Molti psicologi constatano ogni giorno che il mercato del lavoro è difficile.
Alcuni attribuiscono la mancanza di lavoro ai committenti che ‘non capiscono quello che uno psicologo potrebbe fare’.
Vero, purtroppo: la gente non sempre capisce a cosa servano gli psicologi. Ma è altrettanto vero che spesso la nostra professione non sa porsi sul mercato del lavoro, non ne comprende le logiche e le esigenze. In questo articolo proverò ad evidenziare con alcuni esempi gli errori che vedo più comuni.
Alzi la mano chi non ha mai sentito una di queste frasi…
- “Sono andata a fare il colloquio per quel posto di selezione nelle Risorse Umane, ma non mi hanno presa ed hanno preferito un laureato in scienze politiche, ti rendi conto ? E poi mi hanno fatto tutte quelle domande sul diritto del lavoro e l’organizzazione aziendale, ma io che ne so ? Mica è qualcosa che ho studiato, io faccio selezione…”
- “Al posto mio hanno scelto un Consulente del Lavoro. Pensa te, un consulente del lavoro per gestire le risorse umane, ma che ci fa un Consulente del Lavoro in un’azienda?”
- “Ho mandato il mio curriculum ad almeno 100 tra Comunità e Cooperative, nel CV ho scritto che ero disposta a fare davvero qualunque cosa, e mi hanno risposto solo in due, per dire che “non hanno bisogno”… vabbè, ora ne preparo altri 100…”
- “Ho partecipato alla selezione per quel posto nelle ricerche di mercato, ma alla fine a fare i colloqui qualitativi mandano un laureato in statistica, ti rendi conto ? Cosa ne sa lui di colloqui ? Probabilmente quanto ne so io di psicometria…”
- “Ho girato almeno cinque farmacie, mi hanno detto che negli ultimi tempi sono già andati un sacco di psicologi a portargli il curriculum, e a chiedere se gli facevano fare qualcosa… che delusione, ero disposta ad accettare anche di dargli una percentuale e di fare io tutta la promozione…”
- “In quella Scuola mi hanno chiesto di mandargli un progettino, per spiegare cosa intendevo fare; gli ho scritto una pagina in cui gli ho detto chiaramente che l’obbiettivo del lavoro era “migliorare il benessere”, e gli ho inserito anche tutti i riferimenti bibliografici delle teorie biopsicosociali. Mi sa che non l’hanno letto…”
Quale è il problema strutturale, in ciascuna di queste situazioni?
Dove è che sbagliano i colleghi che attuano queste strategie?
Quali carenze e aspettative irrealistiche hanno?
Alzi la mano chi, invece, ha mai sentito una di queste:
- “Sono stato alla Fiera dell’Educazione; con la mia collega ho affittato uno stand che ci è costato un po’, ma ho portato con me tutte le schede di lavoro educativo che ho sviluppato in questi mesi, ed ho girato per ore a far giocare con le mie attività di stimolazione cognitiva tutti i responsabili di Cooperative che erano negli altri stand…. Ad alcuni sono piaciuti tanto, ci siamo scambiati i recapiti, e mi hanno richiamata già in tre, per vedere se possiamo avviare qualcosa insieme…”
- “Ho smesso di pubblicizzarmi come CTP nei gruppi Facebook di psicologi… in fondo, perché dovrei pubblicizzare iniziative psicologiche ad altri psicologi ? Adesso vado nei gruppi di avvocati, medici legali, etc., ed ho riscontri migliori…”
- “Invece di mandare a caso un CV uguale per tutti, adesso prima di tutto faccio una breve ricerca sulle attività che propone una data Cooperativa, e propongo loro un progetto di consulenza tecnica sulle aree che interessano loro di più… certo, ci metto un pomeriggio intero invece che cinque minuti come prima; ma appena capiscono che so bene di cosa parlo, so in dettaglio che cosa fanno, e non mi sto limitando a spedire curriculum a caso sperando che qualcuno mi chiami, il loro atteggiamento cambia…”.
