Per ogni counselor che è convinto di poter avere a che fare con il disagio psicologico, c’è ahimè uno psicologo che l’ha convinto di ciò.
E’ quindi ora di prenderci le nostre responsabilità.
Sebbene io nella mia vita non abbia convinto nessuno a fare alcunché, figuriamoci ad avere a che fare col disagio psicologico senza averne competenze e strumenti, voglio iniziare e dare il buon esempio!
Molto si dibatte su cosa faccia un couselor e soprattutto su cosa faccia di diverso da uno psicologo; una questione di certo importante, soprattutto se si considera quante scuole di specializzazione in psicoterapia offrono anche corsi di counseling.
Immagino che ad interessarsi a questo tipo di offerta formativa siano tante persone di buona volontà e di buone intenzioni, tanto motivate da affrontare percorsi personali e formativi lunghi e costosi.
Ma poi?
Che fine fanno?
Qual è, ad esempio, il tasso di occupazione dei counselor? E quale il loro reddito?
So che mi tirerò addosso tante critiche, ma non posso fare a meno di esprimere nei confronti di queste persone un moto di solidarietà!
Innanzitutto si imbattono in proposte formative che a volte è davvero difficile classificare…
In questo articolo di Mauro Grimoldi, Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia (Franchising del counseling: nessuna competenza tecnica richiesta) l’ultima e sicuramente più ardita di tutte…
Dopo aver speso fior fiori di quattrini, dopo aver fatto pure una terapia personale, dopo aver investito economicamente e personalmente, quante concrete speranze ha un counselor di rientrare di quanto investito? E di guadagnarci?
Non rientrano nei piani sanitari né sociali.
Se cerco su google, non si trovano concorsi per loro.
Per quanto riguarda la libera professione devono pure combattere con 90mila psicologi che cercano disperatamente di intercettare un’utenza del tutto simile alla loro (poi si farà certamente un lavoro diverso, anche se non mi è ancora chiaro quale…), spesso con offerte economiche ridicole (dobbiamo parlare degli psicologi che offrono fino a sei colloqui gratuiti?) che sballano qualsiasi equilibrio all’interno del mercato.
E per di più questi stessi psicologi occupano tutti i posti nei loro corsi di formazione, per cui ai counselor non rimane nemmeno la speranza di poter spendere la propria professionalità nella didattica!
Scorriamo a caso i nomi dei docenti di uno qualsiasi tra i corsi di counseling proposti nelle scuole di specializzazione. Sono praticamente tutti psicologi, medici, psicoterapeuti! Se si vede qualche counselor, è roba ben al di sotto della soglia di significatività!
I counselor avrebbero dovuti essere i primi a tifare per la modifica dell’Art.21 del nostro Codice Deontologico!
Basta con questi psicologi che ci formano! Noi ci siamo, siamo validi, siamo formati e abbiamo esperienza, siamo pronti a formare altri come noi!
Questo si sarebbe dovuto sentire.
E avrei voluto sentire moti di esultanza al risultato del referendum, con la modifica dell’Art.21 votata con percentuali bulgare.
Finalmente questi psicologi si tolgono dalle scatole!
Se io voglio imparare a fare un mestiere, vado da uno che quel mestiere lo fa, non da un altro! I counselor devono combattere affinché ci siano 9 counselor e 1 psicologo tra i loro didatti, non quello che accade attualmente, ossia che medici, psicologi, psicoterapeuti lasciano, EVENTUALMENTE, le briciole a qualche counselor.
In alcuni corsi li ho visti relegati a ricoprire il ruolo di tutor. Io lo troverei un grave affronto!
Psicologi, psicoterapeuti, medici, magari anche di nome, a fare tutta la didattica, a spartirsi tutti i guadagni, e i counselor a spicciarsi tutte le rogne del tutoraggio. Io ci sono passata, ho fatto la tutor.
So che significa. Vi capisco…
Persino nell’associazione di cui parla Grimoldi nell’articolo, se visitate il sito, troverete che cercano psicologi e psicoterapeuti disposti a mettersi a disposizione per la didattica! Non counselor! Psicologi e psicoterapeuti!
Qualcuno mi dirà che in questo modo voglio il male dei colleghi psicologi.
Ricordo bene la “strategia del terrore” intorno alla modifica dell’Art.21.
Tanti messaggi per un unico senso: la formazione è l’unica cosa che ci fa guadagnare! Non toglietecela!
