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Il 6 settembre alle 11.05 sulla pagina Facebook ufficiale dell’Ordine degli Psicologi del Veneto viene condiviso un articolo di giornale con la seguente didascalia.

Cresce la consapevolezza dell’importanza dello psicologo nello sport, in particolare nel calcio.

Essendo la psicologia dello sport un ambito di lavoro per me, leggo l’articolo con interesse.

Mi rendo conto ben presto che non si tratta di una iniziativa che OPV ha pensato e realizzato in funzione di tutti gli psicologi del Veneto che ambiscano a lavorare in questo settore o già la fanno, bensì è la semplice condivisione di una notizia che riguarda un accordo tra un istituto privato di formazione veneto e l’associazione allenatori calcio.

L’accordo prevede che chi ha frequentato il master in psicologia dello sport di quella scuola, accompagnerà le squadre in panchina in qualità di stagisti.

Quindi, ricapitoliamo:

solo diplomandosi a quello specifico master privato sarà possibile accedere a questo programma di affiancamento, tra l’altro come stagisti, non come professionisti.

Sorgono subito due domande:

  1. I colleghi sono retribuiti?
  2. Non si tratta di pubblicità, seppure indiretta, ad un istituto di formazione privato?

OPV ha risposto su Facebook alla mia obiezione sul post in questione, riferendo che la scelta della pubblicazione è stata

legata all’interesse e ad azioni concrete di una federazione sportiva (quindi nello strategico campo della psicologia dello sport) nei confronti della nostra professione. Il fatto che la cosa sia stata portata avanti da un ente privato non modifica questo elemento, di interesse per la professione e per la comunità professionale, e pone la condivisione dell’articolo nel solco della linea editoriale della pagina Facebook dell’ordine sin dalla sua apertura.

Personalmente, credo che un Ordine Professionale dovrebbe essere un organo di tutela di tutta la professione e, per quanto l’accordo tra un istituto privato e l’associazione sportiva possa comunque considerarsi di interesse per la comunità professionale, non dovrebbe trovare posto nella pagina Facebook di un Ordine

Mi piacerebbe, invece, che la promozione professionale fosse portata avanti dall’Ordine in primis, senza legare gli accessi ad opportunità lavorative ad una specifica formazione privata a pagamento, e possibilmente con concrete possibilità di guadagno da parte dei colleghi coinvolti.

«Se vuoi essere qualcuno, se vuoi farti strada devi svegliarti e stare in campana!»

8ce60390-4e2d-0132-420b-0ebc4eccb42fCosì diceva Whoopi Goldberg ai suoi giovani allievi in Sister Act2 e aveva ragione da vendere, magari anche gli psicologi seguissero il suo consiglio!

Condivido perciò gli allarmi sveglia mentali che nel corso questi anni ho faticosamente impostato nel mio cervello professionale.

Allarme sveglia #1 – ma lo psicologo che cosa fa?

Psicologo dello sport (così come psicologo del lavoro, della salute eccetera eccetera) non sono titoli di cui ci si fregia a seguito di uno specifico corso di studi. Sono semplici etichette per indicare l’ambito in cui si lavora, ma dal momento che superiamo l’Esame di Stato e ci iscriviamo all’Albo A, siamo TUTTI psicologi e in quanto tali possiamo operare in tutti gli ambiti della psicologia.

Il che non significa partire come l’armata Brancaleone e improvvisarsi a lavorare in campi di cui non si sa nulla, ma avere facoltà di SCELTA su come formarci nel pieno rispetto dei nostri obblighi etici e deontologici. In altre parole, non esiste una sola scuola in Italia che ci forma per lavorare come psicologi dello sport!

Allarme sveglia #2 – Lavorare significa essere pagati

Non fraintendetemi: il volontariato è meraviglioso, io stessa lo faccio.
Possiamo scegliere anche di offrire, quando lo riteniamo necessario, i nostri servizi pro bono.

Ma non esiste che con regolarità si lavori gratis. Perché il lavoro, va retribuito. Punto.

Non ce ne facciamo davvero nulla di tutti questi accordi e convenzioni in cui ci viene chiesto di prestare il nostro lavoro per la gloria, “perché così impariamo” o  “perché così ci facciamo conoscere”.

Allarme sveglia #3 – L’Ordine come i marò?

Avete presente i troll (e pure certi utenti medi…) che nei mesi scorsi ad ogni argomento che veniva sollevato online commentavano con “e i marò?”. Gli psicologi spesso e volentieri non citano i marò, ma il mantra è divenuto “e l’Ordine?”.

Visto l’articolo 21 del codice e vista soprattutto la ben nota sentenza del TAR del Lazio sul counseling, mi aspetterei, come minimo, che OPV prendesse una chiara e inequivocabile posizione verso i colleghi psicologi che nelle loro scuole private continuano tranquillamente ad erogare corsi di counseling per non psicologi.

Le perplessità aumentano se poi a finire sulla pagina dell’ordine è uno di quegli istituti che formano counselor.

La bacchetta magica di Harry Potter non funziona per gli psicologi

Harry_Potter_wandFrancamente, pure Harry Potter, il ragazzo che visse, con tutti i suoi incantesimi e bacchette magiche ci ha messo 7 anni per sconfiggere Voldermort.
Quando è stata ora di prendere in mano la situazione non ha detto “e l’Ordine?”, nell’Ordine (quello della Fenice) lui ci ha combattuto.
In prima persona.

Perché per noi psicologi, che viviamo in un mondo decisamente meno magico, dovrebbe essere diverso?
Avete presente quando diciamo ai pazienti che non c’è una bacchetta magica per stare bene? Che la strada della terapia è faticosa, quotidiana, ma che la faremo insieme?

La politica professionale non credo sia molto diversa in fondo. Non c’è la bacchetta magica.

Migliorare lo status degli psicologi in Italia significa che dobbiamo lavorare tutti insieme, ogni giorno.

Significa che dobbiamo leggere, informarci, andare a votare.

Significa che dobbiamo prendere posizione ogni volta che qualcuno vuole farci lavorare gratis o che non tutela gli interessi di una intera categoria ma solo di pochi.

Significa che non possiamo permetterci di cadere nella trappola di altisonanti slogan con echi anni ’90 (ve lo ricordate quello del milione di posti di lavoro?) come “lo psicologo in farmacia!”, “lo psicologo di base” e adesso pure “lo psicologo dello sport!”.