- “Quando vado in una Scuola a proporre un progetto, prima verifico l’esistenza e accessibilità di fondi del Fondo Sociale Europeo con cui la Scuola potrebbe cofinanziare l’eventuale progetto, e nei casi più interessanti preparo già io una prima bozza di documentazione per facilitare l’eventuale lavoro di richiesta al FSE… da quando faccio così, i Dirigenti mi ascoltano molto più volentieri”.
- “Prima di proporre un progetto faccio sempre una definizione degli obbiettivi specifici, una sintetica analisi di budget anche per evidenziarne l’efficienza e il ROI atteso, una semplice SWOT ed un Gantt, per riuscire a organizzarmi meglio, aiutare il committente a comprendere esattamente come intendo procedere, e come impatterà sulla sua organizzazione. Il tutto scritto in italiano, e non in psicologhese. Da quando faccio così, i committenti capiscono che sono un professionista e che parliamo la stessa lingua…”
Riconoscete le differenze?
Quali sono i punti di forza di questo atteggiamento professionale?
Nella prima casistica, lo psicologo mantiene al centro della sua attenzione solo sé stesso, crede che “basti la psicologia per lavorare come psicologo”, e concretizza una visione per cui deve “andare a chiedere agli altri di farlo lavorare, per favore”.
Nella seconda casistica, il punto di vista adottato è quello del committente. La realtà viene rovesciata, e finalmente viene letta secondo le lenti, i linguaggi e le prospettive reali del mondo del lavoro, con il professionista che si propone come un creatore di servizi, usando linguaggi e competenze economico-normative.
Il cambio di logica è profondo: richiede un impegno attivo e l’uso di competenze tecniche extrapsicologiche, che troppo spesso i giovani psicologi ritengono erroneamente secondarie.
AltraPsicologia crede fermamente nella qualità professionale.
Questa è la vera promozione.
Solo passando come categoria verso una logica proattiva, imprenditoriale, fortemente arricchita di competenze extrapsicologiche di diritto, economia, project management, la situazione professionale dei giovani colleghi potrà iniziare a migliorare.
Su questo gli Ordini possono e devono fare tanto: fornire competenze trasversali e una forma mentis che trasformi il neoabilitato Psicologo in un Professionista della Psicologia è un sfida primaria. Per questo obbiettivo non basta fare un incontro o una conferenza occasionale, occorre immergersi pienamente nell’esperienza professionale e una formazione che solo gli ordini possono organizzare senza dissanguare gli psicologi.
La proposta di AltraPsicologia è quindi forte:
- L’istituzione di un vero e proprio “boot camp” intensivo per lo startup professionale, tenuto più volte nel corso dell’anno, cui partecipino regolarmente tutti i neoiscritti all’Ordine Veneto; in cui acquisire, esperienzialmente e gratuitamente, le competenze necessarie per muoversi in maniera molto attiva e consapevole nel mercato del lavoro.
- 4 giorni di formazione intensiva, dedicati proprio a sviluppare le competenze extrapsicologiche che non sono mai state viste all’Università, e che rappresentano il cuore dell’attività professionale di un giovane psicologo.
- 4 giorni in cui l’Ordine si presenta ai neoiscritti, li accoglie, si fa conoscere; e a sua volta li conosce e integra attivamente nella Comunità Professionale, inserendoli in reti di professionisti.
- 4 giorni a contatto con colleghi senior, per socializzarne le esperienze, e che vogliano ripensare e ampliare le proprie prospettive professionali, arricchendole non solo dell’ennesimo contenuto “psicologico”, ma prima di tutto di ciò che serve davvero per poter lavorare facendo psicologia.
- 4 giorni di argomenti trasversali ed extra-psicologici da sperimentare con esercitazioni di gruppo, lavori personali, seminari tecnici, e bene integrati in un percorso concettuale coerente: Introduzione al mercato professionale ed alla demografia degli psicologi italiani; Ordine, ENPAP e istituzioni della professione; Aspetti fiscali e assicurativi della professione; Aspetti operativi della Deontologia; Marketing dei servizi psicologici; Modelli di business professionale nei diversi contesti psicologici; Tecniche di progettazione professionale; Project financing, europrogettazione, project management.
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Cambiare la psicologia si può: a partire dagli psicologi.