Ma siamo cinici fino in fondo e diciamoci la verità: fa guadagnare chi?
Io conosco tantissimi colleghi giovani. Giovani trentenni-quarantenni, specializzati, aggiornatissimi, bravissimi.
Non uno che insegni in un corso di counseling.
Allora c’è davvero qualcosa di misterioso qui!
Non ci insegnano i counselor…
Non ci insegna la nuova generazione di psicologi…
…ma chi insegna in questi corsi di counseling?
E’ proprio un mistero degno di Jessica Fletcher, un caso talmente ingarbugliato la cui soluzione richiede necessariamente l’impegno delle menti più acute!
Io purtroppo devo arrendermi… il mio intuito non vede oltre questa coltre di incognite misteriose…
bell’articolo. sono psicologo e frequento una scuola di counseling. i docenti sono counselor, medici, filosofi specializzati nel loro ambito con pratica decennale. C’è qualche psicologo il primo anno che insegna materie psicologia, poi basta. Ma il tuo ragionamento è valido, è quella scuola che è un caso raro.
Poi mi spieghi perchè, da Psicologo, stai frequentando un corso di counseling!!!
è molto semplice: nonostante una laurea in psicologia con 110 e lode, durante i cinque anni ho studiato tantissimi libri, ma non sono mai stato messo nelle condizioni di lavorare su me stesso per sviluppare appieno capacità relazionali specifiche, cosa che invece faccio settimanalmente con ottimi risultati nella scuola di counseling. Lì non è solo teoria, è formazione e pratica alla consulenza, una altro pianeta rispetto a ciò che fa, ovviamente, l’accademia. Nella mia idea i cosrsi di counseling dovrebbero essere corsi di formazione postlaurea per psicologi completamente alternativi alla psicoterapia. Io ovviamente comprendo e vedo le cose che faccio a scuola dalla mia prosepttiva di psicologo, e non mi dà alcun fastidio che accanto a me, in formazione, ci sia un filosofo o un pedagogista…lui prenderà il meglio che può secondo la sua visione…mai stato più felice della scelta, che consiglio a tutti. saluti
non capisco come mai tu non abbia pensato a un percorso di psicoterapia per “lavorare su te stesso” visto l’interesse non solo teorico per la psicologia
Grande! Uno psicologo che, anzichè avere paura del counseling, ne coglie in pieno l’occasione di una crescita personale e, nel contempo, vede quello che può essere il limite di un percorso solo accademico.
Dove lavori, Luca?
Per diversi motivi Dada:
– non mi interessa tanto la terapia, quanto il counseling e il coaching per situazioni NON patologiche ma di crescita personale, due mondi proprio diversi. Mi interessa molto la prevenzione, non tanto la cura.
– il costo: scusami, ma non ho e se anche li avessi non darei MAI 25000 euro a una scuola di psicoterapia…li ammortizzo in 30 anni, una follia
– ho trovato la scuola giusta, cioè proprio quella che sentivo faceva per me, sia come contenuti che come organizzazione della formazione, e sono andato.
La formazione in counseling psicologico sento che può essere applicata in tantissimi ambiti, dallo sviluppo individuale a quello aziendale, dall’ambito sportivo ella scuola. La formazione psicoterapeutica, ormai è chiaro, no. Buona giornata.
Mah, nessuno dubita che il counseling sia utile al benessere, però uno psicologo dovrebbe essere capace di ascoltare l’altro e non solo i propri preconcetti: difatti io non ho parlato di fare una scuola di psicoterapia, ma di fare la tua psicoterapia per conoscere meglio te stesso; o forse pensi che sia inutile conoscere sé stessi se si fa counseling? Questo pone forti dubbi sulla reale motivazione che guida certe scelte facili…
Sulla questione dei costi: chiunque si sia impegnato – psicologo o non psicologo – nella propria psicoterapia (e mi riferisco soprattutto a una psicoterapia di orientamento analitico) sa che costa in termini economici nell’immediato ma, come dice la pubblicità, tutto il resto non ha prezzo.
Per quanto riguarda la scuola “giusta” che non hai trovato: siamo sicuri che il problema sia delle scuole o non di che cosa stai realmente cercando?
Dubbi legittimi Dada, indagherò me stesso ancora più a fondo 🙂 ma ho scartato a priori l’impostazione a orientamento psicoanalitico, non mi pare assolutamente adatta ai giorni nostri, preferisco orientamenti gestaltici o corporei.
