Gettoni… indennità… incarichi… per molti non esiste un modo corretto di retribuire una carica “politica” che, per sua natura non fa, non agisce, ma… rappresenta. Alcuni perdono però il senso dell’opportunità e del buon senso, essendosi abituati, forse troppo, alla sussistenza di un privilegio.
In quanto Consigliere eletta per l’Ordine degli psicologi, oggi io percepisco un “gettone di presenza” per ogni riunione di Consiglio a cui partecipo, proprio in virtù del mandato politico che sono chiamata – in quella sede – a esercitare. E mi chiedo:
è legittimo che un consigliere dell’Ordine percepisca il gettone di presenza per la suddetta riunione anche se partecipa solo a una minima parte della stessa (eventualmente in maniera quasi sistematica)? Con un presenza anche di soli 20 minuti a fronte di riunioni che durano dalle 3 alle 4,5 ore… ecco comunque erogato un gettone da 150 euro.
Ad oggi il regolamento interno dell’Ordine degli psicologi della Lombardia non dice nulla di esplicito nel merito, ma il tema è scottante.
Il dizionario “Il nuovo De Mauro” (ex edizioni UTET, ora pubblicato online da Internazionale), così definisce il termine “gettone di presenza”: sostantivo maschile, locuzione burocratica, compenso corrisposto a membri di amministrazioni aziendali, deputati, senatori, consiglieri pubblici, ecc. per la loro partecipazione a una seduta.
“A una seduta”: interessante! Cioè: non è un’indennità che ricevi per il fatto di essere consigliere, ma un compenso che ti viene assegnato per partecipare a una riunione in cui espletare le tue funzioni. E’ molto diverso.
Sia l’ENPAP che altri consigli (un esempio tra tutti il Consiglio Nazionale Forense) specificano che l’erogazione del gettone può avvenire solo a fronte della partecipazione a una percentuale della seduta che va dal 50% all’80%. Altrimenti è troppo comodo… Peraltro, già avevamo scritto (vedi qui) delle anomalie possibili con i gettoni, ampiamente reintrodotti dal Consiglio a guida PP per pagare ogni attività dei consiglieri…
Lo scorso giovedì ho chiesto all’esecutivo di OPL delucidazioni sul tema, per porre una questione di principio.
In quanto Consigliere eletta, fa parte del mio mandato partecipare attivamente alle riunioni di Consiglio, istruendo il materiale per tempo (viene appositamente inviato almeno 48 ore prima) e discutendone con i colleghi in quella sede. Sono lì per rappresentare con il mio operato e i 1.146 colleghi che mi hanno votata direttamente, ma anche tutta la categoria che di fatto appartiene all’Ordine lombardo.
Mi è stato risposto che il gettone, in quanto tale, non prevede l’assegnazione di un tempo, in quanto incarico meramente politico, e quindi non quantificabile. Con l’aggiunta che il lavoro per preparare le riunioni di fatto implica del lavoro non così facilmente definibile.
Stupore.
A parte tutto questo lavoro a monte sul quale si potrebbe ben entrare nel merito, le riunioni di Consiglio sono riunioni, e sono il luogo (l’unico!) in cui concretamente e simbolicamente ci mettiamo a disposizione dell’intera comunità professionale.
Credo fermamente che un Consiglio dell’Ordine, in quanto organo rappresentante, debba avere dei principi collettivi da applicare e far applicare. Altrimenti dovremmo appiattirci su una banale posizione bidimensionale e portare avanti solo le questioni amministrative e deontologiche di cui la legge istitutiva ci rende protagonisti. Ma non è questa la politica professionale che mi piace fare per e con i colleghi.
Fare politica professionale, infatti, ha per me a che fare anche con
- la presa di posizioni chiare,
- lo sviluppo di una visione politica ampia e
- la creazione di condizioni per perseguirla.
Questo implica che anche il tema del tempo che viene utilizzato per la riunione insieme debba, a mio avviso, essere regolato e addirittura valorizzato secondo principi condivisi. Il/la singol* Consigliere che si fa pagare un gettone intero a fronte della partecipazione a meno di un terzo della riunione applica indubbiamente un principio etico individuale. L’attuale maggioranza lo permette pacificamente, forse perchè espressione di un modo di concepire la rappresentanza politica come qualcosa che dà un “diritto” a una sorta di indennità, che però ha a che fare con un tema che è ancora diverso da quello che sto proponendo.
Procederò quindi a chiedere formalmente che nella prossima revisione del regolamento interno (prevista a breve) venga inserita la percentuale di partecipazione alle riunioni di almeno l’80%, – così come già fanno gli avvocati – per poter ricevere il famigerato gettone di presenza.