione della diagnosi, delegando ad altre figure la cura. Uno psicologo come può esercitare adeguatamente la propria professione se non gli viene dato il tempo di realizzare quel processo così ben descritto ne “Il piccolo principe” di avvicinarsi ad una persona, rispettarne i tempi, acquisirne la fiducia e poi accompagnarla nel percorso finché non ha riacquistato la capacità di riprendere il proprio cammino?
La progressiva medicalizzazione dei servizi rivolti alle persone in disagio produce effetti collusivi sull’utenza: un sistema che privilegia il ricorso al farmaco produce utenti che richiedono di stare rapidamente meglio senza assumersi particolari responsabilità nell’affrontare le cause della propria sofferenza e nel determinare il superamento dei propri problemi. In sostanza, si producono utenti dipendenti dal farmaco. Se il farmaco non produrrà gli effetti richiesti, non si metterà in discussione la forma di aiuto necessario, ma si cambierà il farmaco.
Non è possibile pensare che una persona che si rivolga al servizio pubblico perché veramente in difficoltà, una volta accertato il suo bisogno di sostegno psicologico, si debba sentire dire che non è possibile fruire di interventi adeguati: “cara signora, suo figlio ha un mutismo selettivo, la saluto, avanti il prossimo”
In questo quadro il lavoro in équipe e il tempo investito in formazione possono essere visti, anche dagli psicologi stessi, come un lusso, od addirittura come una perdita di tempo.
Se si accetta che la presenza degli psicologi nei servizi continui ad essere insufficiente (e che quindi siano stracarichi di situazioni) e che svolgano il proprio lavoro in condizioni che non permettono loro di usare la propria competenza professionale, accetteremo anche che il suo intervento sarà sempre meno efficace e spezzeremo una lancia a favore di coloro che dicono che gli psicologi nei servizi non servono (e che ogni volta che uno psicologo va in pensione propongono di trasformare il suo posto in un posto per medici).
Lo psicologo del servizio pubblico nella quotidianità si trova di fronte a una pluralità di dilemmi. Ad esempio: se avverte che una persona ha bisogno di una psicoterapia che lui non può garantire, non può neanche prendere l’iniziativa di fare un invio presso un privato da lui conosciuto, di cui si fida e con cui ha la possibilità di mantenere dei rapporti per sapere come viene seguito il paziente.
Non è etico e l’istituzione può sospettare che ci sia un accordo di tipo economico tra l’inviante e il privato. Ma anche non dare indicazioni può essere considerato non etico, perché si espone la persona in difficoltà al rischio di rivolgersi a professionisti non sufficientemente qualificati o molto lontani dall’idea di collaborare con i servizi pubblici. In sostanza, in questo passaggio si rinuncia a mettere a disposizione la propria conoscenza ed esperienza.
Ma bisogna anche dire che gli psicologi hanno una grande capacità di resilienza, non si limitano a subire ma trovano risposte adeguate alle situazioni e riescono, in alcune realtà, a modificare le situazioni stesse, ad esempio, elaborando progetti che permettono l’accesso a fondi che sostengono esperienze di qualità, che talvolta raggiungono l’eccellenza, convincendo i loro Dirigenti a sperimentare risposte nuove.
Gli psicologi, in particolare, hanno sempre più imparato a sollecitare nelle persone in difficoltà l’individuazione e l’utilizzo delle proprie risorse personali nell’affrontare le proprie difficoltà, ad aiutare le persone ad andare oltre il contesto del sostegno psicologico, quantitativamente impoverito e a guardarsi intorno per vedere se, nella cerchia parentale od amicale, ci siano risorse positive da coinvolgere e schierare al proprio fianco, a non rimanere da soli con il proprio disagio, ma cercare di fruire di quelle forme collettive (come ad esempio i gruppi di mutuo aiuto) che il pubblico stesso e più diffusamente il privato promuovono.
Non rimanere da soli ad affrontare il disagio della propria condizione, ma guardarsi intorno, individuare ed utilizzare al massimo le risorse esistenti dentro e fuori di sé , pensare a se stessi non solo come persone che vivono un disagio, ma come persone con potenzialità ancora inespresse, portatrici di una esperienza che può essere utile ad altri in un mutuo scambio per imparare dalle esperienze e trovare insieme soluzioni, idee innovative, sperimentando ed offrendo solidarietà e vicinanza perché anche questo aiuta ad affrontare il quotidiano. Insomma: prendere in mano la propria condizione di disagio e affrontarla insieme agli altri che vivono gli stessi problemi. Tutte queste sono parole d’ordine adatte alla fase che stiamo attraversando…già, ma lo psicologo riesce a fare questo per sé stesso?
L’avvicinarsi delle elezioni per il rinnovo del consiglio dell’Ordine degli psicologi è un’occasione per riflettere sulla propria condizione e sulle azioni possibili per trasformarla. Una pausa nella quotidianità, uno spazio per il pensiero, un momento di cura verso sé stessi e di ricanalizzazione di energie che, almeno ogni quattro anni, è doveroso concedersi.