Sabato sono andato ad un convegno dell’ordine sullo psicologo del territorio a Pd e un relatore molto anziano ed esperto, verso la fine del suo intervento, ha detto chiaramente che molte scuole di psicoterapia andrebbero proprio chiuse, perchè non sono minimamente adatte a intervenire sui nuovi assetti personali e sociali emergenti…chissà perchè, la prima che mi è venuta in mente è quella del filone psicoanalitico…ma mi sbaglio di sicuro. Buon lavoro.
perché la psicoanalisi che hai conosciuto all’università c’entra poco o nulla con quello che fanno gli psicoanalisti, in ogni caso auguri per la tua ricerca
Cara dottoressa Moscarella, che si diletta anche di chimica, evidentemente. Tanto che ha appena scoperto l’acqua calda!
Sono un counselor, di quelli formati anche da psicologi (abominio!).
Credo anche io, come lei, che il futuro dovrebbe essere caratterizzato da scuole di counseling condotte per lo più da counselor.
Sappia (ma lei, come tutta la sua accolita di livorosi abilitati, lo sa benissimo) che se questo fin qui non è stato possibile è proprio grazie anche alla guerra santa evocata poco responsabilmente da soggetti come AP e all’isteria collettiva che ne deriva e che certo non fa onore a chi dovrebbe ricoprire professionalmente un certo tipo di mansioni.
Il counselor invasore sta fermo sulla riva del Piave, eppure non mi pare che questo arricchisca di molto le vostre casse, sempre più ampiamente saccheggiate da coach, trainer, santoni, spacciatori di pastiglie miracolose di varia risma che, per qualche strano motivo, non destano in voi altrettanta indignazione né altrettanta preoccupazione.
Non mi dilungo oltre ma mi limito a far presente che, nella mia pur breve esperienza di counselor, ho avuto molto di contribuire ad inviare più di un cliente (poiché io parlo di clienti e non di pazienti) a consulto presso qualche suo collega. Certo, da quando leggo le perle di saggezza che fioriscono a iosa in siti come questo, faccio molta più attenzione a dove e presso chi i miei clienti vanno ad affidarsi…
Gentile Michele,
nessuna guerra santa, ci mancherebbe.
Solo tutela rigorosa dell’utenza e della salute pubblica, visto che la salute psicologica è parte integrante della salute, e lo Stato (dalla Costituzione della Repubblica in giù) prevede giustamente specifici titoli e abilitazioni per chi opera professionalmente in relazione a un qualunque aspetto della salute degli altri cittadini.
Principio di ovvio buon senso, non credi anche tu ?
Mi spiace quindi molto che, a fronte di professionisti che sono particolarmente attenti e sensibili alla rigorosa tutela della salute pubblica ed al rispetto delle Leggi dello Stato, qualcuno erroneamente voglia leggervi – addirittura! – l’azione di “irresponsabili accolite di livorosi abilitati” (che è una bellissima espressione dadaista, di cui ti chiedo gentilmente il rilascio del copyright perchè la vorrei citare ad amici e colleghi nei momenti di svago… pensa che bello saltare alle spalle di un collega e apostrofarlo con un secco: “Ehi tu, livoroso abilitato! Di qual irresponsabile congrega o accoliteria fai parte ?” …imperdibile).
E un’altra rassicurazione.
Non ce l’abbiamo affatto con l’autodefinizione categoriale X o Y, comunque gli autodefiniti si vogliano chiamare (santoni, guaritori, consulenti astroemotivi, trainer dell’anima, problem-solver emozionali, colloquiatori del benessere, o pseudopsicologi vari che siano).
Siamo semplicemente attivi rispetto a chi, indipendentemente dal nome usato, faccia abuso di professione.
Non si fa esercizio abusivo della professione di psicologo ? E allora non c’è problema.
Si fa esercizio abusivo ? E allora, indipendentemente dal nome usato, vi è un problema.
Semplice, equo, lineare.
Insomma, anche noi facciamo molta attenzione a coloro cui i nostri clienti sono stati ad affidarsi, magari incautamente, prima di arrivare a noi.
Non di rado ci capita infatti di dover “rimettere insieme i pezzi” dei clienti, anche a causa di “interventi allegri” precedenti, a volte fatti proprio da sedicenti esperti privi di qualunque abilitazione; e molti psicologi hanno tristi storie del genere da raccontare, purtroppo.
Buone feste a te.