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Luca, posso mandarci una ventina di colleghe/e di mia conoscenza al boot camp quando lo istituite? Magari ci vengo anche io così mi rinfresco un po’ le mie vecchie ossa arrugginite.
Mi sovviene un dubbio…che minchia ci rimane a fare tra le professioni sanitarie la psicologia clinica, la psicoterapia se deve "vendersi" come uno yogurt? La Medicina venduta come "rimedio di massa" abbiamo visto come è finita….quindi direi, al rovescio…deregoliamo la psicoterapia……evviva la vecchia psicanalisi dei diplomati e dei laureati di ogni risma che però si sottoponevano AD UNA VERA E PROPRIA INIZIAZIONE per esercitare una professione A PARTE, dotata di una logica A PARTE e allora molto più affine ad un'ARTE
AipacProject Sbt · Università degli Studi di Padova
Mi sovviene un dubbio…che minchia ci rimane a fare tra le professioni sanitarie la psicologia clinica, la psicoterapia se deve "vendersi" come uno yogurt? La Medicina venduta come "rimedio di massa" abbiamo visto come è finita….quindi direi, al rovescio…deregoliamo la psicoterapia……evviva la vecchia psicanalisi dei diplomati e dei laureati di ogni risma che però si sottoponevano AD UNA VERA E PROPRIA INIZIAZIONE per esercitare una professione A PARTE, dotata di una logica A PARTE e allora molto più affine ad un'ARTE CHE NON AD UNA TECNICA , come prefigura il boot camp. Fate tutti i boot camp che vi pare ma voglio allora che il temenos della psicoterapia sia svincolato da queste minchiate del "mercato del lavoro" come nuovo idolo. L'anima rimane con le sue regole, il mercato fra qualche secolo sarà irriconoscibile e queste regole che valgono oggi saranno materia da enciclopedia. Questo bisogna dire agli studenti; c'è una via al lavoro e c'è una via all'iniziazione. Il punto rimanente è….ci sono maestri? O anche quelli vanno con lo spread? La pillola blu o la pillola rossa? (MATRIX)
Molto molto interessante e centrato
io è anni che la penso cosi Ren…
Molto interessante e giusto
Analisi lucida e perfettamente centrata. Senza paura di né vergogna nel parlare di mercato e marketing, che hanno molto a che fare con l'"anima", con la psiche, con l'esperienza umana.
perfettamente d'accordo!
Alcuni anni orsono, ho fatto un corso di operatore fiscale completamente gratuito e organizzato da un CAAF che aveva necessità di queste figure professionali;all’inizio lo frequentavamo in sessanta,alla fine eravamo rimasti una decina e, anch’io,dopo aver accettato un’altra offerta di lavoro l’ho abbandonato.Il CAAF era in deficit di organico e probabilmente, in quel momento, avrebbero assunto chiunque pur di coprire tutte le zone. Morale della favola:”Mettersi nella prospettiva di chi offre lavoro è senz’altro un grande passo avanti, ma, se di quel lavoro non c’è richiesta….” Dicesi anche:”Legge della domanda e dell’offerta”.
La psicologia, come ogni attività umana, ha una dimensione economica e professionale. Appiattirla solo sull’economia (la psicologia non è altro che “mero commercio”) è lo stesso errore logico che appiattirla sullo “ieratico-iniziatico” (la psicologia è solo “iniziazione mistica astratta”).
Ma per svilupparsi come professione da cui – legittimamente – migliaia di colleghi vogliono anche derivare il proprio “pane”, la Psicologia necessita di integrare entrambe le dimensioni: una di “mission etico-sociale”, ed una di posizionamento attivo, serio e corretto sul mercato dei servizi sociosanitari e di cura alla persona.
Le due dimensioni sono interdipendenti, ed entrambe profondamente necessarie al sano sviluppo della professione…
In fondo per ogni psicologo che chiude bottega, c’è un paziente che perde la possibilità di rivolgersi a qualcuno e trovare sollievo dal suo disagio…
Molto chiaro, realistico e concreto. E’ dopo aver trovato lavoro che si può FARE LO PSICOLOGO, non prima….secondo me!