I temi che seguono sono solo alcuni di quelli che costituiscono la piattaforma elettorale di Altra Psicologia che adesso viene sottoposta a verifiche ed integrazioni in una serie di incontri che verranno organizzati in tutta la regione. Vorremmo capire assieme agli psicologi che lavorano nei servizi pubblici e a tutti gli altri, se e quanto l’insieme delle azioni previste dai candidati di Altra Psicologia sono adeguate per trasformare l‘Ordine in quel centro di servizi, in quella “casa delle opportunità” che può essere l’ambito di tutela, di sostegno e di sviluppo della professione e perché nessun psicologo possa sentirsi solo nel proprio disagio professionale. Ecco i punti:
Per contrastare la progressiva precarizzazione e riduzione della presenza degli psicologi nei servizi pubblici e il deterioramento della loro condizione di lavoro, l’Ordine intende partecipare attivamente alla definizione delle politiche sociosanitarie della Regione e sostenendo i colleghi del SSN chiamati a prendere parte ai tavoli regionali per la sanità e il sociale. Insieme si potrà operare per valorizzare la presenza e il ruolo degli psicologi nei servizi pubblici
La valorizzazione si realizzerà anche attraverso la promozione della figura dello psicologo come formatore a partire dal rapporto con l’Università cui va chiesto che l’esperienza degli psicologi che lavorano nei servizi territoriali entri nelle aule universitarie per contribuire a formare psicologi che conoscano le realtà dei servizi e le migliori pratiche professionali
Gli psicologi che operano nel pubblico, ma non solo, sono esposti a semplificazioni, banalizzazioni e talvolta a vere e proprie mistificazioni ed accuse, specialmente quando ci si trova di fronte a brutti episodi di cronaca dove le persone coinvolte risultano seguite da uno psicologo. L’impegno di Altra Psicologia è perché l’Ordine eserciti un contatto costante con le redazioni giornalistiche, per promuovere una corretta rappresentazione della nostra professione e per esercitare un azione di contrasto e correttiva in occasione di specifici episodi in cui l’attività dello psicologo viene rappresentata in forma travisata. A tale scopo Altra Psicologia si propone di attivare un gruppo di lavoro integrato (consiglieri e colleghi esperti) che presidierà questi aspetti tutelando l’immagine dei professionisti
Altra Psicologia si impegna ad implementare i rapporti con altri Ordini professionali al fine di condividere obiettivi, esperienze di formazione, campagne o azioni su temi di interesse comune, nonché promuovere e qualificare le occasioni di collaborazione interprofessionale nel rispetto delle reciproche competenze e specificità
Altra Psicologia intende attivare o ampliare la gamma dei servizi che l’Ordine offre agli iscritti:
le consulenze volte a sostenere la pratica professionale in tutti i suoi aspetti deontologici e di tutela della propria specificità ed autonomia professionale;
la biblioteca dei test
il servizio di consulenza e accompagnamento alla stesura di progetti per la raccolta fondi;
un sistema di formazione gratuita qualificata per gli iscritti, perché l’obbligo formativo sia un’occasione per innalzare il livello qualitativo e l’immagine sociale della categoria;
la disponibilità della sede per incontri fra iscritti, anche per la presentazioni ai colleghi di proprie pubblicazioni o progetti e creazione di una piattaforma virtuale da rendere disponibile ai colleghi per incontri e presentazioni online;
la promozione e implementazione (sulla base dell’interesse espresso dai colleghi) di gruppi di lavoro tematici su diverse aree della psicologia: clinica, forense, neuropsicologica, del lavoro, scolastica, ecc.;
le Convenzioni mirate a ridurre i costi per servizi di utilità per i colleghi;
la rigorosa sorveglianza sull’applicazione del Codice Deontologico;
l’Osservatorio Permanente su Gare e Concorsi per promuovere presso i diversi soggetti le corrette indicazioni sulla attribuzione di incarichi che prevedano attività proprie dello psicologo e intercetti quei bandi e concorsi quelli aperti a categorie senza requisiti o preclusi agli psicologi contro norme che prevedono, invece, la loro possibilità di partecipazione.
Con Altra Psicologia l’Ordine deve diventare, più di quanto sia stato finora, la “casa delle opportunità” per tutti gli psicologi. Una casa trasparente: i bilanci, i verbali e le delibere adottate dall’Ordine saranno resi pubblici e le sedute aperte alla partecipazione, come uditori, degli iscritti. Una casa accessibile attraverso la disponibilità di una piattaforma online e la presenza settimanale in sede garantita di un Consigliere per ascoltare colleghi e loro richieste/proposte. Una casa dove ci si senta “ a casa propria” e che possa essere abituale luogo di incontro per gli iscritti e con le loro forme associative.
Una casa interattiva, strumento di comunicazione e promozione della professione in tutti i siti professionali e “social”, nei confronti dei cittadini, delle istituzioni e degli stessi iscritti. Ciò attraverso quelle infrastrutture digitali (forum, archivio documenti, piattaforme di discussione, ecc.) capaci di facilitare e rendere strutturale la collaborazione tra colleghi, lo scambio di buone prassi e strumenti di lavoro, in un’ottica di reciproca positiva collaborazione che faccia sentire ogni psicologo pienamente parte della comunità professionale.
Questa la nostra visione, queste le nostre proposte.
Aspettiamo adesso il vostro contributo soprattutto nei momenti di incontro di cui vi informeremo tempestivamente, ma anche attraverso le e-mail che vorrete inviarci ed il contatto diretto con i candidati.
Cari colleghi “raise your voices” “ e non solo quelle 😉 che questo è il momento per farlo
http://www.youtube.com/watch?v=CyHMVQipDLI