Bah! Ciò che penso; Michele, è che ripetete sempre questa sorta di “script” come un mantra. Lo abbiamo capito che siete ben istruiti (complimenti ai “colleghi” che vi formano!) ma il senso del contendere sta da un’altra parte, e cioè: non si può esercitare una professione già esistente e con un percorso di studi preciso e definito, attraverso le SCORCIATOIE FURBETTE. Dopo la laurea, come tutti gli altri, ci si mette in fila e si decide cosa fare. Per cui fatevene una ragione!!! Non c’è nessun odio,livore o cose del genere….è la stessa ragione per cui uno con la laurea in lettere non può occuparsi di staminali. Semplicemente perché non ha le competenze, no?
Ma lo sai quanto si deve sgobbare, studiare, spendere tempo e denaro per lavorare con la pelle degli altri, cercando di fare meno danni possibili??? Ma andiamo, su!!! Per fortuna, la politica sta appena accorgendosi del problema e non credo proprio che ci saranno riconoscimenti sul modello “costituzione albo degli psicologi” o sanatorie e calderoni vari. Buone feste!
Mi spieghi in che modo io sto esercitando abusivamente una professione. Me lo spieghi argomentandolo per bene perché non si può andare in giro diffamando persone impunemente!
Io capisco le preoccupazioni dovute all’attuale panorama lavorativo che poi sono anche le mie e quelle di tanti altri. Ma questo modo scomposto di reagire non vi fa onore. Ripeto, smettetela di dare dei truffatori a persone che non conoscete. Non ci sono fatti che vi supportino in linea generale. Se siete a conioscenza di casi specifici avete il dovere, oltre che il diritto, di denunciarli. Diversamente abbiate la decenza di tacere!
Credevo che l’articolo mi avrebbe tirato addosso le critiche degli psicologi, perché parte da un assunto di base che è completamente dalla parte dei counselor: ossia che nello svolgimento delle loro attività non si commetta alcun abuso di professione e che quindi il counseling non c’entri niente con il lavoro dello psicologo. D’altra parte è questa la condizione necessaria affinché possano rientrare nella legge 4/2013.
E proprio da qui la domanda: perché a formarli sono gli psicologi? Non dico che non debbano esserci, gli psicologi possono migliorare la professionalità di tanti (io stessa faccio formazione a non psicologi e ho più volte detto che insegnerei anche in un corso di counseling se solo riuscissi a capire, ovviamente al fine di poter progettare al meglio le mie lezioni, che tipo di professionista sto formando), ma 9 su 10 non sarà un po’ troppo?
Se ci chiedessero di scommettere su cosa si stanno formando delle persone che stanno studiando 100 ore con dei medici e 10 con un meccanico diremmo che stanno imparando a fare i medici o che stanno imparando a fare i meccanici? Se voglio imparare a fare un mestiere, vado da chi quel mestiere lo fa, non da “tutti gli altri”.
Nel suo commento l’utente Michele conviene con me su questo aspetto, mi sfugge però il nesso successivo: in che modo gli psicologi, e in particolare altrapsicologia, impediscono che ciò accada? Anzi, io penso che con il nuovo art.21 del nostro c.d. si apre la strada esattamente a questo. I counselor hanno la fantastica occasione di dimostrare che non sono “psicologi di seconda mano” e che non commettono nessun abuso di professione perché la loro attività è assolutamente distinta e in nessuna parte si configura come di pertinenza dello psicologo. Anzi, come ho scritto da qualche altra parte, propongo un’azione sinergica che fa del bene proprio a tutti, counselor, psicologi e soprattutto cittadini.
Insieme, che si sa che quattr’occhi sono meglio di due, vigiliamo sui counselor furbacchioni che vogliono fare gli psicologi abusivamente e sugli psicologi che li formano in maniera scorretta, facendo credere di fare cose che non si possono fare, che magari si costringono pure gli studenti a stare nelle stesse aule degli specializzandi in psicoterapia a fare lezione, che il counseling si sa che non ha niente a che fare con la psicoterapia!
Nessuno mi ha formato facendomi credere di fare cose che non so e non posso fare. Peraltro, anche se fosse, ho la presunzione di avere bastante capacità di discernimento per rendermi conto da me di quel che so e posso fare.
Non ho mai svolto un solo minuto del mio percorso formativo insieme a specializzandi in psicoterapia. Sono stato formato nell’arco di tre anni per lo più da psicologi aventi anche qualifica di counselor.
Tutto questo è documentabile e riscontrabile a differenza di molte affermazioni di AP che eventualmente ne risponderà presso le sedi opportune.
Nella mia piccola attività mi occupo di orientamento e presto consulenza per associazioni o strutture operanti nel sociale avendo, oltre alla qualifica di counselor, una lunga esperienza nel mondo del volontariato, come formatore.
Non mi sogno nemmeno di fare terapia, cosa che non so e non desidero fare. Cosa che nella stragrande maggioranza degli interventi neppure gli psicoterapeuti fanno e chiunque dotato di un minimo di onestà intellettuale potrà ammettere senza difficoltà.
Ricordo però il caso di uno sportello di ascolto per studenti attivato presso una facoltà di economia e commercio, che si presentava come tale e cioè come sportello di ascolto e di orientamento gratuito rivolto agli studenti.
Lo ricordo perché io e una mia compagna di studi andammo a trovare i ragazzi che mandavano avanti questa iniziativa per valutare insieme a loro la possibilità di fare qualche ora di tirocinio. Fummo trattati parecchio male in quanto studenti di counseling e ci venne, per così dire, spiegato che loro erano psicologi e di fatto alla fin fine facevano terapia (gratuitamente e presso una facoltà di economia e commercio).
Ora, se io avessi dovuto adoperare la stessa serenità di giudizio proposta da molte persone che qui scrivono, immagino sarei finito sui giornali. Per fortuna io sono solo un counselor. Non faccio terapia…
Uhm… Forse le hanno detto cosí perché il lavoro di quello sportello É A TUTTI GLI EFFETTI un lavoro di terapia?
Si, gratuitamente.
E si, presso una facoltá di economia e commercio.
Sulla porta non ci sará scritto “Psicologo”.
Chi pensa ci debba andare ad uno “Sportello di ascolto ed orientamento”?
Gente perfettamente sicura e nel pieno controllo di se, perfettamente in grado di dirigere la propria vita?
O persone con problematiche che possono andare da una semplice incertezza temporanea a condizioni ben piú gravi e delicate?
Che magari necessitano di essere indirizzate verso una porta dove c’é effettivamente scritto “Psicologo” o anche “Psichiatra”.
Davvero, da esterno agli ambienti medico/accademici della psicologia, piú mi interesso della questione e piú mi chiedo se voi supposti “consiglieri” siate semplicemente stupidi/ingenui, totalmente disonesti intellettualmente o affetti voi stessi da qualche tipo di patologia.
Probabilmente la terza, visto che in certo qual modo racchiude i primi due casi.
Mi sono recato in un delle vostre “scuole” a seguire una lezione (spinto dai danni che ho visto causare da un vostro “collega”) e poi ho proseguito ad informarmi in privato per rendermi conto di come stanno le cose.
Ora io mi chiedo come, come sia possibile continuare a sostenere ad oltranza di non effettuare interventi di tipo psicologico, di non usare tecniche di tipo psicologico, di non trattare di problemi della psiche, quando vengono insegnate discipline ad argomenti come Programmazione Neuro Linguistica, Analisi Transazionale, elementi e teorie derivate della Psicoanalisi, terapia cognitivo-comportamentale, Logoterapia ecc.
Ancora meglio, lo DICHIRATE voi stessi apertamente (sentito dire con queste orecchie dall'”istruttirce”), che PNL é una “tecnica di manipolazione psicologica”.
PNL baserebbe le proprie tecniche sullo studio delle metodologie di Milton Erickson e altri.
Erikson era un ipnoterapista.
Mi chiedo se un’ipnoterapista lavori nel campo degli interventi sulla psiche o sul pelar patate….
Probabilmente la seconda; quindi probabilemente voi “counselor” non vi occupate di psicologia e psicoterapia ma di preparare la cena…
Giá, giá.
Volendo dichiarare apertemente quello che penso di voi “consiglieri di vita”, dopo tutto quello che ho visto/letto/di cui sono stato partecipe (per opporre un po’ di meta-model al fumo e specchi del vostro milton-model, per cosí dire) potrei dire che voi siete la Stamina ed il Vannoni della psicologia.
E che, piú che gli Ordini degli Psicologi, di voi si dovrebbero occupare a piena forza la Magistratura e le Forze dell’Ordine.
Ma non vi preoccupate, si arriverá anche a quello: come lo é stato per Stamina, anche per voi é solo una questione di tempo.
E come per Stamina, sará una battaglia combattuta sulla pelle di gente che sta male.
(Ah, per la cronaca, sará un caso eh, ma Vannoni é esperto in “psicologia applicata al marketing”, uno campo con cui voi “conselor” avete MOLTO a che fare.
Eh si, proprio un caso…)
P.S.
Spettabile Ada, che come altre persone qui mi si rivolge dandomi del tu quando io ho usato il lei. Questo può già essere un buon indizio della vostra buona educazione e della vostra capacità di relazione.
L’espressione “accolita di livorosi titolati” è sicuramente un po’ barocca ma è scritta in lingua italiana. Lei conosce meglio di me quali siano le sue frequentazioni e dunque vedrà da lei se sia il caso di riciclarla. Nel caso, ne ha facoltà. Anche se non è counselor…
Pardon, era il cordialissimo Luca a chiedermi la liberatoria per l’utilizzo della frase. Il discorso non cambia, comunque…
La questione è in realtà molto semplice, il problema è che spesso i giovani psicologi poco o niente sanno della loro storia professionale. Il che, naturalmente, non è certo imputabile a loro.
Si inizia a parlare di counseling in Italia quando ancora la professione di psicologo non è normata e regolamentata dalla Legge. Il suo ingresso si deve all’opera pionieristica di alcuni professionisti afferenti, in linea di massima, all’area umanistica della psicologia.
Molti di questi professionisti, nel tempo, sono diventati psicologi e si sono iscritti all’Ordine. Ed hanno continuato a fare quello che facevano prima della 56/89, ovvero insegnare counseling e formare counselor.
Va da sé, che nel percorso di strutturazione delle professione, è naturale che siano i counselor, oggi, a formare altri counselor. E così accade sempre di più. Ci sono voluti chiaramente degli anni prima che counselor acquisissero capacità ed esperienza per poter insegnare il mestiere a futuri colleghi (così come è successo per gli psicologi).
Detto questo, non si comprende però perché uno psicologo a prescindere debba essere escluso.
La formazione in counseling è una formazione di tipo multidisciplinare, che vede coinvolte all’interno dei percorsi formativi varie figure professionali nonché varie professionalità: psicologi, medici, avvocati, commercialisti, insegnanti, psicoterapeuti e, naturalmente, counselor.
Gli attuali programmi di formazione in counseling, ad esempio, prevedono che le materie specifiche e fondanti siano insegnate da counselor, mentre le materie propedeutiche possano essere insegnate da chi, semplicemente, ha la professionalità per farlo. Tra cui anche gli psicologi.
Questi programmi formativi sono, in linea di massima, condivisi a livello europeo attraverso la European Association for Counselling (EAC).
Indicativamente, e rimanendo su un piano molto generale, i riferimenti alle 3 “classiche” aree della formazione sono i seguenti:
1) Area del sapere: varie figure sulla base della specifica professionalità tra cui, naturalmente ed in larga parte, psicologi.
2) Area del saper fare: counselor professionisti.
3) Area del saper essere: counselor trainer e/o psicoterapeuti.
Con le seguenti corrispondenze:
1) Materie aspecifiche e/o propedeutiche (elementi di psicologia generale, elementi di diritto, etc.)
2) Materie specifiche (tecniche di counseling, etica e deontologia professionale, etc.)
3) Formazione personale, individuale e/o di gruppo congruente con il modello di riferimento della scuola. Oppure attività di crescita personale.
Tali materie sono evidentemente soggette a molte variazioni (non essendo un percorso accademico codificato), anche sulla base delle specificità dei singoli corsi.
Ad esempio un corso di counseling orientato prevalentemente alla formazione in ambito scolastico, vedrà declinare delle materie specifiche all’interno di quel contesto: la materia generale “etica e deontologica professionale” sarà affrontata con specifico riferimento a come ci si comporta nella scuola poiché, ad esempio, nel caso in cui si venga a conoscenza di un abuso su un minore, un professionista in uno studio privato dovrà comportarsi in un modo, un professionista che opera in ambito scolastico, in un altro (come prescrive la Legge).
Personalmente, come dirigente di un’associazione di categoria, non ho intenzione di strapparmi i capelli (che non ho, tra l’altro…) se il CNOP intenderà affondare sull’art. 21 del CD. Trovo semplicemente poco sensata una decisione del genere per i seguenti motivi:
a) è un danno alla formazione dei counselor, poiché la professionalità di uno psicologo è importantissima;
b) è un danno agli psicologi, poiché sono costretti a rinunciare ad una fetta di mercato in tale ambito.
Un saluto a tutti i partecipanti alla